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L’amore del prossimo
Thomas Söding

L’amore del prossimo

Il comandamento di Dio come promessa ed esigenza

Prezzo di copertina: Euro 42,00 Prezzo scontato: Euro 39,90
Collana: Biblioteca di teologia contemporanea 188
ISBN: 978-88-399-0488-1
Formato: 16 x 23 cm
Pagine: 360
Titolo originale: Nächstenliebe. Gottes Gebot als Verheißung und Anspruch
© 2018

In breve

L’amore del prossimo è bene che sia praticato, anzitutto; tuttavia non è male che, di tanto in tanto, ci si rifletta con lucidità, per capirne i motivi profondi, il significato e le implicazioni nell’oggi. Questo saggio aiuta quindi a riscoprire su solide basi il comandamento dell’amore del prossimo, fulcro dell’etica cristiana, fornendo una autorevole bussola per muoversi nell’attuale dibattito su fede e morale.

Descrizione

Cuore pulsante dell’etica biblica, il comandamento dell’amore del prossimo sta al centro del Nuovo Testamento ed è al cuore del messaggio cristiano: se infatti affonda le radici nell’Antico Testamento e nel giudaismo, con Gesù è diventato la parola-chiave della morale cristiana.
Cristo, la cui etica si fonda essenzialmente sull’annuncio di Dio come Padre amorevole, ha rideterminato l’idea del “prossimo” (chi è il mio prossimo e perché l’amore va rivolto proprio a costui?) così come la pratica concreta dell’amore (che cos’è l’amore del prossimo e come si manifesta? chi lo esige? a chi è rivolto questo comandamento? come si rapporta l’amore del prossimo con l’amore di Dio e con l’amore di se stessi? che valore ha?). E l’eco del comandamento dell’amore, che per Gesù include sempre anche l’amore dei nemici, dal cristianesimo delle origini continua a risuonare con forza fino ai giorni nostri.
In questo libro viene ricostruito il profilo dell’etica neotestamentaria e ne vengono ridiscusse le posizioni qualificanti, andando oltre i dati più naturali e scontati, e confrontandosi coraggiosamente con le obiezioni e le riserve più critiche. Non da ultimo, si intende riscoprire quali implicazioni e quale forza di orientamento – sul piano psicologico, su quello sociale e politico, su quello squisitamente teologico – derivino oggi per noi dal comandamento dell’amore.
Un testo indispensabile per riscoprire su solide basi l’amore del prossimo, fulcro dell’etica cristiana.

Recensioni

La collana Biblioteca di teologia contemporanea si è arricchita di un volume di teologia biblica sul comandamento dell’amore del prossimo, grazie all’esegeta tedesco Thomas Söding, padre di tre figli, attualmente consultore del Pontificio consiglio per la Promozione della Nuova evangelizzazione e autore di numerose pubblicazioni, diverse delle quali tradotte anche in italiano. Il volume è il risultato di un corso tenuto presso la Facoltà di teologia cattolica della Ruhr a Bochum nel 2013-2014 e riflette un’impostazione didattica, a partire dall’articolazione in sedici capitoli.

In un primo momento, l’A. affronta le maggiori questioni introduttive, poi compie un percorso che attraversa velocemente l’Antico Testamento (c. 4), il terreno degli scritti giudaici non canonici, per soffermarsi in modo particolareggiato negli scritti del Nuovo Testamento (cc. 6-15), fino a offrire una sintesi dei risultati raggiunti (c. 16).

In ogni capitolo del percorso, dopo aver analizzato i testi attinenti al tema, Söding riprende gli elementi più significativi in una sintesi guidata da sette domande enucleate nel primo capitolo: chi è il prossimo? Che cos’è l’amore del prossimo? Come si manifesta l’amore del prossimo? Chi esige l’amore del prossimo? Chi è chiamato all’amore del prossimo? Come si rapportano l’amore del prossimo e l’amore di sé? Che valore ha l’amore del prossimo?

Non è possibile in questo spazio analizzare l’intera opera, e risulta arduo persino presentare la ricchezza della sintesi conclusiva a cui l’autore giunge nella conclusione, riuscendo a mettere ben in rilievo l’originalità dell’insegnamento e della vita di Gesù, testimoniata nel NT nella dinamica di continuità e discontinuità con le Scritture di Israele. […]

Nel suo complesso, il volume si contraddistingue per la chiarezza, la profondità esegetica e la capacità di sintesi e di organizzare in forma sistematica la tematica dell’amore del prossimo. Anche gli indici finali (dei passi citati, dei nomi e degli argomenti) facilitano la consultazione del testo, che rappresenta un punto di riferimento per quanti intendono avvicinarsi all’etica neotestamentaria.


M. Grassilli, in Rivista di Teologia dell’Evangelizzazione 1/2022, 287-289

«L’amore del prossimo è il concetto fondamentale dell’etica cristiana. Ne è responsabile lo stesso Gesù. Purtroppo, la prassi appare spesso diversa, ma l’esigenza è chiara, l’orientamento morale è inequivocabile. In che cosa consiste? Nella Bibbia l’amore del prossimo è un comandamento di Dio – ed è la grande speranza degli uomini nell’umanità. Il comandamento di Dio è promessa ed esigenza. Come si accordano questi due aspetti?» (p. 5). Fin dalle primissime pagine questo intenso saggio, che nasce da un corso tenuto presso la Facoltà di teologia cattolica all’Università della Ruhr a Bochum, propone una serie di domande nevralgiche intorno a questa dimensione centrale per il cristianesimo, e non solo. L’A. infatti ricorda che il cristianesimo «non ha alcun monopolio dell’amore del prossimo, né sul piano pratico né su quello programmatico» (ibid.). In che cosa consiste quindi la sua specificità? È possibile che questa tensione condivisa rappresenti un ponte con coloro che non credono in Gesù?

L’opera si struttura in sedici capitoli, il primo dei quali – Questioni riguardanti il comandamento dell’amore, al di là del dato naturale – orienta la ricerca sia attraverso una serie impegnativa di interrogativi sia offrendo le coordinate del suo sviluppo: «Per presentare l’amore del prossimo, come è descritto nel Nuovo Testamento, sono presupposte tre cose diverse: che si esaminino le relazioni in cui si colloca l’amore del prossimo, soprattutto in rapporto all’Antico Testamento e all’etica greco-ellenistica; che si esplorino attentamente i significati del comandamento dell’amore partendo dal testo e dai contenuti originari; e che si considerino le riflessioni che sono suscitate dal comandamento dell’amore: nella psicologia, nella politica e nella teologia» (p. 7). Anche la lettura di queste prime pagine, quindi, offre una conferma di come riflettere sull’amore del prossimo sia prassi che inquieta tanto il pensiero quanto la vita.

Il percorso appena delineato si sviluppa attraverso capitoli tematici, a partire da un approfondimento di carattere semantico (cap. 2) che analizza le diverse forme in cui viene espresso il concetto di amore: éros, affetto, amicizia, agápe, per poi problematizzare l’unità possibile tra queste accezioni. «L’esame del linguaggio crea una prima chiarezza in materia. L’amore del prossimo è agápe […]. Nella luce dell’agápe l’amore per il prossimo, collegato all’amore di sé, si manifesta come autorealizzazione: da nessuna parte un uomo è più uomo di quando ama» (p. 37).

Il lavoro prosegue fondando l’amore del prossimo nell’amore di Dio (cap. 3), attraverso un confronto con alcuni brani dell’Antico Testamento (da Tôrah, Salterio, Sapienza, Profeti), del Primo Giudaismo (ad esempio da Testamento di Abramo, Documento di Damasco, Testamento di Levi, Filone), del Nuovo Testamento (da Giovanni, Paolo). Dopo questi ampi passaggi introduttivi, inizia l’analisi vera e propria del comandamento dell’amore del prossimo, così come emerge: nell’Antico Testamento (cap. 4); nel giudaismo (cap. 5); nella predicazione di Gesù (capp. 6-8); nell’opera giovannea (cap. 9); nella pratica del cristianesimo delle origini attraverso Atti degli Apostoli (cap. 10); nell’epistolario paolino (cap. 11); nella scuola di Paolo (cap. 12); nella lettera di Giacomo (cap. 13); nella prima lettera di Pietro (cap. 14); nella seconda lettera di Pietro e nella lettera di Giuda (cap. 15).

Ciascuno di questi dodici capitoli si conclude con un paragrafo di sintesi, che si struttura intorno a sette domande: chi è il prossimo? Che cos’è l’amore del prossimo? Come si manifesta l’amore del prossimo? Chi esige l’amore del prossimo? Chi è chiamato all’amore del prossimo? Come si rapportano l’amore del prossimo e l’amore di sé? Che valore ha l’amore del prossimo?

Nell’ultimo capitolo – L’amore del prossimo, il centro dell’etica cristiana – viene tratteggiato il profilo dell’etica cristiana intorno alle medesime sette domande, le cui risposte raccolgono i contributi di tutti i capitoli, in modo sintetico e chiaro. Alcune conclusioni meritano di essere riprese: «l’amore di Dio possiede forza creativa – possiede alla fine la forza della risurrezione dai morti; pertanto anche l’amore per il prossimo può trovare la disponibilità e la forza di amare il nemico […]. Il programma dell’amore per il nemico è un proprium dell’etica del cristianesimo delle origini» (p. 301); «l’amore del prossimo non è una scoperta del cristianesimo, ma la sua carta d’identità. Ogni sguardo ai testi biblici da fuori arriva a questo risultato» (p. 315). Eppure «l’etica dell’amore non è ovvia, ma controversa» (p. 316). Riserve sono sollevate dalla psicologia, dalla politica, dalla teologia. Le pagine conclusive dell’opera sono dedicate al confronto con tali riserve, per confutarle attraverso l’unica risposta possibile, che non consiste in una teoria, ma nella prassi: alle obiezioni della psicologia si ribatte che «se ci sono i frutti dell’amore […] le obiezioni vengono meno; se non scompaiono, non è sbagliato il comandamento dell’amore, ma è manchevole la sua osservanza» (p. 319); alle obiezioni della politica si oppone il fatto che «l’amore del prossimo sviluppa una grande forza critica nei confronti di tutte le utopie di giustizia che trascurano le debolezze dell’uomo» (p. 320); infine all’obiezione teologica contro l’amore, ossia al rischio dell’egualitarismo che livella tutto, si risponde che l’amore «non ignora e non trascura il peccato, ma lo affronta e lo forza per fondare la vita là dove la morte vuole avere il dominio» (p. 321).

Anche se il contenuto, come afferma l’A. (p. 6), è stato notevolmente modificato rispetto alle lezioni, il libro conserva un’impronta didattica reperibile tanto nella chiarezza e nel dettaglio espositivo che nella struttura, lineare e scandita capitolo dopo capitolo da preziose riprese sintetiche. Anche gli indici (dei passi biblici, dei nomi, degli argomenti) contribuiscono a favorire la fruizione del testo e agevolano lo studio. La bibliografia, quasi esclusivamente di area tedesca, conferisce al lavoro un taglio culturalmente molto preciso. A volte emerge qualche asprezza nella traduzione.


A. Steccanella, in Studia Patavina 2/2019, 333-335

Questo volume è un importante lavoro d’analisi e di sintesi biblica circa il comandamento dell’amore del prossimo, scritto dal neotestamentarista tedesco Thomas Söding. Frutto di un corso di lezioni tenute alla Facoltà di teologia cattolica dell’Università della Ruhr a Bochum, nel semestre invernale 2013-2014, mostra la perizia storico-biblica e teologica dell’autore nel presentare, in modo didatticamente completo, lo sviluppo storico-teologico del tema in ambito antico e neo-testamentario, permettendo sia allo studioso sia al lettore interessato di coglierne tutta l’importanza nell’ambito della morale cristiana.

È indubbio che il testo, elaborato e redatto nel contesto storico odierno, assume un’importanza difficilmente sottostimabile non soltanto dal punto di vista teologico, ma anche da quello più propriamente sociale e pastorale: se «l’amore del prossimo è il concetto fondamentale dell’etica cristiana» (5), si può forse sostenere che il cristianesimo detenga il monopolio dell’amore del prossimo? Non esiste, forse, l’amore anche al di fuori dalla cerchia dei cristiani? E ancora: è naturale amare il prossimo? Se il cristiano – come affermano i Vangeli sinottici – è chiamato ad amare il prossimo come se stesso (cf. Mt 22,34-40; Mc 12,28-34; Lc 10,25-28), non si nasconde in ciò un elemento alla fin fine egoistico? E poi: l’amore non si esprime forse attraverso gesti concreti? Non nasconde, cioè, «un’esigenza etica» (13) assolutamente pratica, volta a trasformare le situazioni di odio e di rancore in amore?

Söding, in molte pagine, mostra una forte consapevolezza delle criticità relative al concetto d’amore (cf. 17-23), il cui campo semantico si mostra complesso ed eterogeneo (cf. 26-33). Nel ricordarci, però, che «il cristianesimo delle origini comprende se stesso come una religione per la quale l’amore del prossimo è un segno distintivo» (7), afferma come «nell’Antico e nel Nuovo Testamento il comandamento dell’amore per il prossimo, per il nemico e per i fratelli, non è soltanto rapportato costitutivamente all’amore di Dio, ma è in esso fondato anche strutturalmente» (39). Cioè: l’amore del prossimo trova il suo fondamento teologico ultimo nell’amore (agape) che Dio ha verso tutti gli uomini.

«Partendo dallo sguardo di Dio» (53) verso il prossimo, all’uomo viene comandato di amare gli altri uomini secondo la misura dell’amore di Dio. Questo comandamento ha radici anticotestamentarie. Esso si trova al centro della legge di santità, di cui parla il Levitico (cf. Lv 19,18): la santità di Dio va imitata, dal punto di vista cultuale ed etico, da «tutta la comunità dei figli d’Israele» (Lv 19,2). In tale contesto il prossimo è il «fratello», il «concittadino», il «figlio» del proprio popolo (Lv 19,17s), ma è anche «colui col quale si ha o si dovrebbe avere a che fare» (57). Per questo motivo – come ha chiosato Martin Buber – l’amore andrà esercitato con tutti coloro con cui capiterà di avere a che fare nel corso della vita (questo «tesoro etico» avrà una notevole importanza negli scritti etici del primo giudaismo), ed esso «è una faccenda di cuore» (70), che si palesa, e va testimoniata, nei conflitti con i fratelli di fede, ma anche con coloro che a questa fede non appartengono (situazione di diaspora).

La tradizione sinottica su Gesù – prosegue Söding – darà un grande peso al duplice comandamento dell’amore di Dio e del prossimo (cf. 85), inserendolo nell’annuncio più complessivo di Gesù circa la vicinanza del regno di Dio e la sequela conseguente, esemplata sulla stessa «etica di Gesù» (84). Dal capitolo 6 al 9, viene espressa una sintesi potente della teologia sinottica dell’amore del prossimo. Se nel capitolo 6° Söding si sofferma sulla tradizione letteraria sinottica (cf. Mt 22,34-40; Mc 12,28-34; Lc 10,25-28) che, tramandando il duplice comandamento dell’amore di Dio e del prossimo, precisa che è l’amore di Dio a improntare l’amore verso il prossimo (cf. 110) come il «cuore dell’etica di Gesù» (112), è la parabola del samaritano misericordioso (cf. Lc 10,25-37) – sulla quale si sofferma tutto il capitolo 7° – a illustrare la portata etica di questo comandamento, che è sempre compassionevole, e cioè si fa «attenzione decisa e attiva» (123) che diventa perfino assistenza medica.

È l’amore per i nemici, però, espresso nei discorsi della montagna (cf. Mt 5,1-7,29) e della campagna (cf. Lc 6,17-49), ad aver reso Gesù oggetto di considerazione particolare, ma alla fin fine anche accantonato. Questo amore è preghiera d’intercessione per i persecutori (cf. Lc 6,28; Mt 5,44); si concretizza nella rinuncia, non stoicamente intesa, a rispondere a violenza con violenza (cf. Lc 6,29; Mt 5,39-42); si esprime nell’aiuto disinteressato verso i poveri (cf. Lc 6,30; Mt 5,42); e si conclude nell’appello alla misericordia (cf. Lc 6,36) e alla perfezione (cf. Mt 5,48).

Circa la possibilità di mettere in pratica questo comandamento, essa va intesa come l’esigenza secondo cui «deve essere fatto tutto ciò che è nelle proprie forze per eliminare le ostilità – anche qualcosa che sembra impensabile, inaudito, incredibile» (157). Qui atteggiamento e azione fanno un tutt’uno, avviando e sviluppando un amore che si declina sempre nell’ambito di processi concreti. Il Vangelo di Giovanni, unitamente alla Prima e Seconda lettera, mette in primo piano l’amore fraterno fra i discepoli di Gesù che, prima e dopo la sua Pasqua, trovano in lui il «modello determinante di questo amore» (165). È nel capitolo 13 del Vangelo di Giovanni che si ha l’episodio della lavanda dei piedi, al cui interno si trova la variante giovannea del comandamento dell’amore (cf. Gv 13,34s.). È nella «cornice oscura» (167) del tradimento di Gesù da parte di uno dei discepoli, da un lato, e del rinnegamento di Pietro, dall’altro, che questo comandamento viene declinato come amore reciproco. Lavare i piedi dice la diaconia vicendevole che deve valere tra i discepoli che, sull’esempio di Gesù Cristo, sono chiamati a esercitarla tra di loro e verso quel mondo per la salvezza del quale lo stesso Gesù ha offerto la sua vita (qui promessa soteriologica ed esigenza etica sono le due facce della stessa medaglia).

Il comandamento è nuovo perché nuova è l’impronta data a esso dall’amore di Gesù, che deve essere continuato dai discepoli (174), ma anche nella possibilità di metterlo sempre nuovamente in pratica, anche dopo tutti i limiti e i fallimenti umani sempre possibili, grazie a quell’amore di Dio che ha amato l’uomo per primo, lavandogli i piedi.

Söding si sofferma, poi, sull’amore del prossimo negli Atti degli apostoli come «prassi convinta» (209). Qui l’ethos della comunità delle origini è la sequela di Gesù in un orizzonte sempre più vasto, ma anche all’interno della stessa comunità cristiana, che deve essere adempiuta, tenendo conto di tutte le debolezze umane (211), mediante azioni molto concrete.

Molto importanti, infine, sono i ricchissimi capitoli del volume dedicati, rispettivamente, alla concezione paolina dell’amore del prossimo come compimento della legge (c. 11), alla cosiddetta scuola paolina (c. 12), alle Lettere di Giacomo (c. 13), alla Prima lettera di Pietro (c. 14), alla Seconda lettera di Pietro e alla Lettera di Giuda (c. 15). Anche qui le analisi e le riflessioni proposte sono sempre particolarmente convincenti e coinvolgenti, come del resto è possibile cogliere nel capitolo finale di sintesi («L’amore del prossimo – Il centro dell’etica cristiana»), anche per la capacità di tenere assieme riflessione teologica e prassi pastorale.


G. Coccolini, in Il Regno Attualità 4/2019, 101

L’amore del prossimo è il concetto fondamentale dell’etica cristiana, ma tale proposta, piuttosto che essere una risposta a tutte le domande, suscita a ben vedere tanti interrogativi. Innanzitutto, ci si chiede: in che cosa consiste questo amore? E, più radicalmente, come chiedeva Rosenzweig, si può comandare l’amore? Perché si dice «come te stesso»? è un bene amare se stessi? Quanto al rapporto tra amore e perdono: non è un sancire un’ingiustizia? Può uno – come un padre o una madre – perdonare il male fatto a un altro, nel caso del nostro esempio un figlio?

Queste e tante altre domande fanno capire germinalmente quanto il tema dell’amore non sia un tema “pacifico”. Il volume di Thomas Söding, L’amore del prossimo. Il comandamento di Dio come promessa ed esigenza, attraversa la questione dell’amore del prossimo dialogando con tante delle sue sfide. Il libro ben si avvicina alla riflessione fatta da Werner Jeanrond in un altro volume pubblicata dalla collana BTC con il titolo Teologia dell’amore, anche se, nel caso specifico della riflessione di Söding notiamo una maggiore concentrazione sulla dimensione “orizzontale” dell’amore e una più ampia riflessione biblica e meno spazio agli sviluppi teologici.

Va sottolineato sin da subito che l’amore del prossimo non è una prerogativa del Nuovo Testamento e nemmeno di Gesù in modo specifico. Tant’è vero che Gesù stesso allaccia la sua proposta dell’amore del prossimo al precetto della Torah. Per questo, la riflessione del NT non va guardata in maniera isolata. Per questo l’a., oltre a tracciare le radici lessicali dell’amore nell’AT e nel NT, dialoga anche con la cultura ebraica, atmosfera in cui Gesù ha vissuto e alla quale ha attinto nella sua maturazione storica.

Quello che trapela dal testo di Söding è che «il significato fondamentale dell’amore del prossimo dipende proprio dalla relazione con Dio e col suo comandamento». In altri termini, la relazione orizzontale con il prossimo acquisisce un valore teologico e costituisce un’esperienza religiosa che lega l’uomo al suo Signore.

Un altro tratto che si evidenzia sin da subito nella riflessione di Söding sono i possibili fraintendimenti a cui è stato sottoposto il comandamento dell’amore di Gesù. Due tra questi esempi sono particolarmente eloquenti. Ad esempio, Karl Marx considera che nella lotta di classe il messaggio dell’amore è «fatica sprecata» perché camuffa i contrasti e nel dubbio guida sempre gli oppressi alla pazienza, trasformando la religione in oppio del popolo, tanto che si può arrivare a misurare l’oppressione con l’estensione della prassi religiosa: «l’ipoteca che il contadino possiede sui beni celesti garantisce l’ipoteca che il borghese ha sui poderi del contadino». Un altro parere più recente di un «rispettoso no» è quello dello studioso dell’ebraismo Jacob Neusner il quale considera come lesivo all’identità nazionale e alla natura della Torah l’insegnamento di Gesù nel cosiddetto sermone della montagna. Secondo Neusner, il discorso di Gesù distrae dal popolo e dalla Torah per concentrare la riflessione su di sé e sulla propria visione.

Queste due sfide sono sufficientemente espressive per evidenziare l’urgenza di una riflessione sul volto più provocante della proposta cristiana dell’amore del prossimo che, sebbene dialoghi e integri elementi precedenti, ha una sua unicità e radicalità che interroga anche oggi.


R. Cheaib, in Theologhia.com 20 novembre 2018

Poche parole - come l'amore del prossimo, che ritroviamo nel titolo del libro di Thomas Söding – hanno una ricchezza di connotazioni ma anche un'usura dovuta al tempo e all'uso che tende a banalizzarle fino a farle sbiadire. Eppure si tratta di una espressione centrale della Bibbia e altrettanto fondamentale per la vita cristiana: lo è sulla bocca di Gesù (Marco 12,33 e paralleli) ma lo è praticamente in tutti gli strati della tradizione cristiana confluita nel Nuovo Testamento.

Proprio all'esplorazione di questo ampio corpus è dedicato il pregevole studio di Söding, biblista laico (sposato, è padre di tre figli), docente, ex membro della Commissione teologica internazionale (2004-2014) e attualmente consultore del Pontificio consiglio per la promozione della nuova evangelizzazione.

Il punto di partenza dell'autore è costituito dalle domande che "gravano" sulla comprensione dell'amore del prossimo: si può - e ha senso - comandare l'amore? Chi è il prossimo, e che cos'è l'amore per il prossimo? Dopo le critiche radicali dei maestri del sospetto (Marx, Freud, Nietzsche) si può ancora parlare onestamente dell'amore del prossimo? Tutte queste domande stanno in sottofondo all'indagine esegetico-teologica del libro.

Diciamo subito che il pregio del suo approccio - che va per ampie sintesi e procede con l'esame di ogni strato della tradizione neo testamentaria sul tema annunciato nel titolo - è di far percepire al lettore la ricchezza di sfumature connessa all'amore del prossimo. Con l'evidente vantaggio di renderlo così un oggetto più concreto, contestualizzato letterariamente ma anche nella vita delle comunità a cui sono diretti i testi analizzati.

L'autore inizia però la sua indagine dall'Antico Testamento, rintracciando già in esso le radici del messaggio dell'amore di Dio, definito il «cuore pulsante dell'etica biblica», e dell'amore del prossimo, visto come l'«apice dell'etica anticotestamentaria». Con queste premesse, arricchite da cenni sul tema nella letteratura intertestamentaria e a Qumran, lo studioso è in grado di farci viaggiare nella ricchezza di riflessi del Nuovo Testamento.

Nella conclusione, il biblista afferma: «L'amore del prossimo non è una scoperta del cristianesimo, ma la sua carta d'identità» e «la posizione centrale che spetta al comandamento dell'amore nel Nuovo Testamento appare in primo luogo nel suo rapporto con Gesù». Egli sottolinea soprattutto il proprium dell'amore ai nemici e, quanto alle obiezioni, sostiene, «l'unica risposta convincente... non è indubbiamente una teoria, ma la prassi». Quella che segna coloro che hanno accolto questo amore, che ha la sua radice in Dio stesso.


V. Vitale, in Jesus 10/2018, 90-91

Un biblista esplora il senso del comandamento «Ama il prossimo tuo come te stesso» in un contesto culturale in cui tanti studiosi ricercano nell’amore reciproco il nocciolo etico che trascenda culture e tradizioni e fornisca la base etica di una comune intesa. In questo cammino si incontrano subito forti difficoltà. Basti interrogare alcuni pensatori del secolo XIX – ad esempio, Friedrich Nietzsche, Sigmund Freud, Karl Marx, Max Weber ecc. –, i quali esprimono, da prospettive differenti, critiche e riserve. La teologia dell’amore di Dio è solidamente fondata nella Bibbia ebraica, che nella traduzione dei Settanta introduce il termine agapē. La rilevanza di questo percorso è confermata da un’analisi che spazia dal Pentateuco al Salterio, alla Sapienza, ai profeti Isaia, Geremia e Osea. Nell’Antica Alleanza l’amore del prossimo è collegato con il precetto di Lv 19,2: «Siate santi perché io sono santo». L’uomo deve imitare Dio, il quale ama tutti: i membri del popolo d’Israele, i forestieri, i servi, anche il nemico. Dal Levitico questa solidarietà s’irradia in molti altri insegnamenti morali dell’Antica Alleanza.

L’A. ha costantemente presente la letteratura del giudaismo. Sono pagine interessanti, perché fanno comprendere la solidarietà tra gli ebrei nella diaspora e collocano l’etica giudaica di fronte alle sfide dell’antichità, come appare dal Testamento dei dodici patriarchi e dal Libro dei giubilei. Dall’Antica Alleanza passiamo alla Nuova Alleanza. Quattro capitoli sono dedicati all’insegnamento di Gesù. Accenniamo soltanto ad alcuni aspetti. Gesù non contraddice l’Antica Alleanza, bensì ne sviluppa i germi, perché in lui «il tempo è compiuto». Il comandamento del perdono e dell’amore per i nemici è sviluppato ampiamente; l’A. va alla fonte di tale amore: Dio perdona in Gesù Cristo gli uomini diventati suoi nemici a causa del peccato.

Un’attenzione particolare è rivolta all’amore fraterno in Giovanni, sia nel Vangelo sia nella Prima e alla Seconda lettera. L’analisi, lunga e accurata, tocca prevalentemente l’amore tra fratelli nella comunità cristiana, così forte da attrarre gli altri alla fede. Gesù chiama i suoi discepoli «amici», perché sono inseriti nella corrente di amore che circola tra il Padre e il Figlio. È nota la definizione di 1 Gv 4,8: «Dio è amore».

L’amore del prossimo, nel suo intimo legame con l’amore di Dio, è un tema ricorrente in tutti gli altri libri della Nuova Alleanza. Gli Atti degli Apostoli descrivono la comunità nata dalla Pentecoste: i battezzati «avevano ogni cosa in comune» (At 2,44). Stefano, il protomartire, muore invocando il perdono di Dio per i persecutori (cfr At 7,60). Lo Spirito insegna man mano una carità che fa cadere il muro tra ebrei e gentili. Paolo, nella Prima lettera ai Corinzi, applica la carità all’attenzione per i deboli nella questione degli idolotiti (cfr 1 Cor 8–10). I carismi (cfr 1 Cor 12–14) devono essere innervati dalla carità. L’inno alla carità di 1 Cor 13,1-13 è un insegnamento che tocca tutte le relazioni umane. La lettera ai Galati, incentrata sulla giustificazione per la fede, insegna che la fede «si rende operosa per mezzo della carità» (Gal 5,6). La lettera ai Romani descrive in maniera puntuale come agisce l’amore (cfr Rm 12,9-21). La lettera di Giacomo è intrisa di istanze etiche presenti già nell’Antica Alleanza. La Prima lettera di Pietro rivela un’attenzione particolare per le prove alle quali sono sottomessi i fedeli dell’Asia Minore; importante è l’esortazione di 1 Pt 3,8-12.

Questa ricerca dell’A. risponde in pieno ai canoni dell’insegnamento universitario. Alcuni capitoli si chiudono con «rilanci» tematici; più spesso una serie costante di interrogativi invita il lettore a rileggere e sintetizzare il contenuto della lunga esposizione, che sembrava smarrirsi tra finezze esegetiche. L’ultimo capitolo raccoglie e organizza i temi nodali e i risultati del lungo percorso investigativo, mettendo in risalto l’originalità dell’insegnamento di Gesù e degli scritti del Nuovo Testamento.

Terminiamo ponendo alcune domande. L’etica ebraica e quella cristiana sono del tutto autonome, oppure sono state stimolate anche dalle culture semitiche ed ellenistiche? Noi supponiamo che la risposta sia affermativa, com’è assodato nei rispettivi campi di ricerca. Una seconda domanda: le culture diverse da quella semitica e greca possono leggere la Bibbia, interrogarla, trovare in essa risposte significative per la loro ansia religiosa? Con ciò intendiamo dire che la ricchezza del Vangelo può dischiudersi ulteriormente rispetto alla nostra tradizione.


F. Cultrera, in La Civiltà Cattolica 4034 (21 luglio/4 agosto 2018) 196-198

A liberare il campo da ogni possibile equivoco è stato Gesù stesso, e i Vangeli attestano la cosa con assoluta chiarezza: il comandamento dell'amore di Dio e del prossimo rappresenta la sintesi piena e più alta della Rivelazione cristiana. Anzi, come sostiene Benedetto XVI nell'enciclica Deus caritas est,ancor più che un comandamento, il compito di amare il Signore e il prossimo diventa l'unica riposta intonata che il credente può dare al Padre che per primo ha amato il mondo e l’intera umanità.

Dunque, ha perfettamente ragione Thomas Söding che in questo suo ampio volume afferma che «l'amore del prossimo è il concetto fondamentale dell'etica cristiana». Tuttavia, una volta appurata la decisiva centralità che l'agape occupa all'interno del messaggio evangelico, l'autore va oltre e si pone una lunga serie di non facili interrogativi riguardanti il volto autentico dell'amore cristiano, interrogativi che concernono la possibilità di ammettere la specificità di tale amore, l'identità di quel "prossimo" a cui deve essere rivolto, la sua natura più intima (è un'emozione? una prassi? un atteggiamento?), la gratuità che sembra doverlo contraddistinguere.

L'autore si diffonde in un'analisi molto precisa e approfondita dell'argomento, tenendo gli occhi fissi sulla Sacra Scrittura che per lui, professore di esegesi del Nuovo Testamento all'Università di Bochum in Germania, rimane il punto di riferimento essenziale per far luce sul tema del grande comandamento. L'amore del prossimo nell'Antico Testamento, la relazione tra amore di Dio e amore per gli altri, la parabola del buon samaritano «come raggio di luce dell'etica di Gesù»; l'amore per i nemici, il comandamento dell'amore come punto cruciale della teologia giovannea, l'éthos del cristianesimo delle origini secondo gli Atti degli Apostoli, il rapporto tra l'amore e la legge, l'amore nelle lettere di San Paolo, San Giacomo, San Pietro e San Giuda: Söding non ha dubbi e, giunto al termine del suo lavoro, afferma con nettezza: «Nel NuovoTestamento non c'è nessun comandamento di importanza analoga a quella del comandamento dell'amore… l’amore del prossimo diventa quindi il centro dell’etica cristiana».

Affermazioni che esprimono bene il senso della ricerca condotta dallo studioso tedesco: «Il legame tra due persone, che le lascia essere totalmente se stesse nel loro rapporto con l’aItro, si chiama amore; il legame tra Dio e uomo, che Iascia essere Dio totalmente Dio e l'uomo totalmente uomo, si chiama amore».


M. Schoepflin, in Avvenire 12 luglio 2018, 26

Al di là del dato naturale, il comandamento dell’amore nella Bibbia è visto come esigenza di corrispondenza verso se stesso e verso gli altri dell’amore ricevuto in precedenza da YHWH/Il Padre, sia come singoli sia come popolo di Dio/la Chiesa. L’esegeta sessantaduenne, laico, sposato con tre figli, docente di esegesi del NT a Bochum (Germania), esplora dapprima il campo semantico dell’amore (di amicizia/philia; di desiderio appassionato di possesso/erōs; di amore oblativo di origine divina/agapē). L’amore ricevuto diventa impegno di corrispondenza e di espansione fraterna e sociale, unendo fra di loro strettamente amore di Dio (ricevuto e corrisposto) e amore verso il prossimo, che può diventare anche il nemico.

L’amore di Dio è per Söding il cuor pulsante della Bibbia, come si può evincere da una rapida scorsa di testi dell’AT e del NT, abbracciando nell’esame anche i testi del primo giudaismo. L’amore del prossimo nell’AT si trova espresso chiaramente nel Codice di santità (cf. Lv 19,8) ed è considerato un comandamento santo, perché Santo è colui che lo richiede nei confronti dei membri dello stesso popolo di Dio, per creare coesione e continuità. Può essere considerato l’apice dell’etica anticotestamentaria.

Nel giudaismo l’amore acquista un’accentuazione etica molto forte. Esso è visto come fattore di coesione all’interno del popolo di Israele (Testamenti dei XII Patriarchi), come pianificazione del futuro (Libro dei giubilei), fattore di integrazione all’interno della comunità dei “figli della luce” descritta negli scritti di Qumran, che prevedono ampiamente anche l’odio nei confronti dei “figli delle tenebre”, non appartenenti alla comunità.

Gesù unisce strettamente l’amore di Dio e l’amore del prossimo, rapportandoli in quanto radicati nell’amore preveniente del Padre e sua esplicitazione nel contesto del gruppo discepolare, ma aperto anche ad orizzonti più vasti. Esso è il centro dell’etica di Gesù. Il modello dell’amore del prossimo è espresso da Luca nella parabola del Buon Samaritano, esaminata in un capitolo a parte da Söding. Il prossimo è il ferito a morte che ha bisogno di noi, ma anche il Samaritano, nemico per eccellenza che si è fatto prossimo in modo esemplare, cosa che sta particolarmente a cuore a Gesù nella conclusione che egli pone alla parabola quale risposta alla domanda postagli dallo scriba.

Nel Discorso della Montagna elaborato da Matteo (così come in quello della pianura di Luca – più che “discorso della campagna” come lo chiama Söding), l’amore del prossimo, del correligionario è ampliato in quello nei confronti del nemico. Esemplificato all’interno delle cosiddette “antitesi”, esso richiede grande forza morale per interrompere il circolo vizioso della violenza e cercare la pace. Diretto primariamente ai discepoli, la richiesta di Gesù vale per le folle che lo ascoltano e, tendenzialmente, per ogni lettore del Vangelo. Il comandamento dei nemici è il punto apicale dell’etica proposta da Gesù e fattibile col suo aiuto e la potenza della Spirito.

Contro l’odio e a favore dell’amore si schiera anche Giovanni nel suo Vangelo e nelle Lettere. L’amicizia con Gesù e l’amore fraterno fra i discepoli devono irradiarsi verso tutti gli uomini, ben sapendo che il mondo, come insieme di forze nemiche di Cristo, sarà refrattario sia alla preghiera sia all’amore.

Gli Atti degli Apostoli mostrano con le loro scene tipiche ed episodiche, cariche di simbologia, l’amore messo in pratica all’interno della comunità che diventa contagioso e attrattivo per chi è al suo esterno. L’amore si mostra come comunione di beni, guarigione di malati, perdono dinanzi alla morte, una prassi convinta e vissuta anche da Paolo, che la testimonia nel suo testamento spirituale (da altri chiamato “pastorale”) di Atti 20.

Paolo vede nell’amore del prossimo il compimento della Legge (cf. Rm 12), ma nelle varie lettere sembra declinarlo paradigmaticamente. In 1Ts l’amore è affascinante; in 1Cor è edificante; in Fm è liberante; in Fil è incoraggiante; in Gal è liberato; in Rm è ragionevole. Per Söding l’amore del prossimo è il focus della teologia paolina. Non lo seguirei fino a tal punto. Nella scuola di Paolo (meglio: nella tradizione paolina) l’amore del prossimo è visto come amore vissuto all’interno di una famiglia. La Chiesa è come una grande famiglia. Nelle Tavole Domestiche (Hausatefeln, serie di comandi diretti a varie tipologie di persone che si rapportano fra loro) si incoraggia l’amore come coltivazione del matrimonio e come ordinamento domestico della Chiesa-famiglia.

La Lettera di Giacomo insiste sull’amore del prossimo visto come il povero. La connotazione dell’amore in Gc è quella di un amore regale all’interno di una Legge libera, di una fede attiva e di una solidarietà con i poveri. La prospettiva di 1Pt è quella di un amore del prossimo nell’afflizione. Una fiduciosa concordia, unita a una fiduciosa attenzione e ad una chiara compassione, concorre a preservare la fervida santità richiesta al discepolo di colui che è morto in croce come modello di amore totale e solidale. 2Pt e Gd insistono sull’amore come virtù, ed è visto quindi come amore zelante e misericordioso, il quale concorre alla formazione della personalità.

Söding conclude la sua opera riaffermando la sua convinzione che l’amore del prossimo è il centro dell’etica cristiana. Le pagine finali del volume (pp. 323-354) sono dedicate alla bibliografia fondamentale, all’indice dei passi citati, a quello dei nomi e a quello degli argomenti. Il linguaggio dell’autore è estremamente didattico e chiaro, al punto di non sembrare neanche quello di un autore tedesco. Al termine di ogni capitolo egli riassume comodamente la materia con una serie di domande: cos’è l’amore, chi lo chiede, a chi viene chiesto, quali connotazioni ha, come si rapportano l’amore di Dio, l’amore di sé e quello del prossimo (ed eventualmente del nemico) ecc.


R. Mela, in SettimanaNews.it 31 maggio 2018