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Risorto nella vita eterna
Jürgen Moltmann

Risorto nella vita eterna

Morte e risveglio di un’anima vivente

Prezzo di copertina: Euro 16,00 Prezzo scontato: Euro 15,20
Collana: Meditazioni 273
ISBN: 978-88-399-3273-0
Formato: 11 x 20 cm
Pagine: 144
Titolo originale: Auferstanden in das ewige Leben. Über das Sterben und Erwachen einer lebendigen Seele
© 2022

In breve

«Il mio obiettivo qui è presentare non un’ars moriendi, ma casomai un’ars resurgendi: una preparazione non alla morte, ma alla risurrezione nella pienezza della vita» (Jürgen Moltmann).

Descrizione

La morte della moglie nel 2016 ha costretto Jürgen Moltmann a cambiare la propria vita in modo radicale. Non solo: ha indotto una teologo come lui – che tanto ha pensato e scritto sulla speranza umana nel tempo e nell’eternità – a verificare se tutti quei discorsi sono veri e reggono alla prova dei fatti, se sono in grado di sostenere un’esistenza e, anzi, un atteggiamento positivo di fronte alla vita. «Ho dovuto riflettere sulla morte e sul risvegliarsi di un’anima vivente».
Cosa chiediamo quando ci interroghiamo su una vita dopo la morte? Che cosa esprimono i cristiani quando parlano di vita eterna? In questo saggio incoraggiante Moltmann – lui stesso molto avanti negli anni – concentra il proprio pensiero sull’inizio che si cela in ogni vita umana che finisce.

Recensioni

Si dice che Luigi Gonzaga, mentre stava giocando in piazza a Roma con alcuni ragazzi a palla avvelenata, venisse interrogato su cosa avrebbe pensato di fare se avesse saputo che di lì a mezz’ora il mondo sarebbe finito. Ed egli avrebbe risposto tranquillamente: tornerei a giocare a palla avvelenata. Il gesuita, che sarebbe morto a soli 23 anni dopo essere stato contagiato dalla peste, probabilmente per essersi accollato sulle spalle un malato per portarlo al lazzaretto, non fa trapelare nessuna inquietudine grazie alla tenacia della sua fede. Un po’ come gli apostoli e i discepoli di Gesù dopo la sua morte, i quali nella certezza della resurrezione non ebbero alcun timore delle persecuzioni inflitte dall’Impero romano.

Di questa certezza ci parla il teologo protestante Jürgen Moltmann nel libro Risorto nella vita eterna, edito da Queriniana (e presentato da Maurizio Schoepflin in queste pagine lo scorso 3 luglio). Famoso in tutto il mondo per la sua Teologia della speranza, pubblicata nel 1964, e per molte altre sue opere ove mette a confronto i temi forti del cristianesimo con la complessità del mondo contemporaneo, Moltmann ha scritto questo saggio dopo la morte della moglie Elisabeth, avvenuta nel 2016, e spiega che l’essersi occupato spesso a livello teologico del tema della resurrezione di Gesù Cristo ora ha assunto un significato anche personale.

Di qui una serie di domande che riguardano certamente, oggi come ieri, gli studiosi e i teologi ma anche ciascuno di noi. Che cosa verrà dopo la morte o dopo non ci sarà più nulla? E come si rapporta la morte degli altri alla nostra vita? In particolare, la morte dei nostri cari? C’è una vita dopo la morte della moglie o del marito o di un figlio che abbiamo così tanto amato? Moltmann si interroga su cosa accadrà dopo la morte individuale di ciascuno, spiegando che «c’è una differenza tra la risurrezione di Cristo e il nostro risuscitamento. Egli apparve fisicamente alle donne e ai discepoli in una corporeità resa viva dallo Spirito della risurrezione e trasfigurata dalla gloria di Dio, eppure i discepoli poterono riconoscerlo dalle ferite del suo corpo morto. Noi invece non siamo risuscitati dalle nostre tombe, ma nell’ora della nostra morte. Non è il nostro cadavere a essere risuscitato dalla tomba, ma tutta la nostra vita vissuta è risuscitata a vita eterna nell’ora della nostra morte».

Perciò, quando seppelliamo il cadavere, possiamo essere certi che l’anima del defunto è già stata risuscitata. Come ha detto ai suoi compagni di cella Dietrich Bonhoeffer prima di essere giustiziato dai carnefici nazisti: «È la fine. Per me l’inizio della vita eterna». Ma quale corpo avranno i risorti? Il nuovo corpo della risurrezione, risponde Moltmann, sarà un corpo pienamente vivente nella forza vitale di Dio e corrisponderà al corpo trasfigurato del Cristo risorto: «Avrà quella forma che Dio ha previsto per noi nel suo mondo futuro». Tutta la vita, anche quella non vissuta, non amata o dissipata, sarà guarita e trasformata. Nell’ora della morte, la persona viene messa a confronto con la totale verità della sua vita e si fa giudice di se stessa. «Molto nella nostra vita rimane incompiuto. Abbiamo iniziato qualcosa, ma non l’abbiamo terminato. Abbiamo fallito. Abbiamo taciuto dove avremmo dovuto parlare. Non abbiano detto la verità, perché avevamo paura e non abbiamo creduto. Come può una vita essere completa e conclusa? Ma ciò che Dio incomincia, lo porta a compimento».

Moltmann ammette che possa esistere un tempo di purificazione dei propri peccati affinché possa verificarsi «la perfezione della persona» secondo la determinazione di Dio. In attesa del Giudizio finale, c’è un giudizio particolare che è l’anticipazione individuale del grande giudizio del mondo. Infine, c’è da considerare la vita di coloro la cui esistenza è stata spezzata prematuramente, di chi è stato vittima di tragedie ed orrori, di chi ha sopportato una vita di fatica a causa di un handicap: come si arriva al compimento?

Anche qui Moltmann ha parole che per la loro chiarezza preferiamo riportare: «L’idea che con la loro morte tutto è finito farebbe precipitare nell’assurdità il mondo intero. Infatti, se la loro vita non ha senso, ha senso allora la nostra vita? Non dobbiamo forse coltivare l’idea di una storia di Dio che va avanti dopo la morte con questa vita spezzata e distrutta, per poter affermare e ciò malgrado amare la vita in questo mondo di esistenza disabili, malate, assassinate e interrotte? Così come il Gesù terreno ha guarito i malati, così il Risorto guarirà le malattie di cui la vita ha dovuto soffrire e per le quali muore. Egli solleverà la vita violentemente distrutta affinché possa essere pienamente vissuta. Quindi penso che, a quanti sono infranti, disturbati e rovinati, la vita eterna darà spazio, tempo e forza per vivere la vita che era loro destinata e per la quale erano nati. Lo penso per amore della giustizia, che credo sia la natura e la passione di Dio».


R. Righetto, in Avvenire 4 ottobre 2022

Nel 2016 Jürgen Moltmann, uno tra i maggiori e più noti teologi contemporanei, rimase vedovo. Per sua stessa ammissione, la scomparsa della moglie fu un evento che lo segnò profondamente e lo costrinse anche a ripensare la questione della morte dal punto di vista teologico. Di qui, la pubblicazione di un breve e succoso volume intitolato Risorto nella vita eterna. Morte e risveglio di un’anima vivente (Queriniana, pagine 137, euro 16,00), nel quale lo studioso tedesco ha raccolto alcune riflessioni finalizzate a proporre una nuova prospettiva secondo cui guardare alla morte: «L’obiettivo – si legge nella Prefazione – non è presentare un’ars moriendi, un prepararsi a morire, ma una preparazione alla risurrezione nella pienezza della vita, che noi chiamiamo vita eterna, quindi un’ars resurgendi. Possiamo esercitare l’ars moriendi una sola volta, l’ars resurgendi invece per tutta la nostra vita vissuta. Ogni nuovo inizio è una “risurrezione”. Vorrei creare consolazione e speranza con questo saggio, e certezza nelle celebrazioni religiose».
Il punto fermo da cui prendere le mosse è sempre e inevitabilmente la risurrezione di Gesù e i racconti pasquali che ne sono la testimonianza. È infatti l’evento pasquale a conferire pieno significato e ad attribuire il giusto valore alla vita, alla passione e alla morte di Cristo. A tale proposito, Moltmann afferma che la resurrezione di Cristo dai morti rende eterni la sua vita e il suo messaggio. Ed è proprio alla luce della risurrezione del Signore che il teologo tedesco interpreta quella dell’uomo, e in tale interpretazione si concretizzano quella consolazione e quella speranza che Moltmann si prefigge di comunicare con questo suo saggio.

«L’ora della nostra morte – afferma con forza – è l’ora della nostra risurrezione. Quando moriamo, ci risvegliamo alla vita eterna. I dolori della morte sono i dolori della nascita della vita eterna. Quando il nostro corpo con le sue membra giacerà morto e si corromperà, tutta la nostra vita, la nostra anima vivente, risorgerà alla vita eterna con un nuovo corpo». Questo ci è garantito dalla comunione con Cristo. Si
tratta di affinare il nostro sguardo di fede: «I morti vivranno, perciò non sono morti in senso definitivo. Si dice “dormono”, non perché non siano realmente scomparsi, ma perché li attende il mattino della risurrezione. Siamo attesi! In virtù della risurrezione di Gesù morto, la morte non ha più posto, nemmeno dopo il morire».
La fine illumina l’inizio, la risurrezione ci fa comprendere l’incarnazione. Nella Lettera ai Romani, San Paolo afferma di riconoscere Gesù Cristo «costituito figlio di Dio con potenza... in virtù della risurrezione dai morti». Così accadrà a ciascuno di coloro che avranno avuto fede in Lui e si avvererà quanto si legge nel Salmo 139: «Nemmeno le tenebre per te sono tenebre e la notte è luminosa come il giorno».


M. Schoepflin, in Avvenire 3 luglio 2022

Il libro Risorto nella vita eterna del teologo Jürgen Moltmann, uscito nel 2020 in tedesco, trova presso l'editrice Queriniana la sua versione italiana nella traduzione di Gianni Poletti. La riflessione di Moltmann prende avvio da un fatto personale: la morte dell'amata moglie e compagna di ricerche teologiche, Elisabeth Moltmann-Wendel. Il nostro desiderio di risurrezione si origina da ciò che sentiamo sfuggirci dalle mani, dalla nostra impossibilità di tenere in vita per sempre chi amiamo. La nostra esperienza non è mai quella della morte, in quanto nessuno potrà mai sapere che cosa significa essere morto (ricordando Epicuro, «quando ci sono io non c'è ancora la morte e quando arriva la morte non ci sono più io»), però possiamo far esperienza del morire, ovvero di una realtà che ci sfugge e che vorremmo trattenere.

Vita e morte. Nello scrivere questa intensa riflessione sulla risurrezione, Moltmann afferma: «Ho anche tentato di capire che cosa è la felicità che non passa e ho cercato di immaginare a che cosa assomiglierà, dopo la morte, il risuscitamento di tutta la vita vissuta. Ho pensato al morire e al destarsi di un'anima che vive».

Per comprendere la risurrezione è necessario distaccarsi dalla visione cronologica del tempo, in quanto l'eternità non può venire percepita come un "tempo infinito" ma proprio come un annullamento del tempo. In questo senso non vi è discontinuità tra la bellezza assaporata nella vita presente e quella che abiterà l'eternità. La morte non può vincere l'amore, e questo è dimostrato dal fatto che la morte esiste in conseguenza dell'esserci della vita. Quando non ci sarà più vita, non potrà nemmeno esserci morte. L’amore è al di sopra del nascere e del morire. Gesù nel Getsemani tenta di dissuadere Dio dal chiedergli di morire, e muore nel radicale abbandono di Dio. Anche i discepoli abbandonano Gesù. Le donne invece tengono gli occhi puntati su di lui, mantengono il contatto visivo con l'amico.

Forse è proprio per questo che Cristo risorto appare per primo proprio a Maria di Magdala, che Moltmann definisce come «la persona più vicina a Gesù». Per rendere Maria Maddalena inattendibile, la Chiesa (emblematica un'omelia di papa Gregorio I) la equiparò alla grande peccatrice, che era un'altra figura biblica. Solamente nel 1965 con il Concilio Vaticano II questa immagine ecclesiastica, per secoli distorta, venne corretta e finalmente svincolata da sovrainterpretazioni "comode" del testo sacro, che facevano convergere le diverse figure femminili in un'unica donna, la peccatrice che, a causa del suo bisogno di redenzione, si accostava a Gesù.

Maria Maddalena è un'apostola. Prima tra tutti, si accorge che la risurrezione di Gesù è ontologicamente diversa dalla rianimazione di un uomo morto. Non è un semplice "tornare in vita", ma un vincere la morte per sempre. Nessuno come lei sperimenta la salvezza in modo corporeo. Il «noli me tangere» che il Signore risorto sussurra a Maddalena (e qui Moltmann cita un pensiero della moglie Elisabeth), significa «mi hai voluto bene ma ora cerchi di appigliarti. Dunque, matura, cresci, accetta il distacco per cogliere il significato più profondo della risurrezione». Per comprendere la risurrezione di Cristo è necessario rileggere e assaporare il suo incontro con Maria di Magdala.

La risurrezione è un evento cosmico che coinvolge la totalità della creazione, che permette di apprezzare la caducità come misura della libertà. Non vi è contrapposizione tra un "prima di morire" e un "dopo la morte", come se lo spartiacque fosse l'esalazione del respiro. Ciò che è vero sulla terra lo sarà anche "dopo" nei cieli, in quel dopo che per Dio è simultaneità dei tempi. Tutto viene restituito. Più assaporiamo e gustiamo la terra, più si apre dinnanzi a noi la bellezza del cielo.


A. Ghiroldi, in La Voce del Popolo 23 giugno 2022

Nell'ultimo mese sono stati pubblicati tre testi (dall'Editrice Queriniana di Brescia) che possono essere una buona lettura sul tema della risurrezione, che recentemente abbiamo celebrato come destino finale del crocifisso Gesù di Nazareth. Il primo è originale e curioso fin dal titolo, Perché le mucche risuscitano (probabilmente). Ovvero, perché mio padre non resterà tutta la vita bloccato in ascensore. Lo ha scritto il giovane domenicano francese Franck Dubois, studioso esperto del padre della chiesa Gregorio di Nizza. Ha insegnato teologia all'università cattolica di Lille e da tre anni è maestro dei novizi al convento di Strasburgo.

Al primo approccio questo saggio è di inaudita originalità, ma alla fine risulta essere un gustoso trattato di ecologia spirituale. Le domande poste in apertura sono strane e stimolanti: «In paradiso ci imbatteremo in leoni diventati vegani? Lassù il calvo recupererà i capelli che aveva in gioventù? Il mio pesciolino rosso potrà finalmente parlare? Gli animali, gli alberi o anche i sassi ci vanno, in paradiso? A Dio preme almeno un po' la salvezza eterna di quelle sue creature che non sono esseri umani?».

La risposta è altrettanto spiritosa: «Una cosa è certa: ci sarà una bella ressa al momento di salire sull'ascensore che porta in cielo!». E cioè, gli animali e gli alberi non hanno la funzione di servire come mero ambiente, mentre l'uomo, come afferma la teologia cristiana, è chiamato a salvarsi. Per Dubois anche bestie e piante attendono di essere salvate. Ma non dipende dalla mucca avere accesso al cielo. La mucca non risuscita in senso proprio, ma viene associata al mistero della risurrezione degli uomini, che hanno la responsabilità della sua salvezza. In altre parole: «L'intera creazione è chiamata a transitare In Dio. Il creato non è un insignificante fondale “usa e getta” di cartapesta, destinato a scomparire alla fine della storia».

Dio è presente al cuore di ogni realtà materiale, agisce tanto sulle anime quanto sui corpi, non si disinteressa del mondo fisico. Anzi, l’ha creato perché rimanga per sempre e si perfezioni. Quindi, è la conclusione del testo, la comunità di destino fra tutti gli elementi del mondo chiama l’uomo a prendersi cura della natura.

Il secondo testo è più impegnativo. Affronta il tema cristiano della risurrezione in modo classico, partendo dai testi biblici. Il titolo è Risurrezione? Il cammino di Gesù, la croce e la fede pasquale (240 pagine). Lo ha scritto Hans Kessler, 83 anni, professore emerito di teologia fondamentale e dogmatica presso l'Università Johann Wolfgang Goethe di Francoforte sul Meno. Da giovane ha fatto l'assistente universitario di Walter Kasper, oggi cardinale, esponente della corrente progressista e innovativa della Curia Romana.

Per tanti la risurrezione è qualcosa di esotico: i racconti pasquali, con i loro tratti favolistici, sembrano poco credibili se li si prende alla lettera. Ma i vangeli – si chiede Kessler – che tipo di testi sono e di che cosa trattano? Che cosa affermano davvero di quel Gesù che, dopo aver annunciato un messaggio imperituro di giustizia e libertà, finì appeso a una croce? Perché dovette morire? Che cosa si esprime dietro le esperienze pasquali delle sue discepole e dei suoi discepoli? Che cosa può voler dire risorgere dalla morte? In cosa consiste oggi la forza di provocazione di questo messaggio?

Il libro esamina le fonti della fede nella risurrezione e le riporta alla questione fondamentale della comprensione cristiana di Dio: chi è questo Dio che, confessato come il Padre di Gesù, aspira a essere vita piena e illimitata per tutti gli esseri umani? «Per rispondere» – afferma Kessler – «io cerco di interrogare le testimonianze bibliche, attenendomi con cautela ai soli fatti riconoscibili».

Il libro è destinato ai contemporanei che dubitano e che non vogliono essere ingannati con idee preconfezionate, ma vogliono approdare a un giudizio oggi possibile efondato. Da un lato è scritto per chi è lontano dalla chiesa, in secondo luogo vorrebbe anche aiutare gli insegnanti di religione perché non abbandonino gli studenti ad idee discutibili.

Il terzo testo edito da Queriniana è scritto dal maggiore teologo evangelico vivente, Jürgen Moltmann, iniziatore della teologia della speranza, e si intilola Risorto nella vita eterna. Sul morire e risvegliarsi di un'anima vivente (144 pagine). «Il mio obiettivo qui – scrive l'Autore – non è presentare una “ars moriendi”, una preparazione alla morte, ma una preparazione alla risurrezione nella pienezza della vita che chiamiamo vita eterna. Quindi, direi, una "ars resurgendi”».

La morte della moglie nel 2016 ha costretto Moltmann a cambiare in modo radicale la propria vita. Non solo, ma ha indotto un teologo come lui – che tanto ha pensato e scritto sulla speranza umana nel tempo storico e nell’eternità – a verificare se tutto quel discorso è vero e regge alla prova dei fatti: la fede è in grado di sostenere un atteggiamento positivo di fronte all'esistenza?

«Ho provato a imparare – afferma – che cos’è la felicità che non passa. Ho cercato di immaginarmi com’è, dopo l'atto finale della morte, la risurrezione di tutta la vita che si è vissuta. Ho riflettuto sul morire e sul risvegliarsi di un'anima vivente».

Quello di Moltmann è un saggio incoraggiante. Per rispondere alle domande: Cosa chiediamo quando ci interroghiamo su una vita dopo la morte? Che cosa esprimono i Cristiani quando parlano di vita eterna? Invita a concentrare il pensiero sull'inizio che sta in ogni fine della vita, anche nella fine di ogni vita umana. Ma che sta anche in ogni cominciamento della nostra esistenza, perché ogni nuovo inizio è una risurrezione.


G. Poletti, in L’Adige 14 maggio 2022, 38