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Diversità religiosa
Roger Trigg

Diversità religiosa

Dimensioni filosofiche e politiche

Prezzo di copertina: Euro 26,00 Prezzo scontato: Euro 24,70
Collana: Giornale di teologia 394
ISBN: 978-88-399-0894-0
Formato: 12,3 x 19,5 cm
Pagine: 312
Titolo originale: Religious Diversity. Philosophical and Political Dimensions
© 2017

In breve

Editoriale di Andrea Aguti

Da un filosofo di Oxford, per la prima volta tradotto in italiano, un libro per capire il nostro tempo: che cosa implica la diversità religiosa che sempre di più sperimentiamo nelle società democratiche contemporanee?

Descrizione

Il mondo contemporaneo celebra la “diversità”: la pluralità della globalizzazione rende la vita più interessante, più libera. Ma c’è anche il rovescio della medaglia: l’esistenza di molteplici credenze religiose – e la consapevolezza che oggi ne abbiamo – solleva svariati problemi, al di là della retorica che circonda il fenomeno.
Innanzitutto solleva delle questioni filosofiche cruciali riguardo alla natura e al senso della religione; per esempio: le singole religioni rivendicano le une di fronte alle altre una pretesa di verità. In secondo luogo solleva acute questioni di carattere politico; per esempio: si fa difficile la convivenza o viene persino minata alla base la coesione sociale. Questo libro intende affrontare di petto l’una e l’altra dimensione, facendo luce e suggerendo piste da percorrere.
La linearità e la chiarezza delle argomentazioni di Trigg svela elementi utilissimi per capire la condizione nella quale oggi ci troviamo immersi e mette in discussione pregiudizi consolidati.

Commento

«Questa è la migliore panoramica sulla diversità religiosa e il miglior contributo alla riflessione filosofica che un singolo autore abbia mai dato alle stampe. Agli esperti così come al pubblico più vasto il libro offre un penetrante confronto con le domande sulla verità delle diverse religioni, sul ruolo della religione nelle democrazie pluraliste, sul significato politico e culturale della diversità religiosa»: Charles Taliaferro, St. Olaf College (Northfield/MN, USA).

Recensioni

Il saggio del filosofo britannico Roger Trigg affronta una serie di tematiche ampiamente dibattute nell’ambito delle scienze politico-sociali, nonché della ricerca filosofico-teologica, inerenti alla compresenza sempre piú marcata di diverse tradizioni religiose nel medesimo spazio sociale. I dieci capitoli in cui è suddiviso il volume indagano alcune delle principali sfide teoriche e pratiche lanciate dal pluralismo religioso, quali la pretesa di verità delle religioni, le modalità proprie di una educazione alla tolleranza, il rapporto tra diversità religiosa e identità, i fondamenti della libertà di coscienza.

Considerato che nell’attuale panorama post-moderno il discorso sulla verità trova sempre meno spazio ed è invece piú abituale l’accettazione irriflessa di grappoli di verità coesistenti e indifferenti l’uno all’altro, la proposta di Trigg può essere senz’altro qualificata come controcorrente. L’A., infatti, intende sostanzialmente mostrare come ogni religione sia costitutivamente indirizzata verso una realtà che viene assunta come certa e vera. Non intendendo affrontare le questioni del come e del se le religioni raggiungano effettivamente l’oggetto o il soggetto a cui tendono nel loro percorso storico – non a caso si può notare la marginalità dell’approccio ermeneutico in questo studio – Trigg concentra piuttosto la sua attenzione sul rilievo assunto da questa inclinazione veritativa nell’autocoscienza di ogni tradizione religiosa. A una tale rivalutazione del realismo consegue la valorizzazione del profilo cognitivo della religione, non essendo quest’ultima riducibile al solo dato esperienziale soggettivo, sigillato nella sfera di una spiritualità privata.

[…] Il volume sottolinea l’importante ruolo della ragione in funzione della conoscenza anche nell’ambito della credenza religiosa, ma allo stesso tempo denuncia una concezione di ragione ristretta in senso positivistico e antireligioso. Sembra qui di risentire il potente monito di papa Benedetto XVI allorché nella celebre lectio magistralis di Ratisbona promuoveva un dialogo interculturale e interreligioso fondato sulla fiducia in un «grande Logos», poiché – avvertiva il pontefice – «una ragione, che di fronte al divino è sorda e respinge la religione nell’ambito delle sottoculture, è incapace di inserirsi nel dialogo delle culture».

Da non trascurare è anche quanto Trigg mette in rilievo circa la retorica da cui spesso viene ammantato il discorso sulla diversità religiosa, assumendo questo le vesti di una vera e propria celebrazione di quella varietà incomponibile che caratterizza il «mercato religioso». In realtà – precisa il filosofo – la scelta di una appartenenza religiosa non è affatto paragonabile a quella di un prodotto di consumo, come alcune teorie sociologiche vorrebbero far credere. Secondo la prospettiva da loro assunta la diversità sarebbe in se stessa un bene irrinunciabile dato che condurrebbe immancabilmente sia al pluralismo che alla tolleranza assoluta. Di fatto – spiega Trigg – una vita in comune comporta di necessità la preclusione di quelle diversità che minano i suoi valori fondanti, incarnate ad esempio da dottrine che promuovono atti immorali. Da non trascurare poi il fatto che la coesistenza tra diverse tradizioni religiose non può essere il risultato di una riduzione delle differenze. Quanto detto – precisa l’A. – ha un notevole rilievo anche in funzione di un progetto educativo inteso tanto a orientare alla tolleranza quanto a sensibilizzare al valore delle differenze.

Il volume si conclude con un intenso capitolo dedicato al rapporto tra libertà e religione. Qui Trigg fa acutamente notare che «per uno stato “neutrale” trattare tutte le credenze religiose come una preferenza soggettiva è già decidersi contro le istanze della religione» (p. 279). L’invito è quindi di attivare nella arena pubblica uno scambio reciproco fondato sul riconoscimento dei diritti di ciascuno e sull’eguaglianza delle persone, il che non implica affatto il livellamento del valore delle credenze religiose.

In conclusione l’A. si mostra convinto nel sostenere che «la libertà, la ragione e l’idea di verità sono indissolubilmente collegate fra di loro. Rimuovi una e tutto il resto cade» (pp. 296-297). Alla luce dei limiti naturali da cui ciascuno è segnato, nessun uomo può pensare e dichiarare di essere in possesso di tutta la verità. Resta però che «il problema della verità semplicemente non può mai essere rimosso. Un’autentica comprensione reciproca tra le religioni deve partire da questo fatto» (p. 160). È questa la condivisibile convinzione che fonda e sostiene la ricca prospettiva pluridisciplinare del saggio qui presentato.


E. Riparelli, in Studia Patavina 65 (2018/2) 399-402

El filósofo Roger Trigg es suficientemente conocido en el ámbito de la filosofía de la religión. Sus publicaciones han girado en torno a la religión, la ciencia, el relativismo, la ciencia cognitiva, etc. Esta traducción italiana de su obra original en inglés de 2014 aborda el complejo y apasionante tema de la diversidad religiosa.

Hay un pequeño prologo de Andrea Aguti, y el resto del libro está compuesto por diez capítulos. Está escrito con enorme sencillez, pero no elude las dificultades de un tema como este. De hecho, al menos desde mi punto de vista, lo esencial no es la postura -evidentemente religiosa, y específicamente cristiana- del autor, sino el apasionante viaje en el que nos embarca durante esos diez pequeños capítulos, enfrentándonos a las ambivalencias inherentes al problema de la diversidad religiosa. A través de estas páginas ellector no puede dejar de sentir cierto vértigo intelectual, puesto que no hay una solución ni filosófica ni política, sencilla y absoluta, que pueda ser aceptada por todos sin negociación honesta y trabajosa. Son temas complejos en losqgue la función del autor es mostrar el "abismo" de incertidumbre, y Trigg lo consigue.

Como reza el subtítulo la diversidad religiosa tiene dos dimensiones independientes aunque mutuamente implicadas: las estrictamente filosóficas y las más amplias de tipo socio-político. Aunque ambas dimensiones están presentes en todos los capítulos, yo creo ver una especie de "división del trabajo". En los cinco primeros capítulos se detiene más en los aspectos filosóficos y en los siguientes cinco más en los socio-políticos. La obra gira esencialmente en torno a los siguientes ejes reflexivos: la diversidad religiosa es un hecho con el que hay que contar o que hay que celebrar y fomentar? La diversidad religiosa conduce el relativismo? La religión tiene pretensión de verdad? Y si es así, como se pueden compaginar las verdades incompatibles de los diferentes credos religiosos? Cómo introducir la diversidad religiosa en la enseñanza en sociedades democráticas? Cómo compaginar las pretensiones neutrales de un estado laico y el derecho religioso de los individuos? Cómo defender la pretensión de verdad de una religión o de una postura no-religiosa sin que ello acabe en la coerción, la intolerancia y el silencio de las minorías?

Todo esto está en el fondo del tratamiento filosófico y político de Trigg. Él defiende que la religión tiene su raíz en la propia naturaleza humana, como ha puesto de manifiesto la ciencia cognitiva y los evolucionistas. Cual sea la utilidad de la religión para que haya sido evolutivamente seleccionada es algo que Trigg discute con algunos biólogos evolutivos como Dawking y Wilson. Pero lo esencial es que la dimensión religiosa está profundamente enraizada en lo que somos como seres humanos. Por ello, el autor insiste una y otra vez en que la religión no es sólo una cuestión de simple preferencia subjetiva, sino que los creyentes pretenden afirmar que sus creencias se refieren a una realidad objetiva e independiente. Evidentemente Trigg rechaza las posturas relativistas que niegan pretensión de verdad a la religión encerrándolas en micro-mundos culturales que las impiden dialogar, de ahí su rechazo al segundo Wittgenstein y sus juegos del lenguaje. Pero también objeta la conocida postura pluralista de Hick, que niega la posibilidad de conocer cómo es en sđ misma la Realidad última que fundamenta los diferentes credos religiosos. Si se considera la religión como una preferencia subjetiva, irracional y encerrada en culturas herméticas, cómo será posible el diálogo entre ellas, y cómo será posible discernir lo que de valioso para el bien social y común tienen? Si todas las confesiones religiosas son igualmente válidas, cómo gestionar soci al y políticamente aquellas religiones cuyos mensajes y credos van en contra de los derechos humanos, y qué sentido tiene entonces el diálogo y al aprendizaje mutuo?

Trigg de hecho se enfrenta a una de las cuestiones más cruciales de la filosofía política en una democracia: se puede tolerar a los intolerantes? Y más aún: acaso el Estado, pretendiendo ser neutral igualando todas las religiones e incluso considerándolas como meras preferencias subjetivas e irracionales, no está en sí mismo tornando ya una postura epistemológica y, por lo tanto, política? Si la democracia legisla a través de la mayoría, qué sucede con las minorías? Nohay posibilidad de que un Estado laico pueda, en nombre de la neutralidad, seI en sí mismo instrumento de homogenización y de tiranía sobre las minorías? Por ello, Trigg insiste en que entre el Estado y la libertad de los individuos, también hay que proteger la existencia y libertad de las instituciones que permitan diversidad y critica frente a posibles tendencias fagocitadoras del Estado. Como muestran los varios ejemplos -especialmente hace referencias a algunas sentencias jurídicas y a algunos casos difíciles en Reino Unido, Estados Unidos, Canadá, etc.- que Trigg desarrolla, todas estas cuestiones son complejas y ambivalentes: gestionar la libertad de la minoría y de la mayoría; el derecho de los padres a educar a sus hijos y el derecho del Estado a vigilar lo que se enseña a sus ciudadanos; la libertad de la institución y la libertad de las personas; la tensión entre valores humanos que colisionan con credos religiosos que pueden vulnerar esos valores humanos; la posibilidad de que la sociedad se fragmente en sistemas educativos y valorativos diferentes sin conseguir la integración social; compaginar la pretensión de verdad de religiones antagonicas en una sociedad que protege la diversidad; mantener la convivencia organizada de una sociedad y a la vez proteger al individuo que se niega, por ejemplo, a trabajar en domingo o a servir bebidas alcohólicas; si se reconoce que la religión tiene pretensión de verdad, entonces también tiene pretensiones de qué es y como se consigue el bien común, y si esto es así entonces la religión tiene una importante dimensión política que en ocasiones colisionará con la concepción del bien común de otras religiones o de la postura no-religiosa del Estado, etc.

Todo lo expuesto aquí no pretende ser más que unas someras indicaciones del excitante debate intelectual y político que gira en torno a esta complejidad filosófica y política. Independientemente de la postura de Trigg, el valor de este libro radica en que se trata el tema en toda su crudeza y tragicómica ambivalencia. Los que quieran vivir en la certeza segura e impermeable a las críticas que no lean este volumen.


J. Romero Moñivas, in Actualidad Bibliográfica 1/2018, 43-44

L'espressione «diversità religiosa» (religious diversity) si riferisce abitualmente alla constatazione ovvia dell'esistenza di molteplici credenze religiose. Nell'ambito accademico, però, questo termine ha qualcosa di più di quello che sociologicamente viene chiamato pluralismo religioso. L’espressione viene impiegata per indicare il complesso dei problemi teorici e pratici che è connesso alla pluralità religiosa e delle soluzioni che a questi problemi vengono proposte.

La pluralità religiosa non è una novità. Essa esiste da quando ci sono civiltà. Recentemente, però, siamo più coscienti di questa differenza a causa dei cambiamenti vissuti in un mondo globalizzato. La diversità religiosa suscita più che mai problemi teorici e pratici che richiedono soluzioni, spesso urgenti e cruciali.

Nel suo libro, Roger Trigg analizza il fenomeno della diversità religiosa da due prospettive specifiche e propone soluzioni in ambito filosofico e politico. Le domande filosofiche presenti nel libro si concentrano sulla natura della religione, sulla sua essenza, sulle sue manifestazioni storiche. Il nucleo fondamentale è la questione della pretesa di verità delle religioni che viene affrontata dibattendo con filosofi come Ludwig Wittgenstein e filosofi della religione come John Hick. La dimensione politica ha a che fare con le religioni nella loro convivenza civile. Si tratta dell’imprescindibile rapporto stato-religione che ha l’oneroso incarico di regolare la convivenza delle diversità.

Naturalmente, data la crescente deriva fondamentalistica di alcune religioni, specie l’islam, il testo non poteva che dedicarle una particolare attenzione.
R. Cheaib, in Theologhia.com settembre 2017

Come nella scienza, dove le teorie entrano in competizione fra loro, così anche nelle religioni le dottrine si pongono a confronto. Nelle società tradizionali i riti, i valori, i dogmi sono condivisi senza sostanziali contrasti. Oggi le democrazie considerano le religioni come opinioni fra tante, a cui garantiscono la libertà purché non mettano in discussione le istituzioni dello stato. Ciò significa che tutte le Chiese sono libere di professare la propria fede e di fare proseliti, senza però la pretesa di essere ciascuna di loro la sola portatrice della verità. Il vol. racconta le fitte trame del dibattito in corso sull’argomento, offrendo uno strumento di comprensione sull’identità delle Chiese e della fede nel tempo del pluralismo religioso e della globalizzazione.
G. Azzano, in Il Regno Attualità 16/2017

Le religioni costituiscono un tema centrale della convivenza sociale e dell'organizzazione politica. Da soggetti residuali, quali erano considerate dall'affermarsi della secolarizzazione, sono ritornate a occupare lo spazio pubblico sollevando nuove e molteplici domande.

Oggi, l'onda lunga della globalizzazione ha meticciato le culture imponendo una pluralità di fedi. Parlare di religione significa affrontare la pluralità di differenti credenze, ciascuna portatrice di proprie storie, tradizioni e identità. La "diversità religiosa" modella sempre di più le relazioni e le dinamiche dell'Occidente. Non a caso l'espressione «società post-secolare» entra sempre di più nei tratti caratteristici della contemporaneità, ma questa immagine va ancora tutta approfondita, descritta, regolata.

Una conferma che il sacro non è facilmente emarginabile, o addirittura sopprimibile, come molto positivismo aveva pensato. L'emancipazione, la razionalità, la scienza non sostituiscono la fede ma si integrano con essa perché la domanda di verità, di assoluto, di eterno non muore mai e diventa più acuta quanto più l'uomo progredisce.

Un mondo plurale per "diversità religiosa” solleva problemi teorici sulla natura della singola fede e sulla legittimità della pretesa di verità che ciascuna religione avanza rispetto alle altre; ma sollecita anche scelte pratiche a partire dalla convivenza nella stessa società. C'è poi il grande tema di come lo Stato deve trattare una religione: quali libertà consentire, quali limiti imporre. Dimensioni filosofiche e dimensioni politiche di questa complessa e sfaccettata problematica sono trattate con chiarezza e profondità da Roger Trigg, filosofo britannico, che insegna negli Usa alla Georgetown University e sta seguendo un progetto sulla libertà religiosa presso il Berkeley Center. Se attualmente l’attenzione dell’Occidente è concentrata sul fanatismo religioso con le sue derive fondamentaliste o sui modi impropri di far valere la propria pretesa di verità, non possono venire trascurate o trattate sbrigativamente le domande poste dalle religioni.

Trigg mette soprattutto in guardia da un errore: classificare il fenomeno della "diversità" come un semplice "pluralismo religioso" in cui ogni credo è uguale all'altro, affermando una visione e un'interpretazione relativista della realtà. Il "relativismo religioso" impedisce di cogliere le specificità di ciascuna fede e di stabilire priorità: aspetti cruciali quando arriva il momento delle scelte concrete che investono la convivenza sociale e lo spazio pubblico. Il relativismo rischia di banalizzare le religioni e di smarrire il corretto uso del principio di tolleranza. Questioni non da poco.


G. Santambrogio, in Il Sole 24 Ore 27 agosto 2017