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Compendio dei miracoli di Gesù
Ruben Zimmermann (ed.)

Compendio dei miracoli di Gesù

Prezzo di copertina: Euro 160,00 Prezzo scontato: Euro 152,00
Collana: Grandi opere
ISBN: 978-88-399-0119-4
Formato: 17x24
Pagine: 1472
Titolo originale: Kompendium der frühchristlichen Wundererzählungen, 1: Die Wunder Jesu
© 2018

In breve

In collaborazione con Detlev Dormeyer – Judith Hartenstein – Christian Münch – Enno Edzard Popkes – Uta Poplutz.
Redazione a cura di Susanne Luther e Jörg Röder.
Edizione italiana a cura di Flavio Dalla Vecchia.

– Uno strumento aggiornato e rigoroso, imprescindibile per l’esegesi e l’ermeneutica del testo biblico
– Un’opera densa, grandiosa, che merita un posto nella biblioteca di ogni serio studioso
– Un lavoro monumentale che fornisce impulsi sul Nuovo Testamento, utili tanto per la vita pratica quanto per la mediazione personale e comunitaria

Descrizione

Fino a ieri i miracoli affascinavano: godevano di una forza magnetica di attrazione. Oggi, in piena marcia trionfale della ragione illuministica, non risultano immediatamente credibili e sfidano la nostra propensione a meravigliarci: in alcuni casi scandalizzano, in altri provocano, il più delle volte sono intesi come una forma sorpassata di superstizione. Ma che cosa significa propriamente parlare di “miracolo”? Per esempio: un fenomeno che oggi definiamo “guarigione spontanea” è identico a ciò che ieri veniva chiamato “miracolo”, che forma di linguaggio si adotta, quali presupposti si hanno? Come comprendere e narrare, in definitiva, ai giorni nostri, i miracoli attribuiti a Gesù dalla tradizione neotestamentaria?
Nella sua parte introduttiva, il volume chiarisce anzitutto questioni di metodo sul genere letterario e offre una panoramica esaustiva della ricerca storica.
Nella parte centrale, ogni racconto di miracolo viene esaminato nel dettaglio, analizzandone la forma linguistica, la struttura narrativa, il contesto storico e sociale, lo sfondo religioso e teologico. Segue, per ciascuno, una proposta di comprensione attualizzante, recuperando l’intenzione comunicativa presente in origine.
Il nutrito team di autori si sforza costantemente di tessere un dialogo pluridisciplinare, ingaggiando un confronto specialmente con le scienze umane. Una particolare attenzione viene poi dedicata agli aspetti estetici e linguistici delle narrazioni – al loro potenziale per l’esegesi – e alla storia della ricezione di quei testi. Non mancano infine degli excursus tematici che arricchiscono, volta per volta, lo sguardo complessivo sullo specifico racconto di miracolo.

Commento

Un approccio a più voci – serio, riccamente documentato, dal taglio moderno – dà forma a un’opera di riferimento, imprescindibile in campo scientifico.
Uno strumento indispensabile per l’insegnamento, per lo studio, per la formazione personale, per la predicazione.

Recensioni

L’idea di redigere un compendio, poderoso ed esaustivo, dei racconti dei miracoli compiuti da Gesù e trasmessi in forma narrativa dagli evangelisti risponde non solo all'esigenza di un manuale di sintesi di un aspetto così complesso e affascinante dell'attività gesuana, ma intercetta la volontà di quanti, studiosi e semplici curiosi, sono interessati a una prospettiva di studio che, basata sull'esame filologico dei testi, sappia coniugare la prospettiva storica e teologica. È l'obiettivo che si sono posti gli autori, coordinati da Ruben Zimmermann, docente di Nuovo Testamento presso la Johannes Gutenberg-Universität di Magonza (Germania).

Riscoprire il senso di meraviglia alla luce del resoconto miracoloso attestato nei Vangeli è la sfida che incentiva i contributori del presente Compendio, i quali non si sono lasciati irretire dal pregiudizio, di marca illuministica, sulla a-storicità dei racconti di miracolo; il realismo dei fatti descritti dagli evangelisti ha il suo ancoraggio storico nell'esperienza, unica e irripetibile, vissuta da Gesù e da coloro che hanno beneficiato della sua attività terapeutica ed esorcistica; tuttavia, lo scopo degli evangelisti non è solo d'informare, bensì di formare alla fede nel Cristo. Pertanto, la riflessione teologica sull'evento prodigioso non è una pellicola superficiale che ricopre i bruta facta, ma parte integrante del contenuto che gli agiografi vogliono destinare ai loro lettori.

Per quanto l'opera annoveri la collaborazione di oltre settanta esegete ed esegeti, il percorso del volume si lascia apprezzare per la metodicità e la varietà degli apporti, non solo sul piano dei contenuti, ma anche delle metodologie e degli approcci utilizzati. L'introduzione è firmata dal curatore, il professor Zimmermann, che si sofferma sul fascino permanente che esercita il miracolo sulla coscienza dei credenti e non. I primi due capitoli, compilati dallo stesso curatore dell'opera, propongono lo stato dell'arte sulle questioni fondamentali che ineriscono ai racconti protocristiani dei miracoli e offrono le chiavi di lettura per fruire al meglio del Compendio. Una puntuale bibliografia relativa alla ricerca sui miracoli degli ultimi cinquant'anni correda la prima parte del volume.

Gli articoli tematici che seguono consentono di allargare l'orizzonte della letteratura evangelica all'ambiente giudaico, al Vicino Oriente Antico e alla cultura greco-romana, evidenziando le analogie e le originalità che contraddistinguono il gesto prodigioso compiuto da Gesù. La panoramica è ampia e ben documentata, lasciandosi apprezzare per il rigore storico e la mole di dati offerti. Di taglio differente, ma non meno interessanti, sono gli articoli dedicati all'insegnamento e alla predicazione dei miracoli nel contesto attuale.

La terza sezione si focalizza interamente sull'analisi delle singole pericopi. La scelta del comitato di redazione di iniziare con i racconti di miracoli riportati nella fonte-Q risponde al presupposto dell'anteriorità cronologica del(l'ipotetico) documento ai testi di Matteo e di Luca. L'episodio della guarigione del servo/figlio del centurione di Cafarnao (Q 7,1.3 .6b-9) e la discussione sul potere esorcistico di Gesù (Q 11,14s.17-22.24-26) sono i primi testi esaminati. Si passa poi ad analizzare, in ordine diacronico, i brani di Marco, Matteo, Luca e Giovanni, secondo lo schema seguente: analisi linguistico-narratologica; contesto storico, sociale e reale; sfondo storico tradizionale e religioso; proposte di comprensione e gli orizzonti interpretativi; aspetti della tradizione parallela; infine, si offre una sintetica bibliografia sulla pericope per ulteriori approfondimenti. Altrettanto interessante è la selezione dei racconti di miracoli tratti dai Vangeli apocrifi. Una ricca ed esauriente bibliografia, con l'elenco dei racconti dei miracoli in base alle fonti e la lista degli autori, conclude il voluminoso manuale.

Il contributo che tale Compendio reca alla ricerca esegetica e teologica sui miracoli di Gesù è davvero prezioso; rappresenta una vera e propria enciclopedia da cui non è possibile prescindere per chiunque voglia cimentarsi con lo studio dei prodigi compiuti dal Cristo.


A. Landi, in Asprenas 4/2019, 531-532

Per secoli i miracoli narrati nei vangeli sono stati visti come prova della verità della religione cristiana – basti pensare ai Pensieri di Pascal – op­pure, al contrario, come segno di superstizione e di credulità popola­re – pensiamo ad esempio al Dizionario filosofico di Voltaire. L’esegesi contemporanea si sforza invece di affrontare la questione in modo libe­ro da pregiudizi, usando le armi della filologia, della storia, di tutte le cosiddette scienze umane, cercando nel testo tutto quello che dal testo stesso si può ricavare. È questo il caso della ampia opera che qui pre­sentiamo, curata da un docente di Nuovo Testamento all’Università di Mainz, affiancato da una nutrita schiera di collaboratori, tutti afferenti alle università tedesche, in prevalenza protestanti.

Il volume esamina in dettaglio il racconto dei singoli miracoli, ana­lizzandone la forma linguistica, la struttura narrativa, il contesto storico e sociale, lo sfondo religioso e teologico, l’intenzione comunicativa ori­ginale. Ne risulta una comprensione davvero illuminante, lontana tanto dall’apologetica quanto da un razionalismo negazionista. Ad esempio, la resurrezione di Lazzaro, narrata dal solo Giovanni, acquista “verità” se dai testi si può ricavare la quasi certezza che Lazzaro fosse stato leb­broso, e che nella tradizione biblica i lebbrosi venivano chiamati “morti” (cfr. Nm 12, 12). Oppure, lo strano suicidio collettivo di duemila porci che si gettano nel mare di Galilea, essendo l’incarnazione del demone “le­gione”, che aveva supplicato Gesù di non mandarlo fuori dalla regione (cfr. Mc 5, 1-13), è chiarito dal fatto che nella zona era di stanza la legione romana X, il cui stemma era un cinghiale (maiale selvatico, in diverse lingue, antiche e moderne), e che aveva anche simboli di pronunciato carattere marittimo (Nettuno, delfino, nave da guerra), e come sopranno­me quello di Fretensis, da una battaglia vinta nel braccio di mare che noi chiamiamo stretto (fretum) di Messina. Se aggiungiamo la notizia, de­sunta da Flavio Giuseppe (Bell. Iud., 2, 499-506), che all’inizio della solle­vazione giudaica furono uccisi nella zona “circa duemila” romani, tra cui soldati della legio X Fretensis, allora tutto l’episodio, intriso tra l’altro di linguaggio militaresco, riceve luce nuova. Non si deve pensare però che l’orientamento del libro sia quello di salvare la narrazione dei miracoli attraverso spiegazioni razionalistiche – una tentazione, questa, partico­larmente forte, in quanto il miracolo consiste spesso nella guarigione da una malattia, per la quale possono essere invocate oggi spiegazioni diver­se, di tipo psicosomatico, neurologico, ecc. A proposito delle guarigioni miracolose, sono particolarmente interessanti alcuni saggi iniziali, detti “tematici”, su Immagine del mondo, miracoli e storiografia con segni premo­nitori e prodigi di Dio/divinità (D. Dormeyer), Scienza medica antica e forme arcaiche di terapia (E.E. Popkes), Quadri clinici e conseguenze sociali: cecità, paralisi, lebbra, sordità o sordomutismo (B. Kollmann), Demoni – Ossessio­ni – Rituali di esorcismo (U. Poplutz), Il Gesù cronistorico come taumaturgo nell’ambito degli antichi taumaturghi (A. Merz) [l’aggettivo “cronistorico” nel libro viene usato nel senso di storico, storicamente reale], I miracoli di Gesù alla luce della magia e dello sciamanismo (B. Kollmann).

Con ampia documentazione, questi saggi mostrano come i miracoli fossero all’epoca quasi quotidiani (von Harnack), le guarigioni “miraco­lose” non fossero avvertite in contrasto con la pratica medica consue­ta, neppure da personaggi di chiara inclinazione “scientifica”, come ad esempio Aristotele. Esisteva inoltre un contemporaneo genere lettera­rio ellenistico, e precisamente il racconto di miracolo – cui, tra l’altro, è molto vicina la narrazione dei miracoli di Gesù nel vangelo di Mar­co (quello dei vangeli che dedica maggior spazio ai miracoli). Anche Giustino Martire, alla metà del secondo secolo, non può fare a meno di notare che: «Quando diciamo che Gesù ha guarito zoppi, paralitici e infermi fin dalla nascita, e che ha resuscitato morti, sembra che anche queste siano azioni simili a quelle che vengono attribuite ad Asclepio». In effetti la documentazione sulle guarigioni miracolose avvenute nel tempio di Asclepio ad Epidauro, che risale al IV secolo a.C., costituisce la più antica raccolta di racconti di miracoli.

Accanto alla prossimità con le guarigioni miracolose che si verifica­vano nel tempio di Epidauro, o negli altri numerosi santuari dedicati al semidio guaritore – realtà questa già nota alla scienza biblica – un particolare rilievo ha lo studio del rapporto tra i miracoli di Gesù e la magia a lui contemporanea.

Pratiche magiche erano presenti nel mondo giudaico intorno a Gesù e i suoi miracoli furono spesso collegati con la magia già nell’antichità, ed è perciò stupefacente che il tema del Gesù mago sia stato preso in considerazione dalla scienza biblica solo negli ultimi decenni – ove per magia, ovviamente, va qui intesa una tecnica apprendibile, fatta sostan­zialmente di ipnosi, artifici e farmacologia. L’attività di Gesù come mago, indirettamente descritta nei vangeli, corrisponde ampiamente all’imma­gine che si poteva desumere dalle fonti antiche, come Celso o il Talmud. In particolare, la controversia su Beelzebul (Mc 3, 22 ss.; Lc 11, 15 ss.) mo­stra che anche nella sua vita terrena Gesù fu considerato dagli avversari come un mago. In realtà il nome di Gesù godette di enorme stima nella cerchia degli antichi maghi, ed esorcisti ebrei cercarono il suo aiuto per cacciare demoni (Mc 9, 38; At 19, 13). Come Pitagora ed Apollonio di Tia­na, anche Gesù fu inserito, con alto apprezzamento, nei Papiri magici gre­ci provenienti dall’Egitto. Per contro, nel giudaismo rabbinico Gesù fu considerato come un incantatore, che si serviva di pratiche magiche pro­venienti dall’Egitto, ove sarebbe andato a scuola di magia – cosa storica­mente assai discutibile, ma che si riallaccia alla leggenda del soggiorno della sacra famiglia in Egitto – e questa valutazione negativa è la stessa che ne dà Celso nel suo Discorso vero. Non possiamo dilungarci nel rias­sunto di questi interessantissimi saggi; ci limitiamo a segnalare soltanto anche il rapporto tra sciamanesimo e miracoli di Gesù, particolarmente evidente ove questi miracoli sono nei confronti della natura.

Nella storia marciana della tentazione, si afferma che nel deserto Gesù veniva a contatto con animali feroci e che gli angeli lo servivano. In un ambiente ellenizzato ciò poteva indicare che si trattava di uno sciamano, che, come Pitagora o Apollonio di Tiana comunicava con gli animali e disponeva di angeli come spiriti ausiliatori. Nel racconto della sedazione della tempesta (Mc 4, 35-41) Gesù appare disporre del­la capacità sciamanica di influenzare il tempo atmosferico. Secondo la mentalità antica, il vento e le onde erano pilotate da demoni, e così si riteneva anche nel giudaismo. Inoltre il racconto della sedazione della tempesta presenta tratti che sono noti dalle cacciate dei demoni. Gesù minaccia il vento e comanda alle onde di tacere, agendo in virtù della propria autorità, come è documentato a proposito dei maghi greci. Pita­gora avrebbe calmato venti pericolosi e le onde di fiumi e mari per attra­versarli senza pericolo. Maghi persiani placano una tempesta marina mediante sacrifici e scongiuri rivolti al vento. Anche il camminare di Gesù sulle acque (Mc 6, 45-52) ha tratti simili: la capacità di camminare sull’acqua fu attribuita anche a un mago iperboreo. Persino racconti delle apparizioni post mortem si trovano nella tradizione magica antica: Erodoto, ad esempio, narra quelle del mago Aristea di Proconneso.

Bernd Kollmann, autore del saggio da cui abbiamo ripreso queste righe, conclude che: «Ovviamente i racconti neotestamentari di miracoli non sono protocolli cro­nistorici. Nel loro caso bisogna tener conto del fatto che i narratori dipin­sero per molti versi l’attività del taumaturgo Gesù con i colori della magia antica. Tuttavia per quanto riguarda esorcismi e singole guarigioni di mala­ti non ci può essere alcun dubbio sul fatto che Gesù si servì di tali tecniche tipiche dei maghi».

Se da un lato, come scrive J.P. Meier, «il fatto storico che Gesù abbia compiuto gesti straordinari, ritenuti miracoli da lui stesso o da altri, è comprovato decisamente dal criterio dell’attestazione molteplice delle fonti e delle forme e dal criterio della coerenza», dall’altro lato sul valo­re “cronistorico” dei miracoli di Gesù, i ricercatori del Jesus Seminar del Westar Institute of California hanno concordato, sulla base dei criteri là in vigore, sull’autenticità probabile soltanto di sei guarigioni miraco­lose. Cronistoricamente credibile non è stato considerato neppure un miracolo nei confronti della natura.

L’impostazione del volume che presentiamo è però diversa, e per niente affatto rivolta a decidere cosa sia storicamente vero e cosa no nei racconti dei miracoli di Gesù. Come si è detto, si punta qui ad un esame dei testi, nella convinzione che il carattere essenziale della narrazione fosse quello di stupire e che perciò si debba mantenere vivo proprio il carattere “stupefacente” del miracolo. Un modo minimale per dare un qualche valore al miracolo, in un tempo in cui la credenza nel miracolo, «figlio prediletto della fede», come lo definiva Goethe, è venuta meno, proprio perché è venuta meno la fede – o, per meglio dire, quel tipo di fede. Ma questo è un problema filosofico, non di esegesi scritturistica.


M. Vannini, in Mistica e Filosofia 2/2019, 140-144

Nella collana «Grandi opere» dell’editrice Queriniana era uscito nel 2011 a cura di R. Zimmermann il monumentale Compendio delle parabole di Gesù (pp. 1.608); ora, a distanza di 7 anni, sempre a cura dello stesso autore, esce un altrettanto esteso Compendio dei miracoli di Gesù (edizione originale Gütersloher Verlagshaus, Gütersloh 2013). Le due opere condividono molti criteri metodologici ed ermeneutici e formano come due grandi blocchi collegati tra loro. Si tratta con ogni evidenza di lavori collettivi, tuttavia non siamo di fronte a una raccolta di singoli contributi posti semplicemente gli uni accanto agli altri; il tutto risulta ben più intrecciato.

Le interpretazioni sono opera di una settantina di esegete ed esegeti (il Compendio si attiene rigorosamente al linguaggio inclusivo) che rappresentano un vasto spettro di tradizioni e scuole teologiche e di punti di vista personali. I singoli capitoli pongono spesso le une accanto alle altre interpretazioni diverse (e a volte persino contrastanti) ma comunque sempre plausibili. Nell’insieme il Compendio dichiara d’esprimere «una nuova forma di cultura esegetica di discorso: qui non sono uno storico, una filologa o un interprete impegnato a presentare unilateralmente il messaggio, ma si tratta piuttosto del tentativo comune di interpretazione di un testo», operazione agevolata anche dal ricorso a forme contemporanee di comunicazione mediatica (7).

L’espressione «di Gesù» riferita a miracoli non va intesa in senso storico preciso come se si trattasse di atti compiuti da lui in persona; il titolo va piuttosto compreso come riferito alle narrazioni dei miracoli di Gesù. La dichiarazione di intenti in proposito è assai chiara: l’opera «si occuperà esclusivamente dei racconti protocristiani dei miracoli (...) sotto l’aspetto cronistorico, non ci occuperemo della questione generale se Gesù abbia operato dei miracoli, ma ci domanderemo se e come i testi contengano dei riferimenti cronistorici» (13).

La maggior parte del volume si occupa delle pericopi dedicate a racconti di miracoli. Esse derivano non solo dai Vangeli canonici (275-1069), ma anche da un certo numero di Vangeli apocrifi (1071-1239). Le prime centinaia di pagine del Compendio sono dedicate rispettivamente a «Questioni fondamentali» (storia della ricerca, osservazioni storiche ed ermeneutiche, struttura del Compendio, bibliografia generale...; 15-103), ad «Articoli tematici» (immagine del mondo, scienza medica, demoni ed esorcismo, Gesù taumaturgo e i taumaturghi antichi, come insegnare e predicare oggi i racconti di miracoli...; 104-236) e ai «Racconti di miracoli nella fonte dei Detti Q» (237-271). Il volume termina, oltre che con una serie di apparati, con un amplissimo «Indice bibliografico» (1.261-1.362).

Superato (o meglio accantonato) il senso di sconcerto derivato dal confronto tra le poche decine di pagine in cui è racchiuso l’oggetto da studiare e le molte centinaia riservate alla sua indagine, ci si avvia a comprendere i criteri e il motivo per cui ci si è impegnati in questa grande impresa. Le prime parole che si leggono ad apertura di libro, prospettate a mo’ di titolo di quella che potrebbe presentarsi come una prefazione, sono «Meravigliatevi di nuovo...». Non sembra esagerato giudicare questo suggerimento come una delle principali chiavi di lettura dell’intera opera. Esso infatti viene ribadito anche a conclusione delle pagine introduttive: «Desideriamo che i racconti di miracoli continuino ad affascinare e provocare. Stupitevi anche voi di questi testi!» (8).

Non si coglierebbe nel segno se si prendessero queste frasi come semplici esortazioni; il loro spessore ermeneutico è facile da cogliere: a invitare alla meraviglia sono non già i miracoli bensì le loro narrazioni. Ciò da un lato fa meglio comprendere l’affinità tra quest’opera e il Compendio precedente dedicato alle parabole e dall’altro prospetta una presa di distanza da un atteggiamento razionalistico (un tempo assai diffuso) che poneva le storie dei miracoli sotto la categoria dell’imbroglio e di secondi fini più o meno dichiarati. Naturalmente è lecito domandarsi fino a che punto tale scopo possa essere raggiunto attraverso la lettura di una moltitudine di pagine dotte e colme di apporti critici ed eruditi. Forse non è solo ingenuo affermare che questo fine è conseguibile con maggior scioltezza accostandosi in modo diretto alle brevi pagine evangeliche. Tuttavia è pur vero, e non da oggi, che per riacquisire la semplicità di una lettura apparentemente sine glossa occorre percorrere lunghe strade.

Nella storia dell’interpretazione relativa ai miracoli evangelici si sono succedute varie posizioni. Già in antico era emersa la linea secondo la quale i miracoli di Gesù sono raccontati in un linguaggio che si adattava all’immagine del mondo, alla letteratura e all’attesa diffuse nel I secolo. In alcune testimonianze risalenti al II secolo il nome di Asclepio veniva citato per indicare che anche altrove si erano compiuti atti simili a quelli descritti dal Vangelo. In epoca moderna presero sempre più piede spiegazioni di tipo razionalistico che tendevano a escludere contraddizioni tra leggi naturali ed eventi storici; in questa prospettiva, per esempio, i miracoli di guarigione erano considerati plausibili in quanto spiegabili (i morti non furono risuscitati, ma semplicemente rianimati), mentre quelli relativi alla natura (camminare sulle acque) erano ricondotti a racconti fantastici o, al più, simbolici. L’aspetto simbolico è assunto e sviluppato in un successivo approccio secondo cui la storia dei miracoli è un racconto metaforico in base al quale l’accadimento miracoloso è soltanto un veicolo per comunicare un’affermazione teologica fondamentale posta su un altro piano. Quest’ultima linea interpretativa sposta perciò già in modo significativo l’attenzione dai miracoli in se stessi allo scopo per cui essi siano stati narrati. Sviluppando questo approccio, qualche autore recente è giunto ad affermare che «i miracoli possono essere parabole e le parabole miracoli» (22).

Tuttavia Zimmermann fa notare che in questo modo si dissolve il valore specifico dei racconti dedicati ai miracoli. I due Compendi hanno affinità, ma non sono coincidenti. La conclusione a cui si perviene alla fine dell’excursus sulla storia dell’interpretazione sfocia in una domanda: «L’esegesi dei miracoli degli ultimi due secoli può così essere ampiamente vista come un tentativo di non tener conto di aspetti ed elementi essenziali dei testi di miracoli. Lo scopo dell’esegesi dei testi di miracoli è quello di portare avanti una demiracolizzazione?» (23). La risposta a questo interrogativo l’abbiamo già intuita: è giunto di nuovo il tempo in cui urge rivolgere l’attenzione al testo stesso. Dopo che a lungo ci si era occupati degli eventi (per esempio, della vita di Gesù), dei testi dell’ambiente circostante (per esempio di Epidauro o del giudaismo), del messaggio astrattamente ricavato dai testi (ad esempio il kèrygma della scuola di Bultmann) o del contenuto simbolico, è giunto il tempo nel quale conviene rivolgersi alle strutture letterarie e comunicative dei testi stessi.

Si è ormai convinti che il segreto per meravigliarsi ancora sia racchiuso nei testi stessi. Non vi è però solo meraviglia, «il miracolo non suscita solo stupore, ma spesso anche paura e timore (...) Non si tratta però di una paura che paralizza e induce a dubitare. Essa è produttiva ed efficace e conduce alla fine alla conoscenza. Promuove una “euristica della paura”, come ebbe a dire Hans Jonas» (27).


P. Stefani, in Il Regno Attualità 22/2018, 674

«II miracolo è la creatura diletta della fede», diceva Goethe. Ma con l'avvento dell'immagine moderna del mondo e con l'impostazione scientifica, anzi, scientista, la realtà dei miracoli divenne sinonimo di pagine scomode all'interno dei vangeli. Tanto che già all'inizio del XX secolo Franz Rosenzweig ebbe a dire basandosi sull'affermazione di Goethe: il miracolo è «un figlio problematico» della fede. I miracoli, che erano un motivo forte che impressionava l'immaginazione e dava un colore particolare alla fede, sono diventati un ostacolo. Più che una risposta e una proposta, i miracoli nei tempi moderni fanno porre tante domande: i miracoli non alimentano una concezione ingenua e addirittura sbagliata della fede in Dio? I miracoli non sono qualcosa per le persone credulone e avide di cose sensazionali? Abbiamo bisogno di miracoli per credere, oppure essi non alterano la fede? E ancora: come dobbiamo comprendere i racconti neotestamentari dei miracoli?

Il Compendio dei miracoli di Gesù curato da Ruben Zimmermann accetta la sfida di queste e di tante altre domande inerenti al tema dei miracoli. Contestualmente, il volume si collega all'altra opera Compendio delle parabole di Gesù (tradotta dalla Queriniana nel 2011) e ne condivide molti criteri metodologici ed ermeneutici. Una caratteristica particolare di quest'opera è la multiformità dei testi e delle prospettive proposte. Generalmente un'opera tende a presentare un'ottica unificata. Il pregio di questo compendio è il mettere insieme (attraverso i contributi di una settantina di studiosi) varie prospettive per permettere al lettore di confrontarsi con vari orizzonti interpretativi.

Tra le «interpretazioni razionalistiche» dei miracoli che sono state avanzate Iungo i tre secoli precedenti, ci troviamo dinanzi a un ventaglio davvero ampio che va dal considerare Gesù come una specie di medico che aveva con sé una sorta di «farmacia ambulante», all'interpretazione dei miracoli in chiave ragionevole, come ad esempio la spiegazione del miracolo dell'interpretazione dei pani e dei pesci effettuata da Gerd Theissen il quale afferma nel suo romanzo su Gesù, L'ombra del Galileo che la moltiplicazione dei pani può essere spiegata con una suddivisione di alimenti già esistenti: «Quando la gente crede che ci sia pane a sufficienza per tutti, supera l'angoscia di fronte alla fame. Allora tirano fuori le proprie riserve di pane, che tenevano nascoste per non doverle condividere con gli altri, e le condividono».

Altre interpretazioni sono in chiave medico-patologica attraverso l'interpretazione dei problemi spirituali in chiave psico-somatica. Così gli esorcismi sono interpretati come rimozioni di blocchi psichici, le apparizioni come fenomeni di suggestione di massa, ecc. Ulteriori interpretazioni sono quelle che considerano il miracolo come una metafora e quindi presentano la possibilità di cogliere il senso dei miracoli attraverso il superamento della metafora, così, ad esempio, Jens Herzer afferma che «la cosa importante anche per il narratore del vangelo nel caso dei miracoli non è Gesù come taumaturgo, bensì la vicinanza della signoria di Dio che diventa visibile e sperimentabile nella sua azione».

Ciò che accomuna tutte queste prospettive è che leggono a priori i testi neotestamentari dei miracoli come testi allegorici. Così i racconti di miracoli sono accostati alle parabole. Manfred Köhnlein lo dice esplicitamente: «I miracoli possono essere parabole e le parabole miracoli».

Il presente Compendio, invece, mette al centro dell'attenzione il testo stesso, ritornando al testo senza intenzioni aprioristiche proiettate su di esso. Il testo - spiega il curatore - viene inteso «come testo di miracolo, perché rappresenta in modo sensibilmente percepibile e concreto un'azione o un evento e, nel farlo, sottolinea il fatto che esso infrange la normalità e ciò che ci si può attendere. Lo stupore deve raggiungere e afferrare il lettore e/o la ricettrice del testo. Lo scopo di questi testi è che i ricettori si stupiscano, sul piano narrativo, con i testimoni oculari e i protagonisti dell'azione».


R. Cheaib, in Theologhia.com 4/2018

Ruben Zimmermann, docente di Nuovo Testamento alla Johannes Gutenberg-Università di Magonza (Germania), ha raccolto attorno a sé settanta autori e autrici in un progetto di collaborazione esegetica sul tema fondamentale dei “miracoli” di Gesù raccontati nei Vangeli e nelle opere apocrife a loro coeve.

Nonostante se ne predicesse la loro scomparsa di significato nell’era moderna e post-moderna, i miracoli segnano ancora un boom di interesse a ogni latitudine del pianeta e nelle culture più diverse. Il gruppo di lavoro ha confrontato a lungo il proprio lavoro, discutendolo coi colleghi e recependo interpretazioni anche in parti contrapposte ma altrettanto accettabili. Il volume raccoglie, in tal modo, un lavoro d’équipe che non è solo la sommatoria matematica dei contributi dei singoli autori.

I miracoli di Gesù sono interessanti, meravigliano e sfidano ancora oggi l’intelligenza e lo spirito dell’uomo moderno. Quale può essere il loro significato, ambientato nel tempo e analizzato a livello storico, letterario, narratologico, semantico, pragmatico, estetico, teologico, tenendo conto della storia degli effetti? Quale importanza possono avere per me oggi, lettore del XXI secolo? Si tratta di esplorare e valutare non solo la mera storicità dei singoli avvenimenti, fermandosi a un giudizio sommario di veridicità o di falsità, ma di esplicare la loro significatività a vari livelli, tutti altrettanto importanti.

Una descrizione “larga” del genere letterario “miracolo di Gesù” ha guidato il lavoro della numerosa e qualificata équipe. Le parole in corsivo riportano le integrazioni della descrizione del genere che sono tipiche del racconto di genere di miracolo di Gesù: «Un racconto protocristiano di miracoli è un racconto fattuale a più membri (1) dell’azione di Gesù o di un suo seguace nei confronti di persone, di cose o della natura (2), azione che provoca un cambiamento sensibilmente percepibile, ma in un primo momento inspiegabile (3), che, all’interno del testo (4a) e/o contestualmente (4b) è fatta risalire all’intervento di una forza divina e che persegue l’intenzione di far stupire e irritare il ricettore/la ricettrice (5a), al fine di guidarli così a riconoscere la realtà di Dio (5b) e/indurli a credere e a cambiare il proprio comportamento» (5c).

Nell’introduzione generale (pp. 11-10) Zimmermann presenta alcune osservazioni sulla storia della ricerca sul prodigioso, sul suo linguaggio e e sulla sua forma, l’analisi dei miracoli quali intreccio di fatti e di finzioni, alcune osservazioni ermeneutiche tese a sottolineare come si comprende, raccontando, la pragmatica dei miracoli e la loro funzione: che senso ha raccontare miracoli oggi? Nel secondo capitoletto, il curatore invita alla lettura del Compendio precisando alcune direttive che il gruppo si è posto circa la delimitazione dei testi, ricordando la struttura complessiva del volume e la molteplicità dei “punti di vista” in esso presenti. Nel terzo paragrafo egli offre, infine, una bibliografia generale sui racconti protocristiani dei miracoli (pp. 98-103): monografie, opere in collaborazione (degli ultimi cinquant’anni), saggi tematici su riviste e scelte di saggi, in ordine cronologico. Gli otto importanti articoli tematici (pp. 104-236) riguardano l’immagine del mondo, miracoli e storiografia, la scienza medica antica e le forme arcaiche di terapia, quadri clinici e conseguenze sociali (cecità, paralisi, sordità o sordomutismo), demoni-ossessioni-rituali di esorcismo, il Gesù cronistorico come taumaturgo, i miracoli dei Gesù alla luce della magia e dello sciamanesimo, la didattica dei miracoli al nostro tempo e la predicazione riguardante gli stessi.

Nei cc. I-V (pp. 237-1070) si analizzano di seguito i due racconti di miracoli nella fonte dei Detti Q (pp. 237-272), i diciassette miracoli presenti nel Vangelo di Marco, con relativa introduzione generale (pp. 273-530), i tredici miracoli raccontati nel Vangelo di Matteo, con relativa introduzione (pp. 531-716), i tredici miracoli riportati nel Vangelo di Luca, con relativa introduzione (pp. 717-910) e, infine, gli otto miracoli (viene ritenuta volutamente questa dizione) attestati nel Vangelo secondo Giovanni (pp. 911-1071).

Ogni contributo dei vari esegeti prevede una traduzione personale, l’analisi linguisticonarratologica, l’illustrazione del contesto sociale e reale, lo studio dello sfondo storico tradizionale e religioso, alcune proposte di comprensione e orizzonti interpretativi, la delineazione degli aspetti della tradizione parallela e della storia degli effetti, una bibliografia sintetica per ulteriori approfondimenti.

Il c. VI (pp. 1071-1240) è dedicato ai racconti di miracoli presenti nei vangeli apocrifi, con relativa introduzione: essi sono tratti da Il racconto dell’infanzia di Tommaso (PsTom), dal Papiro Egerton (P.Egerton 2), dal vangelo degli Ebrei/Nazareni (EvNaz), dall’epistola degli Apostoli (EpAp), dal vangelo segreto di Marco (segrMc), dal vangelo di Nicodemo (EvNic), e dal vangelo di Pietro (EvPetr).

Segue l’elenco dei racconti dei miracoli secondo le fonti (pp. 1241-1256), disposti in chiare tabelle sinottiche che indicano il loro numero progressivo nell’opera di riferimento, la serie nella stessa, il loro titolo, i passi paralleli e, infine, le pagine del Compendio dedicate alla loro analisi.

I nomi e le sedi istituzionali di attività delle autrici e degli autori sono riportati alle pp. 1257-1260. Segue lo sterminato indice bibliografico (pp. 1257-1362). Il lungo ma indispensabile elenco delle abbreviazioni occupa le pp. 1363-1390, che precede il prezioso indice dei passi citati (pp. 1391-1458) che chiude l’ampio volume.

Volume gemello di quello dedicato alle parabole, anch’esso curato da R. Zimmermann (Queriniana, Brescia 2011, or. ted. Gütersloh 2007), il Compendio dei miracoli di Gesù si presenta sin d’ora, felicemente in lingua italiana, quale punto di riferimento imprescindibile per lo studio, la predicazione e la catechesi su un blocco narrativo importante del Nuovo Testamento, intrigante, affascinante ma non del tutto evidente alla mentalità scientifica moderna, che va aiutata a espandere il proprio orizzonte ermeneutico anche a questi racconti del prodigioso, che hanno un profondo significato anche oggi, se correttamente interpretati e attualizzati.

La ricchezza delle varie prospettive ermeneutiche, unita alla grande massa di dati di ogni tipo, fa di questo monumentale volume una pietra miliare della ricerca neotestamentaria sul genere letterario dei miracoli, in specie quelle compiuti da Gesù narrati nel NT, e su quelli riportati nei testi coevi del sec. I d.C.


R. Mela, in SettimanaNews.it 11 aprile 2018