«Nel 1992, il direttore editoriale della Queriniana, Rosino Gibellini, pubblica un'imponente storia de La teologia del XX secolo, più volte riedita e tradotta in diverse lingue, a mia conoscenza l'opera più completa e informativa (in un unico volume) esistente al mondo su questo tema. Questa Antologia costituisce il naturale complemento di quel libro. I criteri della scelta sono indicati nella prefazione: brevità, risonanza internazionale, rappresentatività (p. 5). A ciò si aggiunge "la bellezza di espressività e di teoresi della pagine consegnate alla cultura dal pensiero cristiano sviluppatosi lungo i tornanti del Novecento" (p. 6): l'attività di editore svolta da Gibellini nel corso di mezzo secolo gli consente di selezionare con sicurezza pagine indimenticabili. L'antologia costituisce un genere letterario difficilissimo, per una quantità di ragioni: opinabilità delle scelte, difficoltà di "tagliare" i testi, disorientante sproporzione tra quanto sarebbe degno di comparire e spazio disponibile. È logico, poi, che quest'ultimo sia ridotto: un'antologia di grande mole costituirebbe una sorta di contraddizione, soprattutto quando i testi integrali sono di facile accesso (e, nella maggior parte dei casi, è stato Gibellini stesso a renderli disponibili nel nostro paese). Chi però, come il Curatore, possiede una padronanza al tempo stesso vasta e dettagliata delle fonti, può tentare con successo l'impresa, come constatiamo.
La raccolta ha una doppia conclusione. Dal punto di vista didattico, troviamo la pagina conclusiva della Teologia del XX secolo, profilo efficacissimo di un percorso intellettuale tra i più ricchi della storia cristiana; l'ultima parola è costituita però da una preghiera, secondo un uso ben attestato nella tradizione cristiana (nel Novecento, per la verità, meno che in altre epoche). Si tratta di un testo di Rahner, Tu sei il silenzio. Eberhard Jüngel ha contestato questa idea rahneriana, appellandosi al fatto che Dio è parola. Rahner, però, è dialettico: "parla" del "silenzio" come ultima "parola" di Dio. Ed è giusto che proprio la loquace repubblica dei teologi sia richiamata a questa dimensione. Sostare in silenzio di fronte al mistero costituisce l'indispensabile argine che "può tentare" (non è detto che ci riesca) di tutelare il discorso su Dio dall'ubriacatura di parole. Chi, con Gibellini e con il suo aiuto, si lascia giustamente affascinare dalla conversazione novecentesca intorno a Dio, ha anche il compito di imparare, nell'ascolto della Parola, a individuare e accettare il limite delle parole».
Fulvio Ferrario, in
Protestantesimo 67/1 (2012) 71