La figura di pensatore filosofico e teologico del gesuita polacco Erich Przywara, si impone nel panorama del secolo XX quale scrittore prolifico con all’attivo ben ottocento ricerche e cinquanta monografie. Fu contemporaneo di E. Husserl, M. Scheler, E. Stein, P. Tillich, K. Barth, M. Heidegger, M. Buber, H. Rahner, P. Lippert, G. von Le Fort e von Balthasar. La sua esistenza fu travagliata e scossa da tanti eventi storici: il difficile periodo successivo alla prima guerra mondiale, il sciagurato frangente della dittatura nazista cui seguì la ricostruzione del pensiero e della società dopo la seconda guerra mondiale.
Erich Przywara aveva delle predilezioni, dichiarate e conosciute: il silenzio, quello che "sovrasta tranquillo il fragore del mondo e placa l'agitarsi dell'universo"; la musica: era infatti un violinista provetto, detto dagli amici il "tzigano". Una delle sue asserzioni reggeva la sua ricerca gigantesca: "Per il credente è legittima una filosofia teologica, ma non una teologia filosofica".
Cultura laica e cristianesimo si sono sempre dovute affrontare nei secoli e il loro rapporto è sempre stato teso ma fecondo. Nei primi secoli della cristianità, i pensatori cristiani erano stati formati dalla sapienza classica, prevalentemente greca, quindi si trovarono costantemente dinanzi a delle opzioni che non suonassero sempre come contestazioni o addirittura dinieghi. Si trattò non di compromessi ma dialogo vitale che suggerisse al messaggio evangelico come giungere, nella sua originalità, a qualunque persona.
Umiltà, pazienza e amore, come suona il titolo, indubbiamente non è un appannaggio culturale esclusivo della cultura antecedente alla diffusione del messaggio evangelico. E. Przywara ne ha piena consapevolezza perciò procede con metodo ad esaminare il lascito del pensiero antico della grecità, quella della rivelazione biblica e tutta la tradizione cristiana classica in seguito sviluppatasi. Fermo rimane un punto, proprio per non cadere in un annullamento inutile e pregiudizievole a qualsiasi riflessione rigorosa, l'annuncio e la testimonianza di Gesù Cristo, un unicum. Ne consegue che "alla luce dello scandalo dell'umiltà e della pazienza, quali criteri dell'autentico amore cristiano, l'amore cristiano si contrappone inesorabilmente a quello non cristiano".
Le tre meditazioni, dedicate alle tre virtù sono le facce di un unico Mistero, non in tono devozionale o pietistico, ma dottrinale, tratte da un fondo di ampi studi antecedenti ora redatti con valenza particolare: "Un contributo per la ricerca del rapporto fra l'antica dottrina classica e quella cristiana". Un pensiero quindi rigoroso e profondo che mette in luce l'originalità delle virtù cristiane.
L'umiltà "non ha posto alcuno nella filosofia greca classica dalla quale è stato formato il pensiero occidentale" e viene considerata invece dal cristianesimo come il mistero che avvolge due amanti: "esiste così un condizionamento intimo e reciproco tra il 'sempre più grande' di Dio e la piccolezza dell'umiltà: Egli sarà sempre il più grande, per quanto noi cresciamo... Allora noi potremo essere grandi in lui, se saremo sempre piccoli sotto di lui".
Ai greci era ignota una divinità paziente, mentre per Przywara la pazienza è una forma di relazione, un admirabile commercium: "la maturità vera e propria dell'amore... la perfetta opera di Dio, in Cristo, nella Chiesa: il trionfo dell'amore nella sua perfetta donazione di sé".
L'amore, considerato quale agape e comunione d'amore con Dio nell'alleanza, nella certezza dell'asimmetria, si incarna in Teresa di Gesù Bambino e nella sua "piccola Via" in quanto "è la vera via per assomigliare al Santo Volto del Dio in Cristo crocifisso e morente".
Le tre virtù si richiamano, non procedono isolatamente e generano lo "'scandaloso e paradossale' simbolo dell'indissolubile appartenenza di umiltà, pazienza, amore quale emblema della virtù specificamente cristiana". Per comprendere questa breve ricerca è necessario non dimenticare uno strumento ermeneutico tipico dell'autore anche se non usato esplicitamente: "l'analogia della dissomiglianza sempre maggiore", analogia che l'autore aveva sottolineato quale struttura dinamica fondamentale sempre valida; tuttavia, essa, proprio secondo il suo carattere di struttura dinamica fondamentale, costituisce quel ritmo che pervade tutto il libro.
Pagine che comunicano il mistero di "'quel fuoco divorante' (Dt 4,24; Eb 12,29) che Dio 'è' come amore (1 Gv 4,8): divorante se stesso e se stesso in noi".
C. Dobner, in
Studi Ecumenici 3-4/2018, 1076-1077