Il titolo dell'opera, pubblicata originariamente in tedesco nel 2010 come volume decimo dei Walter Kasper Gesammelte Schriften, ha il potere di richiamare immediatamente l'attenzione di tutti coloro che, a vario titolo, si dedicano a quella realtà che il concilio Vaticano II non ha esitato a definire «il culmine verso cui tende l'azione della Chiesa e, insieme, la fonte da cui promana tutta la sua virtù» (SC 10).
L’aspettativa, indotta da un titolo siffatto e dal prestigio dell'autore - prima, per lunghi anni, docente di teologia dogmatica, poi vescovo di una grande diocesi tedesca, quindi cardinale, per dieci anni alla guida del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani e per i rapporti religiosi con l'ebraismo - poteva essere quella di una trattazione organica capace finalmente di esporre in un disegno fortemente unitario e coerente i molteplici aspetti implicati dalla realtà «Liturgia della Chiesa». Tale aspettativa, almeno in parte, va ridimensionata dal fatto che il volume - come si dà conto alle pp. 485-487 – raccoglie insieme una serie di scritti già pubblicati dall'autore a partire dalla seconda metà degli anni '60 del secolo scorso più alcuni scritti inediti. Ne consegue un'inevitabile minore organicità del testo sotto il profilo dell'architettura complessiva del discorso con talune evidenti oscillazioni di pensiero tra i contributi dell'immediato post-concilio e quelli più recenti.
Nonostante ciò, la lettura dell'intero volume si mostra di grande interesse per i temi affrontati e per la ricchezza delle prospettive evidenziate e risulta altamente stimolante per la riflessione teologica fondamentale e per la prassi pastorale che da essa ne potrebbe conseguire, sia all'interno della Chiesa cattolica, sia nell'ambito delle relazioni ecumeniche che la Chiesa cattolica ha da tempo instaurato con le altre Chiese o comunità ecclesiali.
Il vigore del pensiero presentato e l'appassionato cimento con alcune questioni nodali nell'ambito della vita liturgico-sacramentale lasciano l'impressione finale, al di là di qualche disomogeneità tra i vari contributi, di un corposo lascito testamentario, che porta in sé il travaglio di cinquant'anni di elaborazione teorica e di riflessione pratica, all'indomani dell'assise conciliare e dell'avvio di quella stagione riformatrice che a tutt'oggi attende la sua piena realizzazione.
Se si riorganizza un poco l'indice dando maggiore ordine alla prima parte del volume, si potrebbe individuare, a mio parere, una ripartizione del testo in cinque sezioni: una prima, fondativa generale, che presenta la trattazione inedita e particolarmente stimolante di alcuni aspetti di una teologia della liturgia (7-70) insieme a una riflessione più datata sui segni della fede (71-125); quattro ulteriori sezioni speciali, dedicate a quattro sacramenti cristiani: il battesimo (dei bambini), l'eucaristia, la penitenza e il matrimonio.
Nella prima sezione, il saggio relativo ad alcuni aspetti di una teologia liturgica, «di fronte alla crisi della modernità» e «per una nuova cultura liturgica» - come recita il sottotitolo -, è indubbiamente la parte che più attira l'attenzione di chi, lavorando nell'ambito che Cipriano Vagaggini ne Il senso teologico della liturgia (l957) aveva chiamato «liturgia teologica generale», è alla ricerca di prospettive di sintesi per inquadrare la natura teologica della liturgia.
Il nostro A., affidandosi ai risultati più accreditati della ricerca biblico-patristica, ma tenendo anche in giusta considerazione le istanze del magistero di san Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI, offre una fondazione teologica del culto cristiano in cinque tappe. Indaga, anzitutto sul radicamento della liturgia «nell'ordinamento della creazione», individuando nel comandamento del riposo sabbatico il primo principio costitutivo del culto cristiano. II secondo passo è dato dalla «fondazione storico-salvifica», che riconduce la liturgia della Chiesa all'efficacia redentiva del mistero pasquale per il tramite della memoria sacramentale operata in virtù dello Spirito Santo. Alla fondazione storico-salvifica si accompagna quella che l'A. denomina la «fondazione soteriologica ed escatologica», la quale riporta al centro della riflessione sulla liturgia la questione della «glorificazione di Dio» e del culto come «adorazione». Nella quarta tappa viene messa a tema la «fondazione ecclesiologica» della liturgia partendo dalla riproposizione conciliare del carattere intrinsecamente comunitario di ogni atto liturgico per arrivare alla riscoperta, favorita dal rinnovato contatto con l'Oriente cristiano, del vincolo indissolubile che lega la terra e il cielo (vivi e defunti; Chiesa pellegrina e Chiesa dei santi, ecc...) in ogni celebrazione. L’ultima tappa è dedicata alla «fondazione spirituale» della liturgia. Gli atti di culto cristiano per essere davvero tali trascendono la loro delimitazione rituale per investire potentemente l'ethos cristiano (una condotta di vita nuova), la missio cristiana (una testimonianza aperta al mondo) e l'ars cristiana (una cultura della bellezza diffusiva dello splendore della verità).
Una cartina di tornasole particolarmente rivelativa della difficoltà di comporre le prospettive di riflessione degli anni immediatamente post-conciliari con quelle di epoca più recente è indubbiamente la sezione dedicata al battesimo. Sotto il titolo generale di «fede e battesimo» viene riproposto un interessante contributo del 1970 sulla legittimità teologica di battezzare i bambini, che conclude ad alcuni possibili orientamenti pratico-pastorali.
Distinguendo tra la «possibilità teologica fondamentale del battesimo dei bambini» e la prassi di fatto esistente nell'immediato post-concilio (il battesimo dei bambini generalizzato), l'A. apriva a una prassi pastorale differenziata, dove accanto alla forma «tradizionale» era da prevedersi il posticipo del battesimo a un'età più consapevole per meglio salvaguardare la dimensione personale della fede.
Quarant'anni dopo, nella breve appendice sul battesimo dei bambini, l'A prendendo atto dei cambiamenti epocali avvenuti, dichiara: «Oggi sottolineerei in modo più marcato, rispetto a quanto detto sopra, il seguente aspetto: il battesimo dei bambini, o meglio dei bambini nella primissima infanzia, esprime la priorità dell'azione divina e l'antecedenza della grazia di Dio rispetto a ogni azione umana» (162). Non è certo una sconfessione delle riflessioni precedenti, ma un cambiamento di prospettiva teologico-pastorale che porta l'A. a ipotizzare una rimodulazione della prassi ecclesiale, dando maggiore attenzione all'effettiva attivazione di percorsi differenziati di educazione alla fede sia prima sia dopo il battesimo e relativizzando di fatto la questione del momento in cui celebrare il rito sacramentale.
All'interno della sezione eucaritica spicca l'ampia trattazione dell'eucaristia come «sacramento dell'unità» (200-283). Muovendo da un approccio squisitamente liturgico-pastorale, nel quale delinea gli elementi costitutivi della vita eucaristica delle nostre comunità e le questioni urgenti ancora irrisolte, e passando dal recupero di alcune suggestioni bibliche ed ecumeniche, l'A. arriva a formulare una sintesi di teologia eucaristica tutta orientata a porre in evidenza la centralità della relazione Eucaristia-Chiesa: «L'unità della Chiesa è la res, la "cosa", ciò per amore del quale esiste l'eucaristia» (264). In tutto il percorso tracciato la prospettiva ecumenica è continuamente evocata con grande passione, ma anche con estrema lucidità: la meta del cammino ecumenico non è la ricerca del minimo comun denominatore, ma un arricchimento reciproco nella salvaguardia della piena verità del mistero eucaristico. E, tra gli elementi imprescindibili, l'A. pone il carattere sacrificale dell'eucaristia che sta a fondamento del suo carattere conviviale e comunionale.
Stimolante è infine la riflessione teologica e antropologica dei vari contributi che compongono le sezioni relative ai sacramenti della penitenza e del matrimonio. Usando un metodo teologico inclusivo, l'A. procede dal pieno riconoscimento del dato tradizionale, purificato da eventuali incrostazioni storiche, verso una rinnovata ermeneutica dello stesso in vista di un mutamento graduale della prassi pastorale che non rompa in modo traumatico con le forme precedenti.
In conclusione, un volume che merita l'impegno della lettura, anche se bisognerà avere l'avvertenza di collocare sempre i singoli contributi nel loro contesto ecclesiale e culturale originario.
C. Magnoli, in
Teologia 2/2016, 328-330