Un libro, definito dalla critica must read, proprio perché attinge alle fonti primarie in cui lo stesso cardinale W. Kasper fu attore, quindi frutto di esperienza diretta e personale. Occhio aperto sulla realtà del dialogo ebraico-cristiano che l'autore motiva nettamente: «Vorrei affrontare alcune questioni che mi si pongono dinanzi quasi dieci anni dopo aver lasciato il dialogo ufficiale. Vorrei solo limitarmi a individuare dei singoli punti, senza presentare nuove ricerche».
Lo sguardo però di chi è stato punto di riferimento autorevole risulta essenziale: «La discussione sul corso quasi sempre drammatico della storia delle relazioni tra ebrei e cristiani e sul dialogo che è stato ripreso recentemente dopo il disastro della shoah hanno avuto un nuovo e felice impulso negli ultimi anni. Questo mi ha sollecitato a ripensare agli anni tra il 1999 e il 2010, nei quali sono stato responsabile del dialogo internazionale tra ebrei e cristiani, e a raccogliere i contributi più importanti di questo periodo e a integrarli con ricerche e considerazioni che mi si sono delineate nel frattempo».
li filtro dell'opzione per gli otto interventi prescelti, è stato così espresso e chiarisce la loro successione: 1. Ebrei e cristiani. Un nuovo inizio dopo la catastrofe della shoah; 2. Ebrei e cristiani. L'unico popolo di Dio; 3. Note sul questionario per il progetto "Ebraismo nell'insegnamento cattolico della religione"; 4. La notte del pogrom del Reich e l'indifferenza; 5. Ebrei e cristiani, fianco a fianco; 6. Discorso per la "Settimana della fraternità" di Monaco del 2007; 7. Nostra Aetate e il futuro del dialogo tra ebrei e cristiani; 8. Punti teologici chiave nel dialogo tra ebrei e cristiani.
Oggigiorno serpeggiano iniziative antisemite che costringono a riflettere, questi otto interventi potranno offrire una chiave di interpretazione e di superamento.
Il periodo storico che ci siamo lasciati alle spalle, segnato dalla II guerra mondiale, presenta una sorta di contraddizione o aporia nei termini di distruzione e di creazione: «Il XX secolo è stato il secolo della shoah, che voleva sradicare l'ebraismo. È stato anche il secolo in cui, del tutto inaspettatamente, è accaduto qualcosa di contrario alla shoah, ossia l'ambientazione di Gesù nell'ebraismo». Lo sguardo dal passato, in retrospettiva personale, si proietta sul futuro; ridefinisce i problemi emersi e si posa su Gesù come ebreo, Luce per le genti e gloria d'Israele. Egli, ebreo, fu circonciso all'ottavo giorno, per secoli la Chiesa ha festeggiato questo giorno, non solo rilevando la sua origine etnica ma per coglierne la rilevanza teologica "come segno di perenne legame dei cristiani con il popolo dell'antica alleanza".
li tracciato storico dell'iter del rapporto fra cristianesimo nascente ed ebraismo si presenta, nel corso delle pagine, in linearità ed evita omissioni che facciano incappare in carenza di obiettività storica, mentre annunciano una coscienza coraggiosa, per quanto grava sui cristiani: «La distinzione fra cristianesimo ed ebraismo è emersa solo dopo il Nuovo Testamento in un processo che si protrae nel III-IV secolo». Costantemente affiora il processo di mutua demarcazione nella «questione controversa se Gesù fosse il Messia profetizzato dall'Antico Testamento, cioè il Cristo e il Figlio di Dio».
Serenità e calma non caratterizzarono questo periodo, anzi si acuirono i dissensi: «L'ebraismo e il cristianesimo, per così dire, la volontà di demarcazione e il conflitto ce l'avevano nel sangue, e li accompagnarono lungo tutto il loro cammino nel corso della storia». Furono gettati quindi i semi che, nello scorrere del tempo, avrebbero comportato «molte conseguenze tristi e fatali nella successiva storia ebraico-cristiana».
Nel percorso W. Kasper sosta sulla Lettera di Barnaba in cui «la continuità di promessa e di adempimento, che è fondamentale solitamente per il Nuovo Testamento, è sostituita dalla rottura nella storia della salvezza. Prende piede cosl la teoria della sostituzione. Secondo essa il cristianesimo ha diseredato l'ebraismo e il suo posto è stato preso dalla Chiesa come il nuovo popolo di Dio».
L'esegesi di Mt 26,28, nella riflessione di W. Kasper, acquista una portata esegetica e dinamica per cristiani ed ebrei e sul loro dialogo attuale. Si legge nel Vangelo che il sangue di Gesù è stato versato "per molti" cioè per tutti, compresi gli ebrei quindi.
La concatenazione del pensiero conduce alla corretta interpretazione a partire dalle parole della Cena di Gesù: "Questo è il sangue dell'alleanza, che è versato per molti". Quale la tonalità e l'asserzione di queste parole? Kasper non esita: «Quell'esclamazione non accusa gli ebrei, ma accusa noi come cristiani perché, invece di interpretarla come un messaggio di salvezza, l'abbiamo interpretata per secoli come una maledizione per il popolo ebraico». Si impone un interrogativo che non si può eludere: è possibile uscire dall'intrico delle vicende storiche che segnano la vita della Chiesa?
La strada indicata, con lucida serenità, è proprio lo stesso Gesù Cristo, considerato concretum universale e quindi fondante un modello di rapporto fra ebraismo e cristianesimo, nel lessico di Kasper detto della rappresentanza: «Questo modello include anche ciò che è comune (solidarietà) e ciò che distingue (l'uno e l'unico che agisce per gli altri). In questo 'modello della rappresentanza' può essere determinato benissimo, collegandosi a Rm 1, il rapporto tra cristianesimo ed ebraismo contemporaneo. L'ebraismo contemporaneo e il cristianesimo sono segni reciprocamente del giudizio e della grazia divini».
Se considerati attentamente, uno per uno ma, simultaneamente, legati in un unicum, gli otto interventi scanditi negli anni, palesano la loro realtà di pietre miliari. Chi è sensibile al dialogo ebraico cristiano, o forse lo vive in prima persona, non potrà non prenderli in soppesata considerazione; si tratta però di interventi inclusivi perché ogni credente che ascolti la Parola e valuti la storia della Chiesa, dovrà lasciarsene illuminare per rendere trasparente la propria coscienza. Si tratta di costruire un rapporto con Israele inedito e aderente alla realtà storica ed evangelica.
In una tonalità tuttavia che ci riporta alla nostra realtà umana: «Se anche la comunità ebraica, come la Chiesa cristiana, nella fede alla parola di Dio che ascolta, dice 'si' nei fatti e nelle parole, dobbiamo rimettere a Dio il modo in cui egli condurrà Israele alla salvezza, senza 'dover mettere in gioco la nostra cristiana speranza di salvezza per Israele».
C. Dobner, in
Studi Ecumenici n. 1-2/2023, 448-451