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La questione gender
Aristide Fumagalli

La questione gender

Una sfida antropologica

Prezzo di copertina: Euro 9,00 Prezzo scontato: Euro 8,55
Collana: Giornale di teologia 380
ISBN: 978-88-399-0880-3
Formato: 12,3 x 19,3 cm
Pagine: 112
© 2015, 20174

In breve

Un saggio attuale e documentato che delinea lo stato dell’arte sulla cosiddetta questione del gender. Offre innanzitutto elementi di conoscenza per comprendere le diverse voci che si levano nel dibattito in corso. E offre altresì solidi criteri valutativi: sia per interpretare le teorie più attestate, sia per orientarsi nelle conseguenze – positive o problematiche – che ne possono derivare sul piano giuridico, educativo, culturale, religioso.

Descrizione

La differenza tra l’uomo, maschio e padre, e la donna, femmina e madre, ritenuta un dato essenziale e imprescindibile della natura umana, è oggi posta in discussione dalla più recente cultura sessuale, che contesta la naturalità della differenza sessuale e rivendica il diritto di definire altrimenti il genere sessuale di appartenenza.
Con l’intento di offrire gli elementi interpretativi e i criteri valutativi per orientarsi nel dibattito sulla cosiddetta questione del gender, il testo provvede, anzitutto, a delineare lo sviluppo delle teorie di genere e la loro incidenza sul piano politico-giuridico. Considerando poi la posizione della chiesa cattolica a livello di diplomazia, magistero e tendenze ecclesiali, opera una distinzione fra ideologia gender e prospettiva di genere, segnalando i limiti della prima e i pregi della seconda. Suggerisce, infine, alcune prospettive antropologiche e indica delle coordinate bibliche essenziali.
L’idea sottesa alla riflessione proposta in queste pagine è che l’attuale questione gender non è certo priva di pericolose insidie per l’identità sessuata e le relazioni sessuali degli esseri umani. Tuttavia, costituisce anche una sfida antropologica che sollecita una nuova cultura delle relazioni tra uomo e donna, capace di scongiurare la prevaricazione dell’uno sull’altra e di valorizzare, anzi, la loro differente identità in vista del reciproco amore.


L’esperienza ce lo insegna: per conoscersi bene e crescere armonicamente l’essere umano ha bisogno della reciprocità tra uomo e donna. Quando ciò non avviene, se ne vedono le conseguenze.
La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l’arricchimento della comprensione di questa differenza. Ma ha introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo. Io mi domando, per esempio, se la cosiddetta teoria del gender non sia anche espressione di una frustrazione e di una rassegnazione, che mira a cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa. Sì, rischiamo di fare un passo indietro. La rimozione della differenza, infatti, è il problema, non la soluzione. Per risolvere i loro problemi di relazione, l’uomo e la donna devono invece parlarsi di più, ascoltarsi di più, conoscersi di più, volersi bene di più. Devono trattarsi con rispetto e cooperare con amicizia. Con queste basi umane, sostenute dalla grazia di Dio, è possibile progettare l’unione matrimoniale e familiare per tutta la vita. Il legame matrimoniale e familiare è una cosa seria, lo è per tutti, non solo per i credenti. Vorrei esortare gli intellettuali a non disertare questo tema, come se fosse diventato secondario per l’impegno a favore di una società più libera e più giusta.
Papa Francesco, Discorso all’udienza generale del 15 aprile 2015

Recensioni

Docente di teologia morale al seminario di Venegono, don Fumagalli passa in rassegna le differenti posizioni su maschile e femminile, identità, differenza, relazioni sessuali. Tesi esposte senza tralasciare le conseguenze, nel bene e nel male, dal punto di vista giuridico, pedagogico, religioso e culturale.

Si tratta di «una sfida antropologica, la quale sollecita una nuova cultura delle relazioni tra uomo e donna, capace di scongiurare il potere dell'uno sull'altra e di valorizzare, invece, la loro differente identità in vista del reciproco amore».


In Jesus 6/2017

Aristide Fumagalli è uno dei più stimati studiosi di morale in Italia e non solo. Il suo libro sulla questione gender non può che essere salutato come un’opportunità per fare chiarezza in un dibattito decisivo per la nostra società.

Il suo primo contributo è proporre una chiarezza terminologica. Attorno alla parola gender ruotano tante categorie: sesso biologico, identità di genere, orientamento e comportamento sessuale e ruolo di genere. Approfondendo i termini, ci si accorge come «l’attuale questione del gender è rappresentabile tenendo conto delle due variabili che, assunte o contestate, connotano le diverse teorie: si tratta della natura corporea e della cultura sociale. Sull’una e sull’altra si fondano, rispettivamente, l’essenzialismo naturale e il costruzionismo socio-culturale, le due teorie che fungono da riferimento per illustrare l’evoluzione della questione del gender in epoca contemporanea» (p. 17).

Il libro ha, inoltre, il merito di fornirci una spiegazione storica dello sviluppo delle teorie di genere, guardando all’evoluzione del movimento femminista, nato nel solco della linea marxista-freudiana. «Lo sviluppo del femminismo rispetto al gender può essere scandito in quattro fasi, che successivamente si concentrano su: la parità di genere, la costruzione del gender, la decostruzione del gender, l’individualizzazione del gender» (p. 19). Questi passaggi attribuiscono «fin da subito alla cultura sociale il netto predominio sulla natura corporea, la quale [...] viene considerata anzitutto come trascurabile, poi come insignificante, quindi come trasformabile, e infine come individualmente ridefinibile» (p. 35). L’individuo, quindi, è il centro assoluto della propria determinazione rispetto al gender e così tale tematica entra pienamente nella riflessione politica; dapprima per combattere le discriminazioni e le violenze di ogni tipo, arrivando poi a imporre una visione dell’uomo incentrata sull’individualismo libertario, incapace di una onesta ricerca sulla verità comune. Come si può facilmente capire, la riflessione sul gender in politica ha avuto una sua valenza nello smascherare il potere discriminatorio che ha caratterizzato la vita sociale per molti secoli, ma ha anche manifestato la sua ambiguità perché ogni individuo può reclamare, senza essere smentito, una sua propria visione.

Con molta semplicità, poi, Fumagalli ci presenta il pensiero della Chiesa sulla questione. Un piccolo difetto di questo capitolo può essere rintracciato nel non mostrare le posizioni (anche di associazioni riconosciute) che hanno affrontato il tema in maniera sterilmente polemica. Ma rimane da sottolineare che esistono i pregi della prospettiva di genere: «il più immediato e principale pregio rinvenibile nella prospettiva di genere è quello di evidenziare l’incidenza che la cultura sociale, ovvero le pratiche sociali e la simbolica culturale, esercitano sul costruirsi dell’identità e delle relazioni sessuate delle singole persone» (p. 71). Il più grande limite che il pensiero della Chiesa rintraccia nella questione gender è ridurre l’identità sessuale al sentimento psichico e alla libertà individuale: esse «sono variabili imprescindibili ma non esclusive dell’identità sessuale, condizioni necessarie ma non sufficienti. Esse vanno quanto meno integrate dalla variabile della natura corporea e della relazione interpersonale, simbolicamente mediata dalla cultura sociale» (p. 76).

Si tratta, quindi, di affrontare tutto quello che ruota attorno al gender come una sfida antropologica, sfida che deve essere colta come una opportunità e non solo come un rischio. La prospettiva da percorrere è quella dell’integrazione tra le varie componenti che definiscono una persona: il corpo, il sentimento psichico, la relazione interpersonale, la cultura sociale e la libertà personale. Quest’ultima, intesa come regista delle varie componenti, deve «essere concepita come responsabilità, ovvero come l’abilità di corrispondere, salvaguardando e promuovendo, le condizioni imprescindibili della sua esistenza e del suo esercitarsi, tra le quali risultano, anzitutto, la propria e altrui condizione corporea, differenziata in senso maschile e femminile» (p. 81).

L’ultima parte del libro accenna alle principali traiettorie bibliche: «prospettando un’antropologia elazionale, la rivelazione cristiana contesta la possibilità di pervenire alla definizione dell’identità sessuale su base individuale e sostiene, piuttosto, che l’identità sessuata della persona non possa essere specificata a prescindere dalla relazione interpersonale tra uomo e donna» (pp. 105-106).

Questo libro era necessario per avere una base di confronto solida, oggettiva e pacata. La questione gender pone, infatti, in luce quanta fatica si faccia a costruire, sia in politica come nella Chiesa, un dialogo sensato capace di giungere a verità condivise, per costruire le fondamenta del vivere comune. Abbiamo tutti, credenti e non credenti, bisogno di ascoltarci per comprendere sempre più il mistero dell’uomo. In vista di questo, rimane da approfondire il lato soggettivo della questione: per quanto poche siano numericamente, esistono persone con corporeità non oggettivamente definibili; almeno in questi casi occorrerebbe valorizzare i percorsi basati sulla coscienza delle persone.


M. Prodi, in Rivista di Teologia dell’Evangelizzazione 40 (2/2016) 524-525

«La differenza tra l' uomo, maschio e padre, e la donna, femmina e madre, ritenuta un dato essenziale e imprescindibile della natura umana, è oggi posta in discussione dalla più recente cultura sessuale, che contesta la naturalità della differenza sessuale e rivendica il diritto di definire altrimenti il genere sessuale di appartenenza» (papa Francesco). Sono numerose le reazioni, scomposte in gran parte, a questa e ad altre affermazioni fatte da papa Francesco in diverse circostanze. Tra le più bizzarre vi è quella di alcuni illuminati «intellettuali» che fino al giorno prima lodavano il nuovo linguaggio del pontefice per la sua chiarezza e semplicità, ora, un po' sconcertati, hanno sollecitato su tali argomenti un suo discorso teologicamente e filosoficamente più sostanzioso. Non c'è che dire. Peraltro, in fatto di gender e corollari sono pochi gli interventi di spessore sul versante scientifico e di consistenza su quello antropologico, evidenziati sia dai suoi propugnatori come dai suoi oppositori. È un tipico esempio di argomento accanitamente dibattuto a partire da asserzioni acriticamente assunte come assodate. Non se ne esce che con le rilevanti equivocità e i palesi fraintendimenti che emergono in ogni dibattito.
Di buon grado, quindi, segnaliamo questo bel testo del teologo morale milanese A. Fumagalli, che presenta una riflessione pacata, chiara e ben impostata sulla questione gender. Il volumetto non divaga: va dritto al punto e con un dettato semplice (peraltro inusuale all'ambiente milanese) traccia le coordinate del tema e delinea i contorni della controversia senza entrare in polemica alcuna. Il sottotitolo (Una sfida antropologica) ne dichiara la prospettiva: «Accenniamo a una visione antropologica che, facendo tesoro della prospettiva di genere, ne eviti gli esiti ideologici. È solo conducendo il discorso alle sue implicazioni antropologiche che la prospettiva di genere può essere adeguatamente valorizzata nei suoi pregi, e l'ideologia gender opportunamente criticata nei suoi inaccettabili limiti» (p. 77). L’autore propone un'indagine approfondita e critica della tematica. Delle molteplici «teorie» del gender non evidenzia solo i macroscopici (e notori) limiti, ma anche quegli aspetti meno noti (e poco e malamente, spesso, evidenziati) che possono offrire apporti positivi alla riflessione cristiana. «L’attuale questione gender, non certo priva di pericolose insidie per l'identità sessuata e le relazioni sessuali degli esseri umani, costituisce una sfida antropologica, la quale sollecita una nuova cultura delle relazioni tra uomo e donna, capace di scongiurare il potere dell'uno sull'altra e di valorizzare, invece, la loro differente identità in vista del reciproco amore» (p. 7). Sul versante ecclesiale è noto che le posizioni sul gender si sono condensate su due versanti: uno radicalmente oppositivo e critico (il gender è una vera «ideologia» con una spiccata aggressività politico-giuridica, le cui «teorie» cedono inesorabilmente verso derive marcatamente individualistiche e libertarie tendenti a eliminare ogni «differenza» connotante l'identità personale), l'altro più dialogante (nella «prospettiva di genere» devono interagire le «dimensioni costituite dell'essere umano, vale a dire la natura corporea, il sentimento psichico, la relazione interpersonale, la cultura sociale e, last but not least, la libertà personale» [p. 79]). L'autore percorre quest'ultimo versante e riesce nell'intento di porre le basi di una «nuova» cultura della relazione tra il genere maschile e quello femminile. Ovviamente da riprendere e approfondire.
Il volume ha una struttuta che diremmo didattica: un primo capitolo (Note preliminari sul gender) chiarisce la terminologia (significativo che risulti intraducibile il senso insito nell' inglese «gender»), le diverse «categorie di riferimento» che concorrono a definire identità sessuale umana (sesso biologico, identità di genere, orientamento sessuale, comportamento sessuale, ruolo di genere, libertà) e il «rilievo della cultura sociale». Segue un secondo capitolo (Le teorie di genere) con lo sviluppo in quattro fasi delle diverse «teorie» (dalla rivendicazione della parità di genere, alla costruzione e alla decostruzione del gender fino alla sua pretesa libera determinazione individuale), che permette di comprendere dove si radicano le diverse consistenze e anche le attuali derive della questione. Il terzo capitolo (L'incidenza politico-giuridica) delinea le ricadute politico-legislative del gender tra valore (la cultura sociale influenza la relazione maschio/femmina e va combattuta ogni discriminazione) e ambiguità (in rapporto soprattutto al sesso biologico, l'inclinazione all'indifferenziato...). Una confusione e una conflittualità che sul gender interessa anche la posizione della chiesa cattolica (capitolo quarto). Fumagalli passa in rassegna gli «interventi diplomatici» del Vaticano presso l'ONU, il magistero pontificio e le due principali tendenze ecclesiali (rifiuto polemico, assunzione critica). Da leggere il paragrafo dedicato ai «criteri di valutazione» (pp. 71-76): pregi della «prospettiva» di genere e difetti dell'«ideologia gender». Si arriva così alla parte costruttiva del libro con gli ultimi due capitoli dedicati rispettivamente alle Prospettive antropologiche (pp. 77-91) e alle Coordinate bibliche (pp. 93- 106). L’autore raccoglie la «sfida antropologica» che proviene dal gender e traccia le basi di una prospettiva («visione») antropologica che, «invertendo la tendenza disgregativa e riduzionista che affligge la cultura sessuale contemporanea» (p. 78), riconosce e promuove le dimensioni costitutive dell'essere umano che concorrono a formare l’identità sessuale («corpo sessuato» e «relazioni sessuate»). Utile l'affondo circa i «risvolti pedagogici» (pp. 88-91). È un capitolo che va decisamente approfondito in tutti i suoi aspetti, una traccia da esplorare. Meno riuscito il capitolo finale, ma non poteva che essere nella logica del volume.


D. Passarin, in CredereOggi 213 (3/2016) 170-172

Come indicato con succinta precisione dal titolo, il volume si inserisce nel dibattito contemporaneo sulla determinazione dell’identità personale, mettendo in evidenza la questione capitale implicata, ovvero il modo con cui pensiamo e intendiamo l’umano che ci è proprio e le relazioni. «L’attuale questione gender, non certo priva di pericolose insidie per l’identità sessuata e le relazioni sessuali degli esseri umani, costituisce una sfida antropologica, la quale sollecita una nuova cultura delle relazioni tra uomo e donna, capace di scongiurare il potere dell’uno sull’altra e di valorizzare, invece, la loro differente identità in vista del reciproco amore» (p. 7).

Ci sembra, inoltre, molto apprezzabile lo stile espositivo del volume, che rifugge dalla polemica e dai toni aspri del confronto pubblico, a favore di un’indagine approfondita e critica della tematica, cercando di evidenziare non solo i limiti delle teorie del gender, ma anche le possibili acquisizioni positive per la riflessione cristiana.

Il volume dedica un primo capitolo al chiarimento della complessa realtà dei gender studies e alle categorie concettuali che permettono di districarsi nell’affrontare la materia presa in esame. Successivamente viene offerto uno sviluppo storico delle teorie di genere, identificandolo con le diverse fasi del pensiero femminista: la parità di genere, la costruzione e la decostruzione del gender, l’individualizzazione. Ciò permette di distinguere diversi accenti del discorso, di metterne in luce elementi positivi (ad esempio la critica alla logica egemone del patriarcato), come pure le deleterie ripercussioni che una visione fluida dell’identità e della genitorialità può comportare nei confronti dell’istituto familiare e sulla società tutta. Alle ricadute politiche giuridiche è dedicato il terzo capitolo, dove il gender appare correlato in prima battuta al raggiungimento della parità tra le persone, all’offerta di pari opportunità alle donne e alla lotta contro ogni discriminazione. Tuttavia, una certa ambiguità intorno al significato del termine comporta il rischio di una deriva ideologica di stampo individualistico che tende a promuovere l’indifferenziato attraverso leggi che equiparano qualunque tipo di unione affettiva alla famiglia fondata sul matrimonio.

Per tale motivo risulta utile la presentazione della posizione della chiesa cattolica (cap. 4) attraverso la rassegna degli interventi diplomatici della Santa Sede presso l’Onu, dei pronunciamenti magisteriali e delle tendenze ecclesiali. Se queste ultime appaiono fortemente polarizzate tra rifiuto polemico e assunzione critica, le prese di posizione ufficiale sembrano esprimere forti preoccupazioni e riserve soprattutto nei confronti della tendenza a cancellare le differenze tra donna e uomo, e alle conseguenze sul piano antropologico, teologico e sociale. Tale indagine permette all’A. di evidenziare alcuni elementi positivi della prospettiva di genere (correzione del determinismo biologico, valorizzazione dei fattori culturali nella costruzione dell’identità, denuncia dei rapporti di potere, dei ruoli sociali imposti, delle oppressioni culturali verso le minoranze) a fronte dei difetti della deriva ideologica del gender (eliminazione della differenza, esaltazione dell’emotivismo psichico e dell’individualismo libertario, semplificazione indebita e contraddittoria dei fattori che concorrono a definire l’identità personale). Ciò permette di abbozzare alcune prospettive antropologiche orientate al riconoscimento dell’alterità e alla reciprocità relazionale, insieme ad alcuni criteri pedagogici improntati alla logica del magis (cap. 5), insieme a una rilettura del brano biblico di Gen 2 (cap. 6). Da esse emerge la necessità di una decisiva azione di integrazione «delle dimensioni costitutive dell’essere umano, vale a dire la natura corporea, il sentimento psichico, la relazione interpersonale, la cultura sociale e, last but not least, la libertà personale» (pp. 78-79), insieme alla intuizione – per ora solo abbozzata – che dalla prospettiva di genere, opportunamente vagliata, possano venire stimoli interessanti per una piú ricca comprensione del messaggio biblico e dell’evento cristologico.


G. Del Missier, in Studia Patavina 63 (1/2016) 266-267

L'identità di genere è diventata palesemente più incerta non soltanto sul piano dei vissuti individuali e dell'immaginario sociale, ma anche a livello delle controversie teoriche, che attraversano l'arena pluralistica contemporanea. Il pensiero femminile, in particolare, ha contestato il predominio androcentrico e la svalutazione degli affetti più legati alle pratiche di cura, accudimento, educazione della prole. Abbiamo quindi assistito a diversi tipi di fenomeni: la rivendicazione dei pari diritti tra i sessi, la valorizzazione della specifica differenza tra loro, lo svincolarsi del genere sociale dai caratteri biologici, la proliferazione di linguaggi affettivi fluidi, mutevoli e nomadici, il moltiplicarsi e artificializzarsi delle pratiche generative.

Fumagalli, sacerdote ambrosiano e teologo morale, distingue l'ideologia gender dalla prospettiva di genere. La prima tendenza enfatizza un presunto potere di autodeterminazione arbitraria, svuota il concetto di famiglia, svaluta il dato corporeo, cede all'individualismo emotivo. La seconda posizione invece riconosce le valenze culturali delle differenze sociali tra uomo e donna, conferma la loro delicata interdipendenza e assegna alla responsabilità morale dei soggetti il compito di maturare le rispettive identità. Si diventerebbe uomini e donne, padri e madri, figli e figlie prendendo consapevolezza delle variabili che ci condizionano - corpo, psiche, società -, interpretando la verità delle passioni e promettendo mutuamente fedeltà e cura.

Il sintetico testo ha il pregio di chiarire i diversi fattori che concorrono alla formazione dell'identità - la struttura biologica, la vicenda psichica, gli influssi ambientali e culturali, le opzioni di libertà -, proponendo una sintesi antropologica e confrontandola con i testi biblici più importanti e con i pronunciamenti magisteriali più autorevoli. Viene documentato inoltre il dialogo fra diversi tipi di sensibilità e linee di ricerca all'interno del mondo cattolico.

Nella tradizionale teologia cristiana della sessualità sono del resto evidenziabili sia alcune aporie concettuali (la nozione di essenza e di natura come forme a priori, che dovrebbero innescare deterministicamente la maturazione del Sé), sia consistenti punti di forza (l'interpretazione personalistica delle «funzioni» sessuali, il primato del corpo vissuto, l'unità radicale tra emozioni e volontà). Su questi tratti si può far leva per promuovere sul piano politico e giuridico i valori di un'autentica unione familiare e un equilibrato contesto educativo.

La verità del Vangelo non è altra cosa dall'emozionante esperienza dell'innamoramento, della coniugalità e della generazione, ma porta a fondo l'apertura arcana e sorprendente del desiderio, lo preserva da cadute edonistiche, lo configura come un dono e assieme come un compito il cui compimento sfugge alla nostra progettualità materiale.

Secondo i racconti della Genesi, la differenza sessuata segnala la vocazione al reciproco aiuto, al riconoscimento paritario, all'esigente unità corporea. Uomo e donna sono l'uno ossa e carne dell'altra, e il loro cammino è quello di «una sola carne». Gesù non soltanto conferma l'antico insegnamento, ma rivendica anche la propria centralità. La fisionomia del Cristo era infatti impressa già nell'atto con cui maschio e femmina venivano creati. Per mezzo di lui e in vista di lui, un patto divino unisce gli sposi, che guardano al Figlio come testimone di un amore che dona la vita per gli uomini e che si promette alla Chiesa, compagna nuziale del Verbo.


P. Cattorini, in La Civiltà Cattolica 3980 (23 aprile 2016) 202-203

Un testo non ponderoso ma estremamente denso e significativo, che affronta una problematica oggi particolarmente rilevante sotto molteplici punti di vista.

La questione del gender, infatti, investe numerosi ambiti, teorici e pratici, decostruendo la sino ad ora indiscussa differenziazione del genere umano in donne ed uomini e proponendo modelli di identità fluide e sganciate da ogni ancoraggio all’originaria sessuazione, fondata sul dato bilogico, anche se non riducibile ad esso soltanto.

L’approccio alla tematica, proprio in considerazione della sua complessità, è ampiamente multidisciplinare, ma non corre mai il rischio di risultare dispersivo, poiché si articola in funzione delle prospettive cruciali che sono al centro degli ultimi due capitoli, ovvero quella antropologica (cap. VI) e quella delle coordinate bibliche (cap. VII).

[…] Il testo si colloca positivamente e con una sua precisa fisionomia nel vasto panorama degli studi sul gender, ai quali può recare un prezioso contributo portando l’attenzione su quello che è il piano prioritario, ovvero quello dell’antropologia, radicalmente posto in discussione quando è proposta una visione riduttiva dell’essere umano, uomo e donna, e della sua libertà.


G. Salatiello, in Gregorianum 1/2016, 203-205

Cette contribution analysant et critiquant la dite «théorie du genre» et ses impacts dans notre société tient compte de tous les éléments à considérer. La dimension politico-juridique, impliquant les positions de l’O.N.U est notamment mentionnée, et son importance est bien soulignée. Cette dimension et les affirmations du magistère catholique appellent une «nouvelle culture de la relation homme-femme» capable de protéger celle-ci dans le respect de l’un et l’autre.


In Nouvelle Revue Théologique 138/2 (2016) 327

La diferencia hombre-mujer, que se convierte en la diferencia padre-madre en la generación, es algo esencial en la realidad humana creada por Dios. Pero actualmente es un tema discutido y puesto en cuestión. A. Fumagalli, de la diócesis de Milán y profesor de la Facultad de Teología de Italia septentrional, trata el tema y dice que han aparecido teorías que tratan del "género" (gender) y comprenden la diferencia hombre-mujer como algo resultante de la evolución social y cultural. En algunos casos se llega al extremo de comprender la misma diferencia hombre-mujer como algo que pertenecería a una cultura hoy superada. Dos cosas intervienen en la formación de las diversas teorías sobre el "género": La dimensión corporal de la realidad humana y la cultura social que va apareciendo y evolucionando en la comprensión de las cosas. El autor afronta la cuestión resumiendo cuatro puntos: Las teorías que tratan del género y sus incidencias político-jurídicas; la posición de la Iglesia católica; las perspectivas antropológicas; las coordenadas bíblicas. […] Recomendamos la lectura de esta breve obra. Ofrece una información bien fundada sobre la cuestión gender y la posición de la Iglesia católica ante ella, e indica los lugares bíblicos que pueden inspirar un desarrollo del discurso cristiano sobre la relación hombre-mujer.


J.M. Millàs, in Actualidad Bibliografica 2/2015, 211-212

Il 10 novembre scorso il dizionario d'inglese digitale più importante al mondo ha introdotto la porola Mx. Composta da M (come nei tradizionali Mr. o Mrs.) e da x (simbolo usato per indicare qualosa di sconosciuto), Mx è il titolo da premettere al cognome di una persona senza indicarne il genere. Negli USA Facebook permette di scegliere il proprio genere tra 56 diverse opzioni. In Italia alcuni Comuni hanno sostituito le parole "padre" e "madre" con "genitore l" e "genitore 2". Questi sono alcuni esempi dell'impatto che le teorie del gender stanno avendo sulla società. La grande attenzione mediatica sul tema non aiuta però a comprendere di che cosa si tratti e quale sia la posta in gioco, andando oltre gli slogan, comodi e riduttivi. Per addentrarsi in modo consapevole nella nebulosa del gender, caratterizzata da «confusione semantica e indeterminatezza concettuale» (p. 10), Aristide Fumagalli, teologo morale, offre una guida preziosa per la sua chiarezza. Innanzi tutto non esiste una teoria del gender, ma diverse impostazioni succedutesi a partire dal primo femminismo degli anni '50, che rivendicava la parità tra donne e uomini, fino alle posizioni recenti di individualizzazione del gender, visto come «un progetto, una traiettoria data dalla congiunzione di molteplici scelte che l'individuo opera» (p. 34). Il tratto comune alle diverse formulazioni è dato dalla distinzione tra sesso biologico (sex) e identità sessuale (gender) e dalla preminenza della dimensione socioculturale su quella psicofisica: «la definizione dell'identità di genere non è più agganciata al sesso biologico, maschile o femminile, ma ad altri riferimenti» (p. 35). Questa prospettiva - sparigliando la concezione consueta di famiglia («"legame di due legami", il legame di due generi, tra uomo e donna, e il legame di due generazioni», p. 36) - costituisce una vera sfida antropologica. Stimola, infatti, a pensare «una nuova cultura delle relazioni tra uomo e donna, capace di scongiurare il potere dell'uno sull'altra» (p. 7) e solleva interrogativi sulla famiglia, la generazione e la genitorialità. A partire dal magistero e dal dibattito interno alla Chiesa, l'A. avanza la proposta di un'antropologia relazionale, controcorrente rispetto alla «tendenza disgregativa» della cultura sessuale contemporanea, promuovendo «l'integrazione delle dimensioni costitutive dell'essere umano, vale a dire la natura corporea, il sentimento psichico, la relazione interpersonale, la cultura sociale e, last but not least, la libertà personale» (pp. 78-79). Di fondo vi è la convinzione che non si possa pervenire a definire la propria identità sessuale se non nella relazione originaria tra uomo e donna e nella loro differenziale specificità.


G. Riggio, in Aggiornamenti sociali 12/2015, 845

Il teologo morale milanese, Aristide Fumagalli, ha elaborato una sintesi puntuale e nitida, affidata ad alcune coordinate che risulteranno utili per qualsiasi lettore credente, diversamente credente o non credente. Infatti, due capitoli, fotografando la galassia socio-culturale che si è creata attorno al gender, illustrano sia l'evoluzione che si è verificata in questi decenni nel dibattito pubblico, popolare e filosofico, sia la relativa incidenza politico-giuridica. Altri due capitoli delineano, invece, la posizione della Chiesa cattolica nei suoi pronunciamenti magisteriali, registrando anche le diversità di approccio in sede teologica, e propongono in finale un progetto antropologico conclusivo. Le tendenze ecclesiali oscillano tra due impostazioni. Da un lato, si configura un rifiuto radicale e fortemente critico soprattutto delle teorizzazioni ideologiche riguardo al gender, considerate come una «strategia abilmente orchestrata tramite la manipolazione del linguaggio e la forte pressione di potenti lobbies negli organismi politici internazionali», destinate a camuffare un'antropologia "s-corporata", affidata all'assoluta libertà individuale e tesa a screditare sessualità, matrimonio e famiglia nella loro tipologia strutturale classica. D'altro lato, c'è però anche il tentativo di vagliare criticamente la prospettiva di genere così da produrre una più compiuta versione antropologica che, «lungi dal dissociare e screditare il sesso biologico rispetto al genere socio-culturale, riconosca il corpo sessuato nella duplice forma maschile e femminile come elemento-base sul quale si innesta e si sviluppa l'identità soggettiva, inevitabilmente connotata in senso sociale, culturale e politico». In questa linea va la proposta finale del teologo milanese (che aggiunge anche una "coordinata biblica" un po' posticcia). Egli, infatti, afferma la necessità di un'interpretazione e di un'interazione delle «dimensioni costituite dell'essere umano, vale a dire la natura corporea, il sentimento psichico, la relazione interpersonale, la cultura sociale e, last but not least, la libertà personale». Si approda, allora, a una reciprocità interpersonale simultanea ma anche asimmetrica che viene espressa simbolicamente attraverso lo sguardo: «Chi guarda può vedere l’altro ma non guardarsi, eppure può vedersi nello sguardo dell’altro». Fuor di metafora, nella dialettica del riconoscimento, la piena «identità maschile è acquisita all’uomo nell’incontro con la donna e, viceversa, l’identità femminile è acquisita alla donna nel suo incontro con l’uomo… L'uomo e la donna non si riconoscono come tali in proprio, ma l'uno attraverso l'altro». Tra l'altro, dobbiamo segnalare che la citata Judith Butler nel suo saggio più recente Fare e disfare il genere (Mimesis 2014) ha rettificato il tiro della sua tesi sulla “disfatta del genere" introducendo una riflessione significativa: «Il sesso biologico esiste, eccome! Non è una finzione, né una menzogna, né un'illusione... La sua definizione, però, necessita di un linguaggio e di un quadro di comprensione… Noi non intratteniamo mai una relazione immediata, trasparente, innegabile con il sesso biologico. Ci appelliamo invece sempre a determinati ordini discorsivi. Ed è questo che mi interessa».


G. Ravasi, in Il Sole 24 Ore 18 ottobre 2015

«Un testo puntuale. Nella grande confusione che alberga tra i media e l’opinione pubblica, si affaccia un tentativo di delineare lo sviluppo delle teorie del gender e la loro incidenza sul piano politico e giuridico. Subito dopo, si considera la posizione della Chiesa a livello magisteriale».


In Famiglia Oggi 5/2015

«Gran parte dei nostri dibattiti contemporanei si fondano su sostenuti fraintendimenti. Forse uno dei termini su cui si discute senza ancora capirne il senso e la valenza è il termine gender divenuto in pochissimo tempo di uso comune. Ma cosa significa realmente? È alla definizione di questo termine che Aristide Fumagalli dedica la prima parte del suo libro “La questione gender. Una sfida antropologica”, edito da Queriniana. Il termine si mostra come non univoco e pertanto suscettibile di essere equivoco. Le sue valenze, infatti, possono variare dalla costatazione del sesso biologico, alla dichiarazione dell’identità di genere (relativa alla percezione di sé in accordo o meno con il proprio sesso biologico). Da questa scaturisce la comprensione del gender come orientamento sessuale e conseguentemente come adozione di un comportamento sessuale. Un’altra valenza di gender è il ruolo di genere legato alla dimensione socio–culturale e le sue attese e pretese riguardo all’identità e al comportamento sessuale degli individui. Quest’ultima dimensione costituisce la reale tematica della questione gender in quanto, diversamente dall’essenzialismo naturale (che riconosce che la sessualità è una dimensione innata), il costruzionismo socio–culturale ritiene che “le differenze di genere siano un’elaborazione della cultura sociale, cosicché uomini e donne non lo si è fin dalla nascita, ma lo si diventa”. L’autore rintraccia lo sviluppo dell’ideologia gender mostrando come la radice del tema sia ben diversa dall’esito attuale. Il libro individua quattro tappe che hanno portato alla situazione odierna. La prima parte dalla legittima causa per la parità di genere condotta dal femminismo. L’ingresso del dibattito sul gender risale agli anni settanta e specificamente alle quattro conferenze mondiali sulle donne promosse dall’Onu tra il 1975 e il 1995. La prima fu a Città del Messico e aprì il dialogo internazionale sulla parità del genere femminile e maschile. Le successive due continuarono nella stessa linea, ma è con la quarta (Pechino 1995), che la questione di gender acquisisce il suo attuale rilievo sessuale. La Chiesa esprime le sue perplessità, non sulla questione della liberazione della donna, ma sulle derive dissolutive della natura del legame familiare. “Questa antropologia – si legge in una Lettera della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2004 – che intendeva favorire prospettive egualitarie per la donna (…) di fatto ha ispirato ideologie che promuovono, ad esempio, la messa in questione della famiglia, per sua indole naturale bi–parentale, e cioè composta di padre e di madre, l’equiparazione dell’omosessualità all’eterosessualità, un modello nuovo di sessualità polimorfa”. La conferenza di Pechino desta preoccupazione data la portata delle questioni in gioco. La dissociazione ideologica tra genitorialità affettiva ed effettiva porta a un indifferentismo verso la dimensione umana della genitorialità biologica. Questa diventa semplicemente una causa strumentale volta all’ottenimento di un prodotto, il bambino. Del genitore non importa più il patrimonio genetico e generativo, ma soltanto quello affettivo ed educativo (tanto che possono essere “etichettati” indifferentemente come genitore 1 e 2). Un tema che viene sistematicamente trascurato nelle affermazioni ideologiche sulla matrice sociale (e non “naturale”) dell’autocoscienza della propria sessualità è il dato incontrovertibile: l’essere umano nasce con un corpo sessuato. La sessualità non è (solo) un fatto culturale, sociale e inculcato, è un pre–dato genetico. Sessuati si nasce ed è in relazione al proprio corpo sessuato e al corpo sessuato dell’altro che l’essere umano coglie, matura ed esercita la propria sessualità. Per questo motivo Aristide Fumagalli conclude che “l’ideologica riduzione dell’identità sessuale al sentimento psichico e alla libertà individuale è una semplificazione indebita e contraddittoria delle variabili che intervengono nel processo di identificazione sessuale. Sentimento psichico e libertà individuale sono variabili imprescindibili ma non esclusive dell’identità sessuale, condizioni necessarie ma non sufficienti”».


R. Cheaib, inMaria Ausiliatrice 5/2015

«La questione del gender è divenuta un argomento di dibattito controverso e ricorrente, perché tocca nodi cruciali della condizione umana: il maschile e il femminile, il valore e la custodia della differenza, la qualità dei rapporti affettivi. Spesso, però, se ne parla a sproposito e in modo ostentatamente polemico, magari ripetendo slogan tratti dalla Rete o da letture affrettate, senza verifiche o approfondimenti. Ben venga, allora, un contributo documentato e pensato come quello di Aristide Fumagalli, docente di Teologia morale presso la Facoltà teologica dell'Italia Settentrionale e il Seminario di Milano. Il suo lavoro pone opportunamente in luce i rischi delle teorie di genere che mettono oggi in discussione la naturalità della differenza sessuale tra l'uomo, maschio e padre, e la donna, femmina e madre, finora ritenuta un dato essenziale e imprescindibile della natura umana, rivendicando il diritto di definire altrimenti il genere sessuale di appartenenza. Esse si configurano come una vera e propria ideologia. L'autore delinea il loro sviluppo e la loro incidenza sul piano politico-giuridico, facendo anche delle importanti precisazioni. La prima riguarda la distinzione tra il concetto di genere, che può assumere molti significati, e le teorie che ne fanno uso, per cui bisogna essere cauti nel respingerlo in blocco. Infatti, esiste anche una linea di interventi magisteriali che lo hanno impiegato in chiave diversa, rispetto al suo uso ideologico. Alla radice c'è la distinzione tra natura e cultura, preziosa nella riflessione sulla differenza: non esistono solo le teorie di genere, ma anche una prospettiva di genere che ha invece dei pregi da riconoscere. La sua utilità è quella di mettere in luce la subordinazione subita dalla donna sulla base di ruoli e comportamenti che non hanno un 'origine naturale, ma sono frutto di un'elaborazione sociale che produce rapporti di potere. Decodificarli per poterli trasformare costituisce una vera sfida antropologica per la teologia. Come ha detto papa Francesco all'udienza generale del 15 aprile 2015: “L'esperienza ce lo insegna: per conoscersi bene e crescere armonicamente l'essere umano ha bisogno della reciprocità tra uomo e donna. Quando ciò non avviene, se ne vedono le conseguenze. La cultura moderna e contemporanea ha aperto nuovi spazi, nuove libertà e nuove profondità per l'arricchimento della comprensione di questa differenza. Ma ha introdotto anche molti dubbi e molto scetticismo. Vorrei esortare gli intellettuali a non disertare questo tema, come se fosse diventato secondario per l'impegno a favore di una società più libera e più giusta”. Il testo di Fumagalli va in questa direzione».


C. Albini, in Jesus 9/2015

«La considerazione della complessità di fattori che incidono e concorrono a decidere l’identità e l’identificazione sessuale del soggetto obbligano necessariamente a una più ampia e lungimirante considerazione antropologica che costituisce il vero e proprio apporto riflessivo dell’A. nel libro. Di questi aspetti vorrei mettere in luce brevemente due dimensioni. L’A. ribadisce «l’originarietà» della relazione tra uomo e donna, un’originarietà non arbitraria ma oggettiva tanto che costituisce la condizione stessa dell’esistenza di ogni uomo e donna. Il rapporto sessuale tra un uomo e una donna è alla base dell’esistenza di ogni essere umano esistente. Non si tratta di un’opinione, ma di un fatto innegabile. Questo stesso fatto co-implica la connaturalità, normalità e normatività della coppia uomo-donna. Il rispetto e la tutela delle scelte di persone che non si identificano con il modello familiare bicolore non va a discapito dell’assicurare – per usare i termini di Carlo Maria Martini – “il massimo di condizioni favorevoli concretamente possibili” per ogni vita che nasce. Il bambino accede al mondo tramite la differenza sessuale. Le leggi devono tutelare questo humus originale della formazione e della fioritura della vita umana. Al fiorire della sua vita, l’essere umano “gode già di un’identità psico-fisica, come pure già gode di una comunicazione affettiva intensa, perlomeno con colei che l’ha portato in grembo, trattandosi non di incubatrice, ma di donna vivente. Che i genitori da cui nasce il figlio siano i medesimi che lo cresceranno non è lo stesso che se fossero altri”. Ogni alterazione delle figure genitoriali non è senza trauma per la vita fragile che va configurandosi nel mondo. L’amore che deve vincere è quello verso chi è generato, l’anello più debole del gioco sociale. Un anello così debole da non avere neppure il potere di pronunciare una parola sulla scelta del proprio humus di coltivazione. La sua fragilità deve risvegliare il nostro senso di responsabilità umana di un amore che vince, in primis le proprie brame illusorie di avere diritti infiniti».


R. Cheaib, in www.theologhia.com 12 luglio 2015