Il docente di Antropologia teologica ed Escatologica presso la Facoltà di teologia della Pontificia Università Urbaniana ripresenta, nel contesto dell’anno giubilare, un sussidio che può favorire una riflessione profonda sul tema della speranza. Nella sua argomentazione l’autore compie un percorso in dieci tappe.
Lo sperare umano
Ancona parte dallo sperare umano, che è un tentativo di spingersi oltre ciò che contrasta la pienezza della vita. Lo sperare è un’azione fondamentale nell’esperienza di ogni persona. Senza speranza l’uomo non può affrontare la durezza della vita. Egli desidera quanto manca a una vita felice e carica di senso per l’oggi e per il domani.
«La speranza è così una tensione creativa – scrive –, stimolo intellettuale, movimento affettivo; essa non è illusione o proiezione utopica, ma ciò che qualifica la totalità del tempo e fa sì che il desiderio atteso metta in azione il volere umano; essa si trasforma in progetto contestatore del negativo, comporta creatività e, con sano realismo, fa accettare il rischio e l’imprevedibilità del futuro. La speranza persuade l’uomo a vivere – prosegue lo studioso –, nonostante le incertezze dell’esistenza, perché essa si coniuga con la forza intensa della fiducia. Quest’ultima è strettamente legata all’azione dello sperare umano. Protendersi nel futuro, infatti, è avere fiducia nella prospettiva del bene» (p. 119).
La speranza indica un’attesa e un esser in tensione verso qualcosa che non è ancora. Si tratta di un’attesa carica di desiderio per ciò che non è ancora.
Non si spera mai da soli. La speranza è a struttura relazionale/comunitaria; è un legame che de-centra verso un tu in cui riporre fiducia. L’uomo che spera è disponibile a consegnarsi all’altro, per combinare ulteriori legami, accoglienti e affidabili, che garantiscono amore, realizzazioni umane che aprono orizzonti verso il futuro.
La speranza è sempre collocata in prospettiva universale e desidera il bene della vita per tutti e per tutto. «Sperare è un’azione vitale, esistenzialmente forte e, pertanto – afferma l’autore – fa guardare anche oltre la morte» (p. 14).
La speranza dell’uomo, in relazione a una pienezza di vita trova qui il suo incentivo più forte. «Sperare oltre la morte, infatti, è come esercitare al massimo le potenzialità di fiducia in Qualcuno che può promettere un approdo ad una fiducia senza fine, piena, integrata in tutte le sue dimensioni umane» (pp. 14-15).
Per questa ragione la speranza ha sempre avuto a che fare con una dimensione religiosa. «Anche quando la si nega, la speranza è sempre rivolta al religioso, sua pure in negativo. Spesso la si riduce all’orizzonte sperimentabile, ma nel suo intimo movimento in-avanti essa conserva sempre un sentimento o un esplicito riferimento a Dio» (p. 15).
Lo sperare nell’epoca della post-modernità
La condizione dell’uomo post-moderno è caratterizzata dalla «solitudine» e si cercano relazioni virtuali tramite gli strumenti offerti dai social. Si ha paura di non essere ascoltati da nessuno. Nella rete si cercano legami, ma che non impegnino più di tanto o non minaccino l’autonomia personale.
L’uomo post-moderno vive di «piccole speranze» e di moltiplicazione di esperienze finite, circoscritte a particolari ambiti del suo vivere. Ci si smarrisce nel reticolo dell’autoreferenzialità. La solitudine non partorisce speranza, ma rassegnazione. Ci si affida agli oroscopi.
L’uomo «solo» è incapace di dare significati alle esperienze della vita, siano esse buone o cattive. Egli si trova impotente di fronte alle esperienze drammatiche del soffrire, della morte, del dolore che rende problematica la vita. Egli si accontenta di soddisfazioni momentanee, di una vita senza problemi. Per il resto, «egli pare non aver bisogno di sperare nella felicità assoluta – annota Ancona –; si accontenta di vivere e amministrare il suo limite» (p. 24).
La speranza in un futuro non entra nella logica dell’esistenza di un uomo che dispone di se stesso e basta. La realtà in cui vive l’uomo oggi è certamente più complessa di quella descritta sopra. «Nella costitutività umana, infatti, non viene mai meno quel senso di ulteriorità, di apertura al futuro, che qualificano l’uomo concreto come un essere in continua ricerca di ciò che non è pianificabile e non determinabile» (p. 25).
L’uomo è costitutivamente orientato alla conquista di una vita vera, buona, umana in senso autentico, anche se ciò non è del tutto verificabile e sempre possibile verificare coni mezzi che si hanno a disposizione. Possibilità di futuro e di speranza in questo futuro, religiosamente istruite e non, dimorano nella profondità di ogni uomo, ma attendono di essere risvegliate e liberate, annota l’autore (cf. ivi).
I vari aspetti della speranza
A partire da queste annotazioni antropologiche, nel corso del suo lavoro, Ancona esamina in sequenza negli altri capitoli lo sperare dell’uomo religioso in senso lato, poi quello dell’uomo credente e, in specifico, dell’uomo credente in Gesù Cristo. Sono riflessioni che trovano nel lettore un terreno già un po’ preparato.
La Scrittura presenta Cristo morto e risorto come la speranza ultima, definitiva, pienamente affidabile per l’uomo credente e discepolo che vive nella storia e deve affrontare la realtà complessa del lavoro, della famiglia, dell’impegno socio-politico, della sofferenza ecc.
Lo sperare cristiano è poi esaminato alla luce di varie sfaccettature di “scuola”. Lo si scruta alla luce di una quadruplice scuola: quella della preghiera, quella della sofferenza, quella dell’agire e, infine, quella del giudizio.
Lo sperare e il suo esercizio nella storia
Lo studioso conclude il suo percorso con un paragrafo dedicato allo sperare e il suo esercizio nella storia. Lo sperare dell’uomo, infatti, prende consistenza solo quando esso si trasforma in esercizio concreto nella storia di tutti i giorni.
La speranza diventa credibile e comprensibile solo quando si esercita per la realizzazione di quanto ogni uomo desidera per il bene del proprio sé e di quello degli altri e del mondo intero. «Sperare, in altre parole – annota Ancona –, è un esercizio storico e, in quanto tale, tiene conto del respiro universale del creato» (p. 91).
Lo speranza dell’uomo autentico è anzitutto – secondo l’autore –, un esercizio a favore della vita.
«Sperare è, così, avere fiducia nella vita e assumere in pienezza i suoi aspetti di felicità, pace, bellezza, affetti, dolore e quant’altro dice l’umano autentico; sperare è affermare la vita, sin dal suo sorgere, e approvarla fino in fondo, nella sua qualità umana, con amore e consapevolezza.
In un’ottica credente cristiana, poi – continua lo studioso –, l’amore per la vita dice ancor più significativamente lo sperare dell’uomo. In tale contesto, infatti, la vita è colta e affermata nella sua qualità eterna. Qui l’eternità non dice solo la destinazione finale della vita, ma anche la sua qualità nel presente, nel tempo, in quanto essa è pervasa dalla presenza di Dio, per mezzo di Gesù Cristo risorto, nella forza dello Spirito» (pp. 92-93).
«L’esercizio dello sperare per la vita è, conseguentemente, un esercizio di fraternità e di amore – scrive ancora l’autore –. Lo sperare dell’uomo si gioca nell’incontro con tutti, soprattutto con gli svantaggiati nella e dalla storia, i quali necessitano di un orizzonte carico di prospettive per la loro umanità ferita. In tale esercizio vi è il dono della speranza, secondo la forma dell’amore fraterno che include tutti e che scommette sull’umano» (pp.94-95).
L’ambiente vitale dell’esercizio autentico dello sperare sta nel riconoscimento della necessità dei legami e nel loro accoglimento, che sempre comporta crescita dell’umano e quindi un orizzonte di speranza. «Nel contesto della fede cristiana, poi, lo sperare per tutti e con tutti è un dato costitutivo dell’esperienza credente, in quanto i legami fraterni di amore le sono tipicamente salvifici» (p. 94).
Tutto questo trova il suo motivo fondante nel Dio di Gesù Cristo e nella sua opera in favore della creazione, rivelato in modo sommo nel mistero della Pasqua. Da qui deriva il carattere pasquale dell’esercizio dello sperare credente per tutti e con tutti, informato dall’amore.
In tal modo «sperare è perseguire azioni autenticamente fraterne, dove la misericordia, il perdono e la riconciliazione hanno sempre la meglio sull’odio e sugli scandali dell’egoismo. I legami fraterni sono sempre più trasformativi della storia e la indirizzano al futuro. Sperare è lasciarsi concretamente coinvolgere nei segmenti dell’intera storia, secondo lo stile della fraternità solidale nell’amore» (p. 95).
L’esercizio dello sperare per tutti e con tutti è inoltre sempre secondo giustizia.
L’esercizio dello sperare è un esercizio che tiene in conto la sempre crescente domanda di giustizia, soprattutto nel mondo di oggi. Questo esercizio consiste nel combattere ogni forma di ingiustizia, che lede la dignità umana, è creare condizioni di vita libere da oppressioni, violenze, disuguaglianze, povertà e da quanto, soprattutto a livello strutturale, non offre orizzonti di vita buona per l’oggi e per il domani.
Nell’orizzonte credente cristiano, tale impegno assume la forma dell’obbedienza al volere salvifico di Cristo. I cristiani danno ragione del loro sperare quando trasformano in semi di giustizia le tante e diverse negatività presenti nella storia. «Essi creano giustizia con la condivisione, la partecipazione al dolore del mondo e degli umani, secondo la logica del servizio responsabile e amorevole; i loro referenti sono soprattutto gli ultimi, i dimenticati dalla storia» (p. 96). Questo comporterà talvolta incomprensione e persecuzione.
L’esercizio dello sperare per la giustizia è anche strettamente connesso alla ricerca della pace. Non vi è pace senza giustizia e viceversa.
L’esercizio dello sperare, nel contesto dell’operare giustizia e pace, è, infine, sempre connesso alla salvaguardia del creato. Lo spazio vitale, l’ambiente connaturale all’uomo è il campo dell’assunzione di responsabilità da parte dell’uomo. Sperare è guardare al futuro con fiducia per se stessi, per gli altri e per il mondo creato. Nell’orizzonte del credente cristiano, «lo sperare con e per il mondo significa allacciare con l’intero creato una relazione di custodia responsabile, di coltivazione e di cura, che fugge ogni sorta di abuso e di sfruttamento, e che si pone come agire con-creativo con l’attività creatrice di Dio. [… il] credente in Cristo guarda sempre all’orizzonte ultimo con fiducia ed è consapevole che nulla di quanto lo costituisce sarà estraneo a Dio» (p. 100).
Compito educativo
Ancona schematizza in tre punti le tappe del compito educativo a ben sperare.
Anzitutto esso significa annunciare Dio, quale motivo di ogni speranza, per il fatto che nel suo Figlio Gesù Cristo e per la forza dello Spirito, è possibile incontrare la piena compiutezza dell’umano; una compiutezza già in atto nella storia, anche se non del tutto definitiva. Gli umani che accolgono Cristo vivono il loro sperare come un dono che rende liberi e che qualifica l’esistenza in termini «rivoluzionari». Essi assumono atteggiamenti non assolutizzanti nella storia e puntano decisamente al futuro, convinti che il male è definitivamente sconfitto da Cristo, anche se i segni sono ancora presenti nel vivere quotidiano.
Educare a ben sperare significa, in secondo luogo, aiutare gli umani a recepire il significato e il valore della storia, il senso dell’impegno politico e sociale, e a saper raccordare le speranze intra-storiche con la speranza assoluta. Anche le incompiutezze storiche – dolore, sofferenze, delusioni ecc. – vanno relativizzate, sapendo che l’orientamento di tutto è verso il definitivo.
Educare allo sperare significa, infine, far comprendere il cammino della vita come cammino da percorrere nella memoria della Pasqua di Gesù Cristo, la ragione di ogni speranza autentica. Si tratta di invitare tutti gli umani a entrare profondamente nel mistero di Cristo e a vivere secondo la logica dell’amore, con la consapevolezza che Dio è più forte di ogni peccato e della morte e che sperare non delude mai. «La convivialità degli umani nell’amore, infatti – conclude Ancona –, è ciò che resta e che di certo contrassegna la compiutezza antropologica tanto sperata e da Dio garantita nell’abbondanza del suo essere misericordia e grazia per tutti» (p. 105).
Ogni capitolo è concluso da alcune indicazioni bibliografiche utili all’approfondimento personale. Alle pp. 107-109 è riportato un Indice dei nomi, che arricchisce ulteriormente questo sussidio offerto ai «pellegrini della speranza» in cammino nel Giubileo 2025. Il linguaggio accessibile lo rende accostabile da una vasta gamma di lettori.
R. Mela, in
SettimanaNews.it 28 gennaio 2025