Papa Francesco ha dedicato il Sinodo dei Vescovi del 2018 al tema «I giovani, la fede e il discernimento vocazionale», argomento che mons. Forte affronta in questo volume a partire dall’esame dei cambiamenti epocali che caratterizzano il nostro tempo, secondo la chiave di lettura di Max Horkheimer e Theodor W. Adorno, esposta in Dialettica dell’Illuminismo.
La causa primaria di tale rivoluzione viene attribuita alla pretesa dell’Illuminismo di spiegare razionalmente la totalità del mondo. L’Ottocento, denominato il «secolo lungo», convenzionalmente fissato dalla Rivoluzione francese alla Prima guerra mondiale, con l’imposizione della sovranità della ragione ha inteso emancipare l’uomo dallo stato di minorità indotto dalle credenze, per renderlo padrone del proprio destino. Questo sogno, che ha ispirato i processi emancipatori dell’epoca moderna, si propone, nel nome del progresso, l’oggettivazione della natura, della vita e dell’uomo stesso, per conformarli forzatamente alle proprie istanze attraverso la tecnologia e le scienze.
Questa volontà di potenza, declinata nelle varie ideologie, secondo visioni totalitarie di destra o di sinistra, ha provocato, «nel secolo breve», esperienze di alienazione e di morte, risolvendo nel loro contrario le premesse illuministiche. Ne è derivato un processo di decadenza che ha investito la post-modernità, con conseguente consumazione della fede nella ragione, indifferenza verso la ricerca della verità e una crisi ecologica, provocata dall’accelerazione dei processi storici indotta dalla tecnologia a danno dei processi biologici. Tempo post-ideologico, quindi, contraddistinto da un pensiero debole, incapace di afferrare una ragione ultima del vivere e del morire; tempo della fruizione, della contaminazione e della frustrazione, secondo la definizione di Vattimo.
Le conseguenze di questa crisi epocale ricadono soprattutto sui giovani, più facili prede del nichilismo, perché privi degli strumenti di discernimento e perciò più soggetti al condizionamento. Tuttavia, sulla soglia del naufragio, si delinea una certa resistenza – come viene messo in risalto da Hans Blumenberg –, che prende le forme dell’attenzione al prossimo e della nostalgia del trascendente, a cui è auspicabile far corrispondere l’individuazione di un orizzonte ultimo su cui misurare il cammino di tutto ciò che è penultimo, passando per la riscoperta dell’altro, in cui trapela il Totalmente altro, secondo l’ottica di Emmanuel Lévinas.
Per i cristiani, l’Ultimo è Cristo crocifisso e risorto, unica risposta all’esigenza di fondazione della verità e alla motivazione di un impegno etico che risolva, attraverso l’affermazione del bene comune, una crisi determinata da motivi di ordine morale. Alla Chiesa si impone la necessità di ripristinare il primato della fede; il dovere di una testimonianza che introduca nel solco della storia e rigeneri una identità debole, determinata dalla perdita della memoria collettiva e personale, «frutto di una malintesa emancipazione dal passato e dalle proprie radici» (p. 39); infine, l’urgenza della sfida educativa.
Sull’educazione, infatti, poggia la scelta decisiva della persona, l’opzione fondamentale che qualificherà il suo stile di vita, il cui compimento è la scelta del bene. È un processo che richiede dagli educatori il dono del tempo e una relazione interpersonale intessuta di orizzonti comuni, orientata al Signore e basata sul coinvolgimento nel bene dell’altro e sul dialogo.
Davanti alla crisi della post-modernità, afferma Bruno Forte, più che la costrizione logica della verità, serve l’annuncio del senso e della bellezza della vita nell’orizzonte del Creatore e del suo amore eterno.
G. Forlizzi, in
La Civiltà Cattolica 4030 (19 maggio-2 giugno 2018), 403-404