Già il titolo ha dell’ambizioso: non solo spiegare Gesù, ma spiegarlo «a tutti». Un proposito che ha duemila anni di vita e che deve aver attraversato anche la mente dei quattro evangelisti, ma che oggi più di ieri richiede una grande sensibilità per raggiungere le corde dei cuori contemporanei.
Un compito che molti teologi si sono assunti negli anni, e forse l’era di papa Bergoglio può fare la differenza. Un linguaggio più evangelico per parlare di Dio alle persone: ne avevano dibattuto i teologi europei riuniti a Bressanone nell’estate 2013 e, Joseph Doré, uno dei più noti e autorevoli teologi francesi, è passato dalle parole ai fatti proponendo un breve saggio per far conoscere Gesù Cristo all’uomo di oggi.
Ottant’anni a settembre, Doré è stato docente all’Istitut Catholique di Parigi, dal 1992 al 1997 è membro della Commissione teologica internazionale, oggi del Pontificio Consiglio per la Cultura (e collaboratore di diverse riviste tra cui Concilium), dal 2007 anche vescovo emerito di Strasburgo, diocesi che ha guidato per dieci anni (alla sua consacrazione anche l’attuale cardinale Walter Kasper, allora vescovo di Stoccarda).
Con uno stile chiaro e sistematico che rivela le sue riconosciute capacità didattiche, Doré abbandona le fini disquisizioni teologiche da addetti ai lavori per addentrarsi in un’esposizione che riassume anni di lavoro di storici e teologi sulla figura di Gesù Cristo. Qualcuno potrebbe obiettare che la sua identità e «professione» – spiega nell’Ouverture – potrebbe fare di lui «un partigiano o un propagandista»: niente affatto in quanto «la concezione che io ho della mia responsabilità, in quanto credente, in quanto teologo e in quanto pastore, mi ha sempre impedito di cedere ad ogni forma di proselitismo, e a maggior ragione di clericalismo, qualunque sia il senso che si dà a queste parole». Perché una testimonianza proposta in maniera responsabile è tutt’altra cosa da un’iniziativa di «adescamento».
Storia, messaggio, identità, posterità: sono queste le tappe di un viaggio dove il lettore attento è accompagnato per mano dall’autore che propone, non impone, attraverso le risposte, brevi e incisive, ad una serie di domande frequenti e popolari. Così è per l’esistenza del Gesù storico, l’affidabilità dei vangeli, gli eventi della morte e della risurrezione, o per quanto riguarda il suo «messaggio» («Gesù è stato un maestro di sapienza, una sorta di Dalai Lama cristiano») e la sua singolarità. Cosa sappiamo di Gesù e della sua esistenza? Quali sono le fonti di queste conoscenze? Che cosa sta sotto l’idea di miracolo? In che senso va inteso l’amore del prossimo che Gesù propugnava? Come si spiega quell’incrollabile fede nella sua risurrezione?
Colpisce la vicinanza con le parole di papa Bergoglio prima della recita del Regina Coeli a pentecoste: «Essere cristiani non significa principalmente appartenere a una certa cultura o aderire a una certa dottrina, ma piuttosto legare la propria vita, in ogni suo aspetto, alla persona di Gesù e, attraverso di Lui, al Padre». «Il passo dalla religione alla morale è facile – scrive Dorè – Si può dire che, secondo Gesù, la morale culmina nel legame che egli ha radicalmente stabilito tra la causa di Dio e quella dell’uomo di ogni uomo». È «la misericordia che deve andare prima di tutto a coloro che sono i più trascurati: i malati e gli esclusi dichiarati impuri, le donne (persino di «malavita»!) e i bambini sempre».
Degne di attenzione le parole sull’umanità di Cristo, a partire da quella considerazione del «bambino avvolto in fasce» fino alla denuncia di essere «un mangione e un beone» e al suo marcato «anticonformismo» capace di smarcarsi da usanze e cultura dell’epoca, da cui la nomea di rivoluzionario.
Articolata la presentazione dell’identità di Gesù, a partire dalle grandi figure dei filosofi dell’antichità (sempre considerati per quanto di più popolare si conosca) e quindi il grande tema della posterità, leggi la sua Chiesa e il rapporto dei cristiani con le altre religioni.
Ed è nella conclusione che il teologo esplicita le sue intenzioni: spiegare Gesù significa in fin dei conti comprendere meglio l’esistenza umana, dare un senso alla propria vita. Il libro non è allora la metodologia di «un teologo moderno o postmoderno» conquistato dalla secolarizzazione generalizzata, ma la ricerca di un credente che, sulla scia di Dietrich Bonhoeffer, intende parlare di Gesù per meglio comprendere l’esistenza umana e resistere, come lui fece, alla barbarie nazista.
M.T. Pontara Pederiva, in
www.lastampa.it/vaticaninsider 22 giugno 2016