Non cadere nelle tentazioni di una fede stanca e ripetitiva carica di accidia e pigrizia come quella del giovane monaco che fugge perché non riesce a stare nella sua cella ma è costretto a cercare un altrove. E soprattutto imparare a diventare autentici «testimoni fedeli» della Parola di Dio come lo fu Abramo, Sara e ovviamente Gesù. Sono i suggerimenti che arrivano dal cardinale Walter Kasper, teologo di razza e per tanti anni presidente del Pontificio Consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, espressi nel suo ultimo saggio La gioia del cristiano.
Un libro – come mette in chiaro subito l'autore, classe 1933 – che non ha le "ambizioni", rispetto ad altre suoi illustri e monumentali scritti, di un saggio di teologia sistematica ma vuole essere solo un incitamento di un porporato tedesco a tutti i cristiani a vivere con gioia e senza nostalgie la testimonianza di essere Chiesa oggi. Filo conduttore di questo volume sono ovviamente le grandi passioni teologiche di Kasper – tanti non a caso gli accenni ai pensatori del Novecento che più hanno inciso nella sua formazione, come Karl Rahner, Johann Baptist Metz e Romano Guardini (senza dimenticare l'amato e spesso citato, anche nella sua dimensione mistica, san Tommaso d'Aquino); non è forse un caso che Kasper dedichi queste dense pagine, con costanti riferimenti biblici, alla «scuola cattolica di Tubinga». Singolare in questo libro è sicuramente anche l'omaggio di Kasper a san Giovanni della Croce e alla sua spiritualità, sperimentata e appresa dall'allora giovane teologo nel convento carmelitano di Rottenburg.
Il cardinale indica soprattutto al lettore la strada da imboccare: quella di non abbattersi, farsi prendere da inutili malinconie, ma affidarsi alla forza del Risorto. Egli ricorda in un'autentica confessio cordis et laudis gli anni del suo ministero come vescovo di Rottenburg-Stoccarda e di quanto fu importante il valore dell'incontro, della convivialità come della celebrazione dell'Eucaristia e della condivisione di molti pasti coi fedeli della sua diocesi divenuti spesso per lui nuovi "amici". Fulcro portante di questo libro è proprio la riscoperta dell'amicizia con Gesù. Il cardinale invita a riscoprire i pellegrinaggi, l'importanza della preghiera e a non «peccare contro il comandamento dell'accoglienza».
Traspare da queste pagine tutta la filigrana del Kasper teologo colto e profondo ma soprattutto cattolico (rispetto a chi lo taccia di essere troppo ecumenico e filoprotestante): tanti sono i riferimenti proprio in questo breve saggio all'antica formula e recita del Credo come alla centralità di sentirsi sempre in «comunione con i santi» accanto a Maria (di cui ricorda la devozione di Martin Lutero), la Madre di Gesù. Ma soprattutto l'autore di queste dense pagine propone una ricetta per essere buoni credenti: quella di imparare a pregare per i propri nemici. Egli stesso confida di aver «recitato una breve preghiera» verso chi lo aveva apertamente criticato in questi anni (basti pensare ai tanti attacchi da lui subiti per la sua difesa, anche teologica, del magistero di papa Francesco). Un inno di lode e di gioia, quello di Kasper, per respingere negli scantinati della propria anima ogni risentimento e moto di tristezza, e per riscoprire la dimensione trascendentale (tanto cara a Karl Rahner) di chi si professa cristiano nonostante tutto.
F. Rizzi, in
Avvenire 31 marzo 2019