>«Vivere un’esistenza cristiana richiede una conversione radicale. Ci chiede di cercare la nostra identità non là dove siamo diversi o crediamo di eccellere, ma là dove siamo uguali». Un compito difficile, avvertiva Henri Nouwen in un articolo scritto nel 1978 per il Catholic Worker – il settimanale fondato da Dorothy Day – perché ci chiede di lasciare molte «care illusioni, per affrontare direttamente la nostra pura condizione umana».
Questo atteggiamento è necessario per la convivenza, per costruire una Comunità, parola che dà il titolo a una raccolta di dieci riflessioni del sacerdote olandese, uno dei maggiori scrittori di spiritualità del Novecento (Queriniana, pagine 224, euro 24,00). E necessario è, dunque, «riconoscere la comune fragilità» e il «bisogno condiviso di guarigione». Parole che suonano ancora forti, a più di quarant’anni di distanza, nell’epoca del Covid e del post-Covid.
La raccolta è apparsa negli Stati Uniti in piena pandemia, due anni fa, in occasione del venticinquesimo della morte di Nouwen, avvenuta per un infarto nella sua Olanda nel 1996, a 64 anni, mentre era in viaggio per girare in Russia un film tratto dal suo libro più celebre, L’abbraccio benedicente. Sul tema della comunità Nouwen, tra il 1969 e il 1986, ha incentrato capitoli interi di otto dei suoi 39 libri, tradotti in tutto il mondo. Il curatore di questa antologia, Stephen Lazarus, ha esteso la ricerca a conferenze, meditazioni per ritiri spirituali in Nord America, articoli scritti dal sacerdote dai primi anni Settanta alla morte e altri materiali inediti nel nostro Paese. Il corpus è conservato nel fondo dedicato a Nouwen nella biblioteca del Saint Michael’s College dell’Università di Toronto.
A partire dal 1986, negli ultimi dieci anni della sua vita il teologo, lasciato l’insegnamento universitario, è stato assistente spirituale a Daybreak, comunità dell’Arca a Richmond Hill, Ontario, dove ha vissuto con disabili mentali. Esperienza che gli ha fatto riscoprire la gratuità rispetto all’efficientismo della vita accademica e dalla quale è nato Adam, amato da Dio, un altro dei suoi long seller.
Esperienza che si riflette anche in queste pagine, dove il bisogno di cura e di trovare una casa accogliente, la ricerca di appartenenza, è un filo rosso che le percorre. Come anche la dimensione dell’ascolto e della preghiera, che Nouwen, nel suo peregrinare, aveva sperimentato in modo particolare in diversi soggiorni presso i trappisti dell’abbazia di Genesee nello Stato di New York. Ed è nel primo dei dieci testi antologizzati, vero portale spirituale d’ingresso alla riflessione, che Nouwen indica la “disciplina” come via che – sulla scorta del passo del Vangelo di Luca in cui Gesù prima si reca sul monte a pregare, poi chiama i discepoli, infine va in mezzo alla gente – porta dalla solitudine alla comunità e al ministero: «Disciplina significa evitare che nella nostra vita ogni spazio sia riempito. Disciplina significa che da qualche parte, dentro di noi, non siamo occupati e sicuramente non preoccupati. Nella vita spirituale disciplina significa creare uno spazio in cui possa accadere qualcosa che non abbiamo pianificato o considerato».
Un dinamismo che rovescia le abitudini. «Spesso nel ministero io ho voluto fare da solo – confessa Nouwen –. Se non ce la facevo, andavo dagli altri e chiedevo “Per favore!”, cercando una comunità che mi aiutasse. Se anche così non riuscivo, allora – forse – cominciavo a pregare». Non mancano notazioni e citazioni dense di umorismo sulla fatica della vita insieme, come quella dell’educatore Parker J. Palmer, secondo il quale la comunità è «quel posto nel quale vive la persona con la quale meno vorresti vivere».
La conclusione del libro – nato da un’idea dello scrittore ed editore cattolico Robert Ellsberg, che firma la prefazione – è il testo di una conferenza inedita, tenuta da Nouwen pochi mesi prima di morire. Anche qui il teologo propone a singoli e comunità una triplice “disciplina”: «Attenzione a Dio, là dove egli può dire “Ti amo” (…). Attenzione al momento in cui Dio è proprio lì con te quando sei a tavola, nelle conversazioni e nella vita di comunità. E attenzione ai poveri, lì dove Dio porta sempre la sua benedizione». Una sorta di testamento spirituale che ancora risuona.
G. Santamaria, in
Avvenire 2 novembre 2023