Aristide Fumagalli è uno dei più stimati studiosi di morale in Italia e non solo. Il suo libro sulla questione gender non può che essere salutato come un’opportunità per fare chiarezza in un dibattito decisivo per la nostra società.
Il suo primo contributo è proporre una chiarezza terminologica. Attorno alla parola gender ruotano tante categorie: sesso biologico, identità di genere, orientamento e comportamento sessuale e ruolo di genere. Approfondendo i termini, ci si accorge come «l’attuale questione del gender è rappresentabile tenendo conto delle due variabili che, assunte o contestate, connotano le diverse teorie: si tratta della natura corporea e della cultura sociale. Sull’una e sull’altra si fondano, rispettivamente, l’essenzialismo naturale e il costruzionismo socio-culturale, le due teorie che fungono da riferimento per illustrare l’evoluzione della questione del gender in epoca contemporanea» (p. 17).
Il libro ha, inoltre, il merito di fornirci una spiegazione storica dello sviluppo delle teorie di genere, guardando all’evoluzione del movimento femminista, nato nel solco della linea marxista-freudiana. «Lo sviluppo del femminismo rispetto al gender può essere scandito in quattro fasi, che successivamente si concentrano su: la parità di genere, la costruzione del gender, la decostruzione del gender, l’individualizzazione del gender» (p. 19). Questi passaggi attribuiscono «fin da subito alla cultura sociale il netto predominio sulla natura corporea, la quale [...] viene considerata anzitutto come trascurabile, poi come insignificante, quindi come trasformabile, e infine come individualmente ridefinibile» (p. 35). L’individuo, quindi, è il centro assoluto della propria determinazione rispetto al gender e così tale tematica entra pienamente nella riflessione politica; dapprima per combattere le discriminazioni e le violenze di ogni tipo, arrivando poi a imporre una visione dell’uomo incentrata sull’individualismo libertario, incapace di una onesta ricerca sulla verità comune. Come si può facilmente capire, la riflessione sul gender in politica ha avuto una sua valenza nello smascherare il potere discriminatorio che ha caratterizzato la vita sociale per molti secoli, ma ha anche manifestato la sua ambiguità perché ogni individuo può reclamare, senza essere smentito, una sua propria visione.
Con molta semplicità, poi, Fumagalli ci presenta il pensiero della Chiesa sulla questione. Un piccolo difetto di questo capitolo può essere rintracciato nel non mostrare le posizioni (anche di associazioni riconosciute) che hanno affrontato il tema in maniera sterilmente polemica. Ma rimane da sottolineare che esistono i pregi della prospettiva di genere: «il più immediato e principale pregio rinvenibile nella prospettiva di genere è quello di evidenziare l’incidenza che la cultura sociale, ovvero le pratiche sociali e la simbolica culturale, esercitano sul costruirsi dell’identità e delle relazioni sessuate delle singole persone» (p. 71). Il più grande limite che il pensiero della Chiesa rintraccia nella questione gender è ridurre l’identità sessuale al sentimento psichico e alla libertà individuale: esse «sono variabili imprescindibili ma non esclusive dell’identità sessuale, condizioni necessarie ma non sufficienti. Esse vanno quanto meno integrate dalla variabile della natura corporea e della relazione interpersonale, simbolicamente mediata dalla cultura sociale» (p. 76).
Si tratta, quindi, di affrontare tutto quello che ruota attorno al gender come una sfida antropologica, sfida che deve essere colta come una opportunità e non solo come un rischio. La prospettiva da percorrere è quella dell’integrazione tra le varie componenti che definiscono una persona: il corpo, il sentimento psichico, la relazione interpersonale, la cultura sociale e la libertà personale. Quest’ultima, intesa come regista delle varie componenti, deve «essere concepita come responsabilità, ovvero come l’abilità di corrispondere, salvaguardando e promuovendo, le condizioni imprescindibili della sua esistenza e del suo esercitarsi, tra le quali risultano, anzitutto, la propria e altrui condizione corporea, differenziata in senso maschile e femminile» (p. 81).
L’ultima parte del libro accenna alle principali traiettorie bibliche: «prospettando un’antropologia elazionale, la rivelazione cristiana contesta la possibilità di pervenire alla definizione dell’identità sessuale su base individuale e sostiene, piuttosto, che l’identità sessuata della persona non possa essere specificata a prescindere dalla relazione interpersonale tra uomo e donna» (pp. 105-106).
Questo libro era necessario per avere una base di confronto solida, oggettiva e pacata. La questione gender pone, infatti, in luce quanta fatica si faccia a costruire, sia in politica come nella Chiesa, un dialogo sensato capace di giungere a verità condivise, per costruire le fondamenta del vivere comune. Abbiamo tutti, credenti e non credenti, bisogno di ascoltarci per comprendere sempre più il mistero dell’uomo. In vista di questo, rimane da approfondire il lato soggettivo della questione: per quanto poche siano numericamente, esistono persone con corporeità non oggettivamente definibili; almeno in questi casi occorrerebbe valorizzare i percorsi basati sulla coscienza delle persone.
M. Prodi, in
Rivista di Teologia dell’Evangelizzazione 40 (2/2016) 524-525