«Giù le mani da Maria Maddalena»: così titolammo su queste pagine diversi anni fa un articolo di Gianfranco Ravasi. Era il tempo dell'uscita in libreria del Codice da Vinci di Dan Brown, con le sue fantasie sul personaggio femminile dei Vangeli e sulla sua relazione con Gesù. Ma oltre a smontare gli equivoci su Maria di Magdala, nonché le suggestioni gnostiche degli scritti apocrifi, il biblista ora cardinale delineava i contorni della sua figura, che erroneamente molti Padri della Chiesa hanno identificato con la prostituta pentita che unge i piedi di Cristo con olio profumato e li asciuga con i capelli. L'episodio è raccontato da Luca nel capitolo 7 e in quello immediatamente successivo fra le discepole del Messia viene citata Maria di Magdala «dalla quale erano usciti sette demoni». Di qui la confusione. Vanno poi ricordati gli episodi narrati da Marco e Matteo sulla donna anonima che nella casa di Simone il lebbroso a Betania versa sul capo di Gesù un vaso d'alabastro contenente olio aromatico e, infine, quello analogo di Maria di Betania, la sorella di Marta e di Lazzaro che sempre in Luca si siede ai piedi del Salvatore compiendo anch'essa il gesto dell'unzione.
Ecco, un'ampia tradizione teologica ha finito per riunire tutte queste figure femminili in una sola persona, Maria Maddalena, grande peccatrice redenta da Gesù. Condizionando anche in maniera decisiva il mondo dell'arte e della letteratura, che l'ha ritratta con il corpo spesso denudato e i capelli sciolti in un atteggiamento di penitenza (si pensi al famoso quadro di Georges de la Tour conservato al Metropolitan Museum di New York) o alle opere di Pasternak e Achmatova, Jacob e Claudel, fino a Rebora e Saramago.
A una revisione di questo modello consolidato anche nel pensiero di tanti fedeli invita un saggio della teologa francese Sylvaine Landrivon, docente all'Università Cattolica di Lione, che definisce sin dalle prime pagine Maria di Magdala, villaggio posto sulle rive occidentali del lago di Tiberiade, «un personaggio scomodo che non ha mancato di suscitare sospetto e interrogativi», spesso divenuto simbolo dell'immoralità capace di uscire dal buio con una vita di penitenza e di sublimarsi nello slancio mistico. L’autrice bene mette in luce la differente valutazione espressa dalla tradizione occidentale, propensa a riconoscere una sola donna negli scritti degli evangelisti, rispetto a quella orientale, che ha accolto senza confonderli la presenza di personaggi femminili differenti. I Padri greci non stabiliscono nessun rapporto fra Maria di Magdala e le donne protagoniste delle varie scene di unzione. Così ad esempio Severo di Antiochia: «Ci furono tre donne distinte per le qualità personali, per il modo di agire, per la diversità del tempo». Allo stesso modo Tertulliano, Clemente Alessandrino, Giovanni Crisostomo e Romano il Melode evitano ogni sovrapposizione.
Non così Agostino, secondo il quale abbiamo a che fare con «la stessa peccatrice». Ma in Occidente sarà soprattutto Gregorio Magno a fare di queste donne del Vangelo una sola e medesima persona, ormai chiamata Maria Maddalena, e a determinarne il culto di santa peccatrice, considerata patrona dei penitenti. «Forti di questo messaggio potente – scrive Landrivon – i secoli successivi non considereranno più questa discepola di Gesù secondo criteri diversi da quelli di una donna di malaffare, toccata dal rimorso, dalla desolazione e dal pentimento».
È noto che papa Francesco nel 2016 ha elevato a grado di festa la celebrazione di santa Maria Maddalena (che finora era stata solo "memoria"), mettendo in risalto la peculiare funzione di Maria di Magdala quale prima testimone che vide il Risorto e prima messaggera che annunciò agli apostoli la risurrezione del Signore. Ed è proprio questo ruolo essenziale che secondo l'autrice nel cristianesimo occidentale ha finito per essere posto in secondo piano. Tutti gli evangelisti concordano nel rimarcare in primo luogo la sua presenza al momento della crocifissione e della sepoltura di Cristo. Il tutto culmina poi nel famosissimo incontro tra Cristo e Maria di Magdala davanti alla tomba raccontato dal Vangelo di Giovanni, allorché la donna inizialmente lo scambia per il custode del giardino, sino al momento in cui Gesù si fa riconoscere e alla famosa scena del Noli me tangere, così tante volte illustrata dall'iconografia.
Ma Gregorio e con lui molti altri privilegiano il mix dilussuria e lacrime nel presentarne la figura: «Cosa significano questi sette demoni – scrive nell'Omelia XXIII – se non la totalità dei vizi?». In realtà, come ha precisato Ravasi, «il demonio nel linguaggio evangelico non è solo radice di un male morale ma anche fisico che può pervadere una persona. Il "sette", poi, è il numero simbolico della pienezza. Non possiamo, dunque, sapere molto sul male grave, morale o psichico o fisico che colpiva Maria e che Gesù le aveva eliminato». I demoni cacciati dal suo corpo non rappresentano per forza i vizi, e la lussuria in particolare.
Di Maria di Magdala bisogna piuttosto rilevare la specificità di prima testimone della Resurrezione: perché Gesù apparve a lei per prima e non agli Undici? Persino Tommaso d'Aquino ha sottolineato tre suoi privilegi: «Primo, il privilegio dei Profeti, perché essa meritò di vedere gli angeli. Secondo, la sublimità degli angeli, per il fatto che vide il Cristo, nel quale gli angeli desiderano fissare lo sguardo. Terzo, il compito degli apostoli; anzi, essa fu fatta apostola degli apostoli, perché le fu affidato l'incarico di annunziare ai discepoli la risurrezione del Signore». La denominazione di "apostola degli apostoli" risale a Ippolito di Roma ma raramente è stata ripresa e sviluppata. La si ritrova appunto nell'Aquinate e nelle espressioni recenti di alcuni pontefici, fra cui Benedetto XVI e Francesco. «Come sembra invitarci a fare papa Francesco» conclude l'autrice del saggio «mediante la nuova liturgia riservata a Maria Maddalena, forse è venuto il momento sia di riconoscere meglio il valore di questa testimonianza femminile, così vicina alla rivelazione, sia di concedere sulla base di questo fondamento alle donne altre funzioni nella Chiesa».
Senza proporre il sacerdozio femminile, Landrivon suggerisce apertamente nuove valorizzazioni per la donna, ma soprattutto un nuovo approccio. Un po' come ha fatto il Papa stesso al vertice sulla pedofilia in Vaticano del febbraio scorso dopo aver ascoltato l'intervento di una relatrice: «Tutti noi abbiamo parlato sulla Chiesa, stavolta era la Chiesa stessa che parlava. È il genio femminile che si rispecchia nella Chiesa che è donna. Non si tratta di dare più funzioni alla donna nella Chiesa – sì, questo è buono, ma non risolve il problema –, si tratta di integrare la donna come figura della Chiesa nel nostro pensiero». Maria di Magdala, discepola e amica di Gesù, che per prima lo vide risorto, può aiutarci in questa riscoperta contro il clericalismo e il maschilismo che attanaglia il cattolicesimo.
R. Righetto, in
Avvenire 19 luglio 2019, 13