Grazie all'amicizia del teologo e biblista tedesco Klaus Berger con il pastore e cantautore Clemens Bittlinger, questo testo è un canto, una poesia, sul tema della croce come chiave di accesso all'eternità.
Già nella Prefazione il vescovo Heinrich Bedford-Strohm, presidente del Consiglio della Chiesa evangelica in Germania, pone la croce come segno di riconciliazione. Il primo capitolo, infatti, riprende subito la questione, mai sopita, della presenza della croce nei luoghi pubblici, ritenuta inaccettabile per i seguaci di altre religioni, dimenticando che già molti secoli prima dell'affermazione del cristianesimo esisteva tale raffigurazione coi significati più disparati. Per noi cristiani è il punto focale in ogni chiesa, di ogni liturgia e, anche nella nostra condizione di viatores, spesso nei crocicchi, lungo i nostri sentieri troviamo una croce che ci indica il cammino.
Immagini di quel "Servo sofferente" identificato in Gesù furono, in epoca medievale, il Mandylion (o telo di Edessa) e il Sudario della Veronica. La crocifissione di Cristo di Lucas Cranach favorì, invece, la riflessione teologica di Martin Lutero. Ma la fede, tradotta nell'umano sentire, ha prodotto e produce numerose varietà di croci e ha dato loro altrettanti significati; per tutti la "Croce Rossa", simbolo di soccorso, forse ricordando Col 2,14, dove si capisce che Dio ha "inchiodato" sulla croce ciò che impedisce la nostra salvezza.
Gli autori, con uno scrivere chiaro e comprensibile a tutti, danno succinte risposte a queste domande che ancora sirincorrono: "Chi ha ucciso Gesù?", "Perché Gesù doveva morire?". "Perché i giudici odiavano Gesù" (cf. pp. 34-42); ma subito dopo il discorso si fa leggermente più impegnato, affrontando il tema della morte di Gesù come «espiazione» dei peccati e non solo «solidarietà con i peccatori» (cf. pp. 43-54). Ovviamente, nelle argomentazioni prevale la loro formazione, centrata sul fatto che Dio ha il potere di togliere la colpa: «Secondo Ia Bibbia, la morte di Gesù espia i peccati, li copre, li toglie. Attraverso una mera solidarietà per i peccati non accadrebbe assolutamente alcunché» (p. 46). La morte di Gesù è un segno efficace del perdono dei peccati, non secondo la concezione del "capro espiatorio" ma con il cosciente sacrificio ablativo di se stesso: «Obbediente fino alla morte e a una morte di croce» (FiI2,8).
"Discese agli inferi": qui si trova il vero mistero della morte in croce di Gesù; egli poté discendere nel regno della morte e lì generare un nuovo inizio. Nessuno prima lo aveva fatto, solo Dio può farlo e lo fa in Cristo crocifisso. Per far riflettere e approfondire al lettore quest'evento vengono presentate le stazioni della Via Crucis, corredate di brevi commenti e testi di canti attinenti. Sulla scia di altri autori che hanno commentato la morte di Cristo, anche quivengono proposte e analizzate le "sette parole” di Gesù sulla croce.
La morte e la risurrezione, strettamente connesse tra loro, contraddistinguono la sequela Christi: il discepolo imbocca una "porta stretta", percorre una strada radicale, fatta di rinunce - a volte anche della condivisione della croce -, ma che conduce alla piena comunione con lui; ne sono icona e testimonianza i Dodici, la teologia e la liturgia della nascente comunità.
Berger e Bittlinger usano un linguaggio semplice e scorrevole, per far arrivare la loro riflessione a tutti. Forse, una pur breve bibliografia avrebbe sicuramente fornito, però, ulteriori strumenti per un eventuale ampliamento della tematica dal punto di vista biblico, teologico, magisteriale, spirituale e liturgico. Sarebbe stato anche il caso di valorizzare il testo con più citazioni e una conclusione. Questi rilievi non sviliscono, tuttavia, la bontà del libr,. la cui lettura sicuramente ci offre preziosi stimoli per la fede nel Crocifisso Risorto.
A. Clemente, in
Asprenas 4/2020, 553-554