Klaus Rosen, storico dell'antichità, come egli stesso si definisce nella prefazione di questo libro, è stato professore di storia antica all'University of South Africa di Pretoria e alle Università tedesche di Freiburg, Eichstatt e Bonn. L'intento perseguito e raggiunto dall'autore in questa biografia è di descrivere la grandezza di Agostino tra genialità e santità, due categorie certamente forti, ma che Rosen riesce a sottrarre alla loro evanescenza, per ricondurle, per quanto è possibile, nei confini della storia.
Questa, infatti, è una biografia storica, che vuole aiutare il lettore a conoscere la figura di Agostino di Ippona a partire dalla sua vicenda personale e in rapporto al suo mondo. È difficile infatti resistere alla tentazione di immergersi subito nel pensiero di questo grande uomo, e se è vero che per ogni autore è necessario conoscere il contesto in cui è inserito, questo vale soprattutto per Agostino: lo studio del suo pensiero non può mai essere separato dal riferimento alla sua vita. Per questo il libro di Rosen offre un importante contributo. Tale scelta naturalmente lascia al lettore il desiderio di approfondire quanto del pensiero e delle opere di Agostino lo storico solo presenta o accenna, ma ciò può essergli ascritto come un merito nella misura in cui chi legge passi poi alla diretta scoperta dello scrittore latino. Le pagine di questa biografia storica sono intessute in giusta proporzione di dati storici, legati al mondo romano, e di quelli della vicenda personale di Agostino, di cui spesso l'autore consente di ascoltare direttamente la voce, attraverso la citazione di alcuni passi delle sue opere.
Vi sono ampi spunti per cogliere aspetti della vita nell'impero romano tra IV e V secolo. L'autore fa riferimento alla struttura della famiglia romana, all'organizzazione della scuola, ai metodi educativi; presenta il conflittuale rapporto tra paganesimo e cristianesimo; la complessità della politica, con la vita di corte, gli intrighi per il potere, la corposa giurisprudenza romana; sa anche cogliere l'impatto del cristianesimo, ormai parte fondamentale dell'impero romano, sulla società civile, descrivendo il ruolo dei vescovi nelle singole diocesi o nelle assemblee dei sinodi regionali delle chiese, nel rapporto con i potenti del tempo, nel tentativo di custodire la fede e porsi come difensori dei più poveri e deboli, soprattutto degli schiavi. Di grande puntualità è la descrizione soprattutto della difficile questione del rapporto tra eretici, chiesa e impero, dove lo scrittore mostra grande equilibrio e conoscenza delle fonti. Basta leggere il capitolo tredicesimo, Il combattivo difensore dell'unità della chiesa, per avere una sintetica esposizione degli scismi e delle eresie che Agostino dovette affrontare, con tutta la complessità delle vicende e dei personaggi ecclesiastici e civili che vi furono coinvolti e delle motivazioni, non solo dottrinali, ma anche sociali, che spesso caratterizzarono questi movimenti: manichei, pagani, ariani, donasti, pelagiani.
Il libro articolato in diciassette capitoli può essere diviso in tre parti. Nella prima, che comprende i primi sei capitoli, l'autore presenta l'evoluzione del giovane Agostino dall'infanzia all'affermata carriera di retore a Milano, dove conobbe il vescovo Ambrogio. Con la conversione si apre la seconda parte - capitoli da sette a dodici - che vede la scelta di Agostino di seguire Cristo con il battesimo e la vita monastica, per poi assumere il presbiterato e l'episcopato. Il periodo dell'episcopato, trattato nei capitoli da dodici a diciassette, costituisce la terza parte del libro e abbraccia trentacinque anni della vita di Agostino, durante i quali compose la maggior parte delle sue opere.
Oltre ai dati biografici, Rosen fornisce molte indicazioni circa le date e le circostanze in cui Agostino scrisse le sue opere: bene mette in luce i travagli vissuti nella stesura e, in particolare, i lunghi tempi richiesti da alcune di esse, anche per le continue interruzioni dovute alla necessità di comporre contemporaneamente più scritti. Ciò che sempre emerge è la passione per la verità e la carità pastorale che spinsero Agostino a lavorare incessantemente, notte e giorno, per lasciare questo patrimonio di scritti che consta di 5,2 milioni di parole. Naturalmente bisogna considerare che non tutte le opere dello scrittore latino sono pervenute. Nel presentare gli scritti di Agostino è da notare che Rosen si riferisce quasi sempre alle Retractationes, l'opera in cui lo stesso vescovo fece un elenco e una revisione delle sue opere, fornendo una descrizione e chiarendo contenuti e intenti. È un procedimento metodologico necessario e quasi scontato, ma che da molti non è stato sempre seguito, ingenerando spiacevoli fraintendimenti.
I tre capitoli finali, che riguardano gli ultimi anni del Vescovo, consentono allo studioso di fermarsi più a lungo su alcune tematiche delle opere più mature del pensiero dell'Africano: la Trinità; il rapporto tra la città di Dio e quella degli uomini, questione che sorse anche a partire dalle sciagure che colpirono l'impero nel V secolo con il sopraggiungere dei barbari. Fornisce anche accenni all'ermeneutica agostiniana, perfetta simmetria tra credere e conoscere.
Alcuni punti richiedono una lettura più cauta. L'autore, nell'apertura del suo libro, descrive l'iniziale esperienza di Agostino con Dio come un momento deludente, poiché egli fece già da fanciullo esperienza di un Dio che tace (cf. p. 15) e che questa delusione durò fino alla conversione (cf. p. 105), quando, dopo un quarto di secolo, la voce, che nel celebre episodio del giardino aprì il cuore di Agostino e lo spinse a prendere la Scrittura e a leggere, ruppe il silenzio. Secondo Rosen questo dato si evincerebbe dal passo in cui il giovane scolaro di sette anni implorò Dio di risparmiargli i castighi del maestro, ma le sue preghiere rimasero inascoltate (cf. Confessiones 1,9,14-15). Questo dato però non si riscontra dal passo citato, né altrove nelle Confessioni, né dalle altre opere di Agostino. Se è vero che lo scolaro Agostino non vide esaudite le sue preghiere, questo non significa che egli abbia considerato Dio silente. Anzi, versando in una grave malattia, egli desiderò ardentemente il battesimo, come racconta subito dopo il ricordo delle busse del maestro. «Avevo udito parlare sin da fanciullo della vita eterna, che ci fu promessa mediante l'umiltà del Signore Dio nostro, sceso fino alla nostra superbia: e già ero segnato col segno della sua croce, già insaporito col suo sale fino dal primo giorno in cui uscii dal grembo di mia madre, che sperò molto in te. Tu, Signore, vedesti, ancora durante la mia fanciullezza, un giorno che per un'occlusione intestinale mi assalì improvvisamente la febbre e fui lì lì per morire, vedesti, Dio mio, essendo fin d'allora il mio custode, con quale slancio di cuore e quanta fede invocai dalla pietà di mia madre e dalla madre di noi tutti, la tua chiesa, il battesimo del tuo Cristo, mio Dio e Signore. E già tutta sconvolta la madre della mia carne, avendo più caro di partorire dal suo cuore, casto nella tua fede, la mia salvezza eterna, si preoccupava di affrettare la mia iniziazione ai sacramenti della salvezza, da cui fossi mondato confessando te, Signore Gesù, per la remissione dei peccati, quando improvvisamente mi ripresi. Così la mia purificazione fu differita...» (Confessiones 1,11,17: SANT'AGOSTINO, Le Confessioni, a cura di A. Trapè - C. Carena, Roma 2007, 21).
[…] Dunque non è possibile affermare che Agostino abbia considerato Dio, dai sette ai trenta anni, come un Dio che tace. Lo storico inoltre non riesce bene a esprimere e a descrivere la scelta di Agostino di assumere l'onore e l'onere del ministero sacerdotale (presbiterale ed episcopale). Non si può infatti semplicisticamente considerare questa scelta quasi una naturale e inevitabile evoluzione carrieristica e le reticenze manifestate solo come topos letterario (cf. pp. 138-139). Invece, con grande efficacia descrive il suo agire pastorale, mostrando il grande ruolo che i vescovi svolgevano nella vita pubblica. Di grande coinvolgimento sono le pagine finali sugli ultimi anni di Agostino e soprattutto del suo travaglio di pastore alla minaccia dei Vandali alle porte di Ippona.
Alla ricca e aggiornata bibliografia consultata dallo storico, con testi in diverse lingue, manca però totalmente la consultazione di studi italiani che avrebbero permesso un ulteriore approfondimento e forse fornito qualche ulteriore prospettiva per leggere la vicenda biografica di Agostino. La biografia di Rosen può essere considerata comunque un buono strumento per cominciare a conoscere l'affascinate e gigantesca figura di Agostino, che a ragione lo storico ha definito genio e santo.
R. Della Rocca, in
Aprenas vol. 64 (2-4/2017) 355-359