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Il Messia sofferente
Jean-Noël Aletti

Il Messia sofferente

Una sfida per Matteo, Marco e Luca. Saggio sulla tipologia dei Vangeli sinottici

Prezzo di copertina: Euro 20,00 Prezzo scontato: Euro 19,00
Collana: Biblioteca Biblica 31
ISBN: 978-88-399-2031-7
Formato: 16 x 23 cm
Pagine: 176
Titolo originale: Le Messie souffrant. Un défi pour Matthieu, Marc et Luc. Essai sur la typologie des évangiles synoptiques
© 2021

In breve

Per poter scrivere i vangeli era decisivo dimostrare che il rifiuto, le sofferenze e la morte cui era andato incontro Gesù non deponevano a sfavore della sua identità di Messia, di glorioso Inviato di Dio. I primi cristiani raccolsero questa sfida editoriale e rivisitarono le Scritture di Israele per trovarvi figure di uomini di Dio perseguitati e rifiutati: Gesù, vero profeta, aveva vissuto un destino tragico in tutto simile al loro.

Descrizione

Voler scrivere una vita di Gesù, nella cultura del I secolo d.C., era in buona sostanza una pretesa assurda: occorreva assolutamente dimostrare che le sofferenze e la morte del Nazareno non mettevano affatto in discussione la sua qualità di Inviato di Dio. Per gli autori dei vangeli sinottici era dunque decisivo giustificare questa anomalia, superare questo handicap.
In effetti, se per i discepoli la risurrezione aveva reso Gesù una gloriosa figura messianica, il rifiuto di cui era stato oggetto e la sua morte ignominiosa smentivano nella maniera più radicale che egli fosse un messia: la sua fine era anzi quella di un ribelle, di un impostore o di un bestemmiatore – insomma, la fine di una figura lontanissima dalle vie di Dio.
Matteo, Marco e Luca raccolsero questa autentica sfida editoriale. Rivisitarono le Scritture di Israele per trovarvi figure di inviati divini perseguitati e rifiutati. Avvalendosi delle tecniche della tipologia, essi mostrarono così che Gesù – essendo veramente un profeta – aveva vissuto un destino tragico del tutto simile al loro.
Aletti, docente solido, internazionalmente apprezzato, ci guida a scoprire i segreti di questa sfida, affrontata dai credenti delle prime comunità cristiane.

«Questo saggio, rivolto agli esegeti del Nuovo Testamento, non è scritto in modo astruso: il mio auspicio è che i teologi, ma anche le donne e gli uomini dotati di una certa cultura biblica, vi trovino gustosa materia per riflettere» (Jean-Noël Aletti).

Recensioni

Questo volume del 2019 (nell'originale francese) va a completare il discorso iniziato da J.-N. Aletti nel 2016 con Gesù: una vita da raccontare; allora aveva offerto ai lettori alcune riflessioni sul genere letterario dei Vangeli sinottici, ora invece sulla tipologia, che «ha in parte determinato la formazione del tessuto sinottico», nel senso che «molte pericopi dei Sinottici furono scelte poiché potevano essere usate in modo tipologico» (p. 7). A conclusione del lavoro l'idea sarà riaffermata in modo ancora più perentorio che «la tipologia dei Sinottici è subordinata all'anagn risis, e che senza il suo uso non ci sarebbero mai stati dei racconti evangelici» (p. 153). In questa citazione c'è tutto il succo dei due volumi di Aletti.

I tre evangelisti si sono trovati di fronte a due difficoltà, che hanno colto come sfide. La prima: nell'antichità erano accettabili solo biografie di uomini illustri, riconosciuti come tali dai contemporanei; Gesù invece è stato rigettato e ucciso. La seconda: grazie alla sua risurrezione, i discepoli hanno visto in Gesù il Messia atteso dalle tradizioni ebraiche; però nelle Scritture di Israele non si parla mai di un messia sofferente. Il problema sono la passione e la morte, che vanno contro tanto il modo abituale di considerare una persona illustre quanto le attese messianiche, «ecco perché Marco, Matteo e Luca rivisitarono le Scritture per cercarvi dei personaggi, perseguitati e rifiutati e tuttavia giusti e fedeli, atti a rendere conto del destino tragico di Gesù» (p. 157).

L'introduzione e i primi due capitoli del volume fanno una panoramica su cosa si intende per tipologia e su come l'A. la riconosce nei Vangeli sinottici, integrando le proposte di R. Hays e di D. Allison. Non è in questi capitoli la parte più interessante del lavoro di J.-N. Aletti, quanto piuttosto in una domanda, tipica dell'analisi narrativa, che ritorna continuamente nei capitoli seguenti (quelli in cui vengono analizzati uno a uno i tre Vangeli): qual è la funzione della tipologia nei racconti evangelici? A che scopo gli evangelisti fanno ricorso a questo strumento letterario?

Per quanto riguarda Marco: nei racconti della passione si moltiplicano i riferimenti ai giusti perseguitati dell'Antico Testamento; «per rispondere allo scandalo di un Messia rifiutato e crocifisso, Marco ha scelto di leggere la passione ricorrendo alle suppliche dei giusti perseguitati, poiché in queste preghiere la sola anagn risis che conta è verticale: essendo nella posizione dei giusti perseguitati (che sono i suoi figuranti), Gesù non poteva né doveva essere riconosciuto da nessun altro se non da Dio» (p. 154). Per "leggere" le sofferenze di Gesù, Matteo utilizza una tipologia profetica, con particolare riferimento a Geremia; ma la tipologia prevalente è mosaica: dai racconti dell'infanzia fino al mandato di Mt 28,16-20, passando attraverso il Discorso della montagna, Matteo mette in parallelo Gesù con Mosè, così da «fare dello scritto in cui sono trasmesse le sue istruzioni la carta del discepolo» (p. 97); inoltre, in Matteo emerge una tipologia regale: «se Gesù non fu riconosciuto come re/messia è a causa della disobbedienza cronica del suo popolo» (p. 97). Infine, Luca: è Gesù stesso che a Nazaret inaugura la sua tipologia, leggendo il testo messianico di Is 61 alla luce delle esperienze di Elia ed Eliseo; la prima parte del vangelo mostra un profeta accolto, la seconda invece rifiutato - pur tuttavia riconosciuto giusto, durante la passione e morte.

Nei Vangeli sinottici la tipologia non serve principalmente a dimostrare la superiorità di Gesù rispetto a personaggi e situazioni dell'Antico Testamento; questa dimensione comparirà solo in seconda battuta e negli episodi che precedono la passione, come i miracoli. Ma «per le sofferenze e la morte, la lettura tipologica ha il fine di mostrare che Gesù è in diretta continuità con i fedeli perseguitati e con i profeti» (p. 158).


C. Broccardo, in Studia Patavina 1/2024, 182-183

Un po’ fuorviante il titolo italiano di questo testo, che nell’originale in fran­cese edito nel 2019 precisa nel sottoti­tolo (Essai sur la typologie des évangiles synoptiques) quello che è l’argomen­to centrale del saggio: la tipologia. O, meglio, l’interpretazione tipologica di cui fanno largo uso i vangeli sinottici allo scopo di ottenere il riconoscimen­to dell’identità «illustre» di Gesù e giu­stificare così la redazione di una sua biografia. Si tratta quindi di un testo esegetico che, analizzando l’uso del­la tipologia in Matteo, Marco e Luca e valutandone le differenze, ne scopre le motivazioni teologiche.

Il punto di partenza è la passione di Gesù, che ri­schiava di compromettere la credibi­lità della sua messianicità e il diritto a tracciarne la biografia, destinata ai soli uomini illustri. Scopo primario dei si­nottici nell’uso della tipologia non fu quindi per Aletti la costruzione di una linea di continuità tra Antico e Nuovo Testamento, che sancisse la superiori­tà del secondo sul primo, bensì l’ana­gnorisis, il riconoscimento dell’identità di Gesù. Fondamentale per sostenere l’uso dell’interpretazione tipologica da parte dei vangeli sinottici è l’individua­zione dei paralleli, espliciti o impliciti, tra il tipo veterotestamentario e l’an­titipo neotestamentario (synkrisis), si tratti di personaggi, di motivi o di av­venimenti, ma anche la ripresa di ter­mini ed espressioni simili. In sintesi: non solo l’analogia dell’intreccio, ma anche i paralleli semantici sono un ele­mento fondamentale per poter parlare di tipologia.

Dopo aver esposto i prin­cipali criteri per l’individuazione delle riprese tipologiche e aver spiegato le procedure usate dai sinottici (selezione o accumulo delle figure, ripresa conti­nua, parziale o multipla, enunciazione singola o polifonica, indirizzamento a uno o più destinatari), l’autore prende in esame, per ciascuno dei tre vangeli, le diverse tipologie di ripresa scrittu­rale, in particolare negli episodi lega­ti alla passione: esodale, regale, salmi­ca e profetica. In Marco, ad esempio, la ripresa tipologica è triplice: eliaca, eliseana e salmica. Elia, tuttavia, è per Marco il tipo di Giovanni Battista, men­tre il tipo di Gesù è Eliseo, successo­re di Elia, come Gesù lo è del Battista, autore di miracoli analoghi a quelli di Gesù e, quindi, provvisto dell’autorità divina. La tipologia salmica interviene invece negli episodi della passione ed è funzionale al riconoscimento «verti­cale» di Gesù. Come i giusti persegui­tati dei Salmi, Gesù, nel Vangelo mar­ciano, non viene riconosciuto «oriz­zontalmente» dai suoi contemporanei, nemmeno dai suoi discepoli, ma solo da Dio, attraverso la sua risurrezione proclamata dall’araldo divino in Mc. 16, 6. La dichiarazione del centurione, che sembra contraddire questa conclu­sione, è spiegata da Aletti come un ri­conoscimento insufficiente per il fine che si proponeva l’evangelista, ossia il possesso dei requisiti necessari per la redazione di una biografia, trattando­si di una anagnorisis enunciata da un personaggio solo, anonimo e stranie­ro. L’uso della tipologia matteana si estrinseca nei racconti dell’infanzia, del ministero e della passione di Ge­sù. In quest’ultima sezione, oltre alla tematica salmica dei giusti persegui­tati, l’evangelista stabilisce un collegamento anche con la tipologia profetica, in particolare attraverso la ripresa del libro di Geremia, anch’egli profeta in­nocente minacciato di morte.

Lo sco­po è quello di inserire la figura di Ge­sù nella linea del destino profetico di rifiuto e condanna, ma non – secondo Aletti – per stabilire una continuità tra Antico e Nuovo Testamento, bensì per dimostrare, attraverso il parallelo con Geremia, l’identità profetica di Gesù: il problema dell’anagnorisis si risolve qui con la scoperta che il rifiuto è ele­mento integrante del destino profetico. Nel Vangelo dell’infanzia e nel discor­so della montagna Matteo utilizza in­vece una tipologia mosaica: nel primo caso per sottolineare ancora una vol­ta il rifiuto e la minaccia, nel secondo per evidenziare il ruolo di legislatore di Gesù, funzionale al riconoscimen­to della sua identità messianica. Un’al­tra tipologia riscontrabile nel Vangelo matteano è quella regale, espressa at­traverso la titolatura (figlio di Davide, re dei Giudei) o alcune azioni simbo­liche, come l’entrata a Gerusalemme, che trova riscontro nei Salmi, nei li­bri dei Re e in Zaccaria e che mira ap­punto al riconoscimento dell’identità regale e messianica di Gesù. In Luca è prevalente la tipologia profetica attra­verso la ripresa sia di Elia sia di Eliseo come figuranti di Gesù negli episodi di alcuni miracoli di guarigione, nonché di Samuele, che spiega la natura pro­fetica di Gesù sin dal suo concepimen­to. La stessa tipologia è espressa per­sonalmente da Gesù nell’episodio del­la sinagoga di Nazareth, in cui il pre­annuncio del suo rifiuto rappresenta il criterio che permette di confermare la sua autenticità, mentre il richiamo alla profezia escatologica di Is. 61 sottolinea la sua attività salvifica come ulteriore elemento di riconoscimento identita­rio. Anche in questo caso l’interpreta­zione tipologica non intende stabilire una relazione di inferiorità o superio­rità tra tipo e antitipo, ma ha lo scopo di facilitare l’anagnorisis.

Aletti dedi­ca un’attenzione particolare all’inter­pretazione tipologica del Vangelo lu­cano, più complessa rispetto agli altri due sinottici, in quanto il problema dell’identità di Gesù si sviluppa su due fronti, in cui riconoscimento e rifiuto si alternano: la risurrezione del figlio della vedova (Lc. 7, 11-16) è l’episodio rappresentativo del riconoscimento; la guarigione dei dieci lebbrosi (Lc. 17, 11-19) lo è del rifiuto. A differenza di Marco, inoltre, l’anagnorisis è di tipo orizzontale: nel racconto della passione, infatti, assistiamo al riconoscimento progressivo dell’innocenza di Gesù da parte dei diversi personaggi (Pilato, Erode, le donne, il ladrone, il centurione, la folla), che utilizza, come modello ve­terotestamentario, l’idea della morte del giusto come è tematizzata da Ge­remia. L’autore spiega la scelta dell’e­vangelista con la necessità di rispet­tare il requisito delle vite degli uomi­ni illustri richiesto dal pubblico greco cui Luca si rivolgeva, che necessitava del riconoscimento del protagonista da parte dei suoi contemporanei. Tut­to ciò non spiega ancora la figura del Messia sofferente: né la tipologia sal­mica né quella profetica sono tipologie messianiche ma, a parere di Aletti, è proprio la «tipologia multipla» dei rac­conti della passione che dà «alla figura del Messia una dimensione che il so­lo titolo di discendente davidico non avrebbe potuto dargli» (p. 146). An­cora un’altra tipologia è utilizzata da Luca nell’episodio dell’ascensione, che riprende il modello di Elia rapito sul carro di fuoco (II Re 2), mentre i pun­ti di contatto con la figura sacerdotale dei riti di benedizione di Sir. 50, 20-21 e Lev. 9, 22-24 non sono sufficienti, a parere dell’autore, per sostenere il ri­corso ad una tipologia sacerdotale da parte di Luca.

Testo interessante e ric­co di spunti, che pecca però a volte, a mio parere, di parzialità di giudizio: alcune spiegazioni sembrano un po’ forzate, alcuni esempi piegati a dimo­strare l’assunto di partenza e giustifi­cati in modo un po’ frettoloso quando non rispondono all’esigenza dell’auto­re. Ad esempio, egli usa in senso mol­to stretto i parallelismi tra figuranti e figurati per confermare o escludere una ripresa tipologica, ma è pronto ad abbandonare il rigore di tale criterio quando esso ostacola la sua dimostra­zione. Nel complesso, comunque, un testo utile non solo agli esegeti e ai te­ologi, ma anche a coloro che sono inte­ressati alla materia biblica, considera­to il linguaggio utilizzato, alla portata di un pubblico di cultura medio-alta.


A. Varcasia, in Protestantesimo 2-3/2021, 176-178

Scrivere una biografia di Gesù era per i suoi discepoli «il solo modo per rispondere alle critiche provenienti dall’esterno» (p. 156). Tuttavia le biografie (bioi in greco) erano riservate solo agli uomini illustri, famosi per vittorie militari, scritti filosofici e scientifici, i grandi discorsi politici e di altro genere, la cultura e la lingua greca ecc. La prima comunità cristiana si trovava di fronte a difficoltà immense. La risurrezione aveva reso Gesù una gloriosa figura messianica, ma il rifiuto che aveva patito durante la sua vita pubblica e la sua morte ignominiosa sulla croce come un ribelle, un malfattore e un bestemmiatore smentivano clamorosamente il fatto che egli fosse un messia. Occorreva quindi dimostrare che le sofferenze e la morte ingloriosa di Gesù di Nazaret non mettevano in discussione la sua qualità di inviato di Dio.

Tipologia e riconoscimento

Per superare questo handicap, la comunità non trovò altra strada che portare le persone alla conoscenza/anagnorisis della qualità messianica della persona di Gesù attingendo al patrimonio di persone e avvenimenti riportati nell’Antico Testamento che, in un modo o nell’altro, prefigurassero in personaggi giusti e sofferenti, profeti compresi, la figura di Gesù quale profeta giusto ma rifiutato.

Nel bios di un personaggio, l’anagnorisis, cioè il riconoscimento del valore di un uomo da parte dei suoi contemporanei e delle generazioni successive, era un elemento fondamentale; «per l’anagnorisis di Gesù come Messia, gli evangelisti hanno dovuto ricorrere alla tipologia. La tipologia dei Sinottici è subordinata all’anagnorisis» (p. 9). I Sinottici, sui quali si concentra il lavoro di J.-Noël Aletti, settantanovenne professore francese emerito del PIB di Roma, seguirono la strada della tipologia, sempre in vista dello scopo ultimo dell’anagnorisis della persona di Gesù. «Con tipologia, almeno come suggerisce l’uso dell’AT da parte del NT, si intende la percezione di corrispondenze significative fra le caratteristiche e le circostanze di due individui, istituzioni o avvenimenti storici – corrispondenze tali che ciascuno è interpretato come un’anticipazione o un compimento dell’altro» (M. Knowels, cit. a p. 6). L’elemento dell’AT è il tipo o figurante, quello del NT è l’antitipo o il figurato. La tipologia è chiamata anche «interpretazione figurale». La tipologia si distingue dalla semplice allusione del NT a un testo dell’AT. Parte della tipologia figurale è basata fra l’altro sulla synkrisis, dal confronto cioè fra caratteristiche comuni ai due personaggi, le loro differenze, in cui il secondo talvolta è presentato come superiore al primo. Luca ama questo procedimento retorico (Giovanni Battista e Gesù in Lc 1–3; il pastore e la donna in Lc 15,1-10, i due fratelli in Lc 15,11-32 ecc.). La tipologia del NT è essenzialmente teleologica, poiché indica in che modo le figure dell’AT hanno come télos il Cristo e le realtà neotestamentarie. Resta sempre il grande pericolo interpretativo di considerare i tipi dell’AT semplici ombre rispetto alla realtà del NT. Lo schema interpretativo prefigurazione-compimento-superamento può portare a far sparire di fatto il tipo o figurante dell’AT.

La fede fu la prima guida per i Sinottici nel comporre le loro biografie/bioi di Gesù. Ma, perché si potesse affermare e per far accettare che il Messia doveva soffrire per entrare nella sua gloria, «bisognò mostrare nondimeno che Gesù apparteneva veramente, a motivo del suo agire e della sua morte, alla stirpe dei profeti» (p. 153).

Struttura del libro

Dopo l’Introduzione e due capitoli sulla tipologia dei Sinottici oggi (pp. 5-36), Aletti presenta la cronologia e la tipologia nel racconto di Marco (pp. 37-62) con riferimenti al modello eliaco, alla tipologia eliseana e a quella salmica, senza trascurare il grido di Gesù sulla croce e la dichiarazione del centurione.

Il c. 4 (pp. 63-98) tratteggia la cronologia e la tipologia nel racconto di Matteo. In esso trova posto la tipologia salmica nel racconto della passione di Gesù giusto sofferente (Mt 26–27 ad opera del Narratore), la tipologia profetica con la figura di Geremia ancora in primo piano (Mt 8–20 ad opera del Narratore, delle folle, di Gesù e della voce celeste, con allusioni a Geremia (Mt 27,4.25 ad opera degli oppositori), la tipologia mosaica circa l’identità di Gesù messia nel vangelo dell’infanzia (Mt 1,16–2,23, ad opera del Narratore), nel Discorso della Montagna (Mt 5–7, ad opera di Gesù) e nella carta del discepolo (Mt 28,16-20).

Matteo inizia e termina il suo racconto con la tipologia regale. Questa è espressa nei titoli regali e nell’ingresso di Gesù a Gerusalemme. «Re dei giudei» ha denotazione positiva da parte dei magi (Mt 2,29 in Mt 21,5 con la citazione di Zc 9,9 ad opera del Narratore), ambigua in Mt 27,11 (Pilato) e Mt 27,37 (la scritta sulla croce, detto del Narratore); negativa in Mt 27,29 (i soldati di Pilato) e in Mt 27,42 (re di Israele, da parte degli oppositori ai piedi della croce). Per Matteo, se Gesù non fu riconosciuto come re/messia, è a causa della disobbedienza cronica del suo popolo.

Nel c. 6 (pp. 99-152) Aletti descrive la tipologia nel racconto lucano. In Lc 1–2 sono presenti i parallelismi tra personaggi (fenomeno della synkrisis), l’annuncio a Zaccaria e 1Sam 1–3 come sfondo generale. A Nazaret (Lc 4,16-30), Gesù inaugura la sua lettura tipologica, con riferimento a un testo di Isaia. Aletti studia poi la tipologia profetica durante il ministero di Gesù, con le sue ragioni e la tipologia alla fine del macro-racconto che abbraccia l’innocenza e il riconoscimento in Lc 22–23 e la tipologia propria di Lc 24.

Conclusioni sintetiche

Sintetizziamo le conclusioni (pp. 153-160) a cui giunge lo studioso nel suo saggio, che fa seguito a quello dal titolo Gesù, una vita da raccontare. Il genere letterario dei vangeli di Matteo, Marco e Luca, uscito in traduzione italiana nel 2017 (or. fr. Namur 2016) e che Aletti dà per conosciuto.

L’evangelista Marco, il primo ad apre la strada nella composizione di una biografia/bios di Gesù risponde allo scandalo di un Messia rifiutato e crocifisso scegliendo di leggere la passione di Gesù sulla falsariga delle suppliche individuali innalzate a Dio dai personaggi giusti perseguitati, «poiché in queste preghiere la sola anagnorisis che conta è verticale: essendo nella posizione dei giusti perseguitati (che sono i suoi figuranti) Gesù non poteva né doveva essere riconosciuto da nessun altro se non da Dio» (p. 154). L’individuazione popolare di Gesù come novello Elia non bastava, perché poteva essere frutto di manipolazione da parte di Gesù e, in ogni caso, la sua morte in croce lo manifestò come bestemmiatore.

Il modello profetico, con i suoi elementi di riconoscimento e di rifiuto, non fu però scelto da Marco, pur essendo utile. L’identificazione popolare di Gesù con Elia non era opportuna, perché questo profeta era tipo soltanto di Giovanni Battista e né Elia né Eliseo furono messi a morte dagli israeliti del loro tempo.

Anche Matteo seguì il modello salmico per il racconto della passione, convinto però che poteva in tal modo mostrare – a differenza di Marco – che gli israeliti non potevano andare oltre nel loro rifiuto delle vie di Dio. Lungi dal contrapporsi, il riconoscimento e il rifiuto dovevano andare di pari passo per confermare l’essere-profeta di Gesù. La tipologia di Matteo è, inoltre, mosaica. Gesù è l’antitipo di Mosè legislatore di cui porta a perfezione i precetti.

La rilettura tipologica di Luca cerca invece prima di tutto di mostrare «che Gesù appartiene alla stirpe profetica, a causa delle sue azioni e della sua morte violenta, e molto meno di lasciar intendere che Gesù è superiore ai profeti che lo hanno preceduto. In altri termini, la tipologia lucana si basa innanzitutto sulle synkriseis, e praticamente non sulla preparazione/compimento, e ancora meno sulla coppia ombra/realtà» (p. 155).

Nel racconto della passione Matteo riprende il modello marciano delle suppliche individuali dei giusti perseguitati per portare a termine il rifiuto e dunque l’assenza finale di anagnorisis da parte degli israeliti. Luca, invece, è guidato interamente da un processo di riconoscimento orizzontale da parte dei personaggi del racconto. «Grazie alla tipologia profetica, la figura messianica – essenzialmente gloriosa per la tradizione ebraica – è potuta divenire udibile, ricevibile; e ormai è possibile credere alle parole di Gesù in Lc 24,26 e di Pietro in At 3,18, cioè che “il Messia doveva soffrire per entrare nella sua gloria”» (p. 156). In conclusione, «prima di essere un’interpretazione sull’inferiorità del tipo e sulla superiorità dell’antitipo, la tipologia di racconti sinottici è una ricerca dei tratti e dunque dei tipi che possono mostrare l’identità profetica di Gesù» (ivi).

Con la ripresa del motivo delle suppliche dei giusti perseguitati, i Sinottici non intesero mostrare con la synkrisis che le sofferenze di Gesù erano prefigurate dai tipi veterotestamentari e che Gesù portava a compimento la loro sorte dolorosa. Se per le sofferenze non è menzionato un «di più» ma soprattutto la continuità con i fedeli perseguitati e i profeti, questo lo è invece per l’insegnamento di Gesù e il suo agire taumaturgico (vedi la moltiplicazione dei pani col precedente eliseano; l’affermazione fatta da Gesù «Qui vi è uno più grande di Giona» e il «Ma io vi dico» con cui Gesù nel Discorso della montagna porta all’acme i comandamenti della legge mosaica).

La lettura tipologica dei Sinottici

In definitiva, la lettura tipologica dei Sinottici conobbe una progressione. All’inizio ricercò e stabilì dei paralleli con tipi dell’AT, in seguito si sviluppò sottolineando la superiorità di Gesù sui suoi figuranti veterotestamentari (cf. p. 158). I paralleli non furono trascurati, ma «la valorizzazione dell’onnipotenza di Gesù, nel suo agire e nel suo insegnamento, era altrettanto essenziale per la cristologia dei Sinottici» (ivi). La superiorità di Gesù appartiene alla tipologia, ma è al secondo posto e praticamente interviene soltanto negli episodi che precedono la passione.

Aletti fa notare, infine, che è possibile anche il caso in cui il figurante assume il suo significato attraverso il suo compimento. È il caso di Mt 4,14 in cui è narrato l’inizio del ministero di Gesù in Galilea. Con ciò si compie – dice Matteo – la profezia di Is 8,23–9,1, citato liberamente. L’evento di luce fu coevo all’oracolo e il profeta rimanda a un avvenimento accaduto alla sua epoca. Matteo fa una lettura figurale mettendo in parallelo due avvenimenti separati dal tempo. Matteo lo ha fatto per i numerosi paralleli presenti: due re (Ezechia e il re-Messia Gesù), i luoghi (la Galilea e le regioni intorno) e le circostanze (lo stesso popolo nella miseria).

Si può ben accettare che con la venuta di Gesù la Galilea ha potuto ricevere una luce più grande. Con questo, Matteo fa di Ezechia un figurante di Gesù, una preparazione e una profezia messianica. Matteo, citando Isaia e dicendo che le sue parole trovano compimento in Gesù, considera il primo evento (la nascita del bambino re al tempo di Isaia) come una profezia della venuta luminosa di Gesù. Questa tipologia profeticamessianica, assente in Marco e Luca, è presente in Matteo, dove gli eventi del passato sono profezie di quelli avvenuti con Gesù. Aletti può solo constatare la realtà – ma non dimostrarla a livello esegetico –, e rimanda al lavoro del teologo il rendere conto del fatto che il narratore matteano abbia potuto dire, a partire dalle analogie forti tra gli eventi del passato biblico e quelli del tempo di Gesù, che i primi preparavano e annunciavano i secondi.

Il volume è un saggio importante sul tema della tipologia applicata ai Vangeli sinottici. Importante, perché ridimensiona la sua comprensione come pura relazione preannuncio-compimento-superamento e corregge il modello ermeneutico impostato sulla coppia ombra/realtà presente in molti padri della Chiesa e anche nel pensiero comune di non pochi lettori odierni.


R. Mela, in SettimanaNews.it 20 febbraio 2021