«Questa piccola opera è senza pretese. Vorrebbe semplicemente aiutare lo studente in teologia a orientarsi nel pullulare delle discipline che rientrano nella dimensione “teologica”». È preziosa la scelta di un teologo che ha accompagnato con “expertise” la riflessione teologica della seconda metà del XX secolo, con imponenti volumi, di offrire nell’ultima opera tradotta dall’Editrice Queriniana, un piccolo volume interessato a «trovare punti d'appoggio» nel marasma delle numerose discipline teologiche. Bernard Sesboüé presenta così la sua opera.
Il volume si presenta come un Cicerone o come una bussola per orientarsi nel mondo teologico, che – come non nasconde il teologo gesuita – si presenta per i principianti come «un quadro complesso e relativamente confuso». L'obiettivo prefissato dall’opera, quindi, si situa al di qua delle complessità successive del sapere teologico volendo – a un livello più propedeutico ed elementare – chiarire i concetti fondamentali della scienza teologica e situare l’attuale teologia dogmatica alla luce del suo passato.
Venendo dalla penna di un teologo dogmatico, l'opera assume inevitabilmente come Centro di gravità la teologia dogmatica. Ciò è dovuto, oltre alla matrice dell’a., anche alla stessa centralità del dogma nelle varie ramificazioni del sapere teologico. L’a. precisa, infatti, che la teologia dogmatica non sono “i dogmi”, bensì la disciplina umana che cerca di comprendere al meglio il contenuto del dogma e dei dogmi. La dogmatica, in altre parole, è la mediazione umana che inserisce la scienza di Dio nell’ordine delle scienze umane. La teologia dogmatica ha per oggetto la storia del rapporto tra Dio e l’uomo, storia che è narrata normativamente nelle Sacre Scritture. Per questo, la dogmatica è inseparabile dallo studio della Bibbia culminante nell’evento Gesù storico. L’a. chiarisce che la teologia cristiana è largamente storica, è scienza della storia di Dio e dell’uomo.
Il primo capitolo costituisce una rassegna concisa della ricezione del termine “teologia” – precedente al cristianesimo ed ereditato dall’ellenismo – e che è stato inizialmente usato per parlare in senso stretto di Dio in sé, della santissima Trinità, diventando in seguito un termine più generico che ingloba tutte le materie attinenti all’ambito del rapporto dell’uomo con il Dio trino. L’a. presenta qui le varie ramificazioni fondamentali della teologia, con particolare attenzione a: l’esegesi e la teologia biblica, l’apologetica e la conseguente teologia fondamentale. Una presentazione più rapida è dedicata alle altre discipline come la teologia morale, il diritto canonico, la teologia ascetica e mistica, la storia ecclesiastica, la teologia pastorale e la teologia contestuale.
Il secondo capitolo mostra l’evoluzione del termine “dogma” da «opinione», nel contesto ellenistico, per giungere ad essere, nell’uso successivo cristiano, espressione di una certezza fondamentale di fede. L’a. presenta alcuni pilastri dell’affermazione dogmatica nella storia, tra cui il Commonitorium di Vincenzo di Lérins – quod ubique, quod semper, quod ab omnibus creditum est – e la specificazione dell’oggetto della fede presentata succintamente dal Concilio Vaticano I: «Per fede divina e cattolica sono da credere tutte quelle cose che sono contenute nella parola di Dio scritta o tramandata, vale a dire nell'unico deposito della fede affidato alla Chiesa, e che insieme sono proposte come divinamente rivelate, sia dal magistero solenne della Chiesa, sia dal suo magistero ordinario e universale» (DH 3011).
Il capitolo affronta anche il tema dello «sviluppo dei dogmi», la cui fondamentale importanza è stata sottolineata nel XIX da John Henry Newman, ma il quale, secondo l’a. è già rinvenibile nei primi Concili, ad esempio a Nicea I (325 a.D.), «che segna l’atto di nascita del linguaggio dogmatico non scritturistico nella Chiesa», manifestando così l’esigenza di trovare una terminologia adeguata per esprimere l’unica fede nelle varie epoche.
Il terzo capitolo riflette sullo stato e sulle fonti della teologia dogmatica, evidenziando i cosiddetti «loci theologici». L’a. manifesta il nesso inscindibile tra fede e teologia, affermando che «la teologia propriamente detta non può svilupparsi che nel quadro dell’atto di fede. In ciò, essa è ben diversa dalla scienza delle religioni, dove l’autore non è coinvolto personalmente in ciò che enuncia».
Il quarto capitolo è una breve ricostruzione di alcuni momenti salienti della storia della teologia e dei contributi specifici delle varie epoche. Dell’epoca patristica, ad esempio, l’a. sottolinea tre contributi fondamentali: quello di Ireneo di Lione, quello di Origene d’Alessandria e quello di Agostino d’Ippona. Dell’epoca medievale, l’a. evidenzia il passaggio stilistico della teologia scolastica evidenziando Boezio, il precursore del cambio di stile nel concepire e nel fare teologia. In seguito, l’a. si sofferma specialmente su due protagonisti del medioevo: Tommaso d’Aquino e Bonaventura.
L’ultimo capitolo, prosegue l’esplorazione della storia della teologia, soffermandosi sull’epoca moderna e la teologia contemporanea.
R. Cheaib, in
Theologhia.com 24 giugno 2019