Chi legge l'opera di David Hamidovic, docente alla Facoltà di Teologia e di Scierize delle religioni presso l'Institut romand des Sciences bibliques dell'Università di Losanna, non può che riconoscere il carattere prevalentemente "storico" – come esplicitamente affermato nel titolo – dell'indagine stessa. Sta certamente qui una delle sue principali peculiarità: se è vero che non sono pochi gli studi – soprattutto di carattere biblico e teologico – sugli angeli, meno numerosi sono quelli che privilegiano questo tipo di approccio. E proprio a questa lacuna mira la presente pubblicazione, come riconosce l'A. stesso, che «vuole porre le basi di uno studio storico per studi presenti e futuri, e quindi contribuire alla comprensione rinnovata di un aspetto molto conosciuto delle culture occidentale, mediterranea, del Vicino e Medio Oriente» (p. 305).
L'oggetto dell'indagine, quindi, riguarda gli angeli e il loro rapporto con il divino. La prospettiva con cui la ricerca è condotta viene suggerita dal titolo, che merita qualche parola di spiegazione. Che cosa significa, infatti, "insostenibile divinità degli angeli" o, nell'originale francese, "insoutenable divinité des anges"? L'A. è del parere che il tema angelico, una volta fatto proprio dai grandi monoteismi (soprattutto quello giudaico e quello cristiano, sui quali Hamidovic si sofferma in modo ampio, dedicando all'islam invece solo una decina di pagine), ha visto un progressivo ripensamento da parte delle "élite" delle rispettive religioni che lo hanno condotto a un inquadramento tale da ridurne o negarne la divinità, per non entrare in conflitto con la perentoria affermazione dell'unicità di Dio. Gli angeli, quindi, da esseri divini o semidivini, comparabili in qualche modo alle divinità che popolavano i cieli del mondo pagano (orientale e poi greco-romano), sono stati incorporati nell'immaginario religioso giudaico-cristiano (e anche islamico), ma uscendone ridimensionati o, comunque, ripensati alla luce della fede nell'unico Dio e in funzione del suo piano di salvezza.
Il volume cerca di dimostrare la tesi in quattro ampi capitoli i cui titoli esprimono in modo eloquente l'esecuzione del progetto. Il primo capitolo, Agli inizi, gli angeli nel mondo degli dèi, getta uno sguardo sul periodo che precede il primo millennio avanti Cristo, con particolare attenzione al Vicino Oriente e alla Mesopotamia, ove gli angeli vengono intesi per lo più come una sorta di dèi inferiori e di messaggeri divini, in dialogo con gli dèi superiori (pp. 19-46). Il secondo capitolo, Al tempo della presenza discreta dei funzionari di Dio, prende in esame il primo millennio avanti Cristo, durante il quale si va affermando progressivamente – soprattutto nel contesto ebraico – una forma religiosa monoteista: se da un lato essa assume la figura dell'angelo con alcuni dei tratti caratteristici delle culture orientali (ad esempio, l'angelo come “messaggero”), dall'altro tende a riconfigurarla nella veste di "funzionario" a servizio dell'unico Dio (pp. 47-116). Al tempo del brusio assordante degli angeli – è il terzo capitolo (pp. 117-229) – si riferisce ai secoli che si collocano a ridosso dell'inizio dell'era volgare, caratterizzati da un sussulto della letteratura apocalittica che, secondo l'A., trova proprio negli angeli un'adeguata forma di comunicazione, e quindi di incontro, dell'uomo con Dio: è in questo periodo che il ricorso agli angeli si moltiplica e la loro presenza si diffonde negli scritti ebraici e cristiani, «al punto che quasi tutti gli scritti religiosi mettono in scena una o più figure angeliche» (p. 309). Il quarto e ultimo capitolo – Ai tempi della dijfidenza, del sospetto e della gogna – opera una ricognizione sul periodo che va dai primi secoli dell'età volgare sino al medioevo, nel quale I'A. ravvisa un crescente intervento di carattere regolativo, al fine di evitare il rischio di devianze eretiche, e – per quanto riguarda il cristianesimo - la nascita di una vera e propria "angelologia''che intende sistematizzare e dunque inquadrare chiaramente il posto degli angeli nel piano di Dio e nel culto dei credenti (pp. 231-304). La Conclusione tira le fila, in modo sintetico ed efficace, dell'imponente lavoro, richiamando le principali acquisizioni emerse (pp. 305-315).
In sede di valutazione critica è necessario riconoscere il principale merito del presente volume: quello di aver tentato una rilettura, in chiave storica, della tematica legata agli angeli, ripercorrendo un periodo di tempo amplissimo, che va da alcuni millenni prima di Cristo sino al medioevo e che vede intrecciarsi, in modo quasi inestricabile, culture tra loro molto diverse. L’A. dimostra di padroneggiare gli scritti canonici ebraici e quelli cristiani, ma anche di conoscere in modo approfondito il patrimonio apocrifo, sia ebraico sia cristiano, che agli angeli ha dedicato un'attenzione molto viva. Risultano perciò di grande interesse gli approfonditi riferimenti, ad esempio, all'Ascensione di lsaia o ai tre apocrifi di Enoc (Enoc 1, 2 e 3) che permettono di cogliere quanto ricca e complessa sia la letteratura intertestamentaria sugli angeli. Così si scopre, solo per fare un esempio, che, accanto ai noti Michele, Gabriele e Raffaele, la cosiddetta "angelopedia" apocrifa conosce molti altri "nomi" di angeli, nei quali è incluso spesso il riferimento al nome di Dio. Tra questi, un ruolo del tutto particolare è rivestito dall'angelo Metatron (p. 255ss).
Sul versante degli aspetti meno convincenti del volume, va rilevato il carattere di "ipoteticità'' – per la verità, spesso dichiarato dàll'A. stesso – degli intrecci e degli influssi tra una cultura e l'altra, in riferimento al tema degli angeli: è cosa davvero ardua, infatti, "dimostrare'' le possibili contaminazioni. Più radicalmente, però, viene da chiedersi se gli angeli nella rivelazione ebraica-cristiana siano semplicemente un "dato culturale'', dedotto dalle culture precedenti e successivamente regolato dalle élite religiose e dagli “ambienti redazionali” (sic!) che sovrintendono alla stesura dei testi sacri, come sembra suggerire l'A., oppure se si tratti di un fenomeno che, pur all'interno di una dinamica di condizionamenti socio-culturali, abbia una propria originalità e provenga, in qualche modo, da esperienze spirituali effettivamente esperite.
Anche l'impianto complessivo che sembra suggerire un'età dell'oro delle figure angeliche (il primo capitolo) poi via via deterioratasi sino a giungere alla ''gogna" (ultimo capitolo) non appare del tutto convincente: significa davvero "mettere alla gogna" gli angeli collocarli in un quadro che – almeno per quanto riguarda il cristianesimo – pone al centro di tutto la mediazione salvifica di Cristo? Lascia qualche perplessità l'interpretazione di alcuni brani biblici. Ad esempio, l'A. rilegge in chiave angelica la visione del vecchio di giorni e del figlio dell'uomo (Dan 7,13-14): «[...] ricollocato nell’insieme del libro di Daniele e nello schema generale che mette in scena un angelo nel corso del primo millennio a.C., 'uno simile a un figlio d'uomo' è assimilato a un angelo» (p. 166); a noi sembrerebbe più plausibile la ''tradizionale" interpretazione del passo in chiave messianica. Qualche dubbio suscita la scelta di alcuni termini, forse a causa di qualche difficoltà di traduzione: ad esempio, l'espressione "natura divina" (pp. 148, 159) attribuita all'angelo quando forse si intende alludere semplicemente alla "natura spirituale" o il termine "emanazione" per indicare il rapporto tra il Padre e Gesù Cristo (p. 277)... Infine, il procedere a volte un po' troppoanalitico, rischia di appesantire la lettura: avrebbe giovato maggiore sinteticità.
In ogni caso, il volume tocca un tema – quello degli angeli – che gode, ai giorni nostri, di una inattesa attualità e permette al lettore di rendersi conto di quanto alcune idee antiche (soprattutto provenienti dai testi apocrifi) rimbalzino nelle più varie (e talvolta strampalate) angelologie odierne.
A. Magoga, in
Studia Patavina n. 2/2023, 388-390