La Teologia delle religioni (TR) è una disciplina che si propone di indagare in maniera rigorosa e scientifica il fenomeno del pluralismo religioso (PR). Al suo interno si possono enumerare diverse branche, come la teologia comparata, la teologia interculturale, la teologia interconfessionale e la teologia interreligiosa o teologia del dialogo interreligioso, che, adattando le specifiche metodologie di ricerca, perseguono lo stesso obiettivo, quello, cioè, di comprendere la presenza delle altre religioni alla luce della rivelazione definitiva di Gesù Cristo.
Questa pluralità di ricerche, secondo Gerard O'Collins, deve essere però completata da un procedimento che, a partire dai grandi temi della cristologia, esamini la posizione delle altre religioni rispetto al mistero della persona di Gesù. Per colmare questa lacuna il gesuita australiano propone Una cristologia delle religioni,aggiungendo così una importante voce al recente dibattito teologico sul PR. L'intenzione dell'A. risiede nel collocare il tema del PR in un quadro cristologico completo e, quindi, nel riflettere concretamente su come la teologia della croce, la portata universale del ministero di Cristo sommo sacerdote, l'efficacia della sua amorevole preghiera per gli altri, la mediazione della sua rivelazione e la corrispondente fede accessibile agli altri possano contribuire a superare una certa impasse da cui fatica ad uscire il pensiero della teologia delle religioni su alcune tematiche particolarmente delicate.
La prima parte del saggio formula un assioma secondo il quale fuori della croce non v’è cristologia delle religioni:la croce di Gesù manifesta infatti non solo la peccaminosità di ogni uomo, ma anche la vicinanza di Dio alle sofferenze umane; la morte di Gesù fra due criminali simboleggia la solidarietà di Dio con l'umanità dolente. La TR deve prendere in considerazione questa comunione di Dio con ogni sofferenza umana per affermare la presenza universale di Cristo dove l'uomo viene colpito dal male. In stretto collegamento con questa affermazione O'Collins sviluppa una riflessione sul ministero sacerdotale di Gesù, passando sotto la lente di ingrandimento la Lettera agli Ebrei,al fine di cogliere la portata universale della sua opera mediatrice.
Senza entrare nella specificità del sacerdozio del Figlio dell'uomo e della sua differenza rispetto al ministero levitico, si dimostra come la sua assunzione della condizione umana l'ha reso idoneo per l'espiazione dei peccati dell'intera umanità. Il riferimento a Melchisedek serve per ribadire la superiorità del sacerdozio cristico su quello levitico e la sua intramontabile validità. L'obbedienza che costituisce la condizione per accedere alla salvezza operata da Gesù (Eb 5,9) corrisponde, secondo l'A., alla fede che è «fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede». Per questa via la mediazione sacerdotale di Cristo può raggiungere ogni uomo che, al pari dei personaggi biblici dell'Antico Testamento (elencati in Eb 11,1-12,1), riconosce la divina origine del mondo e si affida alla promessa di Dio sul fine ultimo della creazione. Questa concezione aperta della fede, pur non facendo alcuna menzione di Cristo, appare sufficiente per essere graditi al cospetto di Dio (11,6): «La salvezza mediante la fede aperta è offerta a tutti gli esseri umani e offerta sulla base del sacerdozio – che comporta il sacrificio di sé – di Cristo, anche se essi non sono (o non sono ancora) in grado di seguirlo in consapevole obbedienza nel pellegrinaggio di fede» (71).
Per mettere in rilievo la funzione sacerdotale di Gesù a beneficio di tutti viene poi presa in considerazione la Costituzione sulla sacra liturgia, Sacrosanctum Concilium,laddove il testo parla di Cristo che «unisce a sé tutta l'umanità e se l’associa nell'elevare questo divino canto di lode» (SC 83). Il carattere universale dell'incessante azione di Cristo a favore di tutto il suo corpo cosmico si rivela in modo peculiare nella celebrazione eucaristica, attraverso la quale l'intera creazione, unita all'offerta del Figlio, ritorna al Padre. Questa presenza di Cristo, che pervade l'intero mondo creato, si realizza in virtù dell'azione dello Spirito Santo, la cui Persona è sempre implicata in ogni manifestazione universale del Salvatore: il regno di Dio (1), l'ultimo Adamo (2), Verbo e Sapienza di Dio che permea ogni realtà (3), il Logos incarnato, solidale con ogni essere umano sofferente (4), il Signore risorto, datore di vita eterna (5), il Pastore che cura amorevolmente il suo gregge (6) e il Giudice escatologico (7). Ne risulta che la pneumatologia è inseparabile dalla cristologia. Il ruolo proprio dello Spirito santo si specifica nel dare «a tutti, qualunque sia la fede di cui vivono, la luce rivelatrice e la forza salvifica di cui hanno bisogno affinché possano godere per mezzo del Cristo risorto la vita eterna con Dio» (117).
Inoltre, riferendosi all'insegnamento di Giovanni Paolo II (Dominum et vivificantem), l'A. osserva come lo Spirito sia operante ogni volta che qualcuno prega in maniera autentica e si trova ad affrontare le profonde questioni religiose della vita. Questo ragionamento porta a concludere che Cristo, insieme allo Spirito Santo, interagisce con il mondo intero e l'effetto universale di tale interazione salvifica va attribuito a Gesù stesso e «non alla Chiesa cristiana in quanto tale» (108).
Per delucidare il ruolo della Chiesa nell'opera della salvezza O'Collins propone di riflettere sull'intercessione della comunità dei battezzati in favore ditutto il mondo. L'assunzione di un tale atteggiamento di intercessione induce un'inversione della prospettiva nella quale gli altri sono ordinati alla chiesa, che porta a riscoprire «l'abbondanza di insegnamenti sulla preghiera dì intercessione offerta dalla tradizione cristiana (1), l'amore efficace cbe ispira tale intercessione (2), l'eterno sacerdozio di Cristo di cui questa intercessione partecipa (3)». Una preghiera ispirata dall'amore per gli altri gode pertanto di una certa efficacia, poiché unisce gli oranti a Cristo e influisce sui modi con cui Dio misericordiosamente agisce su tutti. Si tratta di una rilevanza causale non-coercitiva ma attrattiva,che appartiene al regime d'amore. «In sintesi: l'amore ispira la preghiera di intercessione attraverso cui i fedeli associano se stessi con l’amore salvifico esercitato verso tutti gli esseri umani dal Cristo risorto e dal suo Spirito» (150).
Il saggio di O’Collins è indubbiamente ricco di spunti teologici che fanno percepire l'enorme potenzialità della cristologia nel dare un rinnovato impulso alla TR. Passare sotto la lente cristologica le principali questioni della TR può infatti contribuire alla migliore comprensione del mistero di Gesù Cristo in cui Dio offre la salvezza a tutti i popoli. L'A. persegue quest'obiettivo elaborando i diversi temi cristologici e sondando la loro possibilità ospitante verso i seguaci delle altre religioni. In modo particolare si rivela molto stimolante l'intuizione della teologia della croce, che, a partire dalla sofferenza patita dal Figlio e dal suo fiducioso abbandono al Padre, restituisce la figura del Mediatore capace di accogliere/racchiudere in sé ogni alterità. Questa pregnante idea non trova tuttavia un'adeguata articolazione in O'Collins, che si limita ad abbozzarla in maniera molto generica. Egli pone tanta enfasi sulla solidarietà di Gesù con ogni sofferenza umana in virtù della sua croce senza però indagare come il gesto filiale del Crocifisso apra uno spazio di ospitalità salvifica ai membri delle altre religioni. Resta non sufficientemente esplorata la natura costitutiva di ogni autentica esperienza religiosa, che è propria dell'atto di abbandono al Padre insito nel mysterium Paschale.
Va inoltre rimarcato un deficit di analisi della questione ecclesiologica, che costituisce il punto focale di ogni dibattito teologico sulla mediazione salvifica di Gesù: l'Autore, pur dedicando un capitolo al ruolo dell'intercessione della chiesa, non offre alcuna interpretazione del tradizionale assioma extra Ecclesiam nulla salus. Senza affermare il legame inscindibile fra Cristo e la sua Chiesa si rischia di misconoscere l'accesso all'evento cristologico, in quanto la Chiesa custodisce/testimonia la forma evenemenziale della grazia che si attesta nelle mediazioni della Scrittura, del sacramento e del ministero ordinato. Pur riconoscendo la differenza fra Cristo e la chiesa, occorre ribadire che alla rivelazione non si giunge senza attestazione e che questa è costituita dalla chiesa. Benché il Magistero non precisi in quale modo la Chiesa sia strumento di salvezza per tutti, resta innegabile che essa, in virtù del suo legame con Cristo, non può essere considerata semplicemente una via di salvezza accanto a quelle costituite dalle altre religioni. O'Collins elude la questione, preferendo parlare del rapporto fra il cristianesimo e le altre religioni. Di conseguenza, l'affermazione del valore del PR va di pari passo alla rinuncia alla riflessione sulla funzione salvifica della chiesa. Una cristologia delle religioni non può però sottrarsi a tale compito, dovendo anzi provare a spiegare come la Chiesa sia mezzo di salvezza per tutta l'umanità, anche in mancanza di un rapporto fenomenico con essa.
A. Kieltyk, in
Teologia 2/2022, 419-421