Nel 1998, l’autorevole New York Times dedicò la sua attenzione all’esegeta e teologo cattolico statunitense Raymond Edward Brown, definendolo «il più stimato tra gli studiosi americani del Nuovo Testamento, con pochi rivali a livello mondiale». In effetti, Brown è stato nel XX secolo se non il maggiore, uno dei maggiori specialisti di esegesi e teologia neotestamentaria dell’intero Continente americano, nonché del mondo occidentale.
Ordinato sacerdote a 25 anni e divenuto, nel 1972, membro della Pontificia Commissione Biblica, ha impegnato tutta la sua esistenza nell’accurato studio delle Sacre Scritture, dimostrandosi tra i primi cattolici aperti a recepire il metodo storico-critico, senza tuttavia sottacerne i limiti e gli eccessi nell’applicazione ai testi biblici. La sua opera più famosa è senza dubbio il commento al Vangelo di Giovanni, e tuttavia egli ha trattato in profondità non soltanto gli scritti riferibili alla cosiddetta «comunità giovannea», ma anche le tradizioni neotestamentarie relative a Pietro, a Maria, alla stessa figura del Nazareno e alle questioni cristologiche.
Il suo corposo studio sui Vangeli della Passione, intitolato significativamente La morte del Messia, costituisce uno snodo fondamentale per chi vuole approfondire criticamente e storicamente la vicenda dell’arresto, del processo, della crocifissione e della sepoltura di Gesù. Per Brown, il momento da cui partire nell’analisi degli ultimi istanti di vita del Maestro di Nazaret è il racconto del Getsemani, dopo il quale si procede linearmente, ricostruendo tutte le fasi successive così come vengono descritte dai quattro evangelisti.
Dopo una dettagliata introduzione, il libro risulta strutturato in quattro atti, con le relative scene interne, quasi come in una rappresentazione teatrale: il primo atto narra di Gesù al Monte degli Ulivi; il secondo del processo davanti alle autorità giudaiche; il terzo fa entrare in scena Ponzio Pilato e l’amministrazione della giustizia romana; il quarto racconta l’evento culminante della crocifissione e la conseguente sepoltura.
Al solo quarto atto sulla morte di Gesù e le sue affrettate esequie vengono dedicate ben 493 pagine. A questo punto, appare perfino pleonastico ricordare che il lavoro di Brown è corredato da una sterminata bibliografia – vengono menzionati oltre 1.500 autori –, da un’appendice nella quale si esaminano brevemente il Vangelo apocrifo di Pietro e una serie di questioni storico-esegetiche, nonché da 14 utili tavole illustrative.
Trattandosi di uno studio di impostazione storico-critica, non rientra comprensibilmente nel suo oggetto una trattazione estesa della risurrezione sotto l’aspetto teologico; non mancano tuttavia alcune interessanti considerazioni finali sul corpo di guardia al sepolcro secondo il Vangelo di Matteo (Mt 27,62-66 e 28,2-15).
Gettando lo sguardo oltre l’indiscutibile valore scientifico di questo studio, va notato come anche il lettore non specialista che desideri comprendere meglio gli aspetti storico-spirituali della passione di Cristo così come viene narrata dai quattro Vangeli, oppure che intenda essere partecipe in maniera documentata di un evento comunque capitale per l’umanità, trovi qui una vera miniera di informazioni e di piste di approfondimento.
Il fatto poi che l’A. segua un percorso sempre aderente ai testi evangelici rende il libro adatto anche alla meditazione quaresimale e perfino, volendo, a degli Esercizi spirituali. Come del resto scrive il card. Gianfranco Ravasi nella sua introduzione all’edizione italiana, anche molti non credenti «cercano il volto di Cristo nel momento della sua estrema vicinanza all’umanità, cioè nel giorno della sofferenza e della morte».
R. Timossi, in
La Civiltà Cattolica 4051 (6 aprile 2019), 91-92