L’A., noto studioso del Nuovo Testamento, affronta con coraggio e lucidità l’argomento dell’identità di Gesù di Nazaret. Con linguaggio chiaro e discorsivo si propone di «accostarsi in modo critico, con discernimento e con fiducia al Gesù reale» (6).
Il libro è diviso in due parti. La prima parte comprende dodici capitoli, dedicati a «ciò che Gesù volle». […]. La seconda parte dell’opera comprende nove capitoli che indagano su «Chi fu Gesù?». […]
Di grande interesse e attualità risulta il rapporto che Gesù ha mantenuto con l’Antico Testamento e con la Torah in specifico. L’A. stesso considera il capitolo «Gesù e la Torah» «uno dei più importanti del libro» (232). Con chiare argomentazioni rigetta la “diseredazione” storico-salvifica di Israele, sostenuta nel passato con intenzioni sostitutive da parte della Chiesa. Soffermandosi su temi sensibili come: duplice comandamento, amore dei nemici, divieto di adirarsi, divorzio, rispetto dei genitori, rispetto del sabato, puro e impuro, con dovizia di citazioni dimostra quanto profondo e rispettoso sia l’atteggiamento di Gesù nei confronti delle Scritture del suo popolo. […]
Pertanto, Gesù viene riconosciuto come l’interprete escatologico della Torah, letta con stupefacente sensibilità alla luce del suo centro dinamico: lo Shemà (cf Dt 6). Al di là dei pregiudizi o dei luoghi comuni, Lohfink sostiene che la Legge mosaica non può essere considerata obsoleta o abrogata, ma tutta la Torah va interpretata alla luce di Gesù Cristo per scoprire quale sia la volontà di Dio.
L’A. si domanda ancora: come mai Israele, sempre sconfitto, perseguitato e disperso nel mondo, è sopravissuto come popolo? Solo in virtù delle Scritture custodite gelosamente. Grazie a esse Israele si distingue per la sua capacità di discernimento. «La chiesa ha urgentemente bisogno quanto la sinagoga di tale continua opera di discernimento. Essa non può cadere in quello stato morboso dello spirito, in cui tutto è uguale, tutto parimenti valido, tutto indifferente. Lì dove non si discerne più tornano i vecchi dèi» (261). Quanto è vero!
Infine, condividendo un’affermazione del teologo F. Crüsemann, asserisce: «L’identità del Dio biblico dipende dal legame con la sua Torah». «Perciò la Chiesa non può e non deve mai rinunciare alla Torah. Neppure a parti di essa. Deve naturalmente viverla e leggerla nello spirito di Gesù» (262).
La lettura di questo lavoro esegetico e teologico apre la mente a chi vuole cercare la verità, a chi è interessato a conoscere Gesù di Nazaret. Scritto in maniera brillante e preciso, è da ammirare anche per l’assenza di tanti svarioni così frequenti anche in libri più specialistici del presente testo.
A. Carapellese, in
Rassegna di teologia 57 (2/2016) 331-332