Disponibile
Etica della speranza
Jürgen Moltmann

Etica della speranza

Prezzo di copertina: Euro 29,00 Prezzo scontato: Euro 27,55
Collana: Biblioteca di teologia contemporanea 156
ISBN: 978-88-399-0456-0
Formato: 16 x 23 cm
Pagine: 320
Titolo originale: Ethik der Hoffnung
© 2011

In breve

Questo non è un manuale che introduce al metodo dell’etica teologica e offre trattazioni complessive. Con quest’opera Moltmann si rivolge semplicemente alla cristianità per avanzare delle proposte pratiche in seno a orizzonti pieni di speranza. Cerca di inculcare un éthos riguardante la vita messa in pericolo, la terra minacciata e la giustizia negata. Si occupa di ciò che, oggi e domani, con il coraggio della speranza, bisogna fare di fronte ai pericoli.

Descrizione

«L’opera Teologia della speranza di Jürgen Moltmann, edita in edizione originaria nel 1964 (e in traduzione italiana come BTC 6 nel 1970, vincendo il Premio Letterario Internazionale Isola d’Elba nel 1971), è ormai un testo classico della teologia del XX secolo. Il messaggio dell’opera, tradotta nelle principali lingue internazionali, affermava che l’esistenza cristiana e l’azione sociale si devono coniugare insieme. A lungo attesa, ora finalmente vi fa seguito questa nuova opera, Etica della speranza, in cui l’Autore spiega come si potrebbero prospettare, alla luce di una teologia della speranza, delle visuali etiche, dei giudizi etici e un agire concreto.
Questa nuova opera, Etica della speranza, non è un manuale che tratta di princìpi generali atemporali, ma un progetto di prassi etica. A un capitolo fondamentale sul nesso esistente tra escatologia ed etica seguono tre passaggi: il teologo cerca di delineare un’etica della vita in contrasto con un’etica della morte, un’etica della terra di fronte alle sfide ecologiche del presente e, infine, un’etica della giustizia di fronte ai crescenti squilibri sociali e globali nella convivenza sociale.
La speranza incoraggia a fare quel che oggi e domani è necessario fare, con coraggio, di fronte al pericolo.

Recensioni

«Alla bella età di 84 anni, una delle figure che maggiormente hanno segnato il Novecento teologico si interroga sul tema dell’etica nell’era della globalizzazione postmoderna, ricollegandosi, sin dal titolo, all’opera che lo ha reso famoso (Teologia della speranza, 1964). Ne esce un libro di notevole interesse e piacevolissima lettura: Moltmann raggiunge senz’altro l’obiettivo dichiarato in apertura, di rivolgersi cioè a un pubblico che va al di là della cerchia degli specialisti. Egli utilizza materiali in parte ripresi da altre pubblicazioni, attinge alle riflessioni svolte nei corsi di etica regolarmente tenuti a Tübingen negli scorsi decenni, si confronta con le prese di posizioni ecumeniche delle tre grandi famiglie confessionali. […]
Anche l’etica, lo sappiamo, è diventata un campo estremamente specializzato, e già il fatto di trovare considerazioni di etica fondamentale, di bioetica, di etica ambientale e infine politica in un solo volume è ormai abbastanza raro; esso è esposto, anche, alla critica degli specialisti dei singoli settori i quali, comprensibilmente, avvertono un insufficiente approfondimento dei singoli temi, un’informazione sul dibattito che potrebbe essere perfezionata ecc. D’altra parte, la teologia e la chiesa hanno bisogno di proposte di questo genere, che indichino sia un progetto complessivo sia le sue conseguenze nei singoli ambiti. Lo sviluppo della teologia moltmanniana sembra, per molti aspetti, rendere un simile progetto meno improbo che in altri casi. La dimensione etica è infatti sempre stata, nelle riflessioni del teologo tedesco, strettamente collegata alla trattazione dogmatica.
Correlativamente, in questo libro, egli si mostra assai interessato al profilo biblico e teologico dell’etica, che deve lasciare le proprie tracce anche negli ambiti nei quali i tecnici e gli specialisti vorrebbero, a volte, avere la prima e l’ultima parola. Non è un programma facile da realizzare, per le ragioni ricordate anche in queste note. La componente pensosa dell’opinione pubblica, tuttavia chiede alla chiesa esattamente questo: che cosa essa abbia da dire, in nome dell’evangelo, sulle grandi questioni che appassionano, e anche angosciano, il nostro tempo. E si può essere grati a questo grande vecchio del pensiero evangelico per aver voluto, ancora una volta, offrire l’apporto di un’“esperienza di pensiero teologico” (per richiamare un’altra sua opera) che ha pochi eguali nel panorama attuale».


F. Ferrario, in Protestantesimo 67/2 (2012) 167-171

«Il respiro generale di questa Etica della speranza è quello di un vangelo della vita, "il sì detto da Dio alla vita amata e amante, alla vita personale e comunitaria, alla vita umana e naturale sulla terra da lui amata. Esso è, nello stesso tempo, il no di Dio detto al terrore e alla morte, all’ingiustizia e alla violenza contro la vita, alla rassegnazione, all’apatia e ai desideri di morte". Ancora una volta, attraverso un libro, Moltmann riesce a capovolgere evangelicamente ogni fine in un nuovo inizio: la chiave interpretativa di tutta una vita».


P. Iacobino, in Riforma n. 14, del 6 aprile 2012, 7

«I temi sono molteplici e disparati: la bioetica, la sostenibilità della crescita, l’ecologia, la pace internazionale, il terrorismo, la corsa all’armamento atomico, la giustizia e il diritto. A tutte queste questioni l’Autore volge uno sguardo partendo da considerazioni concrete, esempi e rapide ricostruzioni storiche. Non si tratta di un manuale – visto anche la complessità delle singole questioni, che vengono invece trattate in maniera abbastanza veloce – ma di confidenze, riflessioni e giudizi dell’Autore su temi tutti all’ordine del giorno. Il filo conduttore è presentato nel primo capitolo, in cui Moltmann spiega il rapporto esistente tra l’etica e l’escatologia, tema, quest’ultimo, ampiamente sviluppato nelle sue diverse ricerche teologiche. La lettura del testo è generalmente scorrevole e, nei contenuti, stimolante e a volte provocatoria. Probabilmente più ostico potrebbe essere l’approccio al primo capitolo, sull’escatologia, fondamentale per comprendere il pensiero di Moltmann, ma più tecnico per il linguaggio e i concetti teologici espressi. Moltmann stesso ne è consapevole e si prende cura, nella Prefazione, di offrire alcune indicazioni utili per la lettura».


A. Giampietro, in Jesus 6/2012, 112

«“Solo un ateo può essere un buon cristiano”. Così si espresse una volta in un pubblico dibattito il famoso filosofo E. Bloch. Mi pare di aver letto da qualche parte che alla battuta del filosofo tedesco abbia risposto proprio J. Moltmann, allora un giovane teologo luterano, dicendo: “Ma solo un cristiano può essere un buon ateo”. Non si trattava ovviamente di un mero espediente letterario per attirare l'attenzione o mettere a tacere l'interlocutore, quanto piuttosto di un modo arguto e intelligente di rovesciare l'argomentazione ed entrare cosi in dialogo con il filosofo sul tema cruciale dell'etica. In effetti la domanda che si ponevano entrambi era la stessa: cosa fa si che un cristiano sia un “buon cristiano” e un ateo un “buon ateo”? La risposta di Moltmann, diventato nel frattempo anche lui famoso, arrivò dopo molti anni, anzi decenni, che lo videro impegnato sul fronte della teologia della speranza e successivamente quello dell'etica. Perché? Come mai ha atteso cosi tanto tempo prima di scrivere un'etica della speranza? Cosa lo trattenne dallo scrivere un'opera che avrebbe visto la luce, quasi cinquant'anni più tardi, nel 2010?
Le risposte possibili sono molte. Moltmann stesso ne elenca alcune ammettendo anzitutto i limiti delle sue conoscenze e in secondo luogo la progressiva presa di coscienza dei limiti dello sviluppo di cui si era fano portavoce negli anni Settanta il Club di Roma. Cosa che gli permise, secondo la sua stessa ammissione, di percepire più chiaramente la mancanza di una “dottrina ecologica della creazione” che rendesse plausibili le prese di posizione e le proposte concrete che egli veniva elaborando nel tempo, esponendole e chiarendole sempre meglio in seno alla commissione ecumenica Faith and Order, di cui era membro, ma anche in pubbliche conferenze e dibattiti culturali. Fu così che a distanza di molti anni Moltmann ritenne fosse finalmente giunto il momento di offrire alle sue ricerche e riflessioni sparse un orizzonte teologico che le unificasse e giustificasse, almeno in parte, il tentativo di scrivere un'etica della speranza nella forma di un'“etica trasformativa”, come egli stesso la definisce.
Scrive infatti: “La speranza nella trasformazione escatologica del mondo da parte di Dio conduce a un'etica trasformativa, che pur con un materiale insufficiente e con le deboli forze del presente cerca di essere all' altezza di questo futuro e lo anticipa” (p. 7). La conclusione è che un'etica della speranza non può che impegnarsi in un'“azione trasformatrice per anticipare più che si può la nuova creazione di tutte le cose che Dio ha promesso e che ha inaugurato in Cristo” (p. 59). Conclusione, questa, che diventa a sua volta premessa di tutta una serie di riflessioni puntuali e analitiche su temi e problemi particolari che lo portano a elaborare, in progressione, prima un'Etica della vita (pp. 61-136), poi un'Etica della terra (pp. 137-204) e infine un'Etica della pace giusta (pp. 205-298). Etiche tutte che non hanno la pretesa di presentarsi nella veste di un manuale che introduca ai problemi del metodo, né di un trattato che presuma di affrontare enciclopedicamente tutte le questioni e gli interrogativi attualmente sul tappeto della società.
Questo però che cosa significa? Che se non si scrive un'opera articolata e completa in tutte le sue parti non vale la pena di scrivere o affrontare singoli temi e problemi di etica applicata? Ovviamente no, semmai è vero il contrario. Il profondo senso del limite con cui l'Autore accosta la realtà, se da una parte mette in evidenza la complessità dei temi e problemi affrontati, dall'altra è una testimonianza convincente di fede che attesta il coraggio, si potrebbe anche dire la “giovinezza”, di un teologo che nonostante l'età non si stanca profeticamente di infondere speranza e stimolare il movimento ecumenico a intraprendere un dibattito e un confronto che sia finalmente in grado di individuare una risposta comune della cristianità mondiale a tutti i pericoli che minacciano il nostro pianeta e il futuro che lo attende».


G. Trentin, in Studia Patavina 1 (2013) 257-259