Nel Vangelo di Luca si racconta che un giorno, mentre Gesù era raccolto in preghiera, un discepolo gli chiese: «Signore, insegnaci a pregare, come anche Giovanni ha insegnato ai suoi discepoli» (Lc 11,1). Cristo li accontenta affidando loro la più diffusa preghiera cristiana, il Padre Nostro. Luca trascrive una versione breve, quella a noi nota è tramandata dal Vangelo di Matteo.
Eppure il Padre Nostro è un celebre sconosciuto, sembra dirci Klaus Berger nell’ultimo dei suoi vendutissimi libri (Gesù è stato un vero best seller). Perché recitare un testo non significa comprenderlo: per arrivare fin qui non c’è bisogno di un teologo esperto come Berger, che ha insegnato a lungo ad Heidelberg. Ma per capirlo forse ce n’è bisogno eccome.
In queste pagine poco teologiche e ben più ermeneutiche, egli ci guida nei misteri del Padre Nostro sulla falsariga del sottotitolo del libro: pregare con il cuore e con la mente. Il suo scritto va bene per i credenti e per chi vuole solo capire l’insegnamento di Gesù. Berger si affida alla guida di Santa Teresa d’Avila: «Sembra che non abbiamo bisogno di altro libro e ci è sufficiente studiare questa preghiera».
Quindi ci guida attraverso una meditazione sulle frasi. Cosa significa «sia santificato il tuo nome»? Cos’è il Regno di Dio? Perché questi ci da il pane quotidiano? Le risposte non sono scontate e, dopo questa lettura, il cristiano “di facciata” potrà recitare il testamento di Gesù con ben altra consapevolezza. Perché pregare, spiega Berger, «rappresenta la risposta degli esseri umani alla parola di Dio». Anche se in questa parola mancano tante cose: Israele, lo Spirito santo, la Chiesa e il battesimo, la croce. In compenso ce ne sono altre.
Pochi sanno, per esempio, che in esso è centrale il problema della teodicea, ossia della presenza del male nel mondo; il Padre nostro è una preghiera esorcistica: «ma liberaci dal male» è la sua ultima invocazione. C’è poi il perdono. Dice infatti Gesù: «Se voi infatti perdonerete agli altri le loro colpe, il Padre vostro che è nei cieli perdonerà anche voi» (Mt 6,14s). Se il battesimo è il primo perdono dei peccati, il cammino del cristiano dev’essere ritmato dal perdono verso il prossimo, anche se macchiato dalla peggior colpa, perché solo così vive la quotidianità della sua fede e può ricevere la misericordia di Dio, altrimenti ricade nello stato precristiano. Questo è solo uno dei tanti chiarimenti di Berger.
Resta da aggiungere che il suo lavoro di esegeta rende questa preghiera accessibile da un punto di vista spirituale, strappandola all’abitudine e all’ignoranza.
In
Il Foglio 6 luglio 2017