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Diacone
Serena Noceti (ed.)

Diacone

Quale ministero per quale chiesa?

Prezzo di copertina: Euro 24,00 Prezzo scontato: Euro 22,80
Collana: Giornale di teologia 399
ISBN: 978-88-399-0899-5
Formato: 12,3 x 19,5 cm
Pagine: 312
© 2017

In breve

La documentazione più qualificata sul tema teologico del momento

Il caso serio di una tradizione interrotta: il diaconato femminile. L’articolato e documentato dossier fa il punto sul dibattito, contribuendovi con apporti di alcuni fra i massimi esperti italiani e internazionali.

Descrizione

Nel 2016 papa Francesco, in risposta a una domanda rivoltagli durante l’Assemblea plenaria delle Superiori generali, costituiva una Commissione di studio sul diaconato femminile.
Il tema di una ordinazione diaconale delle donne è stato oggetto di numerosi studi, di taglio storico e teologico-sistematico, a partire dal Vaticano II. Questo volume vuole contribuire al dibattito in corso, ponendo la domanda sulla possibilità di una (re)istituzione di questa figura ministeriale nell’orizzonte della teologia del ministero ordinato proposta dai documenti dell’ultimo concilio.
Tenendo presente questa prospettiva, che pone l’interpretazione teologica di ogni figura ministeriale in rapporto alla missione e alla vita del soggetto ecclesiale, vengono avvicinate volta per volta le fonti bibliche e le molteplici attestazioni patristiche, in dialogo con quanti – biblisti, storici, teologi, uomini e donne – hanno già studiato il tema delle “donne diacono” negli ultimi cinquant’anni.

Commento

Contributi di: Gilles Routhier (Québec), Cettina Militello (Roma), Marinella Perroni (Roma), Cristina Simonelli (Verona), Giuseppe Laiti (Verona), Moira Scimmi (Milano), Serena Noceti (Firenze), Andrea Grillo (Padova, Roma), Angela Berlis (München), Pius Ramon Tragan (Montserrat).

Recensioni

Il tema di una ordinazione diaconale delle donne è stato oggetto di numerosi studi, di taglio storico e teologico-sistematico, a partire dal Vaticano II. Questo volume vuole contribuire al dibattito in corso, ponendo la domanda sulla possibilità di una (re)istituzione di questa figura ministeriaIe nell'orizzonte della teologia del ministero ordinato proposta dai documenti dell'ultimo Concilio. Vengono avvicinate le fonti bibliche e le molteplici attestazioni patristiche, in dialogo con quanti - biblisti, storici, teologi, uomini e donne - hanno indagato il tema delle "donne diacono" negli ultimi cinquant'anni.


L. Cabbia, in Rogate Ergo 5/2019, 60

Dopo il concilio Vaticano II molti ben noti lavori sono apparsi non solo sulla possibilità di diaconato permanente in generale, ma anche su quella del diaconato permanente delle donne. Se il diaconato permanente maschile ha avuto luogo dal 1972, per quello delle donne sappiamo che il 12 maggio 2016 papa Francesco, sollecitato sull’argomento, ne ha parlato all’udienza con le superiore generali degli ordini religiosi femminili e il 2 agosto 2016 ha istituito una Commissione che studi il ruolo delle donne diacono nella storia, un argomento esaminato anche dalla Commissione Teologica Internazionale nel 2003.

Dopo l’istituzione di tale Commissione, cioè in tempi recenti, svariati altri saggi sono apparsi per discutere, dal punto di vista storico o da quello teologico-sistematico, i vari aspetti della questione. Allora, i saggi del libro qui considerato – Serena Noceti, Diacone. Quale ministero per quale Chiesa?, – fanno meramente parte di un “eccetera”, alla fine di una lista di altri recenti e documentati lavori di autori molto spesso chiaramente esperti del problema?

Si tratta, invece, di ben più che un semplice gruppo ulteriore di saggi: è, piuttosto, una raccolta con una sua peculiare finalità, come evidenziato nella «Introduzione» (pp. 5-23) della curatrice, Serena Noceti. Iniziamo dal titolo, Diacone. Esso fa intenzionalmente riferimento al «fatto che diákonos è il titolo greco più antico, che resta in uso per le donne anche dopo la comparsa – tarda – di diakoníssa» (p. 7 nota 35). Oltre al riferimento all’antichità dell’attribuzione del termine “diákonos” a donne, quanto al sottotitolo del libro, Quale ministero per quale Chiesa?, esso è tutto un programma. Non meramente cercare testimonianze il più antiche possibili dell’esistenza di diacone, o semplicemente interrogarsi in quali casi esse erano ordinate e in quali semplicemente istituite, o notare le differenze delle loro funzioni in Oriente e in Occidente e le vicende storiche della loro scomparsa. Piuttosto, si vuole riflettere sul valore delle donne diacono, oggi, cioè su “quale ministero?”, a valle dell’insegnamento del concilio Vaticano II sul ministero ordinato; si tiene presente Lumen gentium 29 (pp. 13, 206) e la distinzione del diaconato rispetto al presbiterato e all’episcopato, ulteriormente ribadita con due interventi, nel 1998 da parte di Giovanni Paolo II e nel 2009 da parte di Benedetto XVI (p. 20 nota 217). In particolare, si vuole ragionare criticamente sulla possibilità delle donne diacono, oggi, all’interno della riflessione sulla «“Chiesa in riforma”» (p. 12), cioè su “per quale Chiesa?”; questo vuol dire anche collocare tale riflessione all’interno del dibattito sul ministero ordinato femminile (p. 8) e sul ministero ordinato in generale (pp. 13, 168), una collocazione che è essenziale per superare il modello tridentino di Chiesa da cui deriva la concezione sacerdotale del ministero (p. 18).

Dopo l’«Introduzione» della curatrice, i vari saggi sono ordinati in quattro parti (rispettivamente pp. 25-139, 141-178, 179-265, 267-288). Seguono i suggerimenti bibliografici (pp. 289-296), suddivisi per tematiche: donne diacono nella Chiesa dei primi secoli, la riflessione teologico-sistematica su donne e diaconato, apporti dal dialogo ecumenico su donne e diaconato, concilio Vaticano II e riflessione post-conciliare su teologia del diaconato. Di questo libro vale certo la pena seguire passo passo le differenziate argomentazioni.

[…]

Concludendo, questi saggi, con i loro numerosi stimolanti argomenti – molti trasversalmente presenti, anche in modo differenziato, riguardanti “quale ministero?” e “per quale Chiesa?” e che sollecitano alla riflessione –, presentano globalmente una visione di bellezza ecclesiale, esprimibile nella forma “non ..., ma ...”. Tenendo presente che l’unico sacerdote, sommo sacerdote, è il Signore Gesù; che il modo in cui Gesù è Capo consiste nel fatto che egli, Signore e Maestro, si è fatto Servo di tutti; e che siamo invitati a «riconoscere ciò che lo Spirito ha seminato negli altri come un dono anche per noi»; allora, non un presbiterato e un episcopato con una destinazione implicante l’esclusione del diaconato; ma un popolo, chiamato tutto dallo Spirito alla sequela del Signore Gesù, nel servizio reciproco, vissuto dal Signore e da lui voluto per tutti come espressione di amore reciproco e di reciproca autodonazione; all’interno di tale popolo, di tale comunità ecclesiale sinodalmente inclusiva, alcuni – uomini e donne – chiamati dallo Spirito al diaconato, per un ministero ordinato di servizio – in nomine Christi Servi = Capitis – per la liturgia, l’evangelizzazione e la carità, in forme che si accordino alle esigenze locali, in vista del bene di tutti; all’interno del gruppo di tali diaconi, alcuni chiamati dallo Spirito al presbiterato, per una forma dello stesso ministero ordinato di servizio – in nomine Christi Servi = Capitis – anche per l’eucaristia e la riconciliazione, in vista del bene di tutti; all’interno del gruppo di tali presbiteri, alcuni chiamati dallo Spirito all’episcopato, per una forma piena dello stesso ministero ordinato di servizio – in nomine Christi Servi = Capitis – anche per la guida, la presidenza e la costituzione di tutte le forme di ministero ordinato, in vista del bene di tutti.


C. Taddei Ferretti, in Rassegna di Teologia 4/2018, 657-668

A partire dal concilio Vaticano II il tema del diaconato è indubbiamente uno di quelli più studiati sia dalla teologia come anche dal magistero. È uno dei capitoli della più ampia discussione che interessa il tema del ministero ordinato e sul quale ancora si studia e si continuerà a discutere per molto tempo. All'interno di queste discussioni si colloca anche l'emergenza della questione specifica del diaconato femminile, sulla quale si interroga e riflette il volume curato da Serena Noceti, che raccoglie, riordinandole in un quadro organico, alcune relazioni presentate (in forma più sintetica) in occasione della giornata di studio su «Donne diacono. Un ministero im/possibile?», tenutasi a Vicenza il 29 ottobre 2016.

L’introduzione (Donne diacono: fare teologia nella traditio) di S. Noceti (pp. 5-23), con la chiarezza e la parrhesia che la contraddistingue, presenta lo stile dei lavori, la complessità delle questioni investite, la prospettiva della ricerca e i suoi guadagni in termini di consapevolezza che il diaconato femminile è «un ministero possibile e necessario per una chiesa in riforma» (pp. 17 -21). Anche papa Francesco ha «promesso» di promuovere uno studio sul diaconato femminile nella chiesa (primitiva), ricalibrando i parametri di una discussione che aveva avuto una categorica chiusura nella risposta negativa espressa da Giovanni Paolo II nell'Ordinatio sacerdotalis del 1994. A suo tempo ne parlò anche il card. Carlo M. Martini, ma in termini possibilistici.

È qui che si colloca l'importanza di questo volume capace di proporre non solo una sintesi appropriata della questione, ma di incoraggiare la riflessione sul terreno buono del Vaticano II (cf. i contributi di G. Routhier, S. Noceti, A. Grillo, C. Militello), delle fonti bibliche (cf. M. Perroni, P.-R. Tragan), di quelle della tradizione (cf. C. Simonelli, G. Laiti, M. Scimmi) con un confronto ecumenico (cf. A. Berlis). Sono riflessioni importanti che dicono come non sia possibile chiudere sbrigativamente la problematica: diacone sì, diacone no, come spesso si legge in giro. Vanno messi in fila, invece, i capi della trama su cui s'intesse la discussione (aiutano in tal senso gli ottimi Suggerimenti bibliografici, pp. 289-296).

In prima battuta, il diaconato viene ordinato non al grado del sacerdozio ma nell'ambito del ministero. Già su questo punto i problemi si fanno complessi e assai dibattuti sia se ci si colloca sul versante del primo grado del ministero ordinato (riservato ai soli maschi, sia pur uxorati), sia se si resta sul versante tipicamente «ministeriale», quello che alle origini espletavano (non solo) i diaconi e le diaconesse (queste in gran parte testificate, anche come gruppo, nelle chiese orientali). E poi l'interrogativo sui loro ruoli nella gerarchia ecclesiastica: solo ausiliari, assistenziali e organizzativi?

Il percorso storico-biblico (cf. la sintesi acquisita dalla Commissione teologica internazionale nel 2003 nel documento Il diaconato. Evoluzioni e prospettive) non basta di certo da solo a rispondere alla domanda posta in questo volume sulla possibilità di (re)istituire oggi la figura della «diacona». Occorre anche interrogare la teologia specifica del ministero ordinato, al maschile come anche al femminile, «in supporto alla missione e alla vita del soggetto ecclesiale». Infatti, il loro significato di un tempo non è, e non può essere, lo stesso oggi. In questa direzione, sempre in estrema sintesi, vanno indubbiamente accolti anche i «segni dei tempi» (pena l'insensatezza del discorrere) che sollecitano l'ascolto di una prassi pastorale in radicale evoluzione (crisi) e i mutati orizzonti socio-culturali contemporanei, in particolare quelli che «investono le donne e i modelli di relazione uomo-donna» (p. 7). Come rispondere?

Con una re-istituzione del diaconato femminile (come «ministero istituito» o ordinato analogo a quello maschile?) oppure mediante una nuova istituzione inedita? Il volume che presentiamo non si limita a compiere un'ordinata rassegna dello status quaestionis, ma entra in medias res radicando il concerto dei vari contributi sul terreno buono del Vaticano II sia sul versante epistemologico (cf. la magistrale strutturazione dell'opera, pp. 303-307) che su quello formale, facendo del tema del «diaconato femminile» un/il cantiere aperto di una chiesa in riforma capace di «interrogare in profondità il cambiamento possibile e necessario oggi» (p. 16).

È probabile che la complessità della questione non sia legata tanto al calibro delle riflessioni teologiche implicate, ma alla pertinace incapacità odierna di osare in teologia (e non solo); deriva cheta di una responsabilità «difficile» del pensiero nei confronti del presente ecclesiale. È qui che trovano origine le facili (e accomodanti) scorciatoie anche sulle «diacone» quando troppo sbrigativamente si parla di «istituire» figure ministeriali diaconali. Perché estenuare il diaconato in sé? Invece, «si ritiene necessario e possibile pensare al diaconato come ministero ordinato, assunto ed esercitato da donne» (p. 20). Un pensiero strano? Sbucano le domande: è forse per questo che il dibattito ecclesiale sul diaconato femminile per i più è scomodo e per altri molesto? Qual è la posta in gioco?

Terminata la lettura del libro non è facile sorvolare sulla sensazione che tutta la problematica (sia in antico, lungo la storia e soprattutto oggi) abbia una profonda radice culturale (più che biblico-teologica) là dove irrisolto è ancora il rapporto diseguale tra uomini e donne. Ecco perché è bene ricordare che «non va ascritta quindi la domanda sul diaconato femminile alla logica di una rivendicazione di poteri o di diritti, come taluni fanno, ma va collocata come snodo qualificante nel quadro della riflessione complessiva sulla soggettualità di tutti nella chiesa e sulle dinamiche di parola e servizio che edificano la chiesa» (p. 22).


D. Passarin, CredereOggi 227 (5/2018) 151-153

Fin dal titolo la domanda presenta le coordinate entro le quali l'opera intende collocarsi: ministero e chiesa. Da un lato propone una riflessione attorno alla pertinenza del ministero diaconale femminile nella Chiesa cattolica romana, dall'altro ragiona attorno all'ecclesiologia di quest'ultima e delle sue articolazioni in ambito ministeriale. Come viene puntualizzato nell'introduzione, la questione del ministero porta con sé la necessaria attenzione alle dinamiche della vita ecclesiale, riplasmando la forma e il servizio del «Noi ecclesiale» e ripensando le forme della soggettualità ministeriale.

L’interesse primo dell'opera è il confronto con una tradizione ricca per poterne cogliere l'eredità in un'ottica di novità e di ristrutturazione del pensiero ministeriale. «Non va ascritta la domanda sul diaconato femminile alla logica di una rivendicazione di poteri e di diritti, ma va collocata come snodo qualificante nel quadro della riflessione complessiva sulla soggettualità di tutti nella chiesa e sulle dinamiche di parola e di servizio che edificano la chiesa».

Questo lavoro a più voci viene ripartito secondo quattro parti tematicamente distinte. Nella prima viene svolto un confronto sul tema del ministero e del sacerdozio alla luce del Concilio Vaticano II, identificato storicamente come momento di novità e apertura all'interno della chiesa. Un excursus che non solo lascia spazio alle elaborazioni teologiche, ma anche a riflessioni di attualità legate alla questione del gender e all'interrogativo sulla reale integrazione dei fedeli nel sacerdozio cristiano. Nella seconda parte, invece, alla luce di alcuni scritti neotestamentari, si cerca di tracciare una panoramica delle differenti sfumature che il concetto di ministero ha assunto nel tempo e che si è fissato, nella sua molteplicità di significati, fra le pagine del nostro canone biblico. La terza parte - forse la più importante - cerca un confronto con la traditio della chiesa, facendone emergere non solo le criticità, ma soprattutto gli snodi se non favorevoli all'istituzione del diaconato femminile, per lo meno che attestano la presenza di un servizio femminile all'interno della chiesa. La difficoltà è di sganciarsi da alcune considerazioni emerse nel corso del tempo nell'ambito istituzionale, e riuscire a portare alla luce quelle voci deboli che riconoscevano la pertinenza del servizio femminile nelle sue varie articolazioni come parte del corpo-chiesa di Cristo. L’ultima parte dell'opera si concentra su un confronto ecumenico del ruolo diaconale con particolare interesse per la situazione delle chiese vetero-cattoliche dell'Unione di Utrecht, ripercorrendone la storia e le elaborazioni teologiche e sacerdotali.

Resta assente un confronto con quello che potremmo definire il panorama protestante mondiale, all'interno del quale non solo si è sviluppato un diaconato femminile, ma altri ministeri sono stati aperti alle donne. Questo elemento, da un lato fa riflettere sull'impatto del mondo protestante su quello cattolico e allo stesso tempo spinge a una riflessione sul ministero all'interno del mondo protestante stesso.

La grande varietà di tematiche affrontate dagli autori del volume fa emergere la pertinenza della domanda con cui il libro si apre e soprattutto dice come l'evoluzione ministeriale debba necessariamente essere ancorata a una evoluzione della chiesa intesa come comunità di credenti, e viceversa. L’elemento centrale sta in questo bisogno di riflettere sulla partecipazione di ogni credente all'interno della chiesa e la possibilità che questa soggettualità ritrovi una forma corrispondente. Alla riflessione ministeriale corrisponde una riflessione ecclesiale, tanto nel mondo cattolico come in quello protestante. E l'ipotesi di un'apertura del diaconato alle donne comporta un pensare globale e necessario per dare voce a uno dei soggetti più a lungo silenziati della storia, che nonostante questa mutilazione non ha smesso di servire e operare all'ombra della società patriarcale e delle decisioni androcentriche. Il difficile confronto con la tradizione e con eredità passate non rende tuttavia insormontabile il dibattito. Al contrario dovrebbe, come emerge dal libro tutto, stimolarlo e incalzarlo proprio per rianalizzare le nuove forme di chiesa nella prospettiva della società odierna, senza abbandonare la pertinenza del passato, poiché «nella traditio sono connaturali memoria e profezia», ed è questa tensione che ci spinge a cercare di definire un ministero che renda a tutte le membra del corpo la loro parte in base alla loro vocazione.


G. Bertin, in Protestantesimo 73 (2-3/2018) 217-219

«Cosa impedisce alla chiesa di includere le donne tra i diaconi permanenti, proprio come è successo nella chiesa primitiva?». Questa domanda, formulata durante l’udienza con le superiore generali degli ordini femminili (Uisg) del 12 maggio 2016, ha avuto diverse conseguenze. Papa Francesco aveva risposto manifestando il proprio interesse e l’intenzione di costituire una apposita commissione di studio (proposito realizzato il 2 agosto 2016). A questo esito, di carattere istituzionale, si è affiancata una vivace ripresa della riflessione teologica sul diaconato femminile: non si tratta di un tema nuovo (gli studi che si sono susseguiti negli ultimi decenni sono molto numerosi e approfonditi), tale ripresa indica piuttosto un clima ecclesiale nuovo, una più favorevole e diffusa accoglienza della possibilità che le donne siano ammesse al diaconato, «segnale di una crescente consapevolezza di come sia strategica la questione femminile per il futuro della chiesa» (p. 6).

In questo contesto si inserisce pienamente il saggio in esame, interessante non solo per il tema trattato, ma anche perché è frutto di una giornata di studio dedicata a Donne diacono. Un ministero im/possibile?, organizzata da Pia Società S. Gaetano, Coordinamento teologhe italiane, Associazione “Presenza donna”, Comunità del diaconato in Italia (Vicenza, 29 ottobre 2016). Non si è trattato di un caso isolato, la ricerca è proseguita con una seconda giornata su Diaconato e diaconia. Per essere corresponsabili nella chiesa, con i medesimi soggetti promotori, la collaborazione della Diocesi di Vicenza e un ulteriore ampliamento degli orizzonti di riflessione (28 ottobre 2017).

Il saggio si sviluppa attraverso quattro aree tematiche: si apre Nell’orizzonte del Vaticano II, risale Ad fontes, riflette Nella traditio, conduce a Un confronto ecumenico. Vi sono raccolti i contributi dei relatori alla prima giornata di studio: Serena Noceti (curatrice), Gilles Routhier, Andrea Grillo, Cettina Militello, Marinella Perroni, Pius-Ramon Tragan, Cristina Simonelli, Giuseppe Laiti, Moira Scimmi, Angela Berlis. Nell’ampia introduzione Noceti traccia le coordinate del lavoro: «Si è voluto pensare le “donne diacono” oggi, nel quadro dell’interpretazione del ministero ordinato data dal concilio Vaticano II, quale atto di “teologia nella traditio” e apporto del pensiero critico per una “chiesa in riforma”» (p. 12).

Senza la pretesa di offrire risposte esaustive, l’opera si propone come esercizio di ascolto: ciascun autore si è mosso con originalità, nel proprio ambito di specializzazione, cercando di indicare alcuni passaggi possibili, sottolineare punti fermi, approfondire categorie linguistiche e concettuali, inserendosi in un cammino di ricerca aperto, che si inquadra nel processo di riforma della chiesa e vede nella questione del ministero e dei ministeri un punto cruciale.

In apertura Routhier consente di tracciare il primo, importante ‘punto fermo’ dell’analisi. Ponendosi in dialogo con i testi del Vaticano II, egli approfondisce la dialettica tra restaurazione e progresso, ossia tra due necessità: rispettare la tradizione e adattare l’agire ecclesiale alle esigenze dell’epoca contemporanea. In questa dialettica si muove anche la riflessione sui ministeri: «Se l’istituzione dei ministeri è de iure divino, questo diritto divino non esiste allo stato puro e al di fuori della storia». In questo ambito, come in altri, la chiesa ha sempre esercitato la propria autorità e libertà; ne consegue che non basta il ricordo e il ricorso alle forme del passato «per delineare la figura di un ministero diaconale che potremmo riconoscere alle donne cristiane oggi» (p. 46). Viene invece richiesta un’accurata investigazione non solo teologica e storica, ma anche (e forse primariamente) pastorale, adatta ai diversi contesti ecclesiali e culturali: questo implicherà una seria azione di discernimento da parte delle conferenze episcopali e l’esercizio dell’autorità dei vescovi diocesani.

Sempre nella prospettiva del Vaticano II, il contributo di Noceti offre una sintetica e preziosa ricostruzione del percorso intorno al dibattito sulla reintroduzione del diaconato permanente, orizzonte essenziale per porre, oggi, la domanda sul diaconato alle donne. Anche Noceti sottolinea come non sia possibile sviluppare tale domanda semplicemente cercando di replicare il passato, ma come occorra «lasciare spazi per il generarsi di una figura nuova rispondente alle esigenze e ai bisogni della chiesa contemporanea» (p. 71): si tratta quindi di pensare non a un ripristino, ma a una «“re-istituzione”, nel quadro della teologia del ministero ordinato affidataci dal Concilio». Tale teologia delinea una comprensione ecclesiologico-pneumatologica del ministero, nella quale i diaconi «custodiscono il legame tra il vangelo e l’esistenza da vivere nell’amore e nel servizio», ossia testimoniano e promuovono la diaconia in tutti i membri della comunità (pp. 73-80).

Molti altri sono i temi toccati: il contributo di Grillo propone, tra l’altro, una parola sulla provocazione che il diacono uxorato rappresenta per la comprensione del rapporto tra ministero ordinato e matrimonio; la riflessione di Militello delinea un riassetto della chiesa locale che ripensi i ministeri secondo criteri diversi dagli attuali e sottolinea la centralità del carattere sinodale della chiesa.

Affermare che l’appello al passato non sia sufficiente per sostenere, oggi, l’introduzione del diaconato femminile, non esime dall’approfondire che cosa tale passato possa offrire come punto fermo al presente. A questo tentativo risponde il contributo di Perroni e Tragan, che avvicina lo sviluppo della diaconia dal Nuovo Testamento fino alle chiese di Efeso; Simonelli, Laiti e Scimmi si muovono invece nell’ambito delle attestazioni della tradizione successiva, a partire da una riflessione di stampo ermeneutico e simbolico-sociale, per approdare al confronto con i testi patristici. Nella complessità del quadro storico indagato, si riconosce come l’esperienza passata, pur non rappresentando una sorta di ‘ricetta’ per il presente, offra degli elementi favorevoli all’avvio di nuovi processi nei quali, anche attraverso il ridisegnarsi dei ruoli, prenda sempre piú corpo l’espressione della pari dignità dell’uomo e della donna nella chiesa.

La ricerca si conclude con un confronto ecumenico, affidato alla teologa svizzera Berlis, che dischiude la prospettiva sulla prassi delle chiese vetero-cattoliche. Si tratta però di una conclusione aperta: il saggio si mostra prezioso per l’ampiezza delle prospettive offerte nell’apprezzabile sintesi dei contributi, ma le numerose questioni che delinea, con le domande che solleva, rappresentano sia una provocazione al prosieguo della ricerca che un ottimo presupposto perché il testo con gli atti della seconda giornata, che speriamo sia in programma, venga accolto con il medesimo favore.


A. Steccanella, in Studia Patavina 65 (1/2018), 145-148

La domanda del sottotitolo è la chiave di lettura di questo volume. Il tema della possibile reintroduzione del diaconato femminile, invece che alimentare pruriginose chiacchiere da sacrestia o velleitarie, sterili esaltazioni del genio femminile, è piuttosto un invito di straordinario significato teologico per arricchire una riflessione complessiva sul significato del ministero, sul ruolo delle donne dentro la comunità dei credenti e sulla stessa Chiesa di oggi, specialmente dopo che papa Francesco, in risposta a una domanda delle superiore degli istituti religiosi femminili, ha istituito una commissione che studi a fondo la questione. Per rispondere all'invito a discuterne occorrono perciò coraggio e lungimiranza, autentica parresìa. Queste qualità non mancano alla curatrice e agli autori di questo libro.

Esso segna un vero e proprio punto fermo nel dibattito attuale, anche grazie ad un solido supporto bibliografico accuratamente segnalato, che rappresenta una bussola preziosa per orientarvisi. La figura ministeriale delle donne diacone viene valutata con precisione e ricchezza di argomentazioni nell'orizzonte della teologia del ministero ordinato proposta dai documenti del Concilio Vaticano II e alla luce dell'emersione della questione femminile oggi in atto dentro la Chiesa, sempre però in prospettiva storica, coinvolgendo le voci di quanti hanno dedicato al tema i loro studi biblici e patristici.

La prima parte del libro raccoglie i contributi di Gilles Routhier, Serena Noceti, Andrea Grillo, Cettina Militello e ripercorre attentamente i sentieri tracciati dal Concilio, i bivi e le interruzioni che essi hanno conosciuto ma soprattutto l'opportunità di aprirne di nuovi. Nella seconda parte si risale invece alle fonti della Tradizione sulla presenza e sulle funzioni delle diacone nella Chiesa dei primi secoli, con i testi di Marinella Perroni insieme a Pius-Ramon Tragan, Cristina Simonelli, Giuseppe Laiti, Moira Scimmi. Chiude Angela Berlis con uno sguardo alle prospettive ecumeniche e all'esperienza diaconale femminile presente nelle chiese vetero-cattoliche dell'Unione di Utrecht.

Un libro, dunque, di teologia. Ma di quella soda e bella, che scava nei problemi senza aggirarli, che si incarica di trovare con competenza soluzioni nuove dentro i problemi e le tensioni dell'oggi senza fermarsi alla citazione dell'ieri, che sa offrire molteplici motivi per ripensare la ministerialità della Chiesa tutta, di uomini e di donne.


T. Torresi, in Rocca 10/2018, 61

Il volume offre se stesso così: «Questo volume non vuole limitarsi a presentare lo status quaestionis, a prospettare i differenti filoni di ricerca, a riprendere e sintetizzare i molti contributi pubblicati nel corso degli ultimi decenni, per ricostruire il quadro complessivo del dibattito. Ci si propone di entrare in dialogo - proprio a partire da quanto già emerso e dibattuto - con le posizioni dei diversi autori, per affrontare le domande aperte […] a partire da una precisa collocazione e con una dichiarata prospettiva. Si è voluto pensare le “donne diacono”oggi, nel quadro dell’interpretazione del ministero ordinato data dal concilio Vaticano II, quale atto di “teologia nella traditio” e apporto del pensiero critico per una “chiesa in riforma”» (12).

E d’altra parte già il titolo stesso denuncia (con il solo fatto di connettere la questione delle diacone alla domanda di quale ministero per quale chiesa) l’ipotesi assunta, e cioè che il tipo di configurazione ecclesiale e le figure ministeriali sono considerate variabili tra loro interdipendenti, in una chiesa guardata come soggetto storico in divenire. Anche nella strutturazione dei temi e nell’organizzazione dell’indice, il libro rispetta con chiarezza la propria logica: quattro parti (Nell’orizzonte del Vaticano II, Ad fontes, Nella traditio, Un confronto ecumenico) che esaminano rispettivamente l’apporto del Vaticano II e della sua recezione (prima parte), il fondamento scritturistico (seconda parte), la rilettura delle fonti antiche (terza parte), il confronto ecumenico (quarta parte), con trattazioni specifiche sulle donne diacono sempre collocate nel più vasto quadro della riflessione sul ministero ordinato e sul servizio ecclesiale e in cui la lettura delle fonti è sempre delineata anche attraverso l’influsso della cultura e delle categorie antropologiche. Un approccio volutamente e, in un qualche senso, compiutamente interdisciplinare. In particolar modo, i tre capitoli (6; 7; 8) sulla rilettura delle fonti antiche si segnalano per acutezza di lettura, precisione metodologica e larghezza di quadro davvero preziosi, come modello di studio delle fonti, oltre che per le acquisizioni specifiche sul tema.

Se un limite (assai comprensibile per altro) si può forse indicare è una certa non omogeneità tra le parti, come numero e tipo dei contributi. In particolare utile sarebbe stato avere un più ampio confronto ecumenico, dove l’unica voce invece è quella di Angela Berlis, vetero-cattolica dell’Unione di Utrecht (anche se questa unica voce non è un caso generico quanto al tema del ministero, trattandosi di vetero-cattolici).

L’impresa e l’ipotesi proposte sono di alto profilo, specie per un tema che sta in un dibattito aperto, e quindi sempre a rischio di letture ideologiche e/o riduttive. Ci pare di poter dire che il testo finale si mostra all’altezza della sfida raccolta, per qualità dei contenuti, per equilibrio metodologico e per prospettive aperte, un libro utile e ricco.

Vorremmo però soprattutto sottolineare un aspetto di questo valore, anche in ragione della sezione in cui questa recensione è presentata, aspetto che è consapevole negli autori (è citato nella introduzione) e che risulta trasversale e implicito, quanto ai contributi (ed è assolutamente giusto che sia così). Gli autori sono autori e autrici, uomini e donne teologi e teologhe, storici e storiche che si pongono di fronte ad un novum che sollecita la ricerca: la condizione delle donne e a loro autocoscienza e definizione di sé che sono profondamente mutate nel corso degli ultimi decenni. «Il Vaticano II, pur affrontando in modo limitato la tematica femminile, ha garantito i presupposti del riconoscimento di soggettualità ecclesiale sulla base del battesimo, ha permesso la fioritura di una diffusa ministerialità di fatto delle donne e reso possibile l’inedito di una loro parola teologica, competente e significativa, fattori che hanno contribuito non poco alla recezione del Vaticano II e che hanno segnato in profondità il volto della chiesa del post-concilio. Con questa realtà impensata fino a un secolo fa oggi ci confrontiamo» (18-19). Senza polemica, ma con grande fiducia nelle possibilità della vicenda cristiana di essere all’altezza della storia che vive, si chiedono come l’autocomprensione dell’esperienza ecclesiale e delle proprie forme e istituzioni può imparare dal nuovo e ridire se stessa. «Perché alla traditio sono connaturali la memoria e la profezia» (23).


S. Morra, in Gregorianum vol. 99 (2/2018) 428-429

Two new books in Italian join the expanding conversation about women in the diaconate, one a collection of academic essays, the other a more accessible, general book.

Both Donne Diacono? and Diacone are in response to Pope Francis' May 2016 announcement and August 2016 appointment of the Papal Commission for the Study of the Diaconate of Women. The books' titles belie their views. Women Deacons? and Deacons seem innocuous enough in English, but their matching linguistic subtexts present the view that women deacons are just that. Some argue that women ordained as deacons belonged to a separate order of "diaconesse," but each title employs a feminine form of deacon.

Modern discussion about female deacons has met with predictable ends ever since French Oratorian Fr. Jean Morin (1591-1659) argued in the 17th century that liturgies for women deacons met Council of Trent criteria for sacramental ordination. Since then, some writers agree, some do not.

A renewed interest in discussing women deacons followed the close of the Second Vatican Council and Pope Paul VI's restoration of the diaconate as a permanent grade of order. Paul VI asked a liturgical scholar and member of the International Theological Commission, Camaldolese Benedictine Fr. Cipriano Vagaggini, about women ordained as deacons. In a detailed essay, Vagaggini said yes, women were sacramentally ordained. His essay (in Italian) never saw the light of day as an official Vatican document, but it appeared in a small academic journal.

In 1972, Belgian Msgr. Roger Gryson, a patristics scholar at the Catholic University of Louvain, presented Le ministère des femmes dans l'Eglise ancienne (The Ministry of Women in the Early Church), to which French Bishop Aimé-Georges Martimort, a liturgist who participated in Vatican II, responded negatively. In 1982, Martimort published Les Diaconesses: Essai historique (Deaconesses: An Historical Study).

Other scholars weighed in, typically in one or another direction: If women were sacramentally ordained, then they can be so ordained again, or women were never sacramentally ordained and besides, women cannot sacramentally image Christ. There the lines remain drawn. Francis has renewed the discussion.

In Diacone, Serena Noceti, vice president of the Italian Theological Association and professor of theology in Florence, presents collected papers from a conference of the Coordinamento Theologhe Italiane — roughly, the Congress of Female Italian Theologians — held in Venice in October 2016.

The book's complete title, Diacone: Quale ministero per quale Chiesa?, asks about women deacons: "Which ministry for which Church?" The conference papers are organized according to four areas of discussion: Vatican II's restoration of the diaconate (Gilles Routhier, Serena Noceti, Andrea Grillo, Cettina Militello); biblical sources of women serving as deacons (Marinella Perroni and Pius-Ramon Tragan); women deacons in the tradition of the church (Christina Simonelli, Giuseppe Laiti, Moira Scimmi); and a contemporary ecumenical example of the diaconate of women (Angela Berlis).

The result of the discussion is a clearer understanding of the problem. The question of restoring women to the diaconate is one of ecclesiology. The early church quite obviously included women deacons, and they were ordained to that office. The combined essays suggest a functional ecclesiology. As Routhier, a professor at Laval University in Quebec, writes: "In the final analysis, the necessary question is: 'What ministry does the Church need today to ensure adequate and culturally significant pastoral care in some regions of the world?' "

That said, the problem, or non-problem of the medieval cursus honorum (the "course of honor") needs be addressed. Does diaconal ordination automatically imply eligibility for priesthood? In her essay, Militello, who teaches in Rome at the Pontificia Facoltà Teologica "Marianum," answers the question simply: The diaconate is not the priesthood. As Berlis, a historian on the theology faculty of the University of Bern, Switzerland, points out, the diaconate is not a makeshift office for women who feel called to priesthood.

Each of the conference papers comes from deep thought about the place of women in the church and in society. While the papers may never be translated to English, it is important to know that this conference occurred and its published papers are being read wherever Italian is known.

Two of the Venice conference participants, Simonelli and Scimmi, prepared an instant response to the creation of the papal commission. The book's title is telling: Donne Diacono?: La posta in gioco (Women Deacons?: What is at stake). Simonelli teaches patristics in Verona and is on the Milan seminary faculty. Scimmi's lifelong diaconal service has been in various Milanese parishes and, more recently, in Casa della Carità di Milano. Her 2004 doctoral thesis is perhaps the most significant contemporary academic writing in Italian about women in the diaconate. Both authors know full well what is at stake.

Their book's logic starts with the conclusions of the 2002 International Theological Commission document, a result of 10 years' work overseen and managed by then-prefect of the Congregation for the Doctrine of the Faith, Cardinal Joseph Ratzinger: "It pertains to the ministry of discernment, which the Lord has established in his Church, to pronounce authoritatively on the question" of women deacons. That is: the topic is open for discussion.

In her opening essay, Simonelli recalls the proposal of German Cardinal Walter Kasper, retired president of the Pontifical Council for Promoting Christian Unity, who once suggested creation of a non-ordained "office" of deaconess, able to minister liturgically and through charity, but who would not be sacramentally ordained. The proposal's undercurrent: While women can minister, only men can officially have "leadership," and only men can image Christ. Simonelli asks, how do we think about what is masculine and feminine? The distinctions and questions regarding priesthood and ministry, and the fact of ordained persons acting and being in persona Christi, make discussing the topic a common task of all who belong to the church.

In the second part of Donne Diacono? Scimmi writes about the history of women deacons, which varies apparently always in response to local church needs. She presents the history of women in the diaconate from the first through the seventh centuries, using historical sources to enlighten the past, and review the current debate. She closes with the ordination rite for a woman deacon recorded in the Apostolic Constitutions, which instructs the bishop, in the presence of the presbyters, male and female deacons, to lay hands on the candidate and invoke the Holy Spirit's blessing, "so that she may worthily complete the work entrusted to her."

The basic question: How will the church bring the word, the liturgy and charity to the people of God? If the answer is ordaining women as deacons, these works together present an understanding that the church could return to its tradition without troubling any teaching about priesthood.


Ph. Zagano, in National Catholic Reporter 18 aprile 2018

Il tema di una ordinazione diaconale delle donne è stato oggetto di numerosi studi a partire dal Vaticano II. Questo volume vuole contribuire al dibattito in corso, ponendo la domanda sulla possibilità di una (re)istituzione di questa figura ministeriale nell'orizzonte della teologia del ministero ordinato. Tenendo presente questa prospettiva, che pone l'interpretazione teologica di ogni figura ministeriale in rapporto alla missione e alla vita ecclesiale, vengono avvicinate volta per volta le fonti bibliche e le molteplici attestazioni patristiche, in dialogo con quanti - biblisti, storici, teologi, uomini e donne - hanno già studiato il tema delle "donne diacono" negli ultimi cinquant'anni.
Missionarie dell’Immacolata n. 2/2018

Serena Noceti, profesora ordinaria de teología sistemática en el instituto Superior de Ciencias Religiosas de Florencia, socia fundadora del "Coordinamento" de Teólogas Cristianas (CTI) y Vicepresidenta de la Asociación Teologica Italiana (ATI); colabora en varios libros sobre eclesiología, el Concilio Vaticano II, reforma y reformas de la Iglesia (cfr. biografía y publicaciones en p. 299). Presenta y coordina el libro que recensiono: Diaconas: Qué ministerio para qué Iglesia?, editado por la conocida editorial italiana Queriniana y escrito por diez conocidos historiadores y teólogos italianos (cfr. biografías 297-302).

El 9 de febrero del 2017 el Papa Francisco pedía a los escritores y colaboradores de la revista La Civiltà Cattolica, asumir un pensamiento marcado por "la inguietud, la imperfección y la imaginación" (p. 5). Ya anteriormente, el 12 de mayo de 2016, el Papa había anunciado "la constitución de una comisión de estudio sobre el diaconado femenino" (p. 6). Y la reacción pública europea y norteamericana ha ido manifestando "una conciencia creciente de hasta qué punto sea estratégica la cuestión femenina para el futuro de la Iglesia" (p. 6). El tema, como puede verse, emerge "de la dinámica de la recepción eclesial del Vaticano II, de una praxis pastoral que se siente concernida, de la lectura de los signos de los tiempos, de los cambios socio-culturales que atañen a las mujeres y los modelos de las relaciones hombre-mujer" (p. 7). Pero hay que advertir también, que "la pregunta teológica sobre el diaconado femenino comporta una confrontación con las fuentes neotestamentarias y con los escritos de los Padres; con las fuentes litúrgicas y canónicas de la iglesia antigua y con los testimonios epigráficos que contribuyen a reconstruir la figura de las mujeres diácono" (p. 8).

Este tema supone también el estudio crítico de los documentos de la Comisión Teológica Internacional, los numerosos estudios publicados "ad hoc "durante el postconcilio y una amplia gama de investigaciones de importantes autores del presente" (cfr. p. 9 s., en notas). Los ensayos publicados en los últimos decenios sobre este tema han hecho sobresalir los nudos de la cuestión, concentrados en tres aspectos: 1. La objetibilidad ministerial de las mujeres diácono (como sacramento o como mera bendición). 2. Las funciones y los trabajos peculiares de las diaconisas/diaconas, que se diferenciarán entre las iglesias locales, de oriente y de occidente. 3. Los motivos de la desaparición histórica de las mujeres diácono. Esto su pone también la necesidad de repensar el tema hoy día y las razones que justifican la necesidad de un ministerio femenino en la iglesia actual.

Esta amplísima temática viene expuesta en cuatro grandes partes, imposibles de desarrollar aquí más en concreto: Parte primera: En el horizonte del Vaticano II (pp. 27-139). Parte segunda: Estudio de las fuentes (pp. 143-178). Parte tercera: La Tradición (pp. 181-265). Parte cuarta: Una confrontación ecuménica: la diaconía femenina en la Iglesia Vétero-Católica de la Unión de Utrech (pp. 269-288). Acaba el libro con dos listas de bibliografía selecta: 1. Mujeres y diaconado: aportes del diálogo ecuménico (pp. 294s.). Teología del diaconado: Concilio Vaticano II y reflexiones post-conciliares (pp. 295s.).

Libro fácil de leer, muy bien sistematizado y con numerosos detalles históricos que ayudan y sostienen la reflexión exegética y teológica. De interés sobre todo para pastoralistas y eclesiólogos.


H. Vall, in Actualidad Bibliográfica 2/2017, 217-218

«L’interrogativo sul diaconato femminile rappresenta un aspetto di un ampio cammino di riflessione su ciò che è opportuno, possibile, necessario per la Chiesa di oggi e del futuro», tenendo conto che «la condizione delle donne e la loro autocoscienza e definizione di sé sono profondamente mutate».

In occasione della costituzione nel 2016, da parte di papa Francesco, di una Commissione di studio sul diaconato femminile, Noceti ha radunato un gruppo di esperti in diverse discipline (con una notevole presenza di teologhe “al femminile”), per arricchire il dibattito sull’argomento. Nell’introduzione presenta la problematica e l’anima con cui si svolge il lavoro, indicando i motivi che giustificano l’inusuale termine di “diacone” invece di quello, più classico, di diaconesse.

I contributi sono organizzati in quattro parti: la prima studia le radici, nel Vaticano II, della proposta di ripensare il diaconato nel ministero ordinato in favore del Popolo di Dio. La seconda è dedicata alla fonte biblica. La terza guarda alla tradizione ecclesiale, rivisitando i Padri e l’ermeneutica tradizionale dei quadri ministeriali. La quarta si dedica al confronto ecumenico con le tradizioni cristiane non cattoliche.

Uno sforzo lodevole, per la serietà degli studi e l’impostazione del problema, che non limita la riflessione al ripristino di un antico servizio, ma riflette su quale tipo di Chiesa sia coerente con questo rinnovamento. Le proposte sembrano fondate e, allo stesso tempo, innovatrici.


C. Garcia Andrade, in Città Nuova 1/2018, 72

Il 12 maggio dell’anno scorso, durante l’udienza alle Superiore generali degli Ordini religiosi femminili, rispondendo a un quesito di una di esse, papa Francesco affrontò il tema delle diaconesse o, meglio, come si ha nel Nuovo Testamento, delle “diacone”: il greco diákonos è, ad esempio, usato nella Lettera ai Romani (16, 1) di s. Paolo a proposito di una certa Febe, appartenente alla Chiesa di Cencre, uno dei due porti della città greca di Corinto (l’altro è il Lechaion). Riferendosi a braccio a un teologo siriano da lui conosciuto in passato, il papa risaliva alle radici lontane del cristianesimo, ove appunto emergeva tale figura maschile e femminile e ne delineava un profilo un po’ vago ma anche sorprendente: le diacone dovevano, infatti, battezzare per immersione (secondo la prassi antica) le donne per ragioni di decoro, ungendole poi col sacro crisma. E aggiungeva, sempre a memoria, un altro loro compito un po’ sconcertante: «Quando c’era un giudizio matrimoniale perché il marito picchiava la moglie e questa andava dal vescovo a lamentarsi, le diaconesse erano le incaricate di vedere i lividi lasciati sul corpo della donna dalle percosse del marito e informare il vescovo».

Il 2 agosto, sempre dello scorso anno, papa Bergoglio decideva di affrontare la questione in modo più rigoroso istituendo una commissione di studio sul diaconato femminile. Il problema è, infatti, più complesso di quanto sembri e può già elencare una fitta bibliografia. Gli interrogativi sono molteplici in sede teologica: qual è la loro identità ecclesiale? Sono semplicemente donne delegate e benedette per un incarico, oppure sono “ordinate” e consacrate per un ministero (e, quindi, per alcuni critici sarebbe un modo surrettizio per aprire un varco al sacerdozio femminile, escluso dalla Chiesa cattolica con la Lettera apostolica Ordinatio sacerdotalis promulgata nel 1994 da Giovanni Paolo II)? Detto in termini più “teologici”: si tratterebbe di un ministero ecclesiale “istituito” o di un ministero “ordinato”, come accade nei diaconi maschi che rimangono tali in modo permanente oppure in quelli destinati poi al sacerdozio? E ancora: quali sarebbero le funzioni liturgiche e pastorali da attribuire loro? Se si ritiene necessario rispolverare un ministero femminile di questo genere, perché esso si è spento nei secoli passati o si è tramutato in altre tipologie di presenza ecclesiale? La stessa tradizione delle origini è al riguardo fluida, tant’è vero che il titolo di diákonos (che risuona 29 volte nel Nuovo Testamento coi suoi corollari di diakonía, 34 volte, e il più generico verbo diakonéô, “servire”, 37 volte) viene assegnato anche a Paolo, ad Apollo, a Tichico, a Epafra, e persino all’autorità civile nella sua missione di ordine pubblico e di imposizione fiscale (Romani 13,4). È tradizione, poi, definire “diaconi” i sette eletti – con a capo Stefano il protomartire cristiano – per il “servizio” (diakonía) delle mense alle vedove povere elleniste di Gerusalemme (Atti degli Apostoli 6,1-7).

C’è, però, da notare che la prima (cronologicamente parlando) menzione dei diaconi, quella presente nella Lettera di Paolo ai Filippesi (1,1), li accosta agli episkopoi, suggerendo così non solo una generica funzione di servizio caritativo ma una sorta di configurazione specifica. Essa è, per altro, formulata ampiamente in un paragrafo di un’altra lettera del corpus paolino, la Prima a Timoteo (3,8-13), ove i diaconi sono ugualmente collegati agli episkopoi che avevano funzioni dirigenziali. In questo brano si delinea un profilo delle virtù umane necessarie: devono essere «degni e sinceri nel parlare, moderati nell’uso del vino, non avidi di guadagni disonesti..., mariti di una sola donna e capaci di guidare bene i figli e le proprie famiglie». Si parla anche di una verifica esistenziale prima dell’ammissione e, a questo punto, si incastona una frase che suona così: «Allo stesso modo le donne siano persone degne, non maldicenti, sobrie, fedeli in tutto». Sembrerebbe, perciò, che in questa istituzione particolare l’Apostolo riconosca anche la presenza di “diacone”.

Potremmo procedere a lungo nella definizione e nella discussione di questa figura ecclesiale, entrando anche nei primi secoli cristiani quando, ad esempio, nella prima metà del III sec. entra in scena un documento, la Traditio apostolica, in cui si dichiara che il diacono viene ordinato «non per il sacerdozio ma per il servizio del vescovo», connettendolo soprattutto alla liturgia. Ma a questo punto, per avere un dossier abbastanza ampio e compiuto sul tema, è necessario rimandare al volume collettaneo diretto da una delle nostre migliori teologhe, la fiorentina Serena Noceti, docente alla Facoltà Teologica dell’Italia Centrale. Tra l’altro, sia la sua introduzione generale, sia il suo saggio di riflessione teologica nell’orizzonte del Concilio Vaticano II sono indispensabili per avere un’inquadratura teorica sistematica.

L’insieme delle pagine del libro, che si rivelano tendenzialmente favorevoli alla (re)istituzione del diaconato femminile, permette di ricomporre la trama complessa della questione, a partire dall’attuale orizzonte che attinge la sua matrice al Concilio Vaticano II il quale – come scrive uno degli autori, il noto teologo canadese Gilles Routhier, dell’università Laval del Québec – ha offerto «porte d’ingresso che possono condurre a un impasse e altre che possono invece permettere sviluppi fecondi». Dall’oggi – caratterizzato anche da un marcato ritorno della questione femminile all’interno della Chiesa cattolica (dibattito non temuto, anzi, favorito da papa Francesco) – si risale ad fontes, cioè allo studio dei testi neotestamentari da noi sopra evocati, e alla tradizione ecclesiale antica. Da essi, come fa notare il teologo veronese Giuseppe Laiti, si evince però «l’istanza di una rimodulazione dell’intero quadro ministeriale, attraverso il discernimento di ciò che è radice evangelico-apostolica e ciò che è il portato culturale di un’epoca storica».

Entra, così, a gamba tesa il problema ermeneutico che non è solo “centripeto” (risalire alle sorgenti e interpretarle nel loro messaggio autentico e non meramente letterale) ma anche “centrifugo”, cioè destinando all’attualizzazione nel diverso contesto presente quell’annuncio primigenio. A margine ricordiamo che questo volume è concluso da un “confronto ecumenico”, e non tanto sull’ormai netta scelta del sacerdozio femminile da parte della Comunione anglicana e della Chiesa luterana, bensì sullo specifico del diaconato femminile riproposto nelle Chiese vetero-cattoliche dell’Unione di Utrecht, cioè quelle comunità sorte in seguito al loro rifiuto del Concilio Vaticano I e in particolare del dogma dell’infallibilità del papa proclamato nel 1869 (a offrire questo quadro ecumenico è la bavarese-svizzera Angela Berlis).


G. Ravasi, in Il Sole 24 Ore 15 ottobre 2017

Quale ruolo ha la donna nell’ambito ecclesiale? Nessuno. Una risposta netta che fa il paio con quella data da san Roberto Bellarmino, teologo controriformistico, in merito alla funzione rivestita dal laico nella vita della Chiesa. A fronte di questa situazione impostasi nell’Europa rimasta fedele alla Chiesa di Roma durante i quattro secoli successivi al concilio di Trento (1545-1563) fa da spartiacque il Vaticano II (1962-1965) che, viceversa, ponendosi esso stesso come evento riformatore, pur nel rispetto della traditio, ha rimesso al centro del dibattito ecclesiastico la questione di una riforma generale della Chiesa.

A quello spirito conciliare si è richiamato papa Francesco che in occasione del Convegno ecclesiale di Firenze del 10 novembre 2015 ha affermato: «La riforma della Chiesa poi – e la Chiesa è semper reformanda – è aliena dal pelagianesimo. Essa non si esaurisce nell’ennesimo piano per cambiare le strutture. Significa invece innestarsi e radicarsi in Cristo lasciandosi condurre dallo Spirito. Allora tutto sarà possibile con genio e creatività. La Chiesa italiana si lasci portare dal suo soffio potente e per questo, a volte, inquietante» (Regno-doc. 35,2015,3).

Ecclesia semper reformanda, Chiesa inquieta, dunque, ma non per questo debole nella sua volontà d’essere attenta ai segni dei tempi. L’invito di papa Francesco, infatti, a una riforma radicata in Cristo, nella sua croce è rivolto alla Chiesa cattolica complessivamente intesa. In questa prospettiva, tesa a recuperare un termine caro a Paolo VI come «renovatio», un importante contributo attorno a una delle questioni su cui la Chiesa è chiamata a riflettere è dato dal volume collettaneo Diacone, curato dalla teologa Serena Noceti, che riflette sul diaconato femminile.

Un lavoro a più voci frutto di una attenta parresia, ovvero di una capacità di parlare osando l’aperta franchezza, senza per questo dimenticare il senso di responsabilità che accompagna ogni seria analisi, specie se l’argomento è quello del ruolo della donna nella Chiesa cattolica d’inizio millennio. In effetti, è stato ancora una volta papa Francesco durante l’udienza con le superiori generali degli ordini religiosi femminili svoltasi il 12 maggio 2016 e con la costituzione di una Commissione di studio sul diaconato femminile, a sollecitare una più ampia ricerca teologica su questa tematica che altre Chiese cristiane hanno da tempo già risolto in maniera radicale oltreché definitiva. La Chiesa anglicana e le Chiese luterane e riformate hanno, com’è noto, oltre che la figura della diacona anche quella della pastora. Un tema complesso, pertanto, trattato dai vari autori con un taglio che tiene conto dei repentini e irreversibili cambiamenti epocali a cui stiamo assistendo, i quali rimettono in discussione non solo il ruolo socio-culturale della donna, ma, conseguentemente, anche i tradizionali modelli di relazione uomo-donna, avendo, al tempo stesso, cura di sottolineare, come ha fatto il documento ufficiale della Commissione teologica internazionale Il diaconato: evoluzione e prospettive, che «spetterà al ministero del discernimento che il Signore ha stabilito nella sua Chiesa pronunziarsi con autorità sulla questione».

Non a caso la domanda iniziale, da cui muove la ricerca, è «Che cosa vuol dire e che cosa comporta pensare oggi “donne diacono”?». Indubbiamente, prima di ogni altra cosa, essa comporta porsi a confronto con le Scritture neotestamentarie, con i testi patristici e con tutte quelle fonti, liturgiche e canoniche, della Chiesa antica che in vario modo contribuiscono alla ricostruzione della figura della donna diacono.

Figura, in ogni caso, attestata dal Nuovo Testamento. Tale testimonianza, tuttavia, introduce a un primo delicato quesito sull’identità ministeriale delle donne diacono. Detto in termini più espliciti: la soggettualità ministeriale delle diacone si deve ricondurre a un rito di ordinazione oppure a una benedizione? E ancora: come si relazionano con il soggetto ecclesiale preso nella sua interezza? Potrebbe configurarsi come ministero istituito o come un ministero ordinato simile a quello del diaconato maschile? Potrebbe essere una re-istituzione, vale a dire una ripetizione di quanto avvenne durante il cristianesimo delle origini, oppure trattasi di un’istituzione di una figura totalmente inedita rispetto al passato pur richiamandosi inevitabilmente a quest’ultimo? Da ultimo: com’è possibile un cambiamento così innovativo – si potrebbe azzardare l’uso del vocabolo «destabilizzante» se rapportato a una visione tridentina a tratti ancora presente nel dibattito attuale – rispetto a quanto stabilito da Giovanni Paolo II nel 1994 con la Ordinatio sacerdotalis che ha fissato, come dottrina definitive tenenda, l’esclusione delle donne dall’ordinazione sacerdotale?

Se questi sono i nodi gordiani da sciogliere, i vari saggi che costituiscono questo imperdibile volume entrano, al di là dello status questionis e della consapevolezza di non avere alcuna pretesa di esaustività, nel vivo della questione nel momento in cui la possibilità d’ammissione al diaconato delle donne si colloca nel più vasto spazio del rapporto che intercorre tra i vari modelli ecclesiali, i modelli ecclesiologici, la teologia del ministero ordinato e la pluralità di figure ministeriali così come viene attestato dalla stessa tradizione della Chiesa, il tutto nella prospettiva indicata dal Vaticano II.

Scrive Serena Noceti: «Configurazione ecclesiale e figure ministeriali sono variabili interdipendenti, in una Chiesa – soggetto storico in divenire – che riconosce il ministero ordinato quale suo elemento costitutivo imprescindibile (Lumen gentium 18-20.21.24). Sottesa è un’idea di traditio Ecclesiae, che non è semplice riproposizione del passato o mero sviluppo di elementi pregressi nella forma di una continuità “immediata”, ma processo animato dallo Spirito, di una Chiesa che vive in traditio e della traditio apostolica ordinata al compimento escatologico (Dei Verbum 8)» (14).

In questa ottica la figura del diacono è quella che fa parte integrante di una Chiesa povera e dei poveri (cf. Lumen gentium, n. 8) posta al servizio del regno di Dio e di tutta l’umanità (Gaudium et spes, n. 40), in grado di oltrepassare quel recinto di un «sacro» avulso non solo dalla storia, ma anche e, soprattutto, dal concreto agire quotidiano.

Proprio per questo il titolo stesso del lavoro collettaneo sta a indicare che esso tratta di donne in carne e ossa e non di astratte meditazioni sul diaconato femminile: un approccio concreto che interroga e, a sua volta, s’interroga sulla forma/tipologia del ministero e chiede con una serie di penetranti saggi su quale debba essere la configurazione ecclesiale atta a contemplare l’esperienza della donna diacono alla luce della storia della Chiesa degli ultimi decenni. Il volume, infatti, acutamente è stato diviso in quattro parti: nella prima ci si sofferma sull’apporto dato dal Vaticano II e dalla sua recezione; nella seconda, significativamente intitolata «Ad fontes», si affronta il fondamento scritturistico; nella terza ci s’inoltra nella rilettura delle medesime fonti antiche e, infine, nell’ultima si opera una riflessione sull’inevitabile confronto ecumenico.

Tra memoria e profezia, tra l’urgenza di restare nella fedele permanenza della verità ricevuta, continuamente riletta e sostenuta dalla promessa escatologica, la questione femminile diviene, in questo interessantissimo volume, la cartina al tornasole su cosa debba essere la Chiesa di Gesù, la nostra Chiesa costituita da donne e da uomini singolarmente chiamati ad annunciare l’Evangelo.


D. Segna, Il Regno – Attualità 18/2017, 549

Il volume raccoglie alcune relazioni presentate, in forma più sintetica, in occasione della giornata di studio «Donne diacono. Un ministero im/possibile» tenutasi a Vicenza nell’ottobre 2016.

Si inserisce dunque nell’acceso dibattito attuale sulla possibilità di un (re)istituzione del ministero diaconale femminile, all’interno di una più ampia riflessione sulla teologia del ministero ordinato e sulla configurazione ecclesiale in rapporto alla ministerialità già presente o che nuove situazioni potrebbero richiedere. I contributi, agili e nello stesso tempo ben curati e puntuali, con il pregio di un’ampia bibliografia accuratamente segnalata, si dividono in quattro aree, proprio quelle maggiormente coinvolte nel dibattito sulle “diacone”.

La prima parte si muove nell’orizzonte del Concilio Vaticano II (contributi di Gilles Routhier, Serena Noceti, Andrea Grillo, Cettina Militello) con l’intento di analizzare spazi aperti e interrotti del pensiero conciliare riguardante il ministero ordinato e la re-istituzione del diaconato permanente, nella prospettiva di piste possibili per un diaconato “al femminile”.

La seconda parte va ad fontes (contributo a quattro mani di Marinella Perroni e Pius-Ramon Tragan) per analizzare l’insegnamento sulla diakonia che il Nuovo Testamento offre, lungo una traiettoria che lo porta da atteggiamento comune e fondante del cristiano a carica ministeriale definita della comunità. Nella Traditio (contributi di Cristina Simonelli, Giuseppe Laiti, Moira Scimmi) si cerca di dare una corretta lettura delle fonti diversificate che ci rimandano la presenza e le funzioni delle diacone nei primi secoli cristiani, argomento particolarmente importante per una corretta ermeneutica della Tradizione.

Infine si tenta un confronto ecumenico (contributo di Angela Berlis) attraverso l’esperienza diaconale femminile presente nelle chiese vetero-cattoliche dell’Unione di Utrecht, mostrando il percorso che quelle chiese hanno fatto per reintrodurre questa figura ministeriale.

Il testo è uno strumento utile per fare il punto sugli elementi coinvolti nel dibattito e per ascoltare alcune voci autorevoli che già da tempo si stanno occupando dell’argomento, delineando spazi di possibilità per un confronto franco e onesto che tenga conto degli sviluppi teologici e della situazione ecclesiale odierna nel rispetto di una corretta interpretazione della Scrittura e della Tradizione.

Quale ministero per quale Chiesa?, si chiede il sottotitolo. L’interrogativo sulla reintroduzione del diaconato femminile è una occasione da non sprecare per una riflessione più complessiva sul ministero ordinato, sui ministeri istituiti, su quale Chiesa abbiamo ricevuto e desideriamo far camminare.
C. Curzel, in SettimanaNews.it 12 settembre 2017

Il volume raccoglie alcune relazioni presentate, in forma più sintetica, in occasione della giornata di studio «Donne diacono. Un ministero im/possibile» tenutasi a Vicenza nell’ottobre 2016. Si inserisce dunque nell’acceso dibattito attuale sulla possibilità di un (re)istituzione del ministero diaconale femminile, all’interno di una più ampia riflessione sulla teologia del ministero ordinato e sulla configurazione ecclesiale in rapporto alla ministerialità già presente o che nuove situazioni potrebbero richiedere. I contributi, agili e nello stesso tempo ben curati e puntuali, con il pregio di un’ampia bibliografia accuratamente segnalata, si dividono in quattro aree, proprio quelle maggiormente coinvolte nel dibattito sulle “diacone”.

La prima parte si muove nell’orizzonte del Concilio Vaticano II (contributi di Gilles Routhier, Serena Noceti, Andrea Grillo, Cettina Militello) con l’intento di analizzare spazi aperti e interrotti del pensiero conciliare riguardante il ministero ordinato e la re-istituzione del diaconato permanente, nella prospettiva di piste possibili per un diaconato “al femminile”. La seconda parte va ad fontes (contributo a quattro mani di Marinella Perroni e Pius-Ramon Tragan) per analizzare l’insegnamento sulla diakonia che il Nuovo Testamento offre, lungo una traiettoria che lo porta da atteggiamento comune e fondante del cristiano a carica ministeriale definita della comunità. Nella Traditio (contributi di Cristina Simonelli, Giuseppe Laiti, Moira Scimmi) si cerca di dare una corretta lettura delle fonti diversificate che ci rimandano la presenza e le funzioni delle diacone nei primi secoli cristiani, argomento particolarmente importante per una corretta ermeneutica della Tradizione. Infine si tenta un confronto ecumenico (contributo di Angela Berlis) attraverso l’esperienza diaconale femminile presente nelle chiese vetero-cattoliche dell’Unione di Utrecht, mostrando il percorso che quelle chiese hanno fatto per reintrodurre questa figura ministeriale.

Il testo è uno strumento utile per fare il punto sugli elementi coinvolti nel dibattito e per ascoltare alcune voci autorevoli che già da tempo si stanno occupando dell’argomento, delineando spazi di possibilità per un confronto franco e onesto che tenga conto degli sviluppi teologici e della situazione ecclesiale odierna nel rispetto di una corretta interpretazione della Scrittura e della Tradizione.

Quale ministero per quale Chiesa?, si chiede il sottotitolo. L’interrogativo sulla reintroduzione del diaconato femminile è una occasione da non sprecare per una riflessione più complessiva sul ministero ordinato, sui ministeri istituiti, su quale Chiesa abbiamo ricevuto e desideriamo far camminare.


C. Curzel, in Presbyteri 7/2017, 552-553

Il dibattito teologico è animato da questioni che possono sembrare slegate. Non è così. Che infatti si parli dei criteri di riammissione all'Eucarestia, che si dibatta sul modo di amministrare il governo nella comunità ecclesiale, che si intraprendano vie pratiche di ecumenismo, che si sposti il baricentro della profezia cristiana su temi come l'ecologia, o che si ragioni della possibilità di una «re-istituzione» del diaconato nella forma femminile, non sono "fissazioni" di singole personalità o di minoranze autoreferenziali.

In realtà sono - e nemmeno tutti - i luoghi in cui è visibile il «cambiamento d'epoca» che lo Spirito sta animando. Stigmatizzarlo come una sciagura - o peggio ancora negarlo – significherebbe sedersi dal lato dei «profeti di sventura». Al tempo stesso viverlo con sprovveduto entusiasmo sarebbe una scelta delirante, simile ad affrontare le doglie di una partoriente sottovalutando anche il pericolo e la fatica che esse annunciano.

Ben vengano quindi strumenti come questo testo in cui Angela Berlis, Andrea Grillo, Giuseppe Laiti, Cettina Militello, Serena Noceti, Marinella Perroni, Gilles Routhier, Moira Scimmi, Cristina Simonelli e Pius-Ramon Tragan offrono le loro diverse competenze al servizio della Commissione di studio sul diaconato femminile istituita da papa Francesco il2 agosto 2016. «Questo volume collettivo vuole essere un contributo aperto, su un tema indubbiamente delicato, proposto da teologi e teologhe capaci di osare, con parresìa e senso di responsabilità ecclesiale, la ricerca di vie possibili per una trasformazione avvertita da molti come significativa e necessaria per la vita delle Chiese», afferma Serena Noceti.

La trasformazione non riguarda il mercanteggiamento dell'esercizio del potere o la cosmetica liturgica, ma la forma complessiva della Chiesa. I problemi qui esaminati sono molti: dal ministero del diacono taut court, alle differenze presenti già nelle Chiese dei primi secoli; dall'incompletezza dello studio di alcune fonti, ai criteri ermeneutici con cui si innerva sui testi biblici e patristici ciò che chiamiamo «tradizione»; dalla forma del ministero ordinato a quellà della comunità ecclesiale e viceversa...

Al termine della lettura, l'impressione è di indubbia complessità, ma tutt'altro che disorientante. La direzione è chiara. Porre a tema le «diacone» non significa cedere a lusinghe moderniste, ma comporta piuttosto rimettere mano alla forma complessiva della Chiesa perché «in ultima analisi, la domanda che occorre porsi è questa: di quale ministero la Chiesa ha bisogno oggi per assicurare in maniera adeguata e culturalmente significante la cura animarum in alcune regioni stabilite?» (G. Routhier).


M. Ronconi, in Jesus 8/2017, 88-89

La curatrice del volume è docente ordinaria di teologia sistematica all’ISSR «I. Galantini» di Firenze e titolare di vari corsi alla Facoltà teologica dell’Italia centrale della stessa città; è fra le socie fondatrici del Coordinamento teologhe italiane (CTI) e vicepresidente dell’Associazione teologica italiana (ATI).

Oltre a esporre una propria relazione, la teologa cura l’introduzione del volume (pp. 5-26), che raccoglie nove relazioni (rielaborate) tenute il 26 ottobre 2016 in una giornata di studio organizzata a Vicenza da varie organizzazioni teologiche. Le quattro relazioni della prima parte (Gilles Routhier, Serena Noceti, Andrea Grillo e Cettina Militello, pp. 27-142) si rapportano all’orizzonte creato sul tema del diaconato dal concilio Vaticano II, riflettendo sui dati teologici, sulle «intenzioni del Vaticano II», con «digressioni impertinenti su una questione ineludibile», facendo notare paradossi e paralogismi nel dibattito recente. La parte seconda (pp. 143-180) si organizza attorno alla riscoperta delle fonti («Ad fontes»), con la relazione di Marinella Perroni – Pius-Roma Tragan sulla diaconia nel NT, secondo una traiettoria che unisce Gesù alle Chiese di Efeso. La parte terza (pp. 181-268) comprende tre relazioni (Cristina Simonelli, Giuseppe Laiti, Moira Scimmi) che riflettono sul tema alla luce della tradizione vivente: implicazioni simboliche e sociali dell’ermeneutica dei quadri ministeriali; attestazioni patristiche sul diaconato, una lettura al passo con i tempi delle fonti sulle diacone). La parte quarta (pp. 269-288), impostata sul confronto ecumenico, conclude le relazioni con il contributo di Angela Berlis sulla rinascita del diaconato femminile nelle Chiese vetero-cattoliche dell’Unione di Utrecht. I suggerimenti bibliografici (pp. 289-296) sui vari temi e le schede riguardanti gli autori (pp. 297-302) chiudono il volume.

Il 2 agosto 2016 papa Francesco ha costituito la commissione di studio sul diaconato femminile, guidata dall’arcivescovo gesuita Luis Francisco Ladaria Ferrer, segretario della Congregazione per la dottrina della fede, composta da dodici membri, metà uomini e metà donne. Un corposo dossier di studio sul diaconato era già stato approntato dalla Commissione teologica internazionale, Il diaconato: evoluzione e prospettive, pubblicato in Civiltà cattolica (2003) I, 253-336.

L’uso dello strano termine diacone nel presente volume vuole sottolineare il fatto che diakonos è il titolo greco più antico, che rimane in uso per le donne anche dopo la comparsa – tarda – di diakonissa. Se è indubbia l’esistenza delle donne diacone, resta discussa la loro soggettualità ministeriale e il rito liturgico a fondamento del loro statuto (ordinazione? benedizione?).

Chi è favorevole al diaconato permanente delle donne ritiene che «per le parole pronunciate, i gesti compiuti, il luogo e la forma celebrativa pone in esistenza una figura ministeriale (ordinata)» (p. 11 e nota 17). Ci si interroga sulle funzioni e sui compiti peculiari delle diacone e sulle esigenze ecclesiali a cui esse davano risposta. Si studiano i motivi della loro scomparsa, ma si avverte la necessità di ripensare nella Chiesa di oggi – plasmata dalla visione ecclesiologica nuova, non più tridentina, elaborata dal Vaticano II – un ministero femminile di questo tipo (istituito? ordinato?).

Nella lettera apostolica di Giovanni Paolo II Ordinatio sacerdotalis (1994) si sancisce, come dottrina definitive tenenda, l’esclusione delle donne dall’ordinazione sacerdotale. Ma in Lumen gentium 29, secondo vari autori delle relazioni riportate nel volume, il diaconato è riconosciuto come grado ministeriale non sacerdotale. LG 29 afferma che i diaconi sono costituiti «non ad sacerdotium, sed ad ministerium».

In dialogo con la tradizione vivente – che non può limitarsi alla pura riproposizione del dato passato ma che prende in considerazione anche un ripensamento prospettico in linea escatologica e l’attenzione alle mutate condizioni storiche e culturali –, varie relazioni presentate nel volume prospettano percorsi per il riconoscimento di un ministero ordinato che nasce dalla nuova concezione ecclesiologica del Vaticano II e dalla forte emergenza delle soggettualità femminile in tanti campi della vita ecclesiale.

Il criterio della tradizione non va confuso con la pura ripetizione o ripresentazione oggi, in modo immutato, dei compiti dei vari ministeri svolti nel passato. Il criterio pastorale della presenza o eventuale instaurazione di ministeri «sommamente necessari nella vita della Chiesa» (LG 29) di oggi, va tenuto ugualmente presente. «Criteri determinanti» nel discernimento circa i ministeri sono – per Routhier – «l’accoglienza dell’opera dello Spirito nella Chiesa e l’ascolto attento dei bisogni della Chiesa, come pure l’adattamento delle forme antiche alle circostanze presenti» (p. 44). Già in molte Chiese le donne svolgono un ministero a servizio del vangelo, a livello caritativo, di insegnamento, di guida di comunità riunite per la liturgia (senza però la possibilità di un commento autorevole della parola tipica dell’omelia).

La teologa Noceti si augura che con pazienza, prudenza e coraggio nella lettura dei segni dei tempi, l’autorità possa riconoscere la necessità di un ministero ordinato di diacone che sia espressione di una Chiesa in rinnovamento e che vuole venire incontro alle nuove necessità della Chiesa nel tempo presente, valorizzando, al contempo, una soggettività femminile ormai matura e ben formata anche teologicamente.


R. Mela, in SettimanaNews.it 25 giugno 2017