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Dalla buona novella ai vangeli
David Wenham

Dalla buona novella ai vangeli

Cosa dissero i primi cristiani su Gesù?

Prezzo di copertina: Euro 15,00 Prezzo scontato: Euro 14,25
Collana: Sintesi
ISBN: 978-88-399-2959-4
Formato: 11,5 x 19 cm
Pagine: 152
Titolo originale: From Good News to Gospels. What Did the First Christians Say about Jesus?
© 2019

In breve

Introduzione di Donald A. Hagner

Wenham indaga a fondo le lettere di Paolo, i vangeli e il libro degli Atti degli apostoli alla ricerca delle prove di una tradizione orale – e scopre sorprendentemente una trasmissione solida ed estesa, dal carattere tutt’altro che aleatorio, preservata con cura dalla chiesa primitiva. Le pagine di questo studio accurato e documentato istruiranno, coinvolgeranno e sfideranno i lettori, stimolandoli a comprendere e ad apprezzare meglio il messaggio evangelico degli albori, e persino a ripensare non pochi snodi cruciali degli studi biblici, come per esempio la questione sinottica.

Descrizione

La buona novella di Gesù si diffuse rapidamente in tutto l’Impero romano nei decenni intercorsi fra la sua morte e la stesura dei primi vangeli. Ma in che modo ciò avvenne? Che cosa veniva detto esattamente ai primi cristiani su Gesù? Si comunicavano storie ridotte all’osso, notiziole e aneddoti occasionali, oppure circolava una tradizione orale significativa, solida, estesa? E soprattutto, data la naturale “flessibilità” di un racconto orale, quelle testimonianze erano da considerarsi davvero affidabili?
Le pagine di questo studio accurato e documentato istruiranno, coinvolgeranno e sfideranno i lettori, stimolandoli a comprendere e ad apprezzare meglio il messaggio evangelico agli albori.

Recensioni

È noto che Gesù non ha lasciato alcuno scritto di proprio pugno. Il Nuovo Testamento contiene opere che risalgono a qualche decennio dopo la sua morte: le lettere paoline cominciano ad essere redatte almeno un ventennio dopo, mentre per i vangeli si considera un lasso di tempo di tre o quattro decenni. Di fronte a questi dati ormai acquisiti dalle scienze bibliche ci si può chiedere: come si è trasmessa la storia di Gesù prima della sua messa per iscritto? Quanto ampia può essere stata la primigenia tradizione orale su Gesù? Di quale attendibilità può godere una simile tradizione orale?

A queste e altre domande affini cerca di rispondere il saggio di Wenham, docente in prestigiose università inglesi ed esperto di letteratura neotestamentaria. Il suo interesse non si limita a chiarire ancora una volta il contenuto del messaggio di Gesù, quanto a illustrarne il processo di assimilazione, conservazione e trasmissione nelle prime fasi della comunità cristiana, nata in Palestina.

Il titolo del volume illustra così l’arco di tempo che l’autore intende considerare: la seconda parte del I secolo d.C. Al suo interno si sviluppano alcune delle tappe più delicate della storia del cristianesimo primitivo: la predicazione di Gesù stesso, le prime lettere paoline fino ai vangeli canonici e gli Atti degli apostoli. La seconda parte del volume si chiede se i vangeli canonici lascino trasparire la presenza di solide tradizioni orali previe: la conclusione dell’autore e affermativa.

Con un’argomentazione ricca di esempi, che richiede inevitabilmente una certa applicazione da parte del lettore, Wenham arriva a una importante conclusione: «La tradizione orale fu a tutti gli effetti l’impostazione di partenza; inoltre, la tradizione orale fu sostanziale e preservata con cura» (p. 33).


D. Candido, in Parole di Vita 4/2020, 54-55

Per gli evangelicali il nome di David Wenham non è ignoto. È un esegeta che ha contribuito in modo significativo alla ricerca neotestamentaria. I sei volumi della Gospel Perspectives rimangono un monumento importante in questo campo. Le sue posizioni non nascono da una scelta predeterminata, ma da un rigoroso studio delle fonti e delle relative controversie.

Tra queste ultime si pone la questione della validità storica degli evangeli. Molti biblisti hanno avanzato ipotesi sulla formazione degli stessi tenuto conto del tempo relativamente lungo intercorso tra la morte e resurrezione di Cristo e la redazione degli evangeli. Wenham riprende qui la discussione in maniera scorrevole ma con un estremo rigore metodologico. Un vero gioiello di riflessione da biblista.

Analizza le varie ipotesi e le sottomette al vaglio di una riflessione la più ampia possibile.

La conclusione è stupefacente nel senso che si esprime a favore della priorità della tradizione orale in quanto sostanziale e coerente. Anche se in maniera non pedissequa, riprende alcune ipotesi di Birger Gerhardsson e della scuola scandinava troppo facilmente accantonate dalla critica. «La tradizione orale offre una spiegazione convincente della formazione dei vangeli canonici». Un piccolo libretto molto orientativo con una ricca documentazione.

Molti anni fa Studi di teologia aveva dato un contributo importante sulla questione pubblicando per la prima volta un'opera di Gerhardsson in italiano "Le origini delle tradizioni evangeliche" (Sdt III, 1980, pp. 4-108) di cui non c'è purtroppo traccia nella bibliografia peraltro ben fatta di questo testo. Un libretto che apre nuove prospettive sulla storia del cristianesimo delle origini.


P. Guccini, in Studi di Teologia 62 (2019) 165

Il vol. tenta di rispondere a una domanda molto precisa: che cosa dissero i primissimi cristiani su Gesù, e nello specifico quale fu il loro messaggio quando si diffusero nell’area del Mediterraneo? Difatti, prima che fossero scritti i Vangeli, i cristiani tramandarono la buona novella di Gesù oralmente, ma è ancora dibattuto dagli studiosi se il processo di trasmissione fu informale e poco accurato o invece puntuale e attendibile. Senza attardarsi su tale questione, ma prendendola quale punto di partenza della propria argomentazione, l’a. esplora le pagine degli scritti neotestamentari per ricostruire quello che fu il messaggio dei primissimi cristiani, a partire dalla originaria tradizione orale.
N. Pesci, in Il Regno Attualità 14/2019

Già docente alla Wycliffe Hall a Oxford e poi al Trinity College di Bristol, lo studioso settantaquattrenne David Wenham ricostruisce la sostanziale e coerente tradizione orale, autorevole e controllata, trasmessa dalle autorità apostoliche nelle varie comunità cristiane. Le Chiese che tramandavano la tradizione orale circa la vita e l’opera di Gesù erano molto interessate alla custodia fedele di ciò che riguardava il loro maestro e Signore.

Raccolte dalla viva voce dei testimoni oculari della vita e dell’insegnamento di Gesù, la tradizione orale fu plasmata e approfondita nei decenni che seguirono la risurrezione di Gesù. Ad essa attinsero i quattro evangelisti, ciascuno con la propria teologia e i propri scopi, che tenevano presente anche gli interessi e le problematiche delle Chiese alle quali essi rivolgevano la loro opera. Per questo motivo essi selezionarono, omisero, ampliarono, approfondirono le tradizioni a loro disposizione.

Wenham ripercorre il tratto temporale che separa la buona novella dalla sua messa per iscritto nei vangeli, tutti vangeli secondo un autore. Vangelo unico, interpretazioni e sottolineature diverse, guidate da interessi particolari ma non stravolgenti e falsificanti la tradizione originale. L’autore studia il rapporto tra l’insegnamento di Gesù e il racconto di Atti, per poi passare alle prove di Marco, Matteo e Giovanni che testimoniano come gli apostoli, nella loro evangelizzazione, raccontassero di Gesù e della sua storia (detti, fatti ecc.). Dopo aver esaminato le prove fornite da Paolo, che sembra conoscere lo stile di vita semplice e l’umiltà di Gesù come modello da imitare, e dopo aver affermato che la tesi che Paolo conoscesse la tradizione della nascita di Gesù, in Luca, merita più credito di quanto le venga comunemente dato (cf. Gal 4,1s col verbo ginoskō come in Lc 1,34; cf. anche ginomai in Fil 2,7 e Rm 1,3), Wenham si sofferma sulla tradizione orale nei vangeli.

Ne riporta due esempi che, a suo parere, offrono una dimostrazione di come essa offra una spiegazione convincente della formazione dei vangeli canonici. Si tratta del gruppo di parabole escatologiche usate da Matteo nei cc. 24–25 e da Luca in 12,35-48. L’argomento è rafforzato con la prova fornita da Mc 13,33-37. L’altro esempio è dato dai paralleli tra i vangeli canonici (Mt 24; Mc 13; Lc 21) e la descrizione paolina della venuta del Signore (1Ts 4). Quanto era estesa la tradizione orale? Era estesa, secondo Wenham, ricoprendo la storia di Gesù da Giovanni Battista alla risurrezione. È improbabile che ci fossero molte tradizioni del Signore conosciute e apprezzate ma che non siano mai state raccolte. Atti attesta inoltre che annunciare il vangelo ad uno come Cornelio voleva dire raccontare la storia di Gesù da Giovanni Battista alla risurrezione.

Alle pp. 122-124 Wenham riassume i risultati della sua ricerca. Molto presto nella storia della Chiesa ci fu una solida tradizione orale dei detti e delle storie di Gesù. Comprendeva una gamma di tradizioni diverse; non era composta solo di detti e storie singole, ma era qualcosa di assai più vasto, come i vangeli canonici. Comprendeva storie di Gesù che sono state etichettate dai critici moderni come tradizione marciana, Q, M, L e anche giovannea. Paolo riporta qualche tradizione marciana (o della “triplice tradizione”), con alcuni echi della cosiddetta tradizione Q (per esempio i detti sul lavoratore e sul ladro). Paolo aveva familiarità anche con materiale tipicamente matteano e lucano e probabilmente anche con qualche tradizione giovannea. Tutti i nostri evangelisti e Paolo conoscevano queste tradizioni orali e hanno spesso attinto da esse in modi diversi.

Dai vangeli canonici emerge, infine, la prova di come essi siano stati pensati come versioni scritte di ciò che gli apostoli avevano ricevuto e non, come si ritiene spesso, lo sviluppo di una forma del tutto nuova, di narrazione consequenziale. «Il lavoro degli apostoli era quello di raccontare alle persone la storia in generale e le singole storie… Luca appare senz’altro affermare questo: egli considera il vangelo come il tipo di buona novella annunciato dalla prima comunità cristiana. Anche gli altri evangelisti lasciano intendere qualcosa di simile» (p. 117). In Paolo emergono altre prove. All’inizio della Lettera ai Romani egli si presenta come un apostolo scelto per annunciare il vangelo di Dio (cf. Rm 1,1-5). Un altro riassunto della buona novella si ha in 1Cor 15,1-5. Questa forma di descrizione, secondo Wenham, assomiglia alla forma del Vangelo secondo Matteo. Precisare nei dettagli la formazione della tradizione evangelica è difficile, ma si può affermare, secondo l’autore, la priorità della tradizione orale. Essa «fu sostanziale e coerente… Il viaggio della “buona novella” parlata dai primi cristiani ai vangeli scritti del Nuovo Testamento non fu per niente tortuoso o incerto come alcuni presumono. Per la verità, c’era una strada maestra ininterrotta della tradizione orale, e quello che i primi cristiani raccontavano alla gente su Gesù era fondamentalmente la storia contenuta nei vangeli scritti così come attualmente preservata» (pp. 134-135).

La bibliografia (pp. 137-145) e le abbreviazioni (p. 147) concludono questo volume di dimensioni ridotte (“Sintesi” è il titolo della collana) ma argomentato in modo solido, serrato, scientifico, di seria divulgazione.


R. Mela, in SettimanaNews.it 9 maggio 2019