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Il cavaliere, l’amata e satana
Franco Manzi

Il cavaliere, l’amata e satana

Sentieri odierni del Vento nell’Apocalisse

Prezzo di copertina: Euro 20,00 Prezzo scontato: Euro 19,00
Collana: Biblioteca Biblica 30
ISBN: 978-88-399-2030-0
Formato: 16 x 23 cm
Pagine: 280
© 2020

In breve

Con un linguaggio limpido, attuale e teologicamente fondato, il libro aiuta a superare un approccio fondamentalista all’Apocalisse, libro biblico di perenne attualità.

Descrizione

L’Apocalisse di Giovanni – libro sacro ed enigmatico, che parla di angeli e demoni, di visioni celesti e sciagure terrene – intriga gli spiriti più curiosi e quelli più superstiziosi. A chi crede in Cristo suggerisce però, ancora oggi, «ciò che lo Spirito dice alle Chiese»: il Risorto, che appare in visione al profeta Giovanni come un cavaliere su un destriero bianco, ha già vinto e continua a sconfiggere Satana e le forze mortifere da esso dispiegate contro la Chiesa, l’amata fidanzata di Cristo stesso. Prendendo parte a tale vittoria, essa si appresta a diventare sua sposa per sempre.
Il presente saggio decifra magistralmente alcune tra le più misteriose profezie di cui è colma quest’ultima opera del Nuovo Testamento. Richiamando quattro parole-chiave – storia, profezia, liturgia, teologia –, l’autore giunge a un’acquisizione interessante: il veggente dell’Apocalisse ha offerto ai lettori una sorta di manuale di discernimento spirituale dei segni di Dio. A questo scopo ha fatto uso di numerosi simboli (astri, numeri, colori, animali, città ecc.) per insegnare ai cristiani perseguitati dall’Asia Minore della fine del I secolo – ma anche ai nostri contemporanei – a riconoscere l’appello di Dio nei fatti della storia, nei sentieri della Chiesa e nelle vicende stesse della vita.

Recensioni

L'itinerario verso la "nuova Gerusalemme" è come un viaggio nella notte: la metafora che chiude questo libro riassume simbolicamente bene l'operazione compiuta dal veggente dell'Apocalisse. Immaginate un gruppo di viaggiatori che devono percorrere in pullman un lungo tragitto, che si svolge di notte in mezzo ad una tempesta: a causa del buio e del maltempo i passeggeri non riescono a capire dove sono, che strada hanno percorso e quanto manchi alla meta; perciò chiedono spiegazioni all'autista, il quale, pur non potendo offrire indicazioni precise, tranquillizza i viaggiatori, spiegando l'itinerario già fatto e garantendo che la direzione è quella giusta. Questa immagine – proposta da Carlos Mesters nel suo studio sull'Apocalisse (Speranza di un popolo perseguitato,Cittadella, Assisi 1984, 53-54) – è ripresa da Franco Manzi per sintetizzare come il profeta Giovanni abbia voluto rassicurare i suoi primi ascoltatori sulle tappe della storia della salvezza e incoraggiarli nel completo affidamento a Cristo, assicurando che, nonostante le difficoltà ancora da attraversare, la direzione seguita è quella giusta e certamente porterà alla meta finale.

Nato nel 1966, l'A. è prete della diocesi di Milano, ha conseguito il dottorato in scienze bibliche e in teologia, ed è docente ordinario di sacra Scrittura nel Seminario milanese di Venegono, di cui è stato preside; insegna anche presso la Facoltà Teologica dell'Italia Settentrionale nella sede centrale di Milano e nella Facoltà di Lugano. In qualità di apprezzato conferenziere ha tenuto negli anni recenti numerose lezioni sul libro dell’Apocalisse nelle Scuole Bibliche della diocesi ambrosiana e, a partire da queste presentazioni, è nato il presente libro, ripensato come strumento utile anche per gli studenti di teologia.

A tale origine "pastorale" è dovuto il linguaggio moderno e accattivante che è stato scelto per affrontare questioni esegetiche e teologiche: infatti, pur evitando banalizzazioni e inesattezze, tale modo di esprimersi è capace di interessare un lettore non "addetto ai lavori", che trova l'Apocalisse opera suggestiva, ma estremamente difficile: questo approccio, colloquiale e diretto, ricco di confronti con tante altre realtà letterarie e culturali, permette di riconoscere la modernità dei temi affrontati, anche sotto la patina del linguaggio antico e strano.

Fin dal titolo, costituito da tre termini che alludono ad altrettanti personaggi non ben individuati, emerge il taglio linguistico che caratterizza questo studio. Potrebbe essere il titolo di un romanzo d'avventura, invece presenta le tre figure simboliche che l'A. considera determinanti nella trama teologica dell'Apocalisse: anzitutto il Cristo risorto sotto il simbolo del cavaliere che si presenta sul bianco destriero ed esce vincitore per vincere ancora (cfr. Ap 6,2); poi la figura femminile che rappresenta il popolo dell'alleanza ed è connotata come l'amata Sposa dell'Agnello; infine il Nemico, l'avversario demoniaco che corrompe il mondo e continua a combattere contro la Donna-Chiesa, ma è destinato inesorabilmente ad essere sconfitto dal Cavaliere. Anche il sottotitolo è in parte enigmatico, perché adopera un'espressione che risale ai Nativi Americani, ma l'impiega con riferimenti neotestamentari: il vento è lo Spirito Santo – protagonista dell'Apocalisse come profezia, divina chiave di lettura della storia umana – e, dal momento che «lo Spirito soffia dove vuole» (cfr. Cv 3,8), i suoi sentieri sono sempre da discernere, come Giovanni invita i suoi lettori a fare, sottolineandone la validità proprio per oggi.

Riprendendo la metafora del cammino spirituale, i cinque capitoli in cui si articola il libro vengono definiti come "sentieri": il primo inizia in medias res ed è dedicato all'alfabeto dei simboli, privilegiando soprattutto gli sconvolgimenti cosmici, i numeri e i colori; il secondo affronta il nucleo teologico del testo apocalittico, qualificando quest'opera come una specie di manuale di discernimento spirituale, a livello personale e soprattutto ecclesiale, per comprendere profeticamente il senso della storia; il terzo sentiero propone un approfondimento esegetico sul capitolo 12 dell'Apocalisse in cui si descrive il parto del "Cristo totale" e il suo combattimento contro il simbolico drákōn, "il serpente antico"; il quarto capitolo si occupa in modo specifico del drago, come figura di Satana, su cui viene profetizzata la vittoria di Cristo e della Chiesa; infine il sentiero conclusivo – che in realtà sarebbe piuttosto introduttivo – propone uno sguardo sintetico su tutta l'Apocalisse, delineando il filo conduttore dell'opera, indicata ripetutamente con l'espressione "teodramma" secondo la classica formula di H.U. von Balthasar.

Nei "passi iniziali" l'A. evidenzia da subito due caratteristiche dell'Apocalisse: attualità e complessità. È un libro che interessa e affascina, intriga i più curiosi e rischia di suggestionare i più fragili, sembra proporre spiegazioni esoteriche sulla fine del mondo appetibili per chi va in cerca di maghi e fattucchiere; ma proprio per evitare e superare un approccio fondamentalista alle visioni di Giovanni, questo studio ne mostra la complessità esegetica da capire con criteri oggettivi e insieme cerca di delucidarne il senso teologico e l'intento di incoraggiamento per una comunità cristiana in crisi fra le strutture corrotte di questo ordinamento terreno. Merita apprezzamento al riguardo l'impegno con cui Manzi dialoga con il lettore implicito, dando forma ai suoi dubbi e alle domande di "teologia pratica" che spesso vengono eluse dagli esegeti, impegnati a spiegare ciò che non interessa e disattenti a rispondere alle vere domande che molti si pongono di fronte ai testi biblici.

Fra i simboli che vengono spiegati nel primo capitolo un ruolo decisivo è svolto dal tema molto frequente nell'Apocalisse degli sconvolgimenti cosmici associati alla categoria dell'«ira di Dio»: con tali quadri catastrofici non vengono previsti grandiosi cataclismi – come purtroppo immaginano quelli che adoperano l'aggettivo apocalittico per designare ogni tragico evento – ma servono per indicare le conseguenze mortifere dei peccati che rovinano il mondo. Perciò, interpretando l'Apocalisse in prospettiva cristocentrica, è necessario escludere che sia Dio la causa diretta del male degli uomini e riconoscerne piuttosto l'origine nel drago demoniaco che "distrae" l'umanità per rovinarla, mentre il Cristo attraverso il suo Spirito la "attrae" per salvarla.

Al tema del demoniaco è dedicato il quarto capitolo, che mi è parso il migliore di tutto il libro, in cui viene illustrato il ruolo di Cristo nella lotta contro il diavolo, mettendo a nudo il contrasto fra l'annuncio della sconfitta decisiva già ottenuta con la sua Pasqua e la continuazione della lotta a cui prende parte anche la Chiesa nel corso della storia. Con ferma chiarezza viene sostenuta la realtà sovrumana e personale del demoniaco, e con altrettanta lucidità ne sono evidenziate le influenze storiche in quanto "strutture di peccato", identificate nello stato totalitario, nella propaganda governativa, nella corruzione sociale della politica, dell'economia e anche della Chiesa: in tal senso l'Apocalisse mira a smascherare i princìpi satanaci, nascosti fra le pieghe del vivere umano, al fine di contrastarli e distruggerli.

Quindi il discernimento spirituale deve condurre i lettori a riconoscere due sistemi di vita, uno denominato Babilonia e l'altro Gemsalemme:con abile vivacità Manzi attualizza questi due simboli apocalittici e delinea il quadro di un "ateismo pratico", caratterizzato dall'indifferenza religiosa, e lo contrappone al modo di vivere orientato verso il Dio di Gesù Cristo. Tuttavia fra questi due mondi così diversi non c'è netta separazione, perché «il confine tra Babilonia e Gerusalemme passa attraverso il cuore di ogni persona» (p. 108): perciò il profeta dell'Apocalisse offre alcuni valori cristiani come criteri di fondo per valutare la coerenza evangelica della vita comunitaria e progettare la costruzione di un mondo sempre più umano e cristiano.

Alunno del prof. Ugo Vanni, che per molti anni insegnò l'Apocalisse nel Pontificio Istituto Biblico di Roma, l'A. ne segue l'impostazione esegetica, riprendendo la sua insistenza sulla comunità come gruppo di ascolto, sull'ambiente liturgico come matrice culturale del libro biblico, sulla strutturazione dell'opera e sulla visione complessiva sdoppiata in fase storica e fase escatologica. Dal metodo seguito da Vanni derivano le quattro parole chiave che guidano tutta la spiegazione: storia, profezia, liturgia e teologia. E la storia concreta di fine I secolo che interessa a Giovanni e alla sua comunità, cioè il senso delle vicende dolorose che i cristiani di Asia Minore dovevano subire proprio per la loro fedeltà a Cristo: in tal senso l'Apocalisse è rivelazione profetica, perché rimuove il velo opaco che nasconde il senso e permette di vedere il significato salvifico degli eventi, spiegando che Dio agisce in ogni epoca per salvare l'intera umanità. Tale rivelazione avviene in un contesto liturgico, cioè durante le riunioni di preghiera in cui i cristiani ascoltano la Parola di Dio e grazie all'aiuto del lettore interprete – l'autore stesso dell'Apocalisse – vengono spiegate e attualizzate le vìsioni per aiutare la comprensione di cìò che sta avvenendo a noi adesso: proprio nell'esperienza dei sacramenti, come partecipazione all'opera salvifica attuale di Cristo, la comunità credente riconosce il vero volto di Dio che è agápē, fedele ed efficace.

Questo saggio è un valido esempio di come lo studio esegetico possa diventare messaggio teologico per la gente di oggi, per ridare motivazioni all'impegno cristiano e trasformare la nostalgia in speranza.


C. Doglio, in Teologia 2/2022, 414-416

Il titolo evocativo di questo volume pre­senta i tre grandi protagonisti dell’ulti­mo libro del canone biblico: Cristo (cava­liere vittorioso), la chiesa (fidanzata di Dio che diverrà sua sposa) e il demonio (Satana che seduce tutta la terra). L’Apocalisse, in­fatti, è la rivelazione dello sguardo di Dio sul dramma della storia: essa spesso risulta apparentemente incomprensibile e il con­flitto tra il bene e il male è ancora in corso; tuttavia la vittoria del Risorto è già avvenuta e in tempo di crisi la chiesa è invitata a trovare conforto contemplandone la piena realizzazione attesa per la fine dei tempi.

Il progetto letterario e teologico di que­sto libro sacro e misterioso è illustrato dall’esegeta milanese con rigore ed esattezza in alcuni suoi punti salienti, nonché nella glo­balità del suo svolgimento (cfr. il bellissimo capitolo conclusivo, pp. 215-256).

Nondimeno, come il sottotitolo inten­de suggerire, il messaggio dell’Apocalisse è sempre esposto in chiave attualizzante: è lo stesso linguaggio simbolico scelto dall’au­tore sacro a esigerlo. Franco Manzi racco­glie questa sfida e, dopo aver illustrato nel primo capitolo le caratteristiche e le coor­dinate fondamentali di tale linguaggio (pp. 13-65), avvia riflessioni perché il lettore possa non soltanto decodificare numeri, particolari descrittivi o colori, ma anche tentare di ricontestualizzare il significato di questi simboli nell’ambito problematico della società e della chiesa di oggi. Le rifles­sioni suggerite da Manzi non si chiudono su risposte già confezionate, ma provocano sapientemente il lettore a continuare il pro­cesso di discernimento sulla realtà attuale.

Il lettore è chiamato così a compiere un viaggio attraverso alcuni percorsi dell’Apo­calisse quanto mai vicini all’esperienza cri­stiana odierna: la necessità per ogni creden­te di maturare un discernimento profetico sulla storia e sul momento attuale (pp. 67- 120), la domanda sulla presenza del male dentro un mondo in cui la chiesa è chiama­ta a generare e far crescere il «Cristo tota­le» (pp. 121-169), la redenzione di Cristo nella sua accezione di vittoria sul Maligno (pp. 171-214).

La lettura del testo di Manzi è impegna­tiva ma accessibile e particolarmente gra­devole; infatti, alle considerazioni puntuali sul testo sacro si affiancano spesso rifles­sioni utili per la vita spirituale, sempre nel contesto di una solida cornice teologica. Tutto questo grazie ad abbondanti citazio­ni del magistero, di teologi del nostro tem­po, di testimoni, di autori di vita spirituale e anche di saggi umanisti (filosofi, pittori, poeti). Il linguaggio è elegante ed evocati­vo, a tratti altisonante, proprio come quel­lo dell’autore sacro.

Grazie a queste caratteristiche, il volu­me, che di per sé non è un’introduzione allo studio dell’Apocalisse, può svolgere an­che questa funzione, senza essere pedante come generalmente lo sono le introduzio­ni. Infatti, tutti gli elementi introduttivi alla lettura sono integrati con abilità nei diversi sentieri di riflessione suggeriti nel corso del volume.


M. Montaguti, in Parole di Vita 3/2021, 57-58

L’autore, prete della diocesi di Milano e docente presso numerose istituzioni teologiche, propone un approccio originale e stimolante all'Apocalisse. Come noto, questo libro biblico, misterioso ed enigmatico, è stato spesso accantonato perché «poco attualizzabile nella vita spirituale e difficilmente utilizzabile nelle argomentazioni dogmatiche» (p. 8). Da qualche decennio, l’interesse per l'Apocalisse è notevolmente cresciuto, soprattutto tra i biblisti e i teologi, ma occorre riconoscere che, a tutt'oggi, esso è ancora distante, se non estraneo, alla maggior parte dei lettori della Bibbia. Uno degli scopi (e dei meriti) dello studio del prof. Manzi è quello di avvicinare l'Apocalisse ai lettori odierni, illustrando le peculiarità espressive di questo singolare libro e i corrispondenti codici interpretativi, senza i quali non potrebbe dirsi scongiurato il rischio di una sua lettura fondamentalista.

L’opera si articola in cinque capitoli che l'autore presenta come altrettanti «sentieri» interpretativi. Il primo è L'alfabeto dei simboli: astri, numeri e colori (pp. 13-65). La scelta è più che opportuna: nell'immaginario comune, l'uso del simbolo non solo rappresenta la cifra distintiva dell'Apocalisse, ma è anche una delle "porte di accesso" alla comprensione di questo libro, in cui «quasi in ogni frase il linguaggio realistico e quello simbolico s'intessono in modo indisgiungibile» (p. 15).

Il secondo sentiero - Il discernimento profetico della storia (pp. 69-120) – affronta un interrogativo che da sempre accompagna il lettore: «Qual è il vero messaggio dell'Apocalisse?» (p. 70). La questione non può essere ignorata, anche perché il libro si presenta come apokdlypsis, cioè come una «rivelazione». Secondo Manzi, la risposta ruota intorno a quattro parole chiave che individuano alcune delle coordinate fondamentali del libro di Giovanni: «storia», «profezia», «liturgia» e «teologia» (p. 71).

Il sentiero "centrale", il terzo, proietta il lettore in una nuova dimensione: Il parto del «Cristo totale» e il suo combattimento contro il drago (pp. 121-169). Si tratta di una «lettura cristologica ed ecclesiologica della celebre visione del capitolo 12, mostrando come questo brano resti comunque aperto alla sua pur tradizionale interpretazione mariologica» (p. 123). Nella visione, compaiono tre segni celesti: la donna vestita di sole, l'enorme drago rosso e il figlio maschio che viene partorito. Il quadro incute timore, poiché l'elemento demoniaco dispiega tutta la sua potenza contro la donna in procinto di partorire, ma l'intento omicida non raggiunge il proprio scopo e il piano di Dio si compie, nonostante tutto.

La vittoria di Cristo e delta chiesa su Satana (171-214), il quarto "sentiero" tematico, richiama l'attenzione sul fatto che l'Apocalisse è il libro neotestamentario che dedica maggior rilievo allo scontro di Cristo e la chiesa con Satana e nel quale più che altrove si analizza «in maniera esplicita e originale l'influsso deleterio esercitato sugli uomini dal diavolo» (p. 201).

Infine, il quinto sentiero, Un filo d'Arianna per l'Apocalisse (pp. 215-256), tenta di cogliere il messaggio del libro in «una precisa sintesi letteraria e teologica» (p. 218). Secondo numerosi studiosi, il contesto esistenziale dell'Apocalisse è l'ambito della celebrazione liturgica, come si può intuire dal Prologo: «Beato chi legge e beati coloro che ascoltano le parole di questa profezia e custodiscono le cose che vi sono scritte» (Ap 1,3). A seguire, i due punti focali dell'Apocalisse: la conversione delle chiese (Ap 1,4-3,22) e il discernimento della storia (Ap 4,1-22,5).

L’epilogo sponsale (Ap 22,6-21) chiude l'Apocalisse e il canone neotestamentario. Al termine di questo percorso "in cinque sentieri", si può certamente concordare con l'autore quando afferma che l'impressione è di «aver guardato come all'interno di un caleidoscopio» (p. 250), cogliendo un insieme di simboli e visioni, intrecciati in una trama che da un lato disorienta il lettore, soprattutto quello odierno, dall'altro però lo provoca alla riflessione sulla propria fede, nel tempo della crisi. Nell'Apocalisse, che Manzi considera un vero e proprio «manuale di discernimento spirituale», i cristiani di ogni tempo potranno trovare - alla luce della rivelazione di Cristo e nell' alveo della tradizione vivente della chiesa - quei criteri di fondo per valutare la coerenza evangelica della vita della propria comunità ecclesiale e per progettare la costruzione di un mondo sempre più umano e cristiano.


G. Scaglioni, in CredereOggi 1/2021, 177-179

L’Apocalisse è senza dubbio uno dei libri piú enigmatici della pagina biblica. Si presenta come un libro misterioso, colmo di visioni profetiche e di segni celesti, non facili da decifrare. I commenti degli esperti sull’insieme e sui particolari della narrazione hanno sempre attirato l’interesse e la curiosità di molti. Ora anche questo scritto si colloca in questo solco al fine di darne una interpretazione in chiave personale e sicuramente accattivante. Già a partire dallo stesso titolo e sottotitolo, Il cavaliere, l’amata e satana e a seguire Sentieri odierni del vento nell’Apocalisse, diventa facile orientarsi su questo orizzonte.

Il titolo intende identificare le tre figure che a parere dell’A. sono in primo piano: il cavaliere, l’amata e satana. Il cavaliere è figura del Risorto seduto sul cavallo bianco. Infatti « fin dal primo apparire della visione dei quattro cavalli, Cristo, nel sciogliere l’enigma del primo sigillo del libro, svela il senso salvifico della storia, in particolare manifesta che, in virtú della propria risurrezione dai morti, ha già vinto le forze malvagie, rappresentate per la verità dagli altri tre destrieri e dai loro rispettivi cavalieri (la guerra del cavallo rosso, l’ingiustizia del cavallo nero, la morte del cavallo verde), che al momento seguitano a muoversi liberi, ma solo ancora per un certo tempo, sulla faccia della terra » (p. 50).

L’amata è la donna vestita di sole, figura luminosa, femminile, serena, gloriosa (p. 136). Ha « una corona di dodici stelle sul capo, data in premio, quale immagine del popolo di Dio, che alla fine dei tempi potrà entrare definitivamente nella gloria di Dio, dono questo che fin da ora, grazie alla vittoria sulla morte del Risorto (= il figlio che ha partorito) è destinata a ogni comunità cristiana a lui fedele » (p. 135).

Satana infine è l’enorme drago rosso, di per sé il secondo segno celeste nel suo presentarsi (p. 140). È facile individuarlo nel serpente antico, il diavolo, che seduce tutta la terra. Un drago da non sopravvalutare. Infatti il suo potere malefico soggiace alla forza redentrice del cavaliere del destriero bianco, ossia il Cristo risorto, che di per sé è già vittorioso, ma al momento pronto per vincere ancora (p. 143).

Come si accennava, originale è sicuramente anche il sottotitolo della ricerca, Sentieri odierni del vento nell’Apocalisse, in quanto è proprio in questi percorsi che l’A. imposta e attualizza l’intero suo commento. E lo fa attraverso cinque tracciati, con stile scorrevole, piacevole, convincente. Il primo sentiero si colloca nello spazio dell’alfabeto dei simboli: astri, numeri e colori (pp. 13-65). È l’orizzonte, quale sfondo naturale sul quale delineare i sentieri odierni, nel loro spessore attualizzante. A questo proposito « le parole-segno dell’Apocalisse sono in grado di spingere il lettore cristiano di ogni tempo a riflettere sui propri itinerari di vita, per discernere i segni di rivelazione della volontà salvifica » (p. 16). I numerosi simboli di astri, numeri e colori mettono « il lettore di oggi tramite un tale scritto enigmatico a rimettersi instancabilmente in cammino per cogliere il messaggio di speranza incentrato sul Signore risorto » (p. 16). Il secondo sentiero si configura nel discernimento profetico della storia (pp. 67-120) per mezzo di quattro parole-chiave: storia, profezia, liturgia, teologia (p. 71). Storia già rintracciabile nelle sette lettere alle chiese e precisamente nel rimprovero per la stanchezza di una chiesa disinnamorata; nell’invito a tornare al primo amore per Cristo; nel rimprovero per la ricchezza di una chiesa intiepidita; nell’accorato invito ad aprirsi di nuovo a Cristo. La seconda parola-chiave è profezia. L’autore di questo scritto viene definito piú volte il profeta dell’Apocalisse, perché è riuscito a offrire il frutto del suo discernimento personale, operato sotto la guida dello “Spirito di profezia” (Ap 19,10), che è discernimento tra il bene e il male, tra la realtà e l’apparenza, tra i re della terra e il Cristo risorto. Liturgia è la terza parola-chiave. Viene confermato che le comunità cristiane si riunivano nel giorno del Signore risorto, per celebrare la memoria della sua ultima cena. Quindi le stesse profezie erano destinate da Giovanni alle comunità cristiane raccolte per celebrare l’eucarestia. La parola teologia chiude questa quadrilogia, dove in definitiva tutti i pensieri e i gesti animati dall’agape tendono a sottolineare il discernimento spirituale e teologico dei cristiani, legato in ultima analisi alla risurrezione di Cristo. Sarà proprio grazie a questo evento unico che ogni nazione entrerà a far parte del cielo e della terra nuova (Ap 21,1).

Terzo sentiero viene indicato nel parto del “Cristo totale” e nel suo combattimento contro il drago (pp. 121-169). Una lettura cristologica ed ecclesiologica della celebre visione della donna vestita di sole del capitolo 12, mostra come questo brano resti comunque aperto alla tradizionale interpretazione mariologica, pur nella varietà delle interpretazioni. Il quarto sentiero si intravvede nella vittoria di Cristo e della chiesa su satana (pp. 171-214). « Vi è un nesso inscindibile tra la mediazione salvifica definitiva di Cristo e la sua lotta vittoriosa contro il diavolo. Questo legame è cosí indissolubile che senza di esso si finirebbe per non comprendere piú la mediazione salvifica definitiva di Cristo e nemmeno l’attività della chiesa che vi prende parte » (p. 177). Il sentiero conclusivo è dato per il filo di Arianna per l’Apocalisse (pp. 215-256). Questa espressione colorita, che si addice alla pagina apocalittica, ci offre la possibilità di affermare che la sua efficacia rivelativa per la chiesa contemporanea e per ciascuno di noi si può riconoscere su questa domanda finale: quanto manca al termine del proprio itinerario terreno? A questo punto ciascuno è invitato a chiedersi se davvero sta camminando “in vesti bianche” dietro al Risorto, verso la “Gerusalemme nuova”. Qui è racchiuso il motivo principale della riflessione e del “viaggio nella notte” (p. 254) di questo libro misterioso che il profeta Giovanni ci ha lasciato come preghiera e contemplazione.


L. Fanin, in Studia Patavina 67 (2020) 3, 584-585

A chi ha la fortuna di visitare la cripta romanica della cattedrale di Saint–Étienne ad Auxerre non può sfuggire l’affresco di Cristo su un cavallo bianco, in mezzo a una schiera di angeli. Immagine rarissima che raffigura l’Adventus Christi, vale a dire l’entrata di Gesù a Gerusalemme, secondo la tradizione pittorica prevalente avvenuta in groppa a un asino. Per gli studiosi a Auxerre non vi sarebbe un richiamo al cavallo bianco citato nell’Apocalisse, eppure l’accostamento viene spontaneo. Scrive infatti Giovanni: «E vidi, quando l’Agnello sciolse il primo dei sette sigilli, e udii il primo dei quattro esseri viventi che diceva come con voce di tuono: “Vieni!”. E vidi: ecco, un cavallo bianco. Colui che lo cavalcava aveva un arco, gli fu data una corona ed egli uscì vittorioso per vincere ancora» (Ap 6,1–2). Il bianco del primo cavallo simboleggia la purezza e l’innocenza ed è il colore predominante di tutta l’Apocalisse. Per la mistica Adrienne von Speyr, il cavaliere personifica «la fede pura, la quintessenza del cristianesimo». Un’ìnterpretazione dei simboli cromatici dell’ultimo libro della Bibbia che finisce per toccare anche gli altri tre cavalli che appaiono in successione: quello rosso è il cavallo delle guerre e delle stragi, quello nero rappresenta l’ingiustizia, quello verde la morte.

Così legge queste quattro figure il teologo ed esegeta Franco Manzi nel volume Il cavaliere, l’amata e Satana. Sentieri odierni del vento nell’Apocalisse, edito da Queriniana (pagine 274, euro 20), un denso saggio in cui rivisita il racconto di Giovanni, che non sarebbe l’apostolo ma un suo discepolo omonimo, alla luce del tempo presente.

Molti ricorderanno il boom persino esagerato dell’Apocalisse ai tempi del passaggio di millennio e al riguardo dice l’autore nell’introduzione: «Senza dubbio, parlare dell’Apocalisse di questi tempi è di notevole attualità! È un libro sacro e misterioso, che parla di angeli e demoni, visioni celesti e sciagure terrene. Intriga gli spiriti religiosamente più curiosi, gli inquieti e anche i superstiziosi. I più suggestionabili, che corrono spesso da maghi, veggenti e fattucchiere, trovano in quest’opera enigmatica della Bibbia molteplici conferme alle loro ingenue previsioni sulla fine del mondo». Eppure, sgombrato il campo dai nuovi profeti di sventura e dalle facili letture fondamentalistiche, va anche rilevato come sia errato accantonarlo come hanno fatto alcuni biblisti e teologi, allontanando dall’ambito della discussione i riferimenti ai Novissimi e alla realtà del male e del maligno. Le visioni inquietanti del libro di Giovanni, gli sconvolgimenti cosmici e le sciagure inflitte all’umanità hanno un significato teologico che va correttamente interpretato.

Ed è questo l’intento del volume: «Le piaghe dell’Apocalisse non sono da intendere come prove o punizioni pedagogiche impartite direttamente da Dio», i cui segni di rivelazione «sono finalizzati unicamente a risvegliare, quasi come degli elettroshock, le coscienze obnubilate dei peccatori, per indicare loro la strada verso la salvezza». Va escluso perciò che sia Dio la causa diretta del male degli uomini, così come va rigettata l’idea che Dio sia del tutto indifferente alle vicende umane. Aggiunge Manzi: «Al di là dell’immaginario che possono suscitare le profezie di minaccia dell’Apocalisse, il Dio–Abbà di Gesù non flagellerà mai l’umanità con catastrofi naturali o con epidemie purificatrici». Parole da rileggere in questi mesi di coronavirus che qualcuno ha voluto interpretare come un castigo di Dio.

Nel recente romanzo Sete, in Italia tradotto da Voland, la scrittrice francese Amélie Nothomb reinterpreta l’ultima notte di Gesù prima della passione e della morte e ci immette appieno nella vertigine del pensiero di Cristo, che fu pienamente e fino in fondo uomo e amò la vita sino all’ultimo. Giustamente Luca Doninelli recensendo il libro sul “Giornale” ha parlato di «vette teologiche» raggiunte dalla Nothomb, che «ha “sete” di farci ascoltare Cristo». Ne parlo qui perché c’è una frase della scrittrice sul male che mi ha colpito e che mi pare opportuno riportare: «Nella mia posizione, mi concedo ogni blasfemia: non credo al diavolo. Credere in lui è inutile. C’è già abbastanza male sulla terra senza doverne aggiungere altro». Eppure, come ha ben capito C.S. Lewis nelle sue memorabili Lettere di Berlicche, la questione è tutt’altro che chiusa. L’identità del “grande Drago”, del “serpente antico” è un mistero insondabile, così come resta per noi umani, come ha scritto il teologo Ugo Vanni, uno dei più acuti lettori dell’Apocalisse, «l’incomprensibilità opaca della potenza del male». Il grande tentatore, la cui presenza non va né enfatizzata né minimizzata come ricorda nei suoi scritti Joseph Ratzinger, arriva a insinuarsi nella politica e nell’economia e non a caso Karol Wojtyla denunciò le “strutture di peccato”. A sua volta Hans Urs von Balthasar, a proposito delle multiformi raffigurazioni del Maligno presenti nel libro di Giovanni, rilevò che «non è possibile concludere né a un impero organizzato, né a una netta distinzione fra diavoli e demoni: l’antidivino è a un tempo uno e molti, è anonimo e amorfo». Stesse conclusioni cui giunse Georges Bernanos nel romanzo Monsieur Ouine, in cui tutti i personaggi descritti, persino il paesino in cui si svolge l’azione, sono posti sotto scacco.

Rimane la constatazione che l’Apocalisse è un libro di speranza ove il male alfine è sconfitto. «Il teodramma della storia – precisa Manzi – si protrarrà fino alla fine dei tempi: costi quel che costi, Dio desidera che tutti i suoi figli si lascino liberamente salvare da Cristo e dal suo Spirito». E rimane il fatto che quanto abbiamo compiuto di bene non sarà cancellato e quanto abbiamo compiuto di male sarà sanato. Lo dice bene un altro scrittore, il premio Nobel Isaac Bashevis Singer, in un racconto sulla vita di un pover’uomo chiamato Heinsherik: «Credo che, da qualche parte dell’universo, debba esserci un archivio nel quale sono conservati tutti i patimenti e gli atti di sacrificio umani. Non ci sarebbe giustizia divina se la storia di Heinsherik non abbellisse per l’eternità l’infinita biblioteca di Dio».


R. Righetto, in Avvenire 25 agosto 2020, 19

L’Apocalisse di Giovanni, il testo più enigmatico del Nuovo Testamento, è insieme una diagnosi del male, un teodramma, un’architettura della speranza e il libro dell’Agnello. Il suo linguaggio è realistico, rivestito però di simboli che hanno bisogno di essere decodificati. L’a. individua strati diversi di simboli: cosmici, numerici, cromatici, zoomorfi, che raccontano la lotta fra il bene e il male.

Se il contenuto presenta una successione di tragedie naturali e umane, queste non sono da ricondurre a un male metafisico ma alle scelte umane. Passato, presente, futuro sono strettamente legati perché in ogni tempo la politica crea nuovi idoli, nuovi feticci del potere che vanno compresi per intravedere la promessa della salvezza.


G. Azzano, in Il Regno Attualità 14/2020, 415

«Il quinto angelo suonò la tromba... e gli fu consegnata la chiave del pozzo dell’Abisso. Egli lo aprì e dal pozzo salì un fumo come quello di un enorme camino, capace di oscurare sole e aria. Dal fumo uscirono sulla terra cavallette alle quali fu concesso un potere analogo a quello degli scorpioni della terra. Fu detto loro di non devastare l’erba della terra né gli arbusti e gli alberi, ma soltanto gli uomini senza il sigillo di Dio sulla fronte. Ma fu concesso loro non di ucciderli, ma solo di tormentarli per cinque mesi con un tormento simile a quello dello scorpione quando punge un uomo». Sono alcuni versetti (9,1-5) dell’Apocalisse neotestamentaria. È la catastrofe che segue lo squillo del quinto dei sette trombettieri angelici: dal pozzo infernale, simile a un vaso di Pandora, quel suono fa emergere un inquinamento atmosferico e una pandemia, i cui virus sono comparati alla tradizionale piaga dell’agricoltura, quella delle cavallette, non più destinata ai vegetali ma pronta a infierire sull’umanità peccatrice.

Non è mancato, in questi mesi di coronavirus, qualche sparuto ma bellicoso fondamentalista religioso che ha applicato una pagina così incandescente modulandola sulla teoria mai stinta né estinta della retribuzione, retta dal binomio delitto-castigo. Invano da tempo l’esegesi corretta cerca di schiodare dalle menti questa ermeneutica di un libro biblico che, sotto il rivestimento fosforescente dei suoi simboli cosmici, zoomorfi, cromatici, teratomorfici, somatici, sociali, propone un’ermeneutica della storia umana, certamente sgangherata e talora tragica, ma la cui corsa non è verso l’Abisso, pur spalancato, bensì alla meta luminosa di «un cielo nuovo e una terra nuova». In essa è insediata una «città santa, la Gerusalemme nuova, discesa dal cielo» (21,1-2) nelle cui case e vie non si aggirano più quei lugubri cittadini che abbiamo imparato a conoscere in questi ultimi giorni: «Morte, Lutto, Lamento, Affanno». Ci sarà, infine, un Dio che passerà «tergendo ogni lacrima dai loro occhi» (21,4).

È facile comprendere che un’opera così provocatoria ed emozionante abbia generato una sterminata coreografia artistica, letteraria, musicale e persino cinematografica (chi non conosce Apocalypse now o Il settimo sigillo?), oltre ovviamente a un numero imponente di commenti (in questo s’era cimentato persino Isaac Newton con una sua libera esegesi fieramente antiromano-cattolica).

Ora è la volta di uno studioso milanese, docente della Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale e a quella di Lugano, Franco Manzi. Il suo, in verità, non è un commentario ma un saggio sintetico, posto all’insegna di una triade emblematica presente nel testo sacro, Il Cavaliere, l’Amata e Satana, dotato di una mappa affidata a quattro (più uno) «sentieri» interpretativi, simili a punti cardinali. L’ultimo è, in realtà, una sorta di survey globale, un «filo d’Arianna» che permette di ricostruire sinteticamente lo spartito strutturale dell’opera.

Questo progetto, formulato in un linguaggio piano, permette di percorrere il terreno accidentato, tormentato e anche affascinante di quei 22 capitoli, non smarrendosi in deviazioni o vicoli ciechi. Si parte squadernando l’alfabeto simbolico a cui sopra accennavamo, un vero e proprio giardino ove allo sfolgorare di alcune immagini gloriose si accompagnano i terrificanti segni maligni alla Hieronymus Bosch: basterebbe solo inseguire i quattro cavalli misteriosi coi rispettivi cavalieri, dal bianco col Cristo risorto che lo cavalca, al rosso guidato dalla Guerra, dal nero retto dall’Ingiustizia fino al verdastro sul quale incede possente la Morte (6,1-8). Questo itinerario è destinato a introdurre il lettore nel cuore dell’Apocalisse, che è una «rivelazione», come dice il termine greco. Anzi, essa si autodefinisce come una «profezia», ossia la decifrazione di un senso celato all’interno del fluire frenetico della storia, è un «discernimento» che vaglia il groviglio degli eventi, estraendone un senso e un fine più che una fine.

Ora, nel grembo della storia si assiste a un parto trascendente e glorioso che ha il suo apice nel c. 12 quando la Donna, che è il popolo di Dio, genera il «Cristo totale», duramente ma vanamente aggredito dal drago satanico dissacratore. Ormai sorge l’alba del nuovo mondo la cui sinfonia è intonata nelle pagine finali. Ad esse ci siamo già riferiti: si leva solenne la figura del Cristo vincitore a cui è associata la Chiesa. Quello che è stato «un viaggio nella notte» si trasforma in un’epopea di luce, per cui - come ribadiva Tarkovskij che pensava a un film - l’Apocalisse ha il suo picco non nella punizione ma nella speranza, divenendo un «racconto del nostro destino» non catastrofico ma salvifico. […]


G. Ravasi, in Il Sole 24 Ore 19 aprile 2020, XII

Ci troviamo davanti a un’eccellente opera di introduzione alla lettura di un testo biblico difficile quanto intrigante, soggetto spesso a letture catastrofistiche e “apocalittiche” fuorvianti, a volte attuate addirittura da lettori cristiani poco avvertiti e formati.

Apocalisse e apocalittica

Manzi ricorda l’importanza di una lettura non fondamentalista di questo testo, ricco di simbolismi che vanno interpretati secondo una coerenza compatta che ha alla sua base l’ambiente dell’Antico Testamento e dell’apocalittica paratestamentaria (II sec. a.C. – II sec. d.C.). Molti testi di genere apocalittico non entrarono nel canone cattolico della Grande Chiesa.

L’autore dell’apocalisse – che si autodefinisce “Giovanni” con probabile intento pseudoepigrafico, ma molto probabilmente un discepolo dell’apostolo Giovanni appartenente all’ambiente giovanneo efesino (più che “scuola giovannea”) – descrive il cammino della Chiesa lungo la storia, guidata da Cristo risorto (Il “cavaliere bianco” del titolo di Manzi). Nel corso degli avvenimenti storici, fra i quali le persecuzioni alla fine del I sec. d.C. in Asia Minore, la Chiesa avanza fra le tempeste del male come la fidanzata ufficiale dell’Agnello sgozzato ma vittorioso e vivo per diventare la sua sposa al compimento dei tempi. Cristo risorto ha già vinto la guerra contro il male, anche se le battaglie periferiche devono essere ancora condotte a livello ecclesiale e personale.

Secondo la classica teologia di stampo apocalittico, nella storia si sta svolgendo, infatti, una lotta senza quartiere tra il bene e il male, riflesso terreno della lotta che si svolge in cielo fra potenze sovrumane. La lotta è dura, ma per i cristiani non v’è ombra di dubbio su chi sarà – su chi è già stato – il vincitore definitivo. Cristo Risorto ha già riportato la sua vittoria pasquale, che deve solo irraggiare la sua potenza salvifica nella storia, nel tempo e nello spazio del cuore degli uomini, delle società e della Chiesa stessa.

Quattro sentieri

Manzi ricorda opportunamente che, alla creatività simbolica dell’autore dell’Apocalisse, deve corrispondere un’attenta opera di creatività interpretativa del lettore, che trova la sua sede migliore nell’assemblea liturgica del giorno del Signore. Nel momento della lettura della parola di Dio essa interpreta alla sua luce gli eventi storici. Il singolo può perdersi in false interpretazioni “a briglie sciolte” che non rendono conto dell’insieme dei segnali simbolici espressi dall’autore biblico che vanno decodificati nell’ambito di una struttura ermeneutica solida e coerente, compatta. I simboli possono essere naturali e convenzionali e bisogna essere provveduti nella loro decodifica.

Manzi propone cinque sentieri da percorre per non perdersi nella foresta oscura ma splendida dell’Apocalisse.

I simboli

Il primo sentiero indicato da Manzi è quello della decodifica dell’alfabeto dei simboli: astri, numeri e colori, con il loro corteo di sconvolgimenti cosmici, scomparsa progressiva del sole e della luna ecc. Il mondo sta conoscendo una trasformazione profonda, questo il messaggio.

Dio attrae a sé per salvare attraverso Cristo risorto, Agnello vittorioso. Quelli che, a prima vista, appaiono essere “castighi di Dio”, in realtà sono autocastighi degli uomini che si chiudono alla potenza salvifica di Dio. Sono visioni di minaccia per risvegliare coscienze intorpidite, perché gli uomini non facciano accadere per colpa propria ciò che le visioni contengono come minaccia. Gli angeli e la creazione reagiscono contro i peccatori. Dio-Abbà di Gesù è univocamente buono (un bellissimo chiodo fisso negli scritti di Manzi…) e questo si manifesta attraverso la silenziosa provvidenza dello Spirito di Gesù che tutto vede e abbraccia amorevolmente («occhi davanti e di dietro», i «sette spiriti»). Il diavolo divisore, Diabolos, l’Avversario, Satana invece “distrae” gli uomini da Dio per dannare, servendosi di potenze storiche di natura socio-politico-economica che infarciscono le società con strutture di peccato e di massificazione disumana.

La proliferazione storica del peccato non ha però l’ultima parola e la società antidivina e antiumana simboleggiata da “Babilonia” – che rappresenta Roma e l’impero romano, così come ogni potenza disumanizzante – sarà distrutta completamente. Stessa sorte toccherà agli sgherri al suo servizio: il profeta che spaccia una controinformazione fasulla al servizio della bestia, il press agent che, con la sua propaganda asfissiante e manipolatrice, “anima” la bestia e induce gli uomini ad adorarla…

Le scene descritte nell’Apocalisse, una volta decodificate in modo coerente e a partire dalle corrette prospettive principali, sono di una modernità strabiliante. Gli sconvolgimenti cosmici procedono verso la nuova creazione. Nella fase storica, simboleggiano l’autodistruzione progressiva del male e, nella fase escatologica, annunciano il compimento definitivo del bene. Occorre quindi essere attenti a quelle che Manzi chiama «le visioni pedagogiche degli sconvolgimenti cosmici». Esse mettono davanti agli occhi del lettore l’ira antropomorfica di Dio e dell’Agnello che non possono sopportare il male e ciò che egli definisce «l’inconsistente “fantasma” di un Dio implacabilmente giusto». Se non si possiedono le giuste coordinate simbolico-teologiche, si finisce per deformare l’immagine di Dio, con conseguenze catastrofiche per la fede cristiana e per la sua immagine di Dio proposta agli uomini. L’attenta decodificazione dei simboli deve fare attenzione anche ai numeri simbolici: il nome del seicentosessantasei, la perfezione del sette, l’imperfezione del sei, la parzialità del tre e mezzo e dei suoi multipli, l’illimitatezza del centoquarantaquattromila. Decisiva è pure la decodifica dei colori simbolici che connotano il personaggio al quale sono correlati: il Risorto sul cavallo bianco, la guerra sul cavallo rosso, l’ingiustizia sul cavallo nero, la morte sul cavallo verde, la profezia dei quattro cavalli e cavalieri.

L’autore dell’apocalisse interpreta profeticamente la storia, guidato dalla stella fissa costituita dalla vittoria di Cristo risorto nella sua pasqua di Agnello sgozzato ma vivo. Una profezia attuale per tutti i tempi.

Il discernimento profetico

Il secondo sentiero indicato da Manzi è quello del discernimento profetico della storia a cui abbiamo già accennato. Nelle persecuzioni subite dalle Chiese, occorre discernere la potenza del male ma soprattutto la certezza della vittoria pasquale di Cristo risorto. Egli vuole vincere le debolezze e le mollezze delle Chiese, incoraggiandole alla perseveranza e alla testimonianza fino al martirio.

La teologia apocalittica, e il genere letterario apocalittico di cui si serve, intende leggere in profondità la storia, esprimendo la certezza della vittoria pasquale di Cristo attraverso simboli, visioni profetiche, incoraggiamenti nella vittoria finale del bene sul male. Occorre che le sette Chiese dell’Asia minore (e quelle di tutti i tempi) si scuotano dal torpore e dalla tiepidezza, si aprano nuovamente a Cristo per rinnovare la propria fede e la propria testimonianza “controcorrente” nell’ambiente in cui si trovano a vivere in precarietà, se non nella persecuzione (locale) vera e propria. È in un contesto liturgico comunitario, in particolare nel giorno del Signore, che la Chiesa potrà ricevere la forza dello Spirito per interpretare i tempi e vivere la propria testimonianza.

Nell’ultimo libro della Bibbia cristiana rifulge la “rivelazione” (apokalypsis) del Dio vivente, della sua azione incessante nella storia, dell’amore efficace di Cristo e del fine salvifico della storia. La Chiesa è chiamata a vivere un’etica del discernimento fondata sulla speranza incrollabile nel Risorto. Nella storia e nella conclusione ci saranno due movimenti contemporanei. Nella fase storica avverrà la diffusione universale dell’ateismo pratico incarnato dal simbolo di “Babilonia”, la grande prostituta, l’incarnazione della civiltà massificata e disumanizzata, chiusa a Dio. La fase escatologica della storia vedrà però l’autodistruzione definitiva dell’ateismo pratico.

L’Apocalisse propone anche l’altro versante, quello del Bene, una visione contemplativa dell’opera salvifica di Cristo risorto nella sua Chiesa, “Gerusalemme”. La fase storica corrisponde alla preparazione della fidanzata alle nozze con l’Agnello, mentre quella escatologica prevede nella contemplazione l’amore nuziale della sposa per l’Agnello. Il discernimento della Chiesa può attuarsi fruttuosamente nella preghiera liturgica e nella conversione continua attuata grazie all’ascolto orante della parola di Dio, già attestata nell’Antico Testamento.

Il parto del “Cristo totale”

Il terzo sentiero proposto da Manzi ai suoi lettori è quello del parto del “Cristo totale” e il suo combattimento, simboleggiato dalla visione dei tre segni celesti di Ap 12ss: la donna vestita di sole, popolo di Dio nel mondo ma non del mondo, partorisce il Cristo (“totale”); l’enorme drago rosso, simbolo della potenza distruttiva e seduttrice di satana sugli uomini e della strumentalizzazione satanica delle strutture di potere; il parto del figlio e la crescita del corpo ecclesiale di Cristo, accompagnato dall’infaticabile aiuto divino assicurato alla donna.

La vittoria di Cristo e della Chiesa su Satana

Il quarto sentiero è rappresentato dalla vittoria di Cristo e della Chiesa su Satana. Dio vince su Satana e la sua strumentalizzazione sociale, politica ed economica. Dio vince “strutture di peccato” in ambito politico, rappresentate dalla bestia-pantera dello stato totalitario e dal bestia-agnello della propaganda politica.

I settori in cui s’infiltra il «serpente antico» con le disumanizzazioni sataniche sono infatti – secondo l’Apocalisse – quelle della politica, dell’economia e quelle del terziario. Se c’è l’impossibilità di smascherare il volto “celeste” di Satana, esiste però la doverosità di smascherare le sue trame terrene. Ferma deve essere però una certezza incrollabile: la vittoria di Cristo risorto su Satana, una verità biblica che non deve essere mai dimenticata.

La struttura letteraria

Può essere utile riportare per i lettori quello che Manzi chiama il filo d’Arianna per l’Apocalisse, la delineazione cioè di una possibile struttura letteraria che permette una lettura corretta e fruttuosa di un libro non facile da comprendere. La sua logica ripetitiva ciclica è, allo stesso tempo, progressiva, tesa verso la conclusione festosa delle nozze dell’Agnello con la sua sposa che si purifica nel cammino storico ma, allo stesso tempo, scende dal cielo come puro dono divino.

Nelle sue linee essenziali la struttura proposta da Manzi è bipartita, di lunghezza diseguale. La prima parte (Ap 1,4–3,22) è costituita dalle lettere alle sette Chiese, in vista della loro conversione, con una bella struttura a raggiera. Elementi sottolineati con forza sono il raggio di attrazione salvifica verso il Risorto e la comunione delle Chiese in Cristo. La seconda parte (Ap 4,1–22,5), molto più lunga, abbraccia varie sezioni.

Dapprima vi è la sezione introduttiva del trono di Dio (Ap 4,1–5,14), con la descrizione dell’esperienza spirituale del profeta e del libro dei desideri storico-salvifici di Dio. La sezione dei sette sigilli (Ap 6,1–7,17) è seguita da quella delle sette trombe (Ap 8,1–11,14), con la descrizione simbolica della nuova creazione in atto e delle parziali conseguenze letali dei peccati. La sezione dei tre segni e delle sette coppe (Ap 11,15–16,16) abbraccia l’illustrazione simbolica del parto del “Cristo totale” e la furia di Satana, simboleggiata dall’incremento delle alterazioni cosmiche. La sezione conclusiva della fine dei tempi (Ap 16,17–22,5) tratteggia, dapprima, in modo molto vivido la fine di Babilonia e, in seguito, lo splendore della gloria di Gerusalemme con la visione della comunione eterna con Dio. L’epilogo sponsale (Ap 22,6-21) delinea in modo lirico il desiderio sponsale della Chiesa e l’esercizio del desiderio sponsale di Dio.

La vita della Chiesa nella storia è un itinerario con varie tappe, che possono essere viste come un’ampia partitura musicale e, allo stesso tempo, anche come un complesso “teodramma”. L’itinerario verso la «nuova Gerusalemme» è come un viaggio nella notte, illuminato però dall’affidamento completo della “fidanzata” (gynē, Ap 19,7) a Cristo, per divenire la sua bellissima sposa escatologica (nymphē, Ap 21,2; 22,17; nymphē-gynē, Ap 21,9).

Il pregevole volume di Manzi, scritto come sempre in modo scorrevole, informato e didattico, si conclude con una Bibliografia selezionata sull’Apocalisse (pp. 257-264: Commentari scientifici e divulgativi; Monografie e miscellanee, Articoli) e l’Indice dei nomi (pp. 265-268).


R. Mela, in SettimanaNews.it 3 aprile 2020