Disponibile
Il mondo dell’Antico Testamento
John W. Rogerson, Philip R. Davies

Il mondo dell’Antico Testamento

Prezzo di copertina: Euro 44,00 Prezzo scontato: Euro 41,80
Collana: Introduzioni e trattati 45
ISBN: 978-88-399-2195-6
Formato: 16 x 23 cm
Pagine: 384
Titolo originale: The Old Testament World
© 2018

In breve

Utile opera di due esperti di fama, questa trattazione descrive meglio di qualunque altra il contesto storico, sociale e culturale in cui è sorto l’Antico Testamento.

Descrizione

Adottando un metodo innovativo, il libro descrive il contesto storico, politico, sociale, religioso e culturale in cui l’Antico Testamento è stato scritto.
Pensato e realizzato da due fra i principali studiosi dell’argomento, il testo esamina altresì i principali generi letterari biblici: storia della creazione, testi legali, testi per il culto, narrativa, letteratura profetica, sapienziale, apocalittica ecc. La struttura logica dell’opera, accuratamente organizzata in scansioni schematiche, rende accattivanti tanto la semplice lettura quanto lo studio.
È un manuale insostituibile per le lezioni introduttive dei corsi biblici perché illumina gli scritti dell’Antico Testamento
– mostrando come sono stati modellati dagli eventi,
– spiegando le strutture sociali dell’epoca di composizione,
– ricostruendo le idee religiose e intellettuali delle antiche civiltà e culture in cui sono stati realizzati.

Commento

«L’opera, ampiamente utilizzata nel mondo accademico di lingua inglese, fornisce informazioni indispensabili sullo sfondo culturale, sulle istituzioni e sulla letteratura di Israele; offre altresì preziosi approfondimenti sul contesto geografico ed ecologico, oltre ad un’ampia storia del Medio Oriente nel II e I millennio a.C.». John Barton

Recensioni

Il titolo scelto dagli autori suona dimesso e quasi riduttivo rispetto alla ricchezza e alla varietà di contenuti che il lettore potrà trovare in questa vera e propria Introduzione all’Antico Testamento. Il materiale è organizzato in modo originale.

Nella sezione dedicata a «L’ambiente» (pp. 11-89) si illustrano i dati propri della geografia e dell’ecosistema, ma anche l’organizzazione sociale dei popoli del Vicino Oriente antico e dell’area mediterranea. La storia, da Salomone a Erode (pp. 93-155), è presentata tenendo conto non solo delle testimonianze letterarie bibliche, ma anche di quelle extra-bibliche nonché di quelle archeologiche. Dal punto di vista dell’approccio storiografico, va apprezzato l’intento di mantenere dritta la barra evitando la Scilla dei riduzionisti e la Cariddi dei massimalisti: «Le tradizioni fondamentali riguardanti l’Israele antico, contenute ora nei libri di Esodo-Numeri e Giosuè a Re, non possono essere lette in modo acritico come una storia attendibile, ma non possono nemmeno essere scartate come prive di qualsiasi informazione storica credibile» (posizione di W.G. Dever, riportata a p. 106). Questo spiega perché il primo capitolo della seconda sezione (pp. 93-104) parta da Salomone per risalire ai patriarchi, a cui si dedica una sola facciata.

Nella seconda sezione, intrecciata alla storia è delineata anche la religione: scelta felice questa, perché nel caso di Israele, più che in altri popoli, le due dimensioni non si possono scindere. La terza sezione, la più ampia delle quattro (pp. 159-334), è dedicata a «Letteratura e vita». Si intuisce subito la motivata preoccupazione degli autori di delineare i diversi corpi letterari tenendoli agganciati ai contesti esperienziali in cui sono nati (quello che gli studiosi chiamano Sitz im Leben). L’organizzazione del materiale si ispira in parte al canone (da «Creazione e storie delle origini» a «Letteratura apocalittica»), in parte ai generi letterari («Narrazioni», «Testi legislativi»; da questo punto di vista colpisce il capitolo dedicato a «Sacrifici e Salmi», che affronta i primi sedici capitoli di Levitico e il Salterio). La sezione si chiude con un capitolo intitolato «Oltre l’Antico Testamento», dove l’«oltre» indica quel contesto all’interno del quale si formeranno il Nuovo Testamento, da una parte, e la prima letteratura rabbinica, dall’altra: si prendono tematiche viste in precedenza e si declinano in modo nuovo.

La quarta e ultima sezione è dedicata alla «Formazione dell’Antico Testamento» (pp. 337-369). Con tratti rapidi ma illuminanti si illustrano i processi che, partendo da tradizioni orali, hanno portato agli attuali testi e all’attuale organizzazione canonica degli stessi.

In generale, si può dire che lo stile compositivo si lascia apprezzare per la sua chiarezza. Gli autori condividono con il lettore le loro conoscenze in modo discreto e affabile. Avendo rinunciato alle note, che avrebbero appesantito l’opera, utilizzano rimandi bibliografici sintetici e sufficienti approfondimenti bibliografici alla fine di ogni capitolo. Dei punti controversi si espongono le diverse soluzioni fin qui prospettate, così che ci si possa formare un proprio giudizio. Gli schemi sparsi qua e là aiutano a rappresentarsi graficamente sequenze di nomi e fenomeni storici.

In sintesi, abbiamo a che fare con un manuale nato dall’insegnamento utilissimo per l’insegnamento; ma non solo: la sua lettura arricchirà chiunque vorrà conoscere per un verso il mondo da cui l’Antico Testamento «è sorto, che ha permeato i suoi scritti e lettori/uditori»; per l’altro, il mondo che l’Antico Testamento crea e «che si riflette da due millenni e più nella cultura ebraica e in quella cristiana» (p. 6).


M. Zappella, in Parole di Vita 5/2020, 53-54

Il volume presenta in maniera sintetica importanti assunti della ricerca biblica contemporanea. Da un lato si presenta come un'introduzione,dall'altro, divulgando gli apporti di molte indagini di ambito storiografico, archeologico ed esegetico, risulta utile anche per chi già conosce la Bibbia. Tradotto in italiano solo in questa edizione, raccoglie le acute e mature osservazioni che i due autori, noti biblisti dell'Università di Shelfield entrambi mancati nel 2018, hanno dato alle stampe in lingua inglese nel 2005 (The Old Testament World).

Il mondo dell'Antico Testamenlo è delineato considerando sia gli spazi e i tempi in cui ebbe luogo l'attività letteraria dell'antico Israele, sia le concezioni e le forme lì elaborate. Il libro si articola in quattro parti dedicate a «L'ambiente» (ossia la geografia della Palestina, l'organizzazione sociale, i popoli che vi interagiscono, pp. 11-89), «Storia e religione di Israele» (distinte in quattro periodi, ovvero fino all'epoca di Salomone, il periodo successivo sino alle deportazioni babilonesi, il postesilio sotto il dominio achemenide e tolemaico, infine dai Maccabei a Erode il Grande, pp. 93-155), «Letteratura e vita» (i racconti delle origini, le narrazioni, la legislazione, i sacrifici e i Salmi, la profezia, la sapienza, l'apocalittica, le diverse forme del giudaismo tra il I sec. a.C. e il I sec. d.C., pp. 159-334), «La formazione dell'Antico Testamento» (la tradizione orale, le raccolte preesiliche, la formazione del canone, pp. 337-369). Segue un indice dei nomi (pp. 371-376).

Di particolare interesse lo schizzo del periodo storico antecedente l'esilio. Ripercorrendo la storia a ritroso, sempre sottolineando il valore ipotetico di ogni ricostruzione, si suggerisce che i racconti relativi alla monarchia unita di Davide e Salomone rispecchino la realtà politica del sec. VIII o più tardi. Salomone forse presiedeva una piccola struttura amministrativa con una corte modesta, un santuario privato, il dominio su un territorio garantito da una guarnigione di un centinaio di uomini posti all'estremità nord e sud (Hasor e Arad). Prima di lui Davide aveva liberato dal potere filisteo le tribù israelitiche e giudaiche stabilendo soldati in città di popoli vicini (la «conquista» di un territorio poteva invero limitarsi all'occupazione di alcuni luoghi in posizione strategica sui confini). I «giudici» erano invece governanti locali, presenti anche dopo l’affermazione della monarchia. «Israele» (ossia elementi proto-israeliti) era d'altronde già presente nella terra di Canaan (come si evince dalla stele del faraone Merneptah della fine del XIII sec. a.C.) quando vi giunse un gruppo di shasu (elementi nomadi così chiamati nelle fonti egiziane) fuggito dall'Egitto, legato all'adorazione di YHWH - Dio delle battaglie -, arrivato passando dal Negheb e da Edom (negli antichi inni di Dt 33,2 e Ab 3,3 YHWH si mostra di fatto da Teman, da Seir e dal monte Paran).

Pure gli spunti con cui si richiamano le modalità di composizione dei testi, riprendendo quanto raccolto in Davies, Scribes and Schools, 1998, sono di aiuto per interpretare in modo semplice i dati a oggi disponibili. Verosimilmente solo con il regno di Ezechia (727-698 a.C.) si cominciò a creare un'epopea nazionale mediante la raccolta e l'organizzazione del materiale religioso-letterario orale o scritto sino ad allora tramandato. Dopo la caduta di Samaria Giuda integrò alle proprie tradizioni le tradizioni del regno del Nord (Israele propriamente detto), ora grazie all'arrivo degli scribi efralmiti, ora – probabilmente – venendo a conoscerle nei territori di Beniamino caduti sotto la propria influenza. Dapprima si doveva riscontrare la presenza di racconti e testi orali, poi alla trasmissione orale si affiancò la messa per iscritto (senza che questa spegnesse la prima), dando vita a processi di copiatura che comportavano correzioni, aggiunte, espansioni, glosse, nuove redazioni sostenute dalla persuasione di intervenire sul canone del proprio popolo, ossia su un corpus che si concepiva capace di descrivere e creare l'orizzonte di vita di una nazione (p. 350). Tale canone, simile per molti versi ai canoni realizzati in Mesopotamia, in Egitto e in Grecia, divenne quindi una scrittura religiosa quando «fu la cultura di Giuda a divenire religiosa: Il giudaismo» (p. 364). La sua fissazione divenne risolutiva allorché, sotto gli Asmonei, occorreva resistere al predominio della cultura greca con l'insegnamento di una letteratura in lingua ebraica: questa fu più rigida in Palestina rispetto a quanto non lo fu in Egitto ove le comunità giudaiche custodirono scritti ulteriori a quelli che comporranno la Bibbia ebraica. La trasmissione dei libri fino all'epoca di Qumran avveniva con processi di copiatura che inevitabilmente comportava varianti (testimoniate ad esempio nel Pentateuco samaritano e nei Settanta), un testo fluido che per nulla infastidiva fino a che non si optò per un solo manoscritto per ciascuna delle opere raccolte, adottato come testo ufficiale (pp. 366-367). Per ciò che riguarda il cosiddetto concilio rabbinico di Iamnia, ivi – alla fine del I sec. d.C. – sembra si discusse solo dello status di Ct, Qo ed Est.

La pubblicazione, indubbiamente utile, avrebbe potuto trovare una migliore cura editoriale attraverso l'aggiornamento della bibliografia in fondo a ciascun capitolo, finalizzato a informare il lettore dell'avanzamento della ricerca dopo il 2004. L'opera di Rogerson - Davies resta con ciò da conoscere.


M. Settembrini, in Rivista di Teologia dell’Evangelizzazione 1/2020, 256-257

L’opera che presentiamo è scritta da due eminenti studiosi inglesi, professori presso l’Università di Sheffield. La traduzione italiana del 2018 è fatta sulla seconda edizione di The Old Testament World, uscita nel 2005; la prima edizione, invece, è del 1989. Gli A. si sono resi conto che in pochi anni la nostra conoscenza del mondo dell’Antico Testamento è mutata notevolmente soprattutto a motivo delle nuove scoperte archeologiche. I due studiosi analizzano l’ambiente storico, sociale e culturale in cui è stato scritto l’Antico Testamento ed esaminano i principali generi letterari che contiene. Riflettono sul modo in cui l’Antico Testamento è esplorato e discusso negli studi biblici del nostro tempo. Una speciale attenzione è posta su due importanti sviluppi recenti negli studi biblici: l’uso crescente dei metodi scientifici sociologici e il maggiore interesse a considerare l’Antico Testamento come letteratura più che come dottrina o come storia.

L’opera è divisa in quattro parti. Parte I: L’ambiente. I primi tre capitoli trattano della geografia, dell’ecologia, dell’organizzazione sociale, dell’ordinamento politico dell’antico Israele. Nella seconda parte: Storia e religione di Israele, si delineano la storia e la religione dell’Antico Israele dal 1200 a.C. circa fino alla morte di Erode il Grande. Gli A. hanno rivisto la posizione circa gli inizi della storia di Israele che avevano espresso nella loro prima edizione del 1989. Nella prima edizione, infatti, essi concordavano con l’impostazione di Bright e di Noth, secondo i quali il quadro più probabile per l’inizio della storia scritta di Israele è stato il regno di Salomone. Questa ricostruzione della storia di Israele è diventata un problema a motivo delle scoperte archeologiche e dei raffronti sociologici ed economici che hanno indotto alcuni studiosi a concludere che Davide e Salomone non avevano costruito un piccolo «impero» o, se avevano conquistato e controllato qualche piccolo paese circostante, questo non aveva richiesto un’amministrazione numerosa o elaborata. Altri studi sullo sviluppo di Giuda lasciano intendere che solo nell’VIII secolo a.C. esso è diventato qualcosa come uno stato. Non tutti sono d’accordo su questi risultati; molti studiosi incominciano però a considerare il regno di Ezechia (circa 727-698 a.C.) come il tempo più antico per l’inizio della messa per iscritto della storia di Israele.

Ulteriori ritocchi alla prima edizione del 1989, dovuti alle scoperte archeologiche, sono stati apportati alla descrizione del periodo storico che va dalla morte di Salomone alle deportazioni babilonesi nel capitolo 5. Durante l’esilio di Babilonia e sotto i Persiani e i Tolomei, dopo il ritorno a Gerusalemme di molti sacerdoti, si accrebbe l’influenza della classe sacerdotale e l’assorbimento della cultura del manticismo. La fonte principale della storia che va dai Maccabei a Erode il Grande, per i nostri A. è Giuseppe Flavio. Nella terza parte: Letteratura e vita, gli A. esplorano le influenze letterarie e sociologiche dei singoli libri dell’Antico Testamento e li descrivono secondo la classificazione storicoformale (creazione e storia delle origini, narrazioni; testi legali, sacrifici e salmi, letteratura profetica, letteratura sapienziale, letteratura apocalittica, oltre l’Antico Testamento).

Gli A. presentano poi i Testi legislativi dell’Antico Testamento, iniziando dall’amministrazione della giustizia e poi analizzando il Libro dell’Alleanza, il Codice di santità (Lv 17-26), il Deuteronomio, il Decalogo. Il contenuto di questi testi è sempre una mistura di legge, etica e religione. In un altro capitolo si passa a trattare dei Sacrifici e Salmi, soffermandosi sul libro del Levitico (Lv 1-16) e sul libro dei Salmi. Sacrifici e salmi sono due modi diversi di accostare Dio. Nella sua forma finale il libro dei Salmi era destinato a essere una raccolta per la meditazione privata e individuale e non per l’uso comunitario. Nel capitolo 12 si inizia a trattare la Letteratura profetica. Dopo un’introduzione generale si studia come le parole di un individuo sono cresciute fino a diventare un prodotto letterario complesso nel percorso di un lungo periodo. Viene portato un esempio concreto: le varie riletture in tempi diversi presenti in Is 7,10-25. Il capitolo 13 è dedicato alla Letteratura sapienziale. Siccome questa letteratura esprime per lo più l’ethos delle classi degli scribi ai quali dobbiamo la composizione e la forma finale della Bibbia, il suo studio ci conduce al cuore dell’Antico Testamento stesso. Nel capitolo 14 viene presentata la Letteratura apocalittica. In questa categoria «apocalittica» cade solo il libro di Daniele, ma il mondo della Bibbia riflette le idee presenti in un corpo molto ampio di letteratura apocalittica giudaica al di fuori delle Scritture.

Il capitolo 15, Oltre l’Antico Testamento, conclude la parte III: Letteratura e vita. Gli A. cercano di dare uno sguardo al periodo di transizione che va dalla fine del secolo II agli inizi del cristianesimo. Offrono una delineazione sintetica del giudaismo antico. Per quanto riguarda il tema messianismo, mi sembra molto singolare il giudizio degli A.: «L’attesa messianica decisamente non è una dottrina religiosa, quanto piuttosto un riflesso politico. Non ci sono testimonianze di esso fino alla metà del I secolo a.C.».

L’ultima parte del libro: La formazione dell’Antico Testamento I, che ho trovato la più interessante, discute l’unità dell’Antico Testamento come una collezione singola, la creazione di una comunità viva che ha strutturato e ristrutturato la sua letteratura.

Al termine della lettura e dello studio di questa opera ci si rende conto che è basata su quello che bolle in pentola negli studi dell’Antico Testamento e nelle ricerche intertestamentarie del nostro tempo, anche se sono passati piú di una quindicina di anni dalla seconda edizione dell’originale inglese del 2005. Mi domando se possiamo classificare questo testo come un’ulteriore Introduzione all’Antico Testamento. Il libro presenta l’Antico Testamento come una conquista culturale. Possiamo chiederci, però, se per gli agiografi e la comunità che l’ha prodotto fosse questo l’interesse principale. Ricordo il principio epistemologico di Romano Guardini (Sacra Scrittura e scienza della fede, in I. de la Potterie-L. Pacomio, L’esegesi cristiana oggi, Piemme, Casale Monferrato [Al] 1991, 45-91): «Nessun oggetto di ricerca può essere ben compreso se non con un modo di conoscere che sia adeguato a quell’oggetto». Se applichiamo questo alla Bibbia nella sua interezza, essa è un libro di fede che parla della fede, che vuole insegnare la fede e che si rivolge alla fede di chi legge. Per essere veramente scientifici quindi bisogna rispettare l’intenzionalità del testo.

Detto questo, non solo il lettore in generale, ma anche gli studiosi troveranno profitto dalla lettura di questa opera che è stata un testo base per gli studenti nella prestigiosa università di Sheffield.


T. Lorenzin, in Studia Patavina 2/2019, 350-352

Il libro nasce dai corsi tenuti dai due autori presso il Dipartimento degli Studi biblici dell'Università di Sheffield (Yorkshire) (or. ingl. The Old Testament World,T &T Clark International, London - New York 2005). Il primo, John Rogerson, è un noto studioso dell'Antico Testamento con un particolare interesse per le relazioni umane nel contesto biblico, mentre il secondo, Philip Davis, è un esperto di letteratura rabbinica e intertestamentaria, nonché del periodo persiano ed ellenistico.

Nella sua articolazione, l'opera si può definire ''tradizionale", nel senso che tratta delle questioni "classiche", proprie di un volume d'introduzione allo studio dell'Antico Testamento. La struttura consta di quattro parti: L'ambiente (pp. 9-90); Storia e religione di Israele (pp. 91 -156); Letteratura e vita (pp. 157-334); La formazione dell'Antico Testamento (pp. 335-370). La prima parte si apre con un'affermazione del tutto condivisibile, addirittura "ovvia" per molti lettori, ma non sempre presa nella dovuta considerazione: «Lo studio della Bibbia può essere arricchito dalla conoscenza della sua geografia e del suo ambiente sociale» (p. 11). In effetti, molti aspetti o sfumature andrebbero sicuramente perduti in mancanza di una buona conoscenza dell'ambiente geografico e culturale che fa da "contesto" ai racconti sia dell'Antico sia del Nuovo Testamento.

Ma il contributo del libro va oltre il richiamo di informazioni utili: quando è necessario, gli autori discutono anche di questioni metodologiche in ordine al diverso modo di procedere nello studio e nell'interpretazione dei dati offerti dalla ricerca scientifica. A titolo di esempio è da segnalare la breve ma illuminante discussione nella seconda parte (Storia e religione di Israele)sui modi di affrontare la storia d'Israele e Giuda dalla morte di Salomone alle deportazioni babilonesi (pp. 105-106). Entrano in gioco due prospettive, spesso poste in contrapposizione tra loro: da un lato, seguire la storia biblica, integrando la con le informazioni fornite dagli archeologi e dalla documentazione extrabiblica; dall'altro, riconoscere il primato all'archeologia, ridimensionando notevolmente il contributo dei testi biblici. Il lettore è coinvolto in queste discussioni di carattere metodologico e avviato a un primo approccio con l'ermeneutica dei testi sacri.

Dopo le questioni "storiche", nella terza parte, il volume si sofferma sulla dimensione più squisitamente letteraria dei testi (Letteratura e vita). Si tratta della rassegna dei principali generi letterari presenti nell'Antico Testamento, cui si aggiunge un capitolo che consente al lettore di spingere lo sguardo Oltre l'Antico Testamento, con un approfondimento sul giudaismo, dal periodo antico fino alle soglie del Nuovo Testamento. Il volume si chiude con un approfondimento storico-letterario dedicato a La formazione dell'Antico Testamento.

In conclusione, l'opera ha come destinatari ideali gli studenti al loro primo approccio con la letteratura veterotestamentaria, ma è da raccomandare anche a tutti coloro che desiderano acquisire una conoscenza più ampia dell'ambiente veterotestamentario e della peculiarità del testo biblico. L’impostazione è manualistica, ma lo stile si distingue per il suo tratto "narrativo”: non vi sono note a piè di pagina, l'esposizione è chiara e precisa, mai appesantita da tecnicismi fuori luogo. Sfogliando le pagine di questo volume, si ha spesso l'impressione di leggere un "racconto", in cui gli autori hanno saputo combinare con rara maestria il dato scientifico, proprio di un testo di studio, con una narrazione piacevole che invita ad addentrarsi sempre di più nel mondo dell'Antico Testamento.


G. Scaglioni, in CredereOggi 231 (3/2019) 166-168

«Adottando un metodo innovativo, il libro descrive il contesto storico, politico, sociale, religioso e culturale in cui l’Antico Testamento è stato scritto»: parole brevi, chiare e semplici, che preannunciano un lavoro molto vasto, complesso e importante. In effetti, leggendo questo libro, si rimane colpiti dalla mole di notizie e informazioni in esso contenute, che illuminano uno degli scritti più ricchi e significativi dell’intera letteratura mondiale, l’Antico Testamento.

Gli AA. si interessano innanzitutto dell’ambiente nel quale vide la luce l’Antico Testamento. A tale riguardo, i primi tre capitoli del testo sono dedicati alla geografia dell’antica Palestina, alla sua organizzazione sociale e alle genti che popolavano il mondo dell’Antico Testamento. La seconda parte del libro è dedicata alla storia e alla religione di Israele, partendo da Salomone e giungendo sino a Erode il Grande. Nella terza parte, gli AA. si concentrano sull’aspetto letterario e indagano le caratteristiche dei vari libri, dalla Genesi ai testi legislativi, dai Salmi alla letteratura profetica, a quella sapienziale e a quella apocalittica. Nella quarta parte viene ricostruita la formazione dell’Antico Testamento e vengono affrontati i temi relativi allo sviluppo della tradizione orale e alla determinazione del canone scritturistico.

Per apprezzare il modo di procedere di Rogerson e Davies – ambedue sono stati a lungo docenti presso l’Università di Sheffield – ci si può soffermare sulle pagine da loro dedicate al Decalogo, che viene proposto sia nella versione del libro dell’Esodo sia in quella del Deuteronomio. Scrivono gli AA.: «Lo scopo del Decalogo era esprimere la rivendicazione esclusiva da parte di JHWH nei confronti del suo popolo e indicare come la vita andasse vissuta alla luce di questa rivendicazione. Se i comandamenti venivano violati, la parte maggiormente lesa era Dio, anche se l’offesa riguardava un comportamento illecito nei confronti di un altro israelita» (pp. 219 s).

Questa interpretazione testimonia bene la convinzione che ha animato gli AA., secondo la quale l’Antico Testamento è sorto in un mondo e, nello stesso tempo, ha dato origine a un mondo. I Dieci Comandamenti si collocano in un preciso contesto storico e, contemporaneamente, concorrono a crearne un altro, che avrà una durata plurisecolare, giungendo sino a noi. Pertanto, lo studio delle origini del Primo Testamento ci permette di comprendere non soltanto la formazione di un testo antichissimo, ma anche di capire la realtà del tempo presente.


M. Schoepflin, in La Civiltà Cattolica 4049 (2 marzo 2019)

L’Antico Testamento o Primo Testamento è, com’è noto, una raccolta di quarantasei libri che si leggevano in ambiente ebraico prima della venuta di Gesù. Scegliendo un taglio del tutto innovativo, gli aa. illustrano il contesto storico, politico, sociale, religioso e culturale in cui quei libri furono composti. Il saggio, inoltre, si sofferma sui diversi generi letterari biblici, siano essi testi legali, testi per il culto, di narrativa oppure di letteratura apocalittica. Un manuale, dunque, avente il pregio di rendere vivo quel mondo antico da cui affiorarono le Scritture di un Testamento sempre straordinariamente attuale.
D. Segna, in Il Regno Attualità 4/2019, 95

Prendiamo un’apparentemente innocua parabola di Gesù, quella del buon samaritano. In pochi versetti abbiamo in realtà un mondo di interrogativi che vanno al di là del teologico. Com’è la strada tra Gerusalemme e Gerico? Quanto è ripida? Come era quanto a sicurezza quella zona ai tempi di Gesù? Poi, chi sono i samaritani? Perché lo scriba e il sacerdote che stanno salendo verso Gerusalemme non aiutano il malcapitato? Sono solo cattivi, insensibili, o ci sono ragioni rituali dietro? Queste e tante altre domande sorgono in chi legge il testo con il cervello non annebbiato dall’abitudine e se si guarda al breve testo della parabola, tanti dati sono presi per scontato. C’è una distanza temporale, geografica, culturale, di usi, riti e tradizioni che rende questi testi, apparentemente semplici, lontani anni luce da noi.

Uno potrebbe argomentare che basterebbe cogliere il messaggio “spirituale”. Ma il messaggio spirituale non può essere colto, almeno non da qualsiasi passo, senza una vera comprensione del senso letterale. Per questo, l’incontro con il testo sacro richiede una mediazione culturale che tenga conto di tutto il contorno che accompagna il messaggio teologico-spirituale.

Ricœur ha sottolineato la distanza inevitabile che si instaura tra un testo – qualsiasi testo – e il suo lettore. Tale distanza diventa più grande se il testo è antico. Questo vale anche per la Bibbia. Da qui la preziosità del contributo di John Rogerson e Philip Davies nel loro volume Il mondo dell’Antico Testamento. Gli autori mettono a frutto un tratto caratteristico di molto autori in ambito religioso dell’area anglosassone: la fluidità dell’espressione abbinata alla ricchezza dei contenuti. Il volume, tradotto per i tipi della Queriniana, scorre facilmente e piacevolmente nonostante il fatto che sia di circa 400 pagine. Dentro quello spazio troviamo risposte chiare a tante delle domande che accompagnano il lettore del testo sacro, domande non poste dall’autore che viveva in quel mondo e scriveva a gente che non aveva bisogno di ulteriori spiegazioni su quel mondo e sui suoi usi e costumi.

Oltre a presentarci l’ambiente geografico delle vicende bibliche, gli autori ci presentano il contesto culturale in cui visse l’antico Israele rendendoci più familiari popoli di cui a volte si fatica a pronunciare i nomi, tra cui gli amorriti, i fenici, i filistei, gli ammoniti, i moabiti, gli edomiti, i madianiti, gli aramei, gli hittiti, gli assiri, gli egiziani. Ci presentano anche i tratti salienti delle tradizioni religiose che circondavano Israele. Dopo l’ambientazione geo-politica, gli autori presentano le varie fasi dello sviluppo della religione di Israele con una concentrazione particolare sull’epoca davidica e salomonica e il periodo intorno all’esilio e progressivamente fino all’epoca di Erode il tetrarca.

La terza e la quarta parte del libro potrebbero essere considerate un’introduzione alle scritture di Israele dove nella prima si presentano i vari tipi dei testi sacri di Israele. La quarta parte è dedicata a quello che possiamo chiamare la formazione del canone giudaico.


R. Cheaib, in Theologhia.com 20 novembre 2018

A proposito di testi importanti riguardanti la Bibbia offerti al pubblico italiano, segnaliamo la recente versione italiana di uno strumento generale apparso nell'originale inglese nel 2005. Si tratta del Mondo dell'Antico Testamento, una preziosa sintesi approntata da due docenti dell'università di Sheffield nello Yorkshire, John W. Rogerson e Philip R. Davies.

I quattro punti cardinali su cui poggia questo "mondo" sono: innanzitutto l'orizzonte geografico-etnico-sociale; la trama storico-religiosa dalla monarchia davidica a Erode; la letteratura che esprime le precedenti due coordinate e, infine, la genesi della formazione degli scritti sacri. Il fondale culturale, le istituzioni, la storia e la letteratura dell'Israele biblico sono, così, offerte in un vero e proprio affresco posto davanti al lettore delle Scritture Sacre ebraiche.


G. Ravasi, in Il Sole 24 Ore 11 novembre 2018

I due autori del volume sono impegnati nel comune insegnamento nell’Università di Sheffield. Ottantatreenne il primo – grande esperto dell’AT –, di dieci anni più giovane il secondo, studioso per lo più di letteratura rabbinica e intertestamentaria, oltre che del periodo storico persiano ed ellenistico. Il libro è stato adottato a Sheffield come testo di riferimento nel corso di introduzione generale alla Bibbia. Uscito nella prima edizione nel 1989, è stato ripreso e rielaborato nel 2005 (tredici anni prima della sua attuale traduzione in lingua italiana). Esso si presenta suddiviso in quattro grandi parti: I) L’ambiente (pp. 11-92); II) Storia e religione di Israele (pp. 93-158); III) Letteratura e vita (pp. 159-336); IV) La formazione dell’Antico Testamento (pp. 337-370). Chiude il volume l’indice dei nomi (pp. 371-376).

Nella parte riguardante l’ambiente, gli autori tracciano le linee essenziali della geografia e dell’ecologia della Palestina antica: la terra, il clima, l’uso della terra nei vari periodi storici, frontiere e confini, significato teologico della terra. Purtroppo, il lago di Genesaret non è più situato alla profondità di180 m sotto il livello del mare ma a 213,46 (2018), mentre il Mar Morto non si trova più a m. 370 sotto il livello del mare ma, suddiviso in un “mare” e un bacino collegati da uno stretto canale, a meno 415! (2018) (p. 17).

Ci si sofferma quindi sull’organizzazione sociale (legami di sangue, fedeltà conflittuali, la funzione delle genealogie e l’organizzazione in gruppi sociali). Il linguaggio usato nella Bibbia è fluido e interscambiabile nel descrivere le varie strutture familiari, claniche, tribali. Dalla più piccola alla più grande si incontra la bet’ab (nella duplice accezione di “famiglia” che vive insieme, composta di cinque-sei membri, e di “gruppo di discendenza” interpretabile meglio come “stirpe”; cf. Gen 24,38 Abramo invia il servo a cercare una moglie per Isacco all’interno della “casa del padre”); la mishpahah (spesso tradotto con “famiglia” ma interpretata dai due autori come “gruppo di discendenza”), la shebeth (“tribù”, inteso come “gruppo di residenza”), la nazione; la “casa dei padri-bet abot” di 1-2Cr è assimilabile invece ai clan scozzesi. Sono descritti, infine, i popoli del mondo dell’Antico Testamento.

La storia e la religione di Israele sono sintetizzate seguendo la falsariga del racconto biblico e suddivise in quattro periodi cronologici: 1) Fino all’epoca di Salomone; 2) Dalla morte di Salomone alle deportazioni babilonesi; 3) Giuda sotto i Persiani e i Tolomei e i suoi abitanti in Babilonia; 4) Dai Maccabei a Erode il Grande. Un lettore che fosse interessato ad avere un conciso schizzo storico di un particolare periodo trova qui sintetizzata in modo egregio la narrazione biblica (integrata con notizie provenienti da fonti coeve).

La terza parte del volume studia la letteratura e la vita di Israele. Il primo capitolo si sofferma sulle storie della creazione e delle origini, analizzando il problema delle fonti e il significato di “mito”, per poi delineare i contenuti di Gen 1–11. Nello studio delle narrazioni si distingue fra narrazioni “fattuali” o “fittizie”, il rapporto fra storie e storia, le narrazioni semplici e quelle complesse. Accostando i testi legislativi, si descrive dapprima l’amministrazione della giustizia e poi si analizzano il Libro dell’Alleanza (Es 21,1–3,19), Lv 17–26, il Deuteronomio e il Decalogo. Dopo i sacrifici e i Salmi, si descrivono la letteratura profetica, la letteratura sapienziale e quella apocalittica. Si tenta, infine, una delineazione sintetica del giudaismo antico, con la sua variegata strutturazione, soffermandosi sulle sue caratteristiche esteriori: tempo, stagioni, sacerdozio, il rapporto tra Scrittura, Legge e scribi, il messianismo. Sono i tratti definiti da qualcuno come quelli di un common judaism – tesi considerata da altri studiosi come insostenibile nella sostanza –, consapevoli però della natura magmatica del giudaismo coevo di Gesù, che ha portato qualcuno a parlare più di “giudaismi” che di “giudaismo”.

L’ultima parte del lavoro tratta della formazione dell’AT, seguendo la raccolta progressiva delle tradizioni precedenti la deportazione babilonica e tratteggiando la formazione del canone scritturistico con i seguenti temi: la “storia primaria”, le raccolte “profetiche”, gli scritti, il canone, testi e versioni.

Il volume è un testo di studio universitario, ma scritto in linguaggio semplice, didattico, sul filo della narrazione biblica, senza troppe problematizzazioni. Non ci sono note a piè di pagina. Una breve bibliografia (non segnalata nell’indice generale) è riportata alla conclusione di ogni capitolo. Si poteva pensare di corredare il testo con alcune mappe e cartine geografiche, storiche, genealogiche. Avrebbero impreziosito la didattica del volume, che resta pur sempre di pregio e valido nei contenuti.


R. Mela, in SettimanaNews.it 3 ottobre 2018