Si può leggere la Bibbia con l'occhio e la curiosità di un botanico e si avrà in cambio una varietà di informazioni interessanti per comprendere la vegetazione e i luoghi delle numerose piante citate nel libro sacro. Ma la Bibbia dice di più. Alberi e arbusti compaiono nella vita quotidiana del popolo di Dio, entrano negli usi domestici, nei riti fino a trasformarsi in linguaggio simbolico.
Proprio questa dimensione di stretto rapporto tra vissuto e trasfigurato, tra natura e simbolo è al centro del curioso e interessante libro di Christophe Boureux, padre domenicano, dottore in teologia e antropologia. Di lui il Sole 24 Ore Domenica ha recensito (27 novembre 2016) il saggio teologico Dio è anche giardiniere, edito da Queriniana.
Se Baudelaire scrive che «la natura è un tempio ove viventi pilastri lasciano uscire a volte confuse parole», nell'Eden tutto parla ad Adamo e a Eva perché quel luogo è stato pensato come «un aiuto che gli corrisponda» dice la Genesi. Le piante sono compagne dell'uomo che cerca se stesso cercando il suo Dio. Come un albero della vita sta al centro del Paradiso terrestre così un albero s'innalza nella piazza della Gerusalemme celeste descritta nell'Apocalisse: dà frutti dodici volte all'anno e «le foglie servono a guarire le nazioni, e non vi sarà più maledizione». Boureux nella prefazione fornisce, con una scrittura chiara e coinvolgente, riferimenti teologici, naturalistici e storici. Fa poi capire come i significati simbolici non abbiano fondamento empirico anche se l'uso e le proprietà delle piante generano un significato.
«Le piante - precisa - hanno un significato perché entrano in una cultura che crea significato creando legami fra piante e situazioni... La Bibbia orienta tutto in funzione della relazione dell'uomo credente con Dio». Nel libro sono censiti 50 alberi e 38 arbusti ed erbe per ciascuno dei quali viene riportata la citazione dall'Antico e dal Nuovo Testamento cui segue una puntuale descrizione.
S'incontrano l'acacia, l'assenzio, il cedro, il giunco, l'olivo, il tamerisco, l'atreplice oppure le spezie come il cumino o ortaggi come la cipolla e il cetriolo. L'autore, con scrupolo e passione, aiuta a entrare nei particolari del racconto che, senza le conoscenze sugli alberi, i loro fiori e i loro frutti, non si comprenderebbe fino in fondo. Si perderebbe spesso l'intensità del messaggio religioso. Un esempio: la mandragora che compare nell'episodio delle due matriarche e sorelle, Rachele e Lia, entrambe date in sposa a Giacobbe con un sotterfugio (Genesi, 30,14-17). Il frutto della mandragora, oltre a possedere proprietà anestetiche, per cui fu usato nelle operazioni chirurgiche fino al Medioevo, era considerato un afrodisiaco e un fecondante. Lia e Rachele si contendono le mandragore prima del rientro a casa di Giacobbe. L'episodio, inserito nella raccomandazione biblica «Siate fecondi e moltiplicatevi», mostra i sotterfugi umani, le gelosie, le ansie legate alla sterilità, l'onta della coppia senza figli. Una situazione rimarcata dal Libro dei Proverbi che dice: «Tre cose non si saziano mai, anzi quattro non dicono mai: "Basta!": il regno dei morti, il grembo sterile, la terrà mai sazia d'acqua e il fuoco che mai dice: "Basta!"».
G. Santambrogio, in
Il Sole 24 Ore 16 aprile 2017