Si può parlare di bioetica da diverse angolature e posizioni. Lo studio “sistematico” della condotta umana – proprio della bioetica – apporta diversi contributi. Ognuno dei quali, però, non può, da solo, risolvere le questioni più importanti che riguardano la disciplina. Oggigiorno, è di scottante attualità affrontare temi che fino a qualche decennio addietro non erano nemmeno pensabili. La tecnologia, che ha permesso il ritmo accelerato del progresso biomedico, ha presentato innanzi all’uomo indubbi benefici accompagnati da inevitabili rischi. Così, è necessario dover attualizzare anche i principi morali affinché essi possano guidare l’uomo verso scelte “coscienziose” e “consapevoli”.
Ogni volta che si cerca il modo migliore di rispettare le persone, di diventare più umani, in situazioni connesse con la vita e con la morte, ci si colloca nel campo della bioetica. Sono proprio l’alba della vita ed il suo tramonto i temi affrontati nel volume: Breve introduzione alla bioetica, del teologo francese Xavier Thévenot. Il libro, «Giornale di teologia» 385, fa parte della “Biblioteca di aggiornamento teologico”, proposta dalla Queriniana.
Lo schema suggerito dal salesiano è tripartito in “vedere-giudicare-agire”. È uno schema che il teologo cattolico propone ai lettori, affinché si riesca a valutare al meglio la problematica che viene analizzata. Lo stesso, dopo aver ermeticamente analizzato la componente tecnica dell’operazione medica, si sofferma sulla procedura, presentando degli interrogativi ai quali il lettore è chiamato a dare risposta. Sono questi ultimi, infine, che dovranno condurre alla decisione. Gli interrogativi aprono vie, permettono ed agevolano la riflessione aprendo uno spazio di dubbio. Si, dubbio. È innegabile, infatti, che di fronte alle situazioni importanti della vita che interessano il concepito e l’agonizzante, ci si trovi spiazzati, non preparati, ed inevitabilmente coinvolti. La decisione finale non deve essere emotiva, ma giusta, morale, rispettosa della dignità umana, ecc. La novità di questo metodo permette, inoltre, di far “pensare eticamente” chi rifiuta, apriori, analisi o questioni morali, perché troppo impastato di materialismo. E tale constatazione, in particolare oggi, in una società pervasa di secolarismo, non è inusuale. Ogni gesto porta con sé delle conseguenze di tipo morale, sociale, economico, ecc. La persona che approccia “bioeticamente” a situazioni delicate che riguardano la vita dell’uomo, deve necessariamente sapere che non si trova davanti a mezzi da usare (imperativo categorico, o kantiano), ma a persone da rispettare pienamente, che con i loro gesti “comunicano”. Per esempio, cosa dice una coppia che si orienta alla fecondazione artificiale? Portare a compimento la loro vocazione alla fecondità, aprire il loro rapporto ad una terza persona (il figlio), migliorare la propria immagine sociale… Ci sono desideri da capire e valori da rivelare. Come spiegare che non esiste un diritto al bambino? Come mettere in guardia da un eventuale “accanimento procreativo”? Per difendere davvero la vita è necessario saper ascoltare. Così com’è necessario saper spiegare che l’apporto medico, chiamato ad “aiutare” è diverso dalla fredda tecnica che, di fatto, separa atti che dovrebbero essere considerati nello loro unità (atti le cui dimensioni “unitiva” e “procreativa” non possono essere separati). Andare a toccare la fecondità significa toccare realtà che superano di gran lunga i semplici desideri individuali.
Applicare le norme etiche, in particolare in alcune situazioni, non è facile. Le norme non sono un ricettario pronto all’uso. Sono dei binari da seguire che formano la coscienza di ogni uomo. Bisogna sempre seguire la propria coscienza, è vero. Ma chiediamoci: come si è formata? È retta? O forse è vittima di un errore dovuto all’ignoranza o – consentitemi di dirlo cristianamente – al peccato? Ora, è vero che la legge non può certamente proibire tutti i comportamenti immorali, ma è altrettanto vero che deve preoccuparsi di proteggere i valori fondamentali e i diritti più importanti della persona. Il primo diritto, o meglio, il diritto “fondamentale” è quello alla vita, e conseguentemente, su di esso si fondano tutti gli altri diritti. Lo Stato deve essere consapevole che la legislazione vigente ha sempre un effetto educativo. L’autore, da cattolico, fa emergere anche delle norme che scaturiscono direttamente dalla riflessione di alcuni dogmi cristiani quali: la creazione, l’incarnazione, la croce-redenzione, la resurrezione, il dono dello Spirito a Pentecoste. Ma, allo stesso modo, offre uno spaccato filosofico che aiuta a ragionare sulla questione.
Cosa offra la tecnica e cosa dicano la filosofia e la teologia è il filo rosso che lega gli argomenti trattati (che ricordo sono solo l’inizio vita ed il fine vita). Discutere di bioetica è analizzare casi concreti facendosi illuminare dalla filosofia, dalla scienza medica e dalla Parola. È apprezzabilissimo il capitolo ad opera del curatore Giannino Piana (che ha anche introdotto l’opera) incentrato sulla legislazione italiana, a proposito di procreazione assistita, con gli sviluppi e le modifiche della famigerata legge 40 del 2004 (più volte modificata da interventi costituzionali), così come la postilla sul tema della “madre surrogata” o “utero in affitto”.
L’ultima parte è dedicata alla questione della sofferenza e dell’eutanasia, inserendo un capitolo critico sulla “terza via teologica e cristianamente responsabile” proposta da Hans Küng. È una sfida. Ma anche un dovere. La sfida è da cogliere, il dovere da adempiere. È necessario saper rispondere “razionalmente” a chi propone vie che sembrano rispettare la vita mentre la negano alla radice, così com’è necessario saper dare ragione delle proprie posizioni. Per fare bioetica, infatti, è indispensabile ragionare. Questa via non è un’opzione, ma il presupposto per poter affrontare un qualsiasi tema (questione) che la bioetica presenta. Ragionare significa seguire la logica, non può essere ammessa l’affermazione “ognuno ragiona a modo suo!”. Ma è altrettanto necessario, in particolare per i cristiani, lasciarsi illuminare da quel fuoco d’amore capace di scaldare il cuore di quanti seguono la Via, la Verità e la Vita. Il testo è consigliato per chiarezza, dottrina e serena apologia della sacralità della vita.
D. De Angelis, in
Studia Bioethica 2/2017, 88-89