Nel panorama teologico contemporaneo, e segnatamente tra quanto riguarda i lavori dedicati alla cristologia in Europa, il testo del domenicano francese Emmanuel Durand porta uno sguardo rinnovato e indica una originale prospettiva metodologica: nell’avvicinare la figura di Gesù di Nazareth, il Cristo, il riferimento all’impianto classico della dogmatica è affiancato a una elaborazione che unisce felicemente la base filosofica e l’apporto esperienziale e storico, raggiungendo un risultato di indubbio valore sia per lo specialista sia per un pubblico più ampio.
Il lavoro si articola in sette capitoli che, pure nella loro densità, costituiscono comunque un testo snello e attuale, come vuole il sottotitolo del libro: la necessaria ricognizione storica, quasi un rapido riassunto dello status quaestionis, è trattata in apertura dell’opera, ed è però subito ricontestualizzata nel secondo capitolo dedicato alla categoria del «martire» nella contemporaneità, e nel terzo capitolo in cui viene tratteggiata la figura del Cristo nel pensiero emergente dall’epistolario paolino, con uno sguardo rivolto ai capisaldi della sua teologia.
La prospettiva strettamente dogmatica, base essenziale in ogni trattazione del tema cristologico, è tematizzata nel quarto capitolo, che ha il pregio di illustrare il cammino delle enunciazioni conciliari, delle dispute, delle fratture e delle riconciliazioni ecclesiali intorno alla figura del Cristo con uno sguardo che non esclude né la contestualizzazione storica, pur non approfondendo troppo, né la trattazione teoretica, pur ricondotta anch’essa all’essenziale. I capitoli quinto e sesto dispiegano l’originalità dell’impianto di questa breve cristologia: percorrendo una via almeno in parte inedita che assume come medium di conoscenza del Cristo i vissuti della compassione e dell’empatia, categorie universali dell’esperienza umana, si ripercorrono pagine evangeliche facendo emergere l’interpellazione come struttura specifica della relazione inaugurata da Gesù di Nazareth negli incontri testimoniati nei vangeli.
La trattazione del quarto vissuto tra quelli scelti dall’autore come rivelativi della figura del Cristo, il perdono, è particolarmente ampia e si avvale del supporto filosofico di autori come Jankelevitch, Derrida e Ricoeur; la nozione di perdono e quella di riconciliazione ricevono particolare attenzione in quanto sono presentate come la via di accesso al tema centrale della croce di Cristo, il cui significato è rivisitato precisamente attraverso tali categorie. Emerge una delimitazione della nozione di perdono che lo riconduce al superamento dell’ingiustificabile, sulla scorta della elaborazione di Jankelevitch, sottolineandone la completa gratuità: all’impossibilità umana di raggiungerlo nella sua purezza e assolutezza si aggiunge il suo essere svincolato dalla necessità che il colpevole lo chieda. La riconciliazione viene distinta come un evento di tipo sociale che consente la convivenza delle parti anche laddove il perdono non sia stato dato né ricevuto.
L’accurata trattazione conduce a rivisitare sia l’insegnamento evangelico (Mt. 18,21-35) sul perdono, sia il carattere assoluto del perdono divino e della riconciliazione che accadono nella croce di Cristo. Un ultimo capitolo è dedicato alla risurrezione e viene svolto con una attenzione specifica al coinvolgimento del corpo in tale evento: la novità della fede cristiana rispetto alle prospettive di immortalità dell’anima viene fatta emergere proprio attraverso una riflessione sulla rilevanza del mancato ritrovamento del corpo e della tomba vuota.
La scena della trasfigurazione, i racconti di apparizioni e alcuni insegnamenti di Gesù, come quello sul destino di fecondità del chicco di grano che muore, sono i punti di riferimento tra i quali l’autore si muove per delimitare l’evento inafferrabile della risurrezione e avvicinarlo al lettore contemporaneo dei vangeli. La breve conclusione mette l’accento proprio sul lettore che viene in contatto con la testimonianza biblica e di fronte a parole e narrazioni ha la possibilità di entrare egli stesso nella realtà profonda del messaggio.
In meno di trecento pagine viene tracciato un itinerario alla portata del lettore contemporaneo, muovendo da elementi della cristologia classica e passando per riflessioni di carattere più esperienziale: l’interesse del lavoro è precisamente in questo suo carattere un po’ «sperimentale», nel cercare una trattazione quanto più possibile vicina alla sensibilità e alle prospettive dell’attualità, restando fedele ai capisaldi di una elaborazione dogmatica emersa al tempo delle dispute cristologiche dei primi secoli del cristianesimo. Il lettore esperto può trovare interesse nella prospettiva originale attraverso cui Gesù, il Cristo, viene avvicinato; il lettore interessato, ma con meno strumenti teologici, può trovare una ricognizione tecnica seria, ma rapida e scorrevole.
Provare a guardare alla figura di Gesù da diversi punti di vista e assumendo i risultati di metodi diversi di ricerca e di lettura, da quello storico, a quello esperienziale, a quello dogmatico, tende altresì a rispondere all’esigenza di unità e integrazione che molti manifestano oggi di fronte alle diverse voci che si sovrappongono nel raccontare l’esperienza della fede cristiana o nel metterla in discussione. Per svolgere il compito si è imposta all’autore la necessità di compiere scelte e di assumere un materiale di partenza molto selezionato, condizione che certamente da un lato penalizza la figura di Gesù ivi tratteggiata, ma dall’altro consente di mantenere la promessa del libro di proporre una cristologia alla portata di una lettura snella e accattivante.
Del resto, il progetto ambizioso che traspare nel titolo, Gesù contemporaneo, è proprio quello di studiare la sua figura nell’effetto che l’incontro con Lui ha determinato e determina nelle persone, secondo categorie umane in cui il lettore di oggi può facilmente riconoscersi.
I. Goss, in
Protestantesimo vol. 77 (1/2022) 82-84