La vita spirituale ha delle regole e delle tappe? La risposta è sì. Anche se lo Spirito soffia dove vuole e quando vuole e nessuno sa da dove viene e dove va, cionondimeno non significa che la vita spirituale sia una improvvisata caotica. Ci sono dei movimenti, dei passaggi, delle chiarezze. Nel libro postumo La formazione spirituale. Seguire i movimenti dello Spirito, i curatori Michael J. Christensen e Rebecca J. Laird raccolgono le intuizioni di uno dei più divulgativi maestri spirituali del XX secolo, Henri Nouwen, riguardo a questi movimenti della vita spirituale.
Nouwen mette insieme la sua esperienza di uomo di preghiera, di sacerdote cattolico, di psicologo, di guida spirituale e di conoscitore della tradizione spirituale cristiana e non per offrire un tracciato di un cammino di crescita spirituale.
Nouwen sviluppa diversi movimenti per un passaggio dall’opacità alla trasparenza, dall’illusione alla preghiera, dalla tristezza alla gioia, dal rancore alla gratitudine, dalla paura all’amore, dall’esclusione all’inclusione, dalla negazione al fare amicizia con la morte. Questi movimenti costituiscono il cammino verso un’autentica maturazione spirituale e una riconciliazione dell’uomo interiore con la realtà naturale e soprannaturale. Da conoscitore della tradizione ortodossa, Nouwen riprende il mistico russo Teofane il Recluso che scrisse: «Ti ricordo sola una cosa: bisogna scendere con la mente fino nel cuore e lì rimanere davanti al volto del Signore, che è sempre presente e che vede tutto dentro di te. La preghiera assume un carattere saldo e incrollabile quando un piccolo fuoco inizia a bruciare nel cuore. Non cercare di spegnere questo fuoco e vedrai che diventerà così stabile che la preghiera si ripeterà da sola: allora sentirai dentro di te un piccolo ruscello che mormora».
La convinzione che guida il libro è che la vita spirituale autentica affonda le sue radici nella condizione umana. Ma il viaggio non è solo interiore (silenzio, lectio divina, attenzione spirituale, discernimento, direzione spirituale,…) ma anche verso l’esterno, verso la comunità: «Ciò che è sommamente personale si rivela essere sommamente comunitario; quello che è più intimo si dimostra essere il più pubblico; ciò che è maggiormente corroborante per le nostre vite individuali si rivela essere l’alimento migliore per la nostra vita come popolo di Dio, che vive dentro e opera a servizio di un mondo sofferente».
La dimensione interpersonale è la verifica della dimensione personale. «Quando le discipline della Parola, del silenzio e della direzione sono praticate in un contesto individualistico, non possono fare altro che alimentare le nostre tendenze narcisistiche e rafforzare l’auto-centratura spirituale».
È nella corretta coordinazione tra le due dialettiche tra interiorità ed esteriorità che si gioca la maturazione spirituale. Tornando, intanto, alla questione della preghiera, Nouwen spiega che «la disciplina della preghiera è il tentativo intenzionale, concentrato e costante di fare spazio a Dio». Nella solitudine della preghiera «smascheriamo lentamente l’illusione delle nostre dipendenze e della nostra possessività, scoprendo al centro del nostro io che non siamo qualcosa che si possa controllare o conquistare, ma ciò che ci è stato dato dall’alto affinché lo destinassimo agli altri. Nella preghiera solitaria prendiamo consapevolezza del fatto che la nostra identità non dipende da ciò che abbiamo portato a termine né da ciò che possediamo, che la nostra produttività non ci definisce e che il nostro valore non coincide con la nostra utilità».
R. Cheaib, in
www.theologhia.com 8/2016