Il Dogma nel suo divenire è preso in esame da Michael Seewald, teologo e presbitero cattolico della diocesi Rottenburg-Stuttgart (Germania). Sono al centro del suo interesse: lo sviluppo del pensiero religioso, le domande fondamentali della teologia dogmatica, gli aspetti fondativi della fede, interrogativi che lo hanno portato e rintracciare nella storia della chiesa e della teologia il filo rosso che lega gli snodi dello sviluppo dogmatico; nei tempi attuali egli ritiene sia sempre più evidente l’urgenza di doversene occupare (p. 249).
Seewald si pone sulla scia dei già noti testi scritti da voci autorevoli, Z. Alszeghy e M. Flick, M Blondel, B. Sesboüé pubblicati già in collane della stessa Editrice Queriniana, rispettivamente: Lo sviluppo del dogma cattolico GdT 10, Storia e dogma GdT 214, Introduzione alla teologia. Storia e intelligenza del dogma Introduzioni e trattati 48.
La sua opera si presenta quanto mai singolare nello stile. Il Dogma in divenire, infatti, è ordinatamente disposto in otto capitoli, dei quali il primo e l’ultimo ne costituiscono l’introduzione e, infine, la conclusione. Peculiare della redazione del testo è lo stile disteso ed immediato con il quale l’autore porge dei contenuti densi, determinanti per la teologia, con chiarezza e concisa incisività. Sembra infatti scegliere la via dell’immediatezza della forma linguistica, senza però abbandonare la puntualità del dettato accademico, sia nei riferimenti, che nella scrittura dei passaggi chiave.
Il testo coinvolgente, per noi racchiuso in 283 pagine, contiene una riflessione chiara sulla storia del pensiero teologico dai primi secoli fino all’età contemporanea, ma non sembra portare il peso del tempo. Si parte dalla domanda se sia il caso di collegare la necessità dei mutamenti ad una riflessione sul “fenomeno dello sviluppo dogmatico”; si cerca di “dare un contributo” nel contesto teologico e della storia dei dogmi (cf. p. 14-15), spazio nei quali possono avvenire dei mutamenti. La chiesa ha saputo legare continuità e discontinuità proprio nell’accogliere le differenti modalità con cui il Vangelo è entrato nella storia e nelle differenti culture che lo hanno accolto.
Dopo aver individuato il significato della parola “dogma” ed aver seguito i tentativi di definizione e gli altrettanto iniziali approcci di lettura del suo sviluppo, il testo delinea alcuni profili che hanno caratterizzato la teologia del XIX secolo. Si apre nel terzo capitolo un significativo ambito di riflessione sulla Bibbia e sulla necessità di una “arte della ricerca” in cui porre in relazione le idee contenute nella Bibbia, in modo che esse possano riferire lo sviluppo sotteso o implicito, che hanno definito il dogma, senza però strumentalizzarne il senso (p. 80). La teologia biblica e quella dei Padri sono quindi poste come lente attraverso la quale vedere il contenuto della fede Trinitaria; emerge chiaramente una pneumatologia che riaggancia il tempo degli eventi della vita storica di Cristo e quelli della comunità post-pasquale e della Chiesa dei primi secoli: “la comunità si considera posta sotto la guida dello Spirito Santo. La guida antieretica e la pedagogia divina rappresentano, tuttavia, due momenti che sottolineano punti di vista diversi della deduzione dello sviluppo dogmatico” (p.98).
Affronta il tempo della Controriforma, dopo aver trattato delle questioni medievali ed il progresso della conoscenza con la teologia della Scolastica, e brevemente asserisce che gli autori fedeli alla tradizione cattolica non fecero che sviluppare quanto, su questo tema, Tommaso d’Aquino aveva già affermato.
Interessante la sintesi teologica svolta dai capitoli sesto all’ottavo, in particolare per i nessi individuati nella teologia di J.S. Drey, del suo discepolo J.A. Möhler ed il confronto con la sintesi teologica di J.H. Newmann per il quale il cristianesimo è un fatto “che entra nella storia del mondo, si svolge in essa ed è inseparabile da essa” come realtà che dura nel tempo essa è “la medesima cosa dall’inizio alla fine” (p. 166). Sebbene si temano gli sviluppi erronei, alla chiesa è lasciato il compito di non irrigidirsi, ma di lasciarsi muovere dalle trasformazioni che essa sperimenta nella storia, così da manifestare il suo essere viva.
L’autore è critico verso le letture superficiali della storia della teologia. Così afferma in quella che chiama “fase calda” delle teorie dello sviluppo dogmatico che individua tra il XIX ed il XX secolo: “L’idea che la storiografia si limiti a rappresentare ciò che è stato e che la storia della teologia restituisca semplicemente ciò che è stato pensato in teologia, è ingenua. Infatti, ciò che si trova dipende infatti da ciò che si cerca. Un’esposizione interessata al problema dello sviluppo dei dogmi raccoglie materiale precisamente per questa domanda e lascia fuori altri aspetti. Ciò conduce a volte ad una prospettiva deformata” (p. 173).
Nei passaggi finali del libro, è stringente il riferimento offerto sulla teologia di J. Ratzinger, il quale propone una impostazione dinamica dello sviluppo del dogma; infatti, è a partire dal Dio che si rivela che “l’uomo può conoscere il mondo e se stesso. In questo, la Scrittura serve come norma della rivelazione, che si articola nel dogma, e per questa ragione secondo Ratzinger, al dogma spetta una funzione ermeneutica dell’esegesi della Bibbia” (p. 215); al contempo il dogma è ciò che sa leggere, in modo sempre nuovo, quello che è stato interpretato in passato.
Appare chiaramente che la lettura credente della teologia dogmatica che Seewald affronta, sia coerentemente svolta come una conoscenza della fede attuata per la forza dello Spirito di Dio, volendo che la teologia, intende presentare quanto sa, nella forma di un sapere che in dialogo con gli altri saperi si esprima come “scienza della fede” (p. 246). Per questo, come ogni discorso su Dio, tutte le teologie devono essere continuamente pensate; pertanto, non si può individuare una formula fissa che lasci cogliere lo sviluppo dogmatico, al contrario si tratta di una realtà dinamica, sempre nuova.
La chiesa cattolica secondo Seewald oscillerebbe in un movimento alternato tra un sano conservatorismo ed un altrettanto sano evoluzionismo, ciò le permetterebbe di rimanere sé stessa attraverso i millenni e di restare al contempo sempre giovane (p.248). Proprio gli accenti dei toni ed i giudizi chiari, sebbene mai azzardati che offre l’autore, rendono questo volume un contributo significativo per la storia della teologia.
A.M. Putti, in
Gregorianum 4/2022, 922-923