H.J.M. Nouwen (1932-1996) è stato uno dei più grandi autori spirituali del XX secolo. Ha insegnato in prestigiose università americane e si è dedicato, infine, ai disabili mentali di una comunità nei pressi di Toronto, in Canada. Nel marzo 1998 vive la Settimana Santa e il triduo pasquale a Holland, nel Manitoba. Sollecitato dalla sua amica Pauline Vanier, si propone di scrivere qualcosa sul Sacro Cuore. Confessa: «[Ma] qualcosa era cambiato in me. Non volevo più scrivere sul cuore di Gesù. Nel mio cuore cominciai a percepire un genuino desiderio di parlare al cuore di Gesù e di essere ascoltato».
Non intendeva più di scrivere un’interpretazione contemporanea della devozione al Sacro Cuore, «ma lasciare che il cuore di Gesù toccasse nel profondo il mio cuore e questo fosse guarito da quell’esperienza» (pp. 11-12). Pregava e scriveva, scriveva e pregava, nello stesso tempo.
Questa quarta edizione italiana esce con un’Appendice curata da Roberto Laurita.
Vivendo il Sacro Triduo, Nouwen contempla dapprima Gesù che lava i piedi ai discepoli e condivide con loro il suo corpo e il suo sangue. Il Venerdì Santo vede Gesù che viene percosso, coronato di spine e inchiodato in croce. Quando contempla Gesù che appare ai discepoli mostrando loro le ferite delle mani, dei piedi e del costato, «seppi che era arrivato il momento di pregare e di lasciare che le mie ferite diventassero una cosa sola con le ferite del mio Signore crocifisso e risorto» (p. 12).
Nascono così, dalla profondità del cuore in contemplazione tre lunghe preghiere indirizzate direttamente a Gesù. Sono preghiere-riflessioni profondamente evocative dell’amore di Dio manifestato in Gesù nel suo massimo grado. Nella prima preghiera, l’autore si sofferma sull’invito fatto da Gesù di andare a lui per provare riposo. Gesù è l’accoglienza assoluta, in particolare per i poveri e i malati, tutti coloro che sono afflitti dalla pesantezza della vita. Gesù è solidale con loro, non desidera altro che donare il suo amore che sgorga da un cuore umano e divino, mite e umile.
Nouwen percepisce l’amore di Gesù che lava i piedi e dona il corpo e chiede di potergli affidare i propri sentimenti oscuri, l’orgoglio, l’avidità, la cupidigia. Nel pane donato vede Gesù che offre tutto se stesso, colma ogni desiderio di intimità, di unità. Il cuore umano e divino parla, guarda, tocca, dona il cibo. Raggiunge tutti i sensi del corpo e li abbraccia come fa una madre o un padre col proprio bambino.
La seconda preghiera si incentra sul momento della trasfissione del costato. È l’apertura del cuore, il momento che esalta al massimo la donazione di Gesù, la sua solidarietà con gli oppressi e torturati, i vilipesi e gli emarginati. Dal suo costato esce sangue e acqua. Sangue e acqua che donano vita divina, attraverso i sacramenti del battesimo e dell’eucaristia.
Il cuore spezzato è fondamento di speranza, per la solidarietà redentrice. «Il tuo cuore spezzato è la fonte della mia salvezza, il fondamento della mia speranza, la causa del mio amore. È il luogo sacro dove tutto ciò che è già stato, è e sarà viene custodito nell’unità. Qui tutta la sofferenza è stata sofferta, tutta l’angoscia è stata vissuta, tutta la solitudine sopportata, tutto l’abbandono è stato trovato e tutta l’agonia è stata gridata» (p. 36).
L’acqua del costato porta con sé quella del paradiso iniziale, l’acqua della liberazione del Mar Rosso, quella dell’entrata nella Terra della promessa, l’acqua del battesimo nel Giordano, quella di Cana divenuta vino, l’acqua risanatrice di Betzatà, acqua di vita filiale che ci rende figli di Dio.
«Il tuo cuore spezzato diventa il cuore di tutta l’umanità, il cuore di tutto il mondo – prega e scrive Nouwen –. Quale angoscia! Quale agonia! Tu li porti tutti: bambini abbandonati, mogli e mariti respinti, famiglie spezzate, senzatetto, rifugiati, prigionieri, storpiati e torturati, e migliaia – anzi i milioni – che non sono amati, sono dimenticati e lasciati soli a morire! […] O Signore di misericordia, il tuo cuore è spezzato a causa di tutto l’amore che non è stato dato né ricevuto» (p. 38).
Aiutami a comprendere questo grande mistero, prega Nouwen. E le mie mani sono pulite dal sangue? Il cuore di Gesù non contiene risentimento, vendetta o odio ma solo amore, gratitudine e pace. Sangue e acqua che sgorgano dal cuore donano perdono e vita nuova. Fa’ che i nostri cuori siano uno – continua la preghiera –. Ti lodo, ti rendo grazie. «So che in questo mondo acqua e sangue non saranno mai separati. Vi saranno pace e angoscia, gioia e lacrime, amore e dolore. Vi saranno sempre – insieme – conducendomi ogni giorno più vicino a te che dai il tuo cuore al mio cuore» (pp. 44-45).
La terza preghiera nasce dalla contemplazione del Risorto che mostra le ferite delle mani, del costato e dei piedi ai discepoli nel Cenacolo. Il Risorto incontra i discepoli e li porta con sé. Gesù ha un cuore umano e divino. Le sue ferite sono portate in Dio, nella vita definitiva. «Ora io comprendo che, anche se lottiamo in questo mondo, siamo già uno con te, poiché tu intercedi per noi presso il Padre tuo – scrive Nouwen –. Dove è il tuo cuore, lì siamo anche noi, figli del tuo Padre celeste. Nel tuo cuore siamo per sempre nascosti e presenti a Dio. Il tuo cuore è la nostra patria permanente, il nostro luogo di riposo, il nostro rifugio e la nostra speranza» (p. 52).
L’autore invita a non essere gelosi dell’esperienza del Risorto fatta dai discepoli. Gesù è tangibilissimo oggi nei fratelli più piccoli e sofferenti, negli affamati, assetati, ignudi, prigionieri, nei soli, negli angosciati, nei morenti: «sono tutti intorno a me e mi mostrano il tuo cuore spezzato. Ti vedo ogni volta che cammino per strada – prega Nouwen – [… Ti] vedo ogni volta che lascio che i miei occhi vedano la sofferenza di tutti coloro con i quali vivo giorno dopo giorno. Sei così vicino, più vicino di quanto non abbia mai saputo prima che guardassi il tuo costato trafitto […] Sei dove cammino e dove mi siedo, dove riposo e dove mangio, dove lavoro e dove gioco. Non sei mai lontano da me […]. Il tuo cuore spezzato e il cuore spezzato del mondo sono una cosa sola […]. Ogni volta che supero la paura delle mie stesse ferite e delle ferite della gente intorno a me, e oso toccarle con dolcezza, gioia e pace vengono a me in modi che non avrei mai sognato» (p. 55-57).
«Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto», dice il Risorto a Tommaso. «Qui, o Signore, è il mistero del tuo amore. Io non ti ho veduto, eppure ti vedo veramente ogni volta che guardo i corpi spezzati degli altri esseri umani. Non ti ho udito, eppure ti ascolto veramente ogni volta che ascolto le grida emesse da uomini, donne e bambini nel loro dolore» (p. 57).
Alle dense preghiere di Nouwen segue una breve appendice curata da Roberto Laurita, liturgista, catecheta, parroco e docente a Pordenone (“Quando gli sguardi si concentrano sul Cuore”, pp. 65-84). L’autore traccia una breve storia della devozione al Sacro Cuore e suggerisce elementi per una sua attualizzazione. Anticipa toni e parole impiegate da papa Francesco nella sua enciclica Dilexit nos pubblicata nel giorno precedente la stesura di queste mie note. Forse ne conosceva già i contenuti…
Il mondo non ha un centro – annota Laurita – e invece ne ha un immenso bisogno. E il centro è il Cuore di Gesù che ama, perdona, è solidale con gli afflitti di ogni genere. Gesù ha un cuore umano e divino che invita ad accogliere la possibilità di diventare figli di Dio, pur nel rispetto della nostra libertà. Rispondergli di sì porterà a lui una grande «consolazione».
Cristo è il cuore del mondo e la missione della Chiesa è quella di prendere a cuore il mondo.
R. Mela, in
SettimanaNews 19 novembre 2024