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Il Risus paschalis e il fondamento teologico del piacere sessuale
Maria Caterina Jacobelli

Il Risus paschalis e il fondamento teologico del piacere sessuale

Prezzo di copertina: Euro 13,00 Prezzo scontato: Euro 12,35
Collana: Nuovi saggi 54
ISBN: 978-88-399-0954-1
Formato: 12 x 20 cm
Pagine: 164 + IV
© 1990, 20185

In breve

Vi sono degli usi rituali del Nord Europa che prevedevano come, durante la liturgia pasquale, il sacerdote suscitasse l’ilarità dei fedeli fischiando, giocando, danzando, dicendo e facendo vere e proprie sconcezze sull'altare. Lo si chiamava risus paschalis. Compiendo una rigorosa analisi antropologico-religiosa, l’autrice dimostra che quegli usi – forse per noi sconcertanti, ma storicamente documentati – sono il segno di un apprezzamento non solo della corporeità umana in generale, ma addirittura del piacere sessuale e della sua dimensione teologica.

Descrizione

Per secoli, nei paesi di lingua tedesca, durante la messa di pasqua il sacerdote suscitava l’ilarità dei fedeli dicendo e facendo vere e proprie sconcezze dall’altare.
Di fronte ad un fenomeno come questo, di vivo interesse per un’analisi sia antropologica che teologica, l’autrice si pone una domanda: è possibile che il risus paschalis fosse segno di una realtà sacra? Segno rimasto a livello popolare, appesantito da condizionamenti culturali, ma pur sempre segno di una realtà vera. La quale, non trovando spazio all’interno della chiesa “colta”, permaneva quasi sotterranea nel popolo di Dio e, come una possente radice che spezza la coltre d’asfalto che la ricopre, faceva spuntare una germoglio vivo e vitale.
Ebbene sì: per Jacobelli quella realtà sacra è il fondamento teologico del piacere, e soprattutto del piacere sessuale.

«Le fragorose, crasse risate che riempivano le chiese della Germania barocca durante la messa di pasqua hanno quindi un senso e un significato che raggiunge le profondità stesse dell’uomo fatto a immagine di Dio».

Recensioni

Il sesso avvicina a Dio. Ma no, non è una provocazione blasfema. Lo dice una teologa di rango, Maria Caterina Jacobelli, e il Vaticano non ci trova nulla da ridire. Ancora: ignorare il corpo equivale a un'offesa dello spirito. Nessun anatema, a pronunciare la frase è padre Carlo Rocchetta, toscano, teologo pure lui. Erotismo, nudismo, corporeità. Fra gli studiosi della fede, da qualche tempo, c' è gran fermento su questi temi. Vanno alle stampe tomi ponderosi destinati a far discutere. Forse capaci di abbattere altri muri tra l'etica laica e quella cattolica.

Il piacere sessuale avvicina al mistero di Dio e perfino a quello insondabile della Trinità, afferma Maria Caterina Jacobelli, 62 anni, una laurea anche in antropologia culturale. La cattolicissima editrice Queriniana ha diffuso il suo ultimo libro intitolato Il risus paschalis e il fondamento teologico del piacere sessuale. Si racconta che nei paesi di lingua tedesca ma anche in Francia e Italia, per quasi mille anni (dall'ottavo secolo all'inizio del nostro), durante la messa di pasqua il sacerdote faceva ridere i fedeli dicendo e facendo vere e proprie sconcezze sull'altare. Era il risus paschalis. Notevoli le prodezze dei predicatori: chi imitava i versi degli animali, chi fingeva di partorire un vitello, chi mimava la masturbazione, altri ancora si denudavano i genitali o recitavano barzellette spinte, per tralasciare cose ancor più oscene, degne di un infame istrione. Anche nelle arti figurative, ricorda la teologa, il sesso e il sacro sono legati. Per esempio nella celebre Madonna del Belvedere, della chiesa di Santa Maria Novella di Gubbio, dove lungo le colonne tortili trovano posto scene di un erotismo impressionante, di una fantasia degna del Kamasutra. Lo stesso accade nel duomo di Trasacco (L'Aquila), i cui portali mostrano organi sessuali sia maschili che femminili. Nel portale di una chiesa di Todi, invece, il fallo di un monaco penetra una monaca. In un monastero spagnolo, da secoli i frati durante la preghiera si poggiano su braccioli che hanno la forma inequivocabile del pene.

Bisogna superare lo sconcerto avverte la teologa e domandarsi: quel riso scatenato dall'oscenità non era, per caso, la manifestazione di una realtà sacra? Jacobelli è convinta che altro non fosse che il fondamento teologico del piacere sessuale. Dunque l'erotismo, che è relazione con gli altri, permette all'uomo, fatto a immagine di Dio, di attingere qualcosa dell'insondabile realtà trinitaria. La conclusione è perentoria: nel godimento sessuale l'uomo sfiora il mistero di Dio, e del resto: Dio non è godimento?

L' indagine è intrigante. Un sano erotismo, però circoscritto alla coppia, non è più oggetto di veti, come prova la Teologia della corporeità, edizioni Camilliane, di padre Carlo Rocchetta. Col suo recupero della fisicità ogni riserva moralista viene bandita. I nudisti non devono più temere la censura cattolica. L'europarlamentare e sacerdote sospeso a divinis Gianni Baget Bozzo osserva come appaia ormai definitivamente archiviata la dottrina agostiniana, che nella concupiscenza vedeva la manifestazione del peccato originale. Caduta la condanna ontologica del sesso, nota Baget Bozzo, resta però la limitazione etica che autorizza il piacere solo all'interno del matrimonio.


In Repubblica.it 29 novembre 1990

Il piacere sessuale avvicina l'uomo a Dio. È la rivoluzionaria tesi del libro Il risus paschalis e il fondamento teologico del piacere sessuale dell'antropologa cattolica Maria Caterina Jacobelli, tesi destinata, inevitabilmente, a far discutere, specialmente all'interno della Chiesa, dove i settori più tradizionalisti hanno parlato di sesso e di piacere sessuale sempre in termini di peccato.

Il libro, frutto di oltre dieci anni di ricerche storico-bibliografiche svolte in tutta Europa, risulta ancora più rivoluzionario perché Maria Caterina Jacobelli, 62 anni, sposata con figli, è anche teologa moralista laureata all'accademia Alfonsiana della Pontificia università Lateranense ed è membro dell'Ati, l'Associazione teologi italiani.

Per la prima volta, il tema del rapporto uomo-donna viene affrontato dalla teologa cattolica in maniera del tutto differente rispetto alla tradizione ufficiale della chiesa, e con una argomentazione storico-teologica completamente liberata dal plurisecolare senso del peccato: il sesso, e il piacere che esso comporta, per Maria Caterina Jacobelli sono una realtà buona e significativa, benedetta dal Dio della creazione e valorizzata al massimo da Gesù Cristo, celibe e casto, ma anche uomo di carne e sentimenti. Punto centrale del libro è la riscoperta storica del Risus paschalis, un'antica tradizione, in auge fino al 1500-1600 in molti paesi europei, specialmente in Germania, dove i fedeli durante il giorno di Pasqua erano soliti compiere non poche stranezze per sottolineare l'allegria per la resurrezione di Gesù. Per meglio suscitare riso e allegria, i sacerdoti del tempo durante le messe pasquali (da qui il Risus paschalis) non esitavano ad abbandonarsi perfino a gesti osceni sull'altare prima e dopo le celebrazioni, o nelle prediche, mimando persino masturbazioni e rapporti sessuali. È possibile, si chiede nel libro l'autrice, che il Risus paschalis fosse segno di una realtà sacra? Una realtà sopravvissuta ai secoli nella cultura popolare anche se contraffatta e segnata dai condizionamenti e dalla fragilità umana?

Le risposte di Maria Caterina Jacobelli sono affermative. Quei gesti erotici sopravvissuti nel Risus paschalis, sono i segni di una realtà sopravvissuta che, ignorata nella gerarchia della Chiesa colta e ufficiale, trovava spazio, invece, nel popolo di Dio, tra la gente semplice, che amava gioire alla sua maniera in attesa della resurrezione di Cristo. All'atto sessuale, si legge nel libro, è legato il piacere più intenso che sia dato (da Dio) all'uomo. Anche in questo piacere c' è l'orma di Dio nella creatura umana. Anche Dio gode, scrive l'autrice, in Lui, purissimo spirito, non ci può essere un godimento fisico, ma questa profonda esplosione di gioia quando ricade nell'uomo ha evidentemente una ridondanza fisica; per cui si può a buon diritto dire che la sessualità, con il piacere che comporta, ha la sua radice ultima in Dio.

Se questo è vero, perché allora Gesù, uomo perfetto anche nella carne è rimasto celibe, si è precluso il piacere sessuale? A questa domanda Maria Caterina Jacobelli risponde, partendo dalla sua esperienza di donna e di madre. Tra amanti, è il suo ragionamento, si sente il bisogno di farsi cibo l'uno dell'altro come via dell'assorbimento totale dell'amato: Se Gesù si fosse sposato, si sarebbe donato ad una sola donna, per un numero limitato di anni, in un luogo circoscritto di questo mondo e in un'epoca determinata; tutto il resto sarebbe rimasto fuori. Ma la forza prorompente dell'amore divino dell'uomo-Gesù non avrebbe potuto accontentarsi: doveva darsi completamente a tutti, in ogni epoca. Prendete e mangiate, questo è il mio corpo per voi, per tutti. Si è fatto cibo. Come ogni amante vorrebbe poter fare.


O. La Rocca, in Repubblica.it 19 gennaio 1991