Dall’immaginetta all’immaginario
Maschilità in questione. Sguardi sulla figura di san Giuseppe – Un titolo che può sembrare provocatorio, ma è un’espressione che sintetizza con forza plastica l’idea di questo libro intorno a san Giuseppe (Maschilità in questione. Sguardi sulla figura di san Giuseppe, Queriniana, 2021).
L’espressione è di Antonio Autiero ed è emersa durante la nostra conversazione sul libro. L’immaginetta rimanda immediatamente alla devozione, all’imitazione di vite esemplari, all’ispirazione, in questo caso della figura del padre putativo Giuseppe di Nazaret, così presente con statue negli angoli e nelle nicchie delle chiese, ma anche nei nomi di parrocchie, di congregazioni e di associazioni cattoliche. Benissimo. L’immaginario però è qualcos’altro. Non si riferisce in questo caso all’immaginazione, alla fantasia arbitraria e di gusto personale, ma a quello che le scienze umane e sociali, a partire dal Novecento, dall’antropologia, alla psicologia indicano come quegli aspetti che fanno parte del bagaglio simbolico che sottostà alla cultura di una società e l’invito a diventare consapevoli di questi aspetti e a prenderne coscienza.
Ecco allora che da questo orizzonte di partenza Maschilità in questione. Sguardi sulla figura di San Giuseppe è altro rispetto a un libro sul ruolo di san Giuseppe nella storia della Chiesa, è un “oltre” rispetto a un’esegesi a partire dai testi neotestamentari. In questo libro c’è anche questo (si veda per esempio il capitolo di Andrea Grillo e quello di Silvia Zanconato), ma c’è dell’altro. Scrive Marinella Perroni nella prefazione: “L’occasione offerta dall’anno a lui dedicato per riflettere sulla persona e sul ruolo di san Giuseppe può rivelarsi particolarmente proficua se si prova a guardare a lui a partire dall’attuale consapevolezza, e non soltanto da quella religiosa o teologica, che tutta la realtà – anche quella consacrata dalla storia – ci si presenta come un prisma dalle molteplici facce”.
Innanzitutto il libro raccoglie i contributi di tredici studiose e studiosi di diversi campi del sapere: teologico, storico, biblico, sociologico, pastorale, narrativo e artistico. Un altro pregio del libro è l’ampia e accurata bibliografia che permette al lettore di approfondire i temi trattati. Gli autori sono italiani e stranieri, cattolici e di altre chiese cristiane, tutti hanno accolto l’invito, Ite ad Joseph, che papa Francesco fece nella sua lettera Patris corde (con cuore di padre), pubblicata l’8 dicembre 2020 (centocinquanta anni prima, era il 1870, papa Pio IX dichiarò san Giuseppe patrono della chiesa universale).
In piena pandemia papa Francesco ha riflettuto sulle migliaia di persone che operosamente e indefessamente, “in seconda fila” lavoravano al limite delle proprie forze negli ospedali, nei servizi sanitari e sociali. Uomo di seconda fila, silenzioso e operoso è stato anche Giuseppe, il padre putativo che si è preso cura della sua famiglia, di Gesù e di Maria. Ma dall’accenno alla lettera apostolica torniamo al libro Maschilità in questione. Sguardi sulla figura di san Giuseppe. Curatori e autori del volume sono la teologa Marinella Perroni, teologa, biblista, Pontificio Ateneo S. Anselmo, Roma e Antonio Autiero, teologo morale, Università di Münster.
Prof. ssa Perroni e prof. Autiero, che cosa dice oggi a noi, uomini e donne del ventunesimo secolo, san Giuseppe?
Autiero: Si dà enfasi al suo silenzio, intorno al suo tacere hanno parlato tutti. Pur essendo presente non è facile che Giuseppe diventi un punto interrogativo, che ci sia un ponte con noi, che abbia a che fare con noi oggi. L’immaginetta lo lascia nella sua iconografia, nella sua esemplarità, l’immaginario è qualcosa d’altro. Per questo ogni libro su san Giuseppe è una benedizione, citando Paolo Coelho, nella sua prefazione al libro di Leonardo Boff, Giuseppe di Nazaret.
San Giuseppe, nell’impronta interpretativa che ne dà papa Francesco diventa simbolo di cura responsabile, uomo silenzioso che sta dietro le quinte, non è una maschilità alfa. In che modo a partire da San Giuseppe si mette in questione la maschilità, e quale maschilità? Penso per esempio a una maschilità dominante, di cui i femminicidi sono la punta di un iceberg.
Marinella Perroni: Credo, per rispondere alla sua domanda, che sotto al libro c’è esattamente il contrario, e cioè che proprio a partire dalla crisi della maschilità oggi si può guardare a san Giuseppe in modi diversi. Il silenzio, la seconda fila, ci fa un effetto diverso perché siamo diversi noi, è diverso l’orizzonte nel quale ci poniamo. Giuseppe è sempre stato silenzioso, è sempre stato in seconda fila, si è sempre preso cura senza essere soggetto attivo, non è questa la scoperta, non ha mai ricevuto il riconoscimento di una maschilità alfa. Su questo non abbiamo inventato niente, ma a partire dalla crisi della maschilità alfa, come diceva Lei, ci dà l’occasione di ripensare le maschilità. Questione che ha posto sul tavolo anche con forza il femminismo. Il femminismo ha fatto esplodere la questione della maschilità. Non a caso nella prefazione del libro, dico che il Coordinamento teologhe italiane è il “padre putativo” del libro.
Guardiamo a san Giuseppe oggi con occhi diversi perché siamo inseriti, noi tutti, uomini e donne del ventunesimo secolo, in un orizzonte teoretico che ha cominciato a discutere su donne prima e di uomini poi, i Women’s Studies e i Men’s Studies, come si legge nel capitolo del libro di Cristina Oddone, “Uomini si diventa: ma come?”.
Antonio Autiero: Due considerazioni. Nel capitolo “Uomini che partono da sé” si parla di iniziative in cui i maschi cominciano a parlare di sé e questo parlare di sé è frutto del fatto che le donne per prime hanno imparato a parlare di sé, mettendo a tema le marcature di identità, smontando le raffigurazioni a immaginetta entrando nell’immaginario da costruire. Di questo le maschilità devono imparare la lezione, già avviata e imparare a restituirla a renderla circolare. È molto significativa la conversazione che l’ex presidente americano, Barak Obama, fa con il musiucista e cantautore Bruce Springsteen intorno alla domanda “Cosa vuol dire essere un uomo”. Ambedue giocano con l’immaginario delle loro vite e risalgono alle figure del maschile a cui sono stati educati (Robinson di Repubblica 23 ottobre 2021).
Della maschilità è giusto parlare. Ed è giusto che parlino sia le donne che i maschi, perché il soggetto che ne parla è l’umano. Solo l’umano parla di tutto l’umano, a partire da qualunque posizionamento nella sfera dell’umano ci si pone e non perché si ha l’accaparramento di verità sulla cifra di identità degli altri ma perché l’identità è sempre un fatto sistemico, relazionale, circolare. L’umano ha il compito di pensare tutto l’insieme. La seconda considerazione: il documento di papa Francesco è un approfondimento, fruttuoso e inedito per certi aspetti, ma sempre e solo nella cifra di una modalità del maschile che è il paterno, il focus è sempre la paternità. Oggi abbiamo capito che c’è una questione che attiene la maschilità prima ancora del paterno, e il paterno ne è un’espressione, ed è il rapporto fra identità, funzione e ruoli.
Marinella: Certamente Francesco ha tirato fuori dei registri inconsueti. In un passo ulteriore, non è rendendo san Giuseppe più tenero, più buono, rimanendo pur sempre nel modello imitativo che affrontiamo il problema della contemporaneità. Viene prima l’identità del maschile che la funzione del paterno. Il libro non propone il passaggio da un paradigma interpretativo di san Giuseppe a un altro, da una immaginetta, come dice Autiero, a un’altra ma vuole mettere in moto qualcosa, vuole indurci a immaginare modelli nuovi di maschilità.
Concludendo. Già in queste pagine, nel numero di marzo, abbiamo parlato dell’anno di san Giuseppe e ora in chiusura di quest’anno (8 dicembre 2021) ritorniamo a lui presentando questo volume, uscito a settembre, che parla di maschilità, al plurale, come hanno sottolineato Autiero e Perroni. Ne esce un volume ricco, stimolante, che getta luce su diverse prospettive, non ultima quella di genere, immergendoci in un discorso, contemporaneo, attuale e non più eludibile. Si può diventare più consapevoli? Sì, si può se ascoltiamo le voci che ci arrivano dalla realtà che ci circonda, magari leggendo le piste che questo volume ci invita a seguire, prendendo spunto dal san Giuseppe che ci propone la lettura di papa Francesco nel suo Patris corde. Ma si deve diventare più consapevoli? A questa domanda può rispondere la propria coscienza. “Le immaginette si possono tenere perché attestano quello che siamo stati ma per scrivere il futuro ci vogliono gli immaginari, ci vogliono le grandi visioni” (Antonio Autiero).
In
Delegazione-MCI.de 2 novembre 2021