L’opera che recensiamo vuole essere un contributo academico alla riflessione in materia di sessualità, coppia e famiglia, destinata a chi nella Chiesa cattolica ha responsabilità di governo, di insegnamento o di animazione pastorale. A tale scopo, l’Autrice presenta e discute criticamente gli intrecci tra antropologia dei sessi, etica sessuale e teologia delle relazioni, con notevole attenzione alla dimensione esistenziale e ai dati delle ricerche. Lo sguardo confessionale è cattolico, ma ricco di agganci ecumenici.
Per quanto possa essere evidente, è bene ricordare che il saggio non intende riprodurre la dottrina della Chiesa, ma offrire una opinione teologica scientifica, secondo quanto auspicato da Veritatis gaudium, per di più, fortemente contestuale, in linea con quanto recentemente recepito da Ad theologiam promovendam. Il volume è in effetti scritto da una teologa tedesca che, facendo ricorso alla abbondante produzione bibliografica locale e adiuvata dalle «molte conversazioni e discussioni con colleghe e colleghi [delle università] di Erfurt e Münster» (p. 8), esce incontro alle sfide del tempo nelle proprie latitudini.
Il volume si articola in dodici capitoli – ciascuno con una breve introduzione e tre paragrafi – su cui confluiscono sei brevi contributi preliminari. Le diverse sezioni, concepite in modo integrale, possono tuttavia essere lette in modo continuo, selettivo o discontinuo. A tale scopo, il testo è provvisto di rimandi incrociati che invitano all’approfondimento consultando capitoli tra loro collegati. Tutto questo spiega varie ripetizioni.
Siamo davanti ad un testo documentato, che palesa il proprio pensiero senza evitare questioni ardue, anche sensibili, né manca, proprio per questo, di affermazioni forti, alcune discutibili, forse controverse. Il primo capitolo si avvia con una ricognizione storico-sociale al modo di intendere e configurare oggi la vita di coppia e di famiglia, per poi rilevare il cambiamento introdotto da Amoris laetitia nella prospettiva, nella narrativa e nella pratica ecclesiale. Knop è convinta che, relativizzando «la dottrina della chiesa a vantaggio della pastorale» (p. 28), l’esortazione apostolica abbia aperto le porte ad una revisione, correzione e sviluppo dell’insegnamento vigente, «assoggettando la sua pretesa a un criterio più alto, ossia al Vangelo di Gesù Cristo» (p. 36).
Il secondo capitolo guarda oltre il proprio orizzonte ecclesiale, presentando gli insegnamenti, le teologie, le norme e i riti sul matrimonio nelle comunità ortodosse, evangeliche e vetero-cattoliche «in Germania» (p. 310). Secondo l’Autrice, «percepire e valorizzare queste alternative» sarebbe qualcosa che «fa bene anche alla chiesa cattolica» (p. 37). Anzi, «imparare in modo ecumenico» porterebbe pure ad assumere «le posizioni delle altre chiese», invece di perseguire «l’univocità» della propria tradizione (p. 331). Come si può indovinare, non mancano le perplessità, considerando che in queste comunità ecclesiali né la dottrina, né l’assetto liturgico, né quello giuridico, né la pastorale presentano un quadro unitario.
Il terzo capitolo analizza anzitutto il tema della dualità e della complementarità naturale dei sessi come presupposto antropologico eteronormativo della dottrina cattolica sul matrimonio. Si apre poi alla questione del genere, discutendo in particolare la “tradizione” che sancisce la superiorità dell’uomo sulla donna. Infine, affronta il fenomeno dell’omosessualità e delle sfide che esso porge all’insegnamento della Chiesa, alla scienza teologica e alla pratica pastorale. Da una parte, queste pagine riassumono lo sviluppo del magistero romano su tali argomenti nel corso degli ultimi novant’anni; dall’altra, mettono anche in discussione molte formulazioni della dottrina cattolica e rilevano – a giudizio dell’Autrice – il bisogno di introdurre coraggiose correzioni, prendendo in considerazione gli sviluppi culturali, nonché le conoscenze scientifiche più recenti.
Dei molti aspetti che si potrebbero commentare, facciamo un cenno alla questione biblica. Come noto, l’esegesi si interroga da molto tempo sui riferimenti tradizionali della dottrina ecclesiale; le pagine di Knop prediligono una certa linea interpretativa, dando logicamente minor rilievo ad altre. Peraltro, è inutile dire che le letture e soprattutto le conclusioni a cui perviene l’Autrice potrebbero essere diverse. Ad esempio, lei riconosce «che generalmente si adduce» (p. 61) ai primi due capitoli della Genesi per sostenere la sessualità eterosessuale come forma esclusiva dell’esperienza coniugale voluta da Dio e conforme alla natura. Eppure, contesta ciò, dichiarando che questi racconti non rappresenterebbero né «una fondazione di diritto naturale dell’ordinamento dei sessi», né «una codificazione binaria della realtà» (p. 63). Il discorso conduce ad altre conclusioni, soprattutto riguardo alla questione omosessuale. L’impiego di categorie ermeneutiche come “sesso”, “genere” e “identità sessuale” introduce una prospettiva che di fatto nel testo biblico non c’è. Discutibile è anche il fatto che si parli di «eziologie nella forma linguistica di un mito» (p. 61), visto che la narrazione dell’origine, benché usi tratti simbolici e anche elementi mitologici, nell’intenzione del redattore vuole descrivere una realtà teologica, ma non di meno “storica”.
Il quarto capitolo sottopone ad un’analisi molto critica la percezione della sessualità da parte del magistero e disapprova il suo sforzo «tanto anacronistico quanto illusorio [...] di regolamentare la vita sessuale dei cattolici» (p. 95), anziché consegnarla «in modo moderno» (p. 103) al loro giudizio di coscienza. È un’idea che si riconferma nella conclusione: le «questioni di vita e di relazione sono questioni di coscienza», per cui tocca a ogni persona «configurare autonomamente la loro vita e la loro coppia» (p. 329) e, alla Chiesa, accompagnare piuttosto che normare, né tantomeno condannare o «punire con sanzioni, per esempio, in questioni relative al diritto ai sacramenti (ammissione all’eucaristia e al matrimonio) e al diritto del lavoro» (p. 172).
Il quinto capitolo affronta il cosiddetto bonum coniugum come scopo e plusvalore del matrimonio, sia esso contratto civilmente o in chiesa, di fronte alle coppie non sposate. Fondata sul consenso personale degli sposi, per essere riuscita e duratura una relazione coniugale dev’essere fedele e riempita ogni giorno di vita. In termini generali, l’indissolubilità sarebbe da intendersi comunque come imperativo e impegno morale anziché, come nella narrazione cattolica, realtà ontologica costitutiva del sacramento.
In continuità, il sesto capitolo tratta del bonum prolis, cioè del modo in cui coppia e genitorialità sono ordinate l’una all’altra secondo il magistero della Chiesa. In questo contesto sono affrontate due questioni spinose: la pianificazione familiare e la contraccezione, e la problematica delle famiglie omoparentali. Anche qui non mancano affermazioni altisonanti di biasimo al magistero papale; in questo caso, prendendo di mira Paolo VI e l’Humanae vitae, l’enciclica «a partire dalla quale il magistero cattolico [perse] il suo credito in sexualibus nella chiesa, nella società e nella scienza» (p. 151).
I quattro capitoli restanti presentano quei contenuti che, in un modo più o meno simile, figurano all’inizio di un “manuale classico” sul matrimonio. Eppure, in questo caso, né si trovano all’inizio, né sono sviluppati nel modo consueto. Il capitolo settimo passa in rassegna testi dell’Antico e del Nuovo Testamento che si riferiscono al matrimonio, mettendo anche qui in discussione i brani biblici che dovrebbero mostrare l’istituzione di tale sacramento. L’ottavo capitolo studia invece la sacramentalità del matrimonio da prospettive dogmatiche, sistematiche, liturgiche, canoniche ed ecumeniche. Com’è da aspettarsi, l’indagine progredisce tra le pieghe della storia che hanno definito il profilo attuale della questione. Tra altre difficoltà che rileviamo, l’Autrice considera praticamente impossibile poter offrire una descrizione adeguata all’interno di quella teoria sacramentaria segnata dalla categoria aristotelico-tomista di causalità. Inoltre, ritiene gli sviluppi teologici e magisteriali posteriori alla Scolastica inconsistenti o incoerenti. Critica anche l’uso di categorie ilemorfiche per descrive il segno sacramentale ed esprimere la formula di amministrazione. Interessante qui la discussione sull’«ospitalita eucaristica» (pp. 212, 216) di un partner non cattolico in un matrimonio interconfessionale.
Il nono capitolo approfondisce gli aspetti rituali della celebrazione del matrimonio tra cattolici, tra cristiani di confessioni diverse, o tra un battezzato e un partner di altra religione o non credente. Stimolante il cenno agli eventuali esiti teologici di cerimonie che nel loro linguaggio prendono distanza da «riduzioni del diritto canonico e unilateralità dogmatiche» (p. 218). Infine, esplicitando che sposarsi è conferire a questo vincolo una forma religiosa e una decisione che non tutti fanno né percepiscono desiderabile o realistica, il decimo capitolo analizza i rapporti che sussistono, tra i cristiani, fra stili di vita, figure giuridiche e stati ecclesiali, e sonda quali possibilità siano offerte alle coppie omosessuali stabili nell’ecumenismo. Qui acquisiscono imprevista attualità le parole dell’Autrice sulla benedizione di tali coppie; non si può che essere d’accordo con la logica – non necessariamente con il contenuto – secondo cui, nella Chiesa cattolica, non è possibile avviare certi cambi “pastorali” senza valutare, sviluppare e correggere al tempo stesso la propria dottrina. «Scarti temporali fra dottrina, vita, teologia e liturgia non sono insoliti», ma non possono essere sostenuti «in modo permanente» (p. 271).
L’ultima parte presenta, infine, due capitoli che riguardano la dinamica storico-biografica di una coppia. L’undicesimo capitolo sviluppa le posizioni di Amoris laetitia che chiamano a «valorizzare i passi individuali di una coppia verso una maggiore unione e una comunione piu intima, invece di misurarli con la fredda norma del diritto matrimoniale o delle prescrizioni in materia di etica sessuale lontane dalla vita» (p. 278). In questa cornice, il riserbo cattolico sui legami stabili fra partner omosessuali e sul loro «possibile impegno di padri o madri» è giudicato «comprensibile dal punto di vista della teologia della chiesa, ma oggettivamente deplorevole» (p. 292). Con un approccio simile, il dodicesimo capitolo si sofferma sulle storie di vita delle coppie e delle famiglie segnate da separazioni, divorzi e nuovi matrimoni.
Per concludere: all’inizio del lavoro, Knop si domandava come si colloca oggi la Chiesa cattolica su questi temi del nostro tempo? Riesce a superare l’enorme baratro e l’estraniazione che si sono creati fra il suo insegnamento e la vita vissuta di cattoliche e cattolici? Come collocarsi nelle attuali società plurali e democraticamente organizzate? Ebbene, sulla fine del lavoro, Knop avanza delle risposte: esiste «una notevole necessità» di chiarire e di rinnovare i «fondamenti antropologici ed etici (sessuali) della comprensione ecclesiale vigente del matrimonio» (p. 330); di sviluppare e di correggere la dottrina, il diritto e la liturgia cattolica delle nozze, anche secondo una modalità di “apprendimento cooperativo” in senso ecumenico; infine, di accompagnare le persone nelle vicissitudini della loro vita con l’aiuto di «un’ermeneutica della gradualità e della logica della misericordia» (pp. 295; 329). Saranno i lettori d’accordo con i presupposti e le conclusioni dell’Autrice?
G. Cavagnari, in
Salesianum 3/2024, 624-627