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Alzatevi!
Johannes Eckert

Alzatevi!

Le donne nel Vangelo di Marco come provocazione per il mondo di oggi

Prezzo di copertina: Euro 16,00 Prezzo scontato: Euro 15,20
Collana: Itinerari biblici
ISBN: 978-88-399-2919-8
Formato: 13 x 21 cm
Pagine: 136
Titolo originale: Steht auf! Frauen im Markusevangelium als Provokation für heute
© 2020

In breve

Eckert si mette sulle tracce delle donne che compaiono nel vangelo di Marco. Indagando le loro storie, riesce a scoprire un messaggio stimolante anche per noi e per la chiesa di oggi. «Non riesco più a ignorare, delle donne incontrate da Gesù, le loro provocazioni attualissime. Sono una parte importante del vangelo che noi tutti siamo tenuti ad annunciare».

Descrizione

Le donne di cui Marco ci racconta erano per i loro contemporanei una provocazione bella e buona: una, estremamente sicura di sé, osa prendere la parola; un’altra coraggiosamente corregge Gesù; una terza mostra di avere una fiducia incondizionata… Eppure, i nomi di queste donne non ci sono stati tramandati: perché?
Johannes Eckert si mette sulle loro tracce e indaga le loro storie. Riesce a scoprire così un messaggio altrettanto provocatorio per noi e per la chiesa di oggi. Il vangelo di Marco viene letto dall’abate benedettino come apertura alla vita: è la vita il luogo reale della “buona novella”.
Eckert motiva allora anche noi ad alzarci in piedi e a mettere in discussione strutture attuali come l’obbligo del celibato sacerdotale, a immaginare come possibile il cardinalato per le donne, a cambiare prospettiva nelle forme di sostentamento del clero… Incoraggia soprattutto i giovani e le giovani a osare, a sperimentare in quel vasto campo d’azione che è la Chiesa.

Recensioni

Johannes Eckert, teologo e monaco benedettino, dal 2003 abate del monastero di S. Bonifacio a Monaco di Ba­viera e Andechs, svolge un singolare ministero pastorale formativo ed educativo; in particolare è consulente per la gestione di istituzioni educative. Nel volume, piccolo nella mole, ma denso di contenuto e coinvolgente a livello lin­guistico, si coglie sia la sua competenza teologica e la spi­ritualità benedettina, sia la fervente mistica apostolica. Non solo il titolo del libro, ma anche i titoli dei singoli ca­pitoli e paragrafi sono simpatici e interpellanti. L’Autore vuole pro-vocare, vuole chiamare fuori, stimolare, sve­gliare con il vangelo di Marco che è stato ed è una vera pro-vocazione. Il suo «è un tentativo di riportare nel dia­logo spirituale, sulla base del Vangelo, alcune tematiche attuali della Chiesa, a cui non dobbiamo e non possiamo sfuggire. Non è stato scritto per scatenare piogge torren­ziali con lampi e tuoni all’interno della Chiesa, oppure per mettersi in luce parlando di tematiche controverse. Si tratta invece della lotta spirituale tra fratelli che come ec­clesia, cioè come “chiamati fuori”, guidati dal Vangelo, vo­gliono percorrere insieme le “sue vie” […]. Benedetto l’ha imparato attraverso la provocazione del nubifragio. Alla fine conta l’amore! […]. Essere svegliati e alzarsi non è sempre piacevole - nemmeno per la Chiesa. Ma è un evento in tutto e per tutto pasquale: ut in omnibus glorifi­cetur Deus (RB 57,9)» (p. 130).

Eckert ci porta nel cuore del messaggio di Marco attraverso la sequela al femminile: la fede in Gesù, il Crocifisso Risorto, in compagnia con il centurione e con le donne fedeli discepole che il giorno dopo il sabato «vanno al se­polcro di Gesù per ungerne il corpo. Lì incontrano un gio­vane in veste bianca, un angelo, che annuncia loro che il Crocifisso è risorto e che precede i suoi discepoli in Galilea, ma esse lasciano il sepolcro piene di spavento e stupore e non ne parlano con nessuno. Questa cosiddetta “conclusione aperta” è una provocazione, nel più vero senso della parola […]. La giusta professione di fede pro­nunciata dal centurione si accompagna alla giusta condotta di vita che le donne rappresentano. Sono donne “respon­sabili” nel più vero senso della parola, perché essere di­scepoli significa stare dalla parte di Gesù, rischiando la propria vita, anche se “ci si limita” ad essere spettatrici da lontano» (p. 7-8). Le donne, quelle chiamate per nome (Maria di Màgdala, Maria madre di Giacomo e Ioses, e Salome) e quelle anonime, sono le uniche a conservare il filo della sequela, messaggere singolari del Crocifisso Ri­sorto (e mai dividere questi due titoli). Ed è importante mettersi alla sequela sia delle prime che delle seconde. Esse «con il loro comportamento esemplare, si dimostrano discepole autentiche. Appartengono così, a pieno titolo, alla comunità dei discepoli! La scena della morte lo illustra con chiarezza: sequela significa confessare Gesù in parole e opere» (p. 8). Per incontrarlo anche loro devono «voltare le spalle al sepolcro e andare dagli uomini che erano fuggiti impauriti (cfr. Mc 14,50), compreso Pietro, che lo aveva rinnegato (cfr. Mc 14,66-72). Devono annunciare loro: “Egli vi precede in Galilea” (Mc 16,7). Ma l’incarico da parte dell’angelo è, in riferimento al contesto socio-culturale, una provocazione, visto che nell’antichità le donne erano subordinate agli uomini. Inoltre non era previsto che parlassero in pubblico. Ma nel vangelo di Marco è proprio questo l’incarico che ricevono dall’angelo […]. Devono diventare loro stesse messaggere di Dio, cioè angeli, al servizio del Vangelo! In realtà le donne hanno cercato nel posto sbagliato e ora vengono riportate sulla pista giusta. Anche per loro vale il lieto annuncio quando si dice: “Egli vi precede” e non “Egli li (gli uomini) precede!”. Il Risorto precede anche le donne e, insieme a loro, noi lettori del vangelo. Tornando indietro, lasciandosi il sepolcro alle spalle, le donne si protendono verso ciò che sta loro davanti» (p. 13-14).

In questa direzione l’Autore ci offre sei pro-vocazioni nei sei capitoli in cui articola la sua riflessione, ponendo in rilievo l’appello per l’oggi suscitato dai miracoli per sei donne. La prima provocazione viene dalla suocera di Pietro che apre alla ministerialità femminile, una singolare consacrazione. Gesù ha recepito la sofferenza delle donne, ha accolto il servizio di una donna. «È da lui che dobbiamo prendere esempio. Con la suocera di Simone il servizio delle donne nella Chiesa ci è stato dato come modello, in maniera rapida e significativa» (p. 36). La seconda provo­cazione viene dall’emorroissa: «Alla donna è bastato un lembo del mantello di Gesù per essere completamente guarita! Non si è limitata ai precetti, ma ha preso in mano il proprio destino. Gesù ha messo in luce davanti a tutti il gesto coraggioso della donna: “La tua fede ti ha salvata!”. La sua fede le ha restituito la salute, perché chi si affida al mistero è già a casa» (p. 52). La terza provocazione viene dalla resurrezione della figlia di Giairo; ci riporta al mondo giovanile. Gesù tocca la fanciulla come ha toccato la generosa che ha fiducia senza riserve, in contrasto con l’élite religiosa, con i ricchi. Una vedova ai margini della società, una semplice donna pia, silenziosa, nell’oscurità, con il suo dono di sé, si è inconsapevolmente aggiunta alla cerchia dei discepoli, testimone del primato dell’essere sull’avere. «Dalla prospettiva di Gesù, è lei a occupare il primo posto» (p. 97). La sesta provocazione viene da una donna prodiga di bellezza: ci offre la buona/bella azione Le azioni belle sono il coronamento di quelle buone!». «Donare bontà e bellezza con cuore lieto può portare al tipo più bello di contatto» (p. 107). La donna in maniera del tutto inaspettata, irrompe nel gruppo di soli uomini, senza la minima preoccupazione, trasgredisce le regole del decoro e fa quello che ritiene giusto, è una donna emancipata, va incontro a Gesù libera, sicura di sé, suocera di Pietro; la prende per mano. «Attraverso il contatto dona alla fanciulla nuova forza vitale. La inizia al suo principio vitale, al suo mistero pasquale […]. Con tono imperioso dice alla fanciulla: “Svegliati! - Alzati!” […]. Marco usa la parola eghéirein, “ridestare”. In casa di Giairo la Pasqua diventa tangibile! […]. La giovane è quindi simbolo del futuro» (p. 59-60). Gesù ha dichiarato guerra a tutte le potenze distruttrici della vita e alla morte stessa! «Per la comunità dei discepoli in tutti i tempi significa che non dobbiamo prepararci alla morte, bensì alla vita con Gesù. Chi, come la fanciulla, è toccato da lui, ha la vita e sarà sempre sorpreso dalla vita» (p. 60-61). La quarta provocazione viene dalla cananea, la donna che corregge il Maestro. Siamo sempre in casa, ella ardisce entrare e implora per la figlia. Gesù risponde secondo la logica del prima e dopo: prima i figli, poi i cagnolini. Ed ella con stile chiamandolo “Signore”, fa la professione di fede nel Risorto; è il credo della straniera, sicura di sé. Ella indica la contemporaneità: mentre i figli mangiano a tavola i cagnolini possono prendere le briciole che cadono, anche loro hanno posto nel cuore di Dio. Questa madre coraggiosa non assomiglia affatto a un cagnolino sotto il tavolo. «Per Gesù è invece un’interlocutrice alla pari, sen­z’altro alla sua altezza nell’argomentare […]. “Hai ragione!” constata Gesù e accoglie l’argomentazione della donna: “Per questa tua parola, va’...” […]. Elogia esplicitamente la sua parola, la sua ragione e saggezza […]. Attraverso la capacità argomentativa intelligente e lucida della madre, viene salvata la figlia e si fa percepibile la Pasqua» (p. 77). «Nel vangelo di Marco è solo da una donna che Gesù si lascia correggere e riconosce che cosa è giusto» (p. 87). La quinta provocazione viene dalla vedova, che getta nel tesoro del tempio due monetine, ossia tutto; è la vedova prende l’iniziativa e lo unge, versando il profumo sul suo capo: l’unzione messianica. «È l’unica unzione di cui Gesù è oggetto nel vangelo di Marco» (p. 109). «Gesù è palesemente toccato nel profondo dall’atto generoso della donna. Potremmo quasi dire che l’unzione gli è entrata nella pelle ed è un balsamo per l’anima in mezzo alla tempesta che si sta addensando sopra di lui» (p. 112). Come Dio, «la donna ha agito in maniera creativa e donato vita con prodigalità […]; quello che la donna fa all’inizio della passione di Gesù, Dio lo farà alla fine, a Pasqua […] La premura di Dio è più forte della morte! L’unzione da parte della donna può quindi essere interpretata come atto pasquale» (p. 113). «L’esempio della donna invita a versare generosamente il prezioso crisma sul corpo del Signore, almeno nei pensieri. Se poi nascessero anche delle belle azioni, a coronamento della buona disposizione d’animo, allora si avvererebbe la frase della poetessa: «Perché “mangiamo pane, ma viviamo di splendore”. Tutto ciò potrebbe donare molta gioia e risultare rivitalizzante per la Chiesa, secondo la convinzione ­­­che Dio ama chi dona con gioia» (pp. 122-123).


M. Farina, in Rivista di Scienze dell’Educazione 2/2021, 306-309

L’idea di presentare le donne anonime che Gesù incontra nel Vangelo secondo Marco è originale e provocatoria, come si legge nel sottotitolo del libro. Queste figure, infatti, rappresentano dei modelli esemplari per i discepoli di ieri e di oggi e vale quindi la pena di analizzare le varie scene nelle quali esse compaiono, domandandoci: che cosa hanno da dirci oggi? L’autore risponde alla domanda nei vari capitoli di questo libro, nei quali si segue sempre lo stesso schema. Il punto di partenza e una riflessione introduttiva che spesso parte dall’esperienza o da qualche incontro; segue un commento abbastanza essenziale al testo evangelico; si chiude con una riflessione più ampia su tematiche attuali, anche scottanti, come, per esempio, il sacerdozio delle donne, la possibilità di offrire il cardinalato alle donne, il celibato dei preti ecc.

Così facendo, l’autore coniuga l’analisi del racconto evangelico con l’attualità ecclesiale; come dichiara infatti Eckert nella pagina finale: «Questo libro è un tentativo di riportare nel dialogo spirituale, sulla base del Vangelo, alcune tematiche attuali della Chiesa, a cui non dobbiamo e non possiamo sfuggire» (p. 130). L’autore persegue questo obiettivo in modo brillante, scrivendo un testo agile, anche perché privo di note a pie’ di pagina e di bibliografia finale. Ci sembra però che il nesso tra il commento biblico e la provocazione attuale sia a volte labile, anche se l’idea è sicuramente valida. Essendo poi l’autore un monaco benedettino, spesso si trovano nel libro anche riferimenti alla Regola di san Benedetto e, più in generale, al mondo monastico, un elemento che aggiunge un tocco di novità all’opera.


D. Scaiola, in Parole di Vita 4/2021, 55-56

Il testo procede per provocazioni. Capitolo dopo capitolo se ne contano sei. Il titolo viene tratto dalla prima provocazione, dove Marco racconta che Gesù si reca nella casa di Pietro e Andrea, dove la suocera di Pietro giace a letto con la febbre. Gesù va da lei, la prende per mano e la fa alzare. Si tratta, spiega Eckert, di una storia con sfumature pasquali, perché Marco usa il verbo eghérô (rialzare, ridestare). Con la guarigione, la donna vive la sua Pasqua personale e può iniziare il suo servizio di diaconia. La cosa si ripete quando un’altra donna osa prendere la parola, poi un’altra coraggiosamente corregge Gesù e una terza mostra di avere grande fiducia in Lui. Eckert confessa: «Non riesco più a ignorare, delle donne incontrate da Gesù, le loro provocazioni attualissime».


In Vita Pastorale 3/2021, 79

[Il testo, di cui qui presentiamo ampi stralci, costituisce la Conclusione dell’autore. Ringraziamo l’editore per la gentile concessione].

Quando ho incominciato a lavorare a questo libro, cercavo un incontro più profondo con le sei donne senza nome, guidato dal Vangelo di Marco e «incamminandomi per le sue vie». In un primo momento il confronto con loro aveva qualcosa di giocoso e di leggero. Mi divertivo a entrare in contatto diretto con le diverse donne e a ricevere immaginarie lettere di risposta da loro. Aveva lo stesso fascino e spirito di una prima conoscenza. Occupandomi sempre di più dell’argomento, però, ho avvertito in misura crescente la serietà dei temi che queste donne richiedevano con il loro comportamento esemplare.

Mi sono reso conto di quanto possiamo imparare da loro e di quale significato abbiano oggi per noi come discepoli del Signore. Ciascuna di loro è un dottore della Chiesa con elevata autorità dottrinale, perché le è stata conferita da Gesù stesso. Il rapporto con loro, così, ha acquisito un’intensità ancora maggiore.

Sulla base del Vangelo le donne hanno fatto appello alla mia coscienza, con forza sempre crescente, a toccare anche alcune tematiche controverse all’interno della Chiesa – ben sapendo che ciò può avvenire soltanto per associazioni e magari portare a dei conflitti!

Durante la riflessione, mi sono venute in mente sempre più persone concrete, oltre che esperienze della cura pastorale che riflettono le situazioni delle donne e trasportano nella vita di oggi le scene del Vangelo. Può anche apparire deficitario, in un primo momento, che io possa osservare alcune cose soltanto nel quadro limitato della mia «visuale tedesca» e del mio vissuto concreto. Questo, tuttavia, è interamente in sintonia con la nostra permanenza benedettina in un determinato luogo e corrisponde all’indicazione dell’angelo di Pasqua: «Egli vi precede in Galilea. La lo vedrete (…)» (Mc 16,7). La conclusione aperta del Vangelo di Marco lo rende chiaro: la Galilea può benissimo essere l’Alta Baviera e, nonostante la sua marginalità geografica, può avere rilevanza per la Chiesa universale. Anche questo mi hanno trasmesso le donne che Gesù incontra in Galilea e a Gerusalemme.

«Dovunque sarà proclamato il Vangelo, per il mondo intero, in ricordo di lei si dirà anche quello che ha fatto» (Mc 14,9). Queste riconoscenti parole di Gesù sulla donna che gli ha unto il capo potrebbero essere rivolte senza problemi anche alle altre donne senza nome. Di nuovo ho sentito: persino se lo volessi, non riuscirei più a liberarmi da queste donne con le loro provocazioni di grande attualità (…) Una conferma di tutto ciò l’ho trovata nel fatto che, alla fine della sua esistenza terrena, anche il fondatore del nostro ordine, Benedetto, era stato provocato da una donna. Per concludere, vorrei esaminare questa storia incoraggiante.

Papa Gregorio Magno (540-604), che scrisse la biografia di Benedetto, riferisce che questi, una volta l’anno, incontrava la sua sorella carnale Scolastica per un colloquio spirituale. Per questo l’abate doveva lasciare il suo monastero di Montecassino e scendere in un podere ai piedi del monte. Già questo potrebbe essere un primo segno che Benedetto sarebbe stato condotto nelle profondità della fede da sua sorella. Nella casa del podere, i due fratelli trascorsero tutta la giornata in un dialogo spirituale. Quando scese la sera, Benedetto voleva mettersi in cammino, per tornare al suo monastero per tempo, prima del tramonto, secondo quanto indicato nella sua Regola. Ma Scolastica lo supplicò ardentemente: «Ti prego, non lasciarmi da sola questa notte, perché possiamo parlare fino al mattino delle gioie della vita celeste!». Ma il fratello restò fermo nel suo proposito e rimproverò con severità la sorella: «Ma che cosa dici, sorella mia? Non posso assolutamente restare fuori dal monastero». Si dice che fosse una bella giornata serena e che nel cielo non si vedesse una nuvola. Delusa dalla risposta brusca del fratello, Scolastica nascose il viso tra le mani e pregò Dio tra le lacrime. Nello stesso momento si scatenarono lampi e tuoni e cominciò a cadere una pioggia torrenziale. Così Benedetto non poté lasciare la casa. A fronte di questa circostanza, si lamentò: «Che il Dio onnipotente ti perdoni, sorella! Che cosa hai fatto?». Al che Scolastica, un po’ impertinente, rispose: «Ecco, io ti ho pregato e tu non mi hai ascoltato; allora ho pregato il mio Signore e lui mi ha esaudita. Ora vai pure, se ci riesci. Lasciami e tornatene al tuo monastero!». Naturalmente a Benedetto fu impossibile uscire di casa e così i due fratelli trascorsero la notte insieme in preghiera e in discorsi spirituali. Soltanto la mattina dopo Benedetto tornò al suo monastero, dove, tre giorni dopo, venne a sapere che la sorella era morta. Papa Gregorio conclude quest’episodio profondo dicendo che Scolastica poteva di più perché amava di più. Alla fine della sua vita Benedetto imparò da sua sorella che cosa significa amare: al centro ci sono l’essere umano e la sua salvezza, e non il rispetto delle regole. Ciò, ancora una volta, corrisponde completamente all’operato benefico di Gesù.

La storia continua a commuovermi e ogni anno mi fa un po’ sorridere quando, insieme a una comunità di suore benedettine, celebriamo la festa di santa Scolastica a Monaco. In una preghiera, a proposito del rapporto tra i due fratelli, si dice che Benedetto fosse maestro di Scolastica e che lei avrebbe imparato da lui. Papa Gregorio non ne dice nulla. Da un lato c’era lo scambio spirituale che i due coltivavano insieme. Dall’altro, alla fine della sua vita, Benedetto era andato a scuola da Scolastica. Anche se il suo nome significa «scolara, allieva», per lui era stata anche maestra. A volte mi chiedo: forse la frase nella preghiera menzionata è uscita dalla penna di un uomo? Purtroppo non lo so.

Scolastica, così, s’inserisce per me nella schiera di donne senza nome che ci vengono presentate dall’evangelista Marco come discepole esemplari di Gesù. Come loro, è allieva del Maestro e maestra dei discepoli. E così diversi elementi della scena descritta si possono proiettare sulla storia della genesi di questo libro. Come Scolastica, le donne mi hanno motivato a lasciare la sicurezza del mio monastero. Ho condotto un intenso dialogo spirituale con loro. Attraverso il loro esempio, mi hanno portato nelle profondità dell’esistenza «evangelica» del discepolo e sono diventate mie maestre. Con lo sguardo rivolto alle sfide del nostro tempo per la Chiesa e alle provocazioni che ne risultano, insieme alle persone del giorno d’oggi che ho menzionato, mi hanno pregato: «Non mi lasciare sola!». E, impertinenti come Scolastica, mi hanno invitato: «Vai pure, se ci riesci!».

Questo libro, perciò, è un tentativo di riportare nel dialogo spirituale, sulla base del Vangelo, alcune tematiche attuali della Chiesa, a cui non dobbiamo e non possiamo sfuggire. Non è stato scritto per scatenare piogge torrenziali con lampi e tuoni all’interno della Chiesa, oppure per mettersi in luce parlando di tematiche controverse. Si tratta invece della lotta spirituale tra fratelli che come Ecclesia, cioè come «chiamati fuori», guidati dal Vangelo, vogliono percorrere insieme le «sue vie».

Scolastica poteva di più perché amava di più. Benedetto l’ha imparato attraverso la provocazione del nubifragio. Alla fine conta l’amore! Così, come sorella nella fede, grida anche a noi: «Dormiglione, pigrone, ghiro, gran marmotta! – Giù dal letto!». Essere svegliati e alzarsi non è sempre piacevole – nemmeno per la Chiesa. Ma è un evento in tutto e per tutto pasquale: ut in omnibus glorificetur Deus (RB 5 7,9).


J. Eckert, Il Regno Attualità 22/2020, 691

«Essere svegliati e alzarsi non è sempre piacevole, nemmeno per la Chiesa». Con quest’espressione il giovane monaco benedettino J. Eckert abate del monastero di S. Bonifacio a Monaco di Baviera e Andechs, chiude il suo ultimo lavoro dato alle stampe con Queriniana.

Sei provocazioni che l’Autore rilancia con sei donne del vangelo di Marco:

1. Una donna serve in modo autentico (Mc 1,29-31)

2. Una donna rivela il suo segreto (Mc 5,21-43)

3. Una donna rivive (Mc 5,35-43)

4. Una donna corregge il Maestro (Mc 7,24-30)

5. Una donna ha fiducia senza riserve (Mc 12,41-44)

6. Una donna è prodiga di bellezza (Mc 14,3-9)

«Ho capito che noi uomini di Chiesa non possiamo evitare queste figure femminili con il loro specchio critico – scrive l’abate Eckert -; per i discepoli di Gesù, probabilmente, le cose non stavano diversamente. Le donne – prosegue l’Autore – spingono a riflettere sulle condizioni della Chiesa: che cosa è in linea con il Vangelo? Dove sono annunciati conversione e nuovo inizio? Che cosa potrebbe cambiare?».

Un testo, quello di Eckert, che matura nella stabilitas loci benedettina e che può aiutare a sostare sulla parola evangelica con lo sguardo, lo stile, l’habitus femminile.


In Recensionedilibri.it 1 dicembre 2020