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Breve introduzione alla bioetica
Xavier Thévenot

Breve introduzione alla bioetica

Quando la vita comincia e quando finisce

Prezzo di copertina: Euro 18,00 Prezzo scontato: Euro 17,10
Collana: Giornale di teologia 385
ISBN: 978-88-399-0885-8
Formato: 12,3 x 19,3 cm
Pagine: 232
Titolo originale: La bioéthique. Début et fin de vie
© 2016

In breve

Edizione italiana a cura di Giannino Piana

Questo saggio costituisce una vera e propria introduzione allo studio della bioetica, una disciplina che, per l’assoluta novità delle questioni che affronta ogni giorno di più, esige di essere accostata secondo una prospettiva molto attenta, cogliendovi le numerose e complesse implicazioni di ordine sia scientifico, sia antropologico, sia etico. Thévenot riesce nell’impresa, svolgendo il pensiero con grande rigore, ma soprattutto concentrandosi su un intento di tipo metodologico.

Descrizione

Giorno dopo giorno, le questioni bioetiche presentano aspetti sempre più complessi e delicati, il cui spettro si fa via via più ampio. Per essere adeguatamente accostate, le molteplici sfide che emergono esigono l’adozione di nuovi criteri interpretativi e di nuove ipotesi di soluzione.
Thévenot istituisce qui un ampio confronto di respiro interdisciplinare, caratterizzato da uno spiccato intento metodologico. Di conseguenza, in questa sua pregevole proposta di introduzione alla bioetica, dove non viene mai meno la specificità del discorso etico cristiano, prende risalto un considerevole sforzo didattico.
A motivo dell’intenzionalità di fondo – mettere a fuoco il metodo e i criteri da seguire nel ragionamento morale –, l’Autore sceglie di concentrarsi su due aree delicatissime: l’area dell’inizio vita, con riferimento specifico alle diverse tecniche di procreazione assistita, e l’area del fine vita, con attenzione agli interventi medici e alla questione dell’eutanasia.

Recensioni

Xavier Thévenot es un religioso salesiano francés, docente en el Instituto Católico de París, considerado una de las grandes figuras de la teología moral posconciliar. Es un teólogo de referencia en cuestiones éticas y, especialmente, de rango bioético. La obra que aquí se presenta es una introducción doblemente breve, pero no menos profunda, sobre los elementos fundamentales de la bioética, en un mundo tan cambiante y con retos tan delicados y complejos a la vez, como el actual. El autor se pregunta al principio si esta disciplina, con sus reglas, restricciones y preceptos, es un peso que oprime o realmente responde como una "ética de la vida". Ante dicho contexto de complejidad de los retos bioéticos actuales, el autor considera necesario adoptar nuevos criterios interpretativos y nuevas hipótesis de solución. Mediante un esfuerzo metodológico importante, que intenta reproducir al mismo tiempo en lo didáctico, el autor insiste en focalizar el método y los criterios a seguir en los razonamientos morales de las diferentes situaciones creadas, dada la creciente complejidad actual.

La obra consta de cinco partes, que comienzan con algunas prácticas clínicas y sus problemáticas, la formulación correcta de los problemas, los límites de la persona y las situaciones límite, el discernimiento ético ante la procreación asistida y, finalmente, se centra en el final de la vida atendiendo enfermedades terminales y eutanasia. Destacan la primera y última partes del libro, en los que Thévenot se adentra en el inicio de la vida y en el final de la misma, con todos sus riesgos y retos a superar, que lo son especialmente para la bioética que el autor afronta con coraje y claridad.

Sin duda, un libro indispensable para acceder a una versión introductoria, pero más que suficiente, que puede estar disponible no sólo para especialistas y estudiantes, sino también para el gran público.


X. Garí, in Actualidad Bibliográfica 2/2017, 299

Si può parlare di bioetica da di­verse angolature e posizioni. Lo studio “sistematico” della con­dotta umana – proprio della bio­etica – apporta diversi contributi. Ognuno dei quali, però, non può, da solo, risolvere le questioni più importanti che riguardano la disci­plina. Oggigiorno, è di scottante attualità affrontare temi che fino a qualche decennio addietro non erano nemmeno pensabili. La tec­nologia, che ha permesso il ritmo accelerato del progresso biomedi­co, ha presentato innanzi all’uomo indubbi benefici accompagnati da inevitabili rischi. Così, è necessario dover attualizzare anche i principi morali affinché essi possano gui­dare l’uomo verso scelte “coscien­ziose” e “consapevoli”.

Ogni volta che si cerca il modo migliore di rispettare le persone, di diventare più umani, in situazioni connes­se con la vita e con la morte, ci si colloca nel campo della bioetica. Sono proprio l’alba della vita ed il suo tramonto i temi affrontati nel volume: Breve introduzione alla bio­etica, del teologo francese Xavier Thévenot. Il libro, «Gior­nale di teologia» 385, fa parte della “Bi­blioteca di aggiornamento teologi­co”, proposta dalla Queriniana.

Lo schema suggerito dal salesiano è tripartito in “vedere-giudicare-agire”. È uno schema che il teologo catto­lico propone ai lettori, affinché si riesca a valutare al meglio la pro­blematica che viene analizzata. Lo stesso, dopo aver ermeticamente analizzato la componente tecnica dell’operazione medica, si soffer­ma sulla procedura, presentando degli interrogativi ai quali il lettore è chiamato a dare risposta. Sono questi ultimi, infine, che dovranno condurre alla decisione. Gli inter­rogativi aprono vie, permettono ed agevolano la riflessione aprendo uno spazio di dubbio. Si, dubbio. È innegabile, infatti, che di fronte alle situazioni importanti della vita che interessano il concepito e l’ago­nizzante, ci si trovi spiazzati, non preparati, ed inevitabilmente coin­volti. La decisione finale non deve essere emotiva, ma giusta, morale, rispettosa della dignità umana, ecc. La novità di questo metodo per­mette, inoltre, di far “pensare eti­camente” chi rifiuta, apriori, analisi o questioni morali, perché troppo impastato di materialismo. E tale constatazione, in particolare oggi, in una società pervasa di secolari­smo, non è inusuale. Ogni gesto porta con sé delle conseguenze di tipo morale, sociale, economi­co, ecc. La persona che approccia “bioeticamente” a situazioni deli­cate che riguardano la vita dell’uo­mo, deve necessariamente sapere che non si trova davanti a mezzi da usare (imperativo categorico, o kantiano), ma a persone da rispet­tare pienamente, che con i loro gesti “comunicano”. Per esempio, cosa dice una coppia che si orienta alla fecondazione artificiale? Porta­re a compimento la loro vocazione alla fecondità, aprire il loro rappor­to ad una terza persona (il figlio), migliorare la propria immagine so­ciale… Ci sono desideri da capire e valori da rivelare. Come spiegare che non esiste un diritto al bambi­no? Come mettere in guardia da un eventuale “accanimento procreati­vo”? Per difendere davvero la vita è necessario saper ascoltare. Così com’è necessario saper spiegare che l’apporto medico, chiamato ad “aiutare” è diverso dalla fred­da tecnica che, di fatto, separa atti che dovrebbero essere considerati nello loro unità (atti le cui dimen­sioni “unitiva” e “procreativa” non possono essere separati). Andare a toccare la fecondità significa toc­care realtà che superano di gran lunga i semplici desideri indivi­duali.

Applicare le norme etiche, in particolare in alcune situazioni, non è facile. Le norme non sono un ricettario pronto all’uso. Sono dei binari da seguire che formano la coscienza di ogni uomo. Bisogna sempre seguire la propria coscien­za, è vero. Ma chiediamoci: come si è formata? È retta? O forse è vittima di un errore dovuto all’i­gnoranza o – consentitemi di dirlo cristianamente – al peccato? Ora, è vero che la legge non può cer­tamente proibire tutti i comporta­menti immorali, ma è altrettanto vero che deve preoccuparsi di pro­teggere i valori fondamentali e i diritti più importanti della persona. Il primo diritto, o meglio, il diritto “fondamentale” è quello alla vita, e conseguentemente, su di esso si fondano tutti gli altri diritti. Lo Stato deve essere consapevole che la legislazione vigente ha sempre un effetto educativo. L’autore, da cattolico, fa emergere anche delle norme che scaturiscono diretta­mente dalla riflessione di alcuni dogmi cristiani quali: la creazione, l’incarnazione, la croce-redenzio­ne, la resurrezione, il dono dello Spirito a Pentecoste. Ma, allo stes­so modo, offre uno spaccato filo­sofico che aiuta a ragionare sulla questione.

Cosa offra la tecnica e cosa dicano la filosofia e la teologia è il filo rosso che lega gli argomenti trattati (che ricordo sono solo l’ini­zio vita ed il fine vita). Discutere di bioetica è analizzare casi concreti facendosi illuminare dalla filosofia, dalla scienza medica e dalla Parola. È apprezzabilissimo il capitolo ad opera del curatore Giannino Piana (che ha anche introdotto l’opera) incentrato sulla legislazione ita­liana, a proposito di procreazione assistita, con gli sviluppi e le modi­fiche della famigerata legge 40 del 2004 (più volte modificata da in­terventi costituzionali), così come la postilla sul tema della “madre surrogata” o “utero in affitto”.

L’ultima parte è dedicata alla que­stione della sofferenza e dell’euta­nasia, inserendo un capitolo critico sulla “terza via teologica e cristianamen­te responsabile” proposta da Hans Küng. È una sfida. Ma anche un dovere. La sfida è da cogliere, il dovere da adempiere. È necessario saper rispondere “razionalmente” a chi propone vie che sembrano rispettare la vita mentre la negano alla radice, così com’è necessario saper dare ragione delle proprie posizioni. Per fare bioetica, infatti, è indispensabile ragionare. Questa via non è un’opzione, ma il presup­posto per poter affrontare un qual­siasi tema (questione) che la bioe­tica presenta. Ragionare significa seguire la logica, non può essere ammessa l’affermazione “ognuno ragiona a modo suo!”. Ma è al­trettanto necessario, in particolare per i cristiani, lasciarsi illuminare da quel fuoco d’amore capace di scaldare il cuore di quanti seguono la Via, la Verità e la Vita. Il testo è consigliato per chiarezza, dottri­na e serena apologia della sacralità della vita.


D. De Angelis, in Studia Bioethica 2/2017, 88-89

Dice il proverbio che «chi ben comincia è già a metà dell'opera»: veramente questa Introduzione è un buon inizio per chiunque voglia accostarsi ai temi della bioetica, uno strumento semplice ma preciso, che prepara a orientarsi nelle questioni più complesse, grazie a una grande chiarezza intellettuale e alla buona esplicitazione dei fondamenti su cui sviluppare ogni ragionamento successivo.

Il libro introduce alla bioetica presentando in forma sintetica i problemi legati alla fecondazione assistita e all'eutanasia. Sono temi impegnativi che, nella loro complessità, più che trattazioni vaste, richiedono un buon impianto teorico di partenza. È qui mi sembra risieda il maggior pregio dell'opera di Thevenot: una estrema chiarezza nel delineare cosa è etica e cosa "pre-etica", cosa compete al legislatore, cosa al filosofo, cosa al teologo, e cosa spetta a ciascuno di noi quando affronta decisioni difficili, dove sono in gioco valori differenti e non sempre conciliabili.

Si tratta di un aiuto chiaro per sviluppare e vivere il passaggio tra l'argomentazione teorica e la complessità del reale. Una visione della bioetica che ne fa qualcosa di molto diverso dalla applicazione di norme, e molto vicino ad un'arte che porta a «passare attraverso un fuoco» (p 218), il fuoco della fatica del discernimento. Dove gli aspetti più propriamente umani dell'esistenza, come il «prendere in seria considerazione il tempo» (p. 63), o il vivere bene il quotidiano, perché «l'audacia (etica) si prepara nella vita di ogni giorno, quando tutto va liscio» (p. 81), o ancora la capacità di sopportare l'incertezza, portando «un certo dubbio interiore, al fine di trovare il compromesso tra i valori da salvare» (p. 118), sono abilità fondamentali. Più del sapere teorico, che da solo non basta e anzi può essere un pericolo, perché: «chi esercita il discernimento morale non può in nessun caso permettere che il sapere decida al suo posto, egli deve impegnarsi di persona nei confronti dell'essere che ha davanti, assumendo una decisione etica» (p. 92).

La bioetica che Thevenot presenta è l'arte di vivere in pienezza l'umano. Come tale è qualcosa che ha la capacità di affascinare e - di fronte ai problemi laceranti legati alla sofferenza umana, come la sterilità o la malattia - è capace di favorire un comportamento sensato e spingere il lettore verso orizzonti più ampi e inattesi.

Presentando temi etici complessi, come quelli della fecondazione e dell'eutanasia, il libro infatti non solo presenta le questioni più rilevanti con chiarezza ed equilibrio, ma fornisce in modo sintetico, efficace e comprensibile i fondamenti su cui sviluppare ogni ragionamento pro o contro le scelte che la tecnica rende possibili.


F. Cambiaso, in Aggiornamenti sociali 3/2017, 262-263

Due aree vengono in particolar modo affrontate dal testo del salesiano francese, una delle figure più importanti della teologia morale postconciliare: l’inizio vita, indagando le varie modalità tecniche inerenti la procreazione assistita, e il finis vitae laddove l’intervento medico deve affrontare la dibattuta questione dell’eutanasia. L’a. propone come criterio guida il modello dell’etica della responsabilità, avendo Kant come suo principale referente filosofico. La persona come fine dunque, senza dimenticare le ricadute pratiche e sociali dell’agire in modo tale da evitare sia le secche di uno sterile individualismo, sia le sabbie mobili di un relativismo nichilista.


In Il Regno 14/2016

Appare ora una Breve introduzione alla bioetica molto chiara e circoscritta, elaborata da uno dei maggiori teologi moralisti francesi, Xavier Thévenot. Egli si attesta sostanzialmente su entrambi gli estremi dell’arco della vita umana privilegiando quindi l’incipit e l’explicit, ossia le questioni relative alla tappa iniziale e a quella terminale. Riconosciute senza riserve le ricadute positive e spesso esaltanti del progresso biomedico, è altrettanto necessario segnalare le interrogazioni che esso pone quando assume caratteri invasivi e manipolativi sempre più radicali. Questo saggio è opera di un teologo cattolico e, quindi, procede entro un orizzonte valoriale dotato di una sua identità, capace però – pur nella distinzione delle epistemologie e dei metodi – di interloquire con lo statuto autonomo delle discipline scientifiche.

E quando parliamo di scienze umane, intendiamo anche la filosofia: pensiamo al rilievo che ha, ad esempio, l’”etica della responsabilità” di matrice kantiana per cui la persona umana deve essere sempre considerata come fine. Si esclude, quindi, un mero funzionalismo oppure la riduzione individualistica della persona ignorandone la dimensione relazionale. Contro un esclusivismo tecnologico asettico Thévenot propone, perciò, un contesto antropologico previo nella cui cornice collocare la batteria degli interrogativi costanti e comuni: l’embrione è persona e quindi deve essere rispettato come tale? Un essere umano in coma è ancora persona e quindi deve essere così considerato? Che cosa significa procreare? Quale limite ha la terapia del dolore? E così via.

In questo percorso, che è scandito sostanzialmente dalla trilogia meotodologica del vedere-giudicare-agire, emergono anche le questioni specifiche connesse alla procreazione assistita omologa ed eterologa, con un capitolo riservato esplicitamente alla legislazione italiana, così come si affronta il delicato discernimento etico attorno alla malattia terminale e al fine vita, con un rimando critico anche alla provocazione del teologo Hans Küng sul Morire felici? Lasciare la vita senza paura (Rizzoli 2015). Il saggio di Thévenot è, dunque, una guida generale per impedire semplificazioni che escludano il livello antropologico-filosofico-teologico o, al contrario, esorcizzino quello scientifico e tecnico. Si illustra, così, la complessità della bioetica nella sua struttura autentica e si marca lo sguardo da vertigine che spesso si sperimenta entrando al suo interno.


G. Ravasi, in Il Sole 24 Ore 12 giugno 2016

Il titolo del volume indica con precisione il contenuto dell’opera. È un’introduzione, breve sì, ma metodologicamente precisa, a due ambiti della bioetica: inizio e fine della vita umana.

La metodologia descrive anzitutto il sentire comune e le reazioni emotive contrastanti che alcuni interventi medici suscitano nell’uomo della strada. In un secondo momento è presentato l’aspetto scientifico. Il passo successivo — la riflessione filosofica — introduce il lettore nella dimensione umana, che è in gioco nelle varie soluzioni prospettate. La dignità della persona nella sua intangibilità illumina la soluzione, ma da sola non è in grado di pervenire alla soluzione a causa dell’oscurità e della complessità della situazione concreta. Questa obbliga a una riflessione più precisa, che riceve luce dalla filosofia e dai valori della propria cultura.

Dalla dimensione antropologica all’aspetto teologico il passaggio è, potremmo dire, audace. L’A. fa una sintesi tra le fonti bibliche, l’approfondimento operato nella storia della cristianità e le soluzioni oggi proposte dal Magistero. Perciò si esige nel lettore una conoscenza notevole della teologia e dei suoi percorsi.

Il volume si muove costantemente sui binari della bioetica, coerente con la visione antropologica e teologica della Chiesa cattolica, ma non ignora gli ambiti in discussione. Sostiamo brevemente solo su questi ultimi.

La regolazione responsabile della paternità interpreta la Humanae vitae di Paolo VI coniugandola con la scelta matura e saggia della coscienza dei coniugi. Analoga soluzione per l’inseminazione artificiale omologa. Più sfumata è la soluzione per la Fivet omologa, purché si escluda l’aborto, sia prima sia dopo l’intervento. Dura e precisa è la condanna dell’utero in affitto.

Intriso di saggezza e di sensibilità è l’approccio alla fase terminale della vita. Più che svolgere dotte disquisizioni, l’A. preferisce immergersi nel vissuto psicologico del paziente e dei parenti, nella convinzione che la fase terminale dell’esistenza debba essere accompagnata con delicatezza, sensibilità e affetto dai parenti e da chi assiste l’ammalato. Le varie soluzioni prospettate sono coerenti con il Magistero.

Restano aperti due problemi. Il primo è suscitato da Hans Küng, il quale prospetta che la scelta del momento di morire ricada sotto l’autonomia umana: Thévenot ne dubita molto. Il secondo riguarda l’accanimento terapeutico in certe circostanze problematiche: l’A. richiama la recente discussione in campo teologico e lascia aperto il problema.

Il testo spicca per chiarezza e sinteticità, inserite in un discorso che conduce per mano il lettore nel cammino verso la scoperta della densità del vissuto umano connesso alle nuove tecniche. Quel sentire comune, magari radicato nella cultura, è importante per comprendere quanto psicologicamente pesanti siano alcune tecniche e come esse interferiscano nelle reazioni tra i coniugi.

L’edizione italiana si apre con un magistrale schizzo metodologico di Giannino Piana, il quale è anche autore del capitolo «La legislazione italiana sulla procreazione assistita». Il volume immette in una lettura interessante, aperta a persone di una certa cultura, pur con la difficoltà di cogliere le finezze delle sintesi teologiche.


F. Cultrera, in La Civiltà Cattolica 3982 (28 maggio 2016) 406-407

La bioetica sta acquisendo, con passo molto accelerato, un largo spettro d’interesse per motivi diversi, tra cui il ritmo accelerato del progresso biomedico, il quale ha inevitabilmente delle ricadute non solo biologiche e scientifiche ma anche etiche.
Nel suo libro semplice ma non semplicistico, Breve introduzione alla bioetica, Xavier Thévenot presenta una riflessione bioetica attorno a due grandi aree: quella dell’inizio della vita, con riferimento specifico alle diverse tecniche di procreazione assistita, e quella del fine vita, in particolare riferimento all’eutanasia. Il moralista francese presenta un modello basato sull’ etica della responsabilità radicata nella visione kantiana dell’imperativo categorico e della persona da considerare sempre come fine e mai come mezzo.
L’autore presenta nella prima parte del libro una panoramica descrittiva delle diverse pratiche di fecondazione assistita. Per quanto riguarda la questione degli interventi medici su persone in fin di vita, Thévenot cerca di manifestare la complessità e la molteplicità delle questioni che si pongono e si devono porre quando si tratta della decisione di interrompere le cure per persone malate, persone sofferenti e malati terminali.
Dopo la parte descrittiva, l’autore passa nel secondo capitolo a formulare i problemi con un approccio primariamente filosofico, che mostra la portata universalmente antropologica e non semplicemente e meramente religiosa della posta in gioco delle scelte bioetiche. L’autore esamina infatti i principi i presupposti filosofici includendo, per non rimanere nell' astratto, delle esemplificazioni concrete per le varie questioni poste.
Come già accennato, Thévenot prende avvio nella fondazione filosofica dall’ imperativo categorico kantiano. «Agisci sempre in modo tale che la massima del tuo agire possa essere universalizzata». Un medico non può demandare i suoi giudizi sull’arbitrio dei casi singoli; non può affermare che esistono al mondo solo casi singoli e che ognuno ha la sua morale. Facendo così trascurerebbe le regole deontologiche della sua professione non che la legislazione vigente.
La seconda massima kantiana afferma la necessità e l’obbligo morale di considerare la persona sempre come un fine. «Nella tua persona e in quella degli altri tratta sempre l’umanità non semplicemente come un mezzo, ma sempre come un fine».
Questi due principi invitano a una seria riflessione che sappia dosare la dimensione universale e la dimensione individuale, ovvero personale, della morale della vita. Thévenot ricorda che, giustamente, bisogna sempre seguire la propria coscienza, ma la coscienza può essere erronea e illusa, per questo è necessario che ci sia una continua e rinnovata formazione e illuminazione della stessa. Una morale responsabile si impegna continuamente a consolidare i propri fondamenti e a non accontentarsi di giudizi sommari e di buone intenzioni. Chiudersi in una morale delle buone intenzioni significa sostenere l’individualismo e appianare la via verso il relativismo e la normazione anche dell’immorale. «Significa altresì mutilare la realtà, che non è riducibile alla sola dichiarazione personale, ma è sempre dotata di un dinamismo proprio; e significa anche dar prova di ingenuità, in quanto sappiamo bene tutti che le nostre intenzioni sono sempre più o meno opache o cariche di illusioni, e in ogni caso raramente “pure” come si vorrebbe credere».
L’approccio personalistico dell’autore alle questioni poste fa sì che il suo libro, pur trattando di morale, non puzzi di moralismo. Pur presentando delle convinzioni chiare, la ricchezza primaria che il libro consegna al lettore non è quella delle risposte, ma della necessità di porsi le domande e di cogliere la complessità delle questioni etiche e bioetiche. Il tutto è fatto con semplicità e immediatezza, utile per il lettore interessato ad approfondire le questioni bioetiche di inizio e fine vita.


R. Cheaib, in www.theologhia.it 5/2016