Dietmar Mieth, oltre ad aver insegnato a lungo teologia morale a Friburgo e a Tubinga, è stato anche membro della Commissione etica dell’Unione Europea e ha partecipato in qualità di esperto ai lavori della Commissione del Parlamento tedesco su «Etica e diritto nella medicina moderna». In questo libro affronta il tema delicato e complesso del fine vita, prendendo in considerazione le molteplici prospettive in gioco (giuridiche, mediche, filosofiche e teologiche) e cercando, come recita il sottotitolo, di chiarificare i termini della questione: dignità, volontà, autodeterminazione, qualità della vita, ruolo del medico, decisione dei familiari, liceità legislativa.
A questi termini se ne affiancano altri altrettanto importanti (come ad esempio, suicidio medicalmente assistito, eutanasia attiva e passiva, medicina palliativa, accompagnamento alla morte del paziente), che richiedono un’attenta chiarificazione per non incorrere in pericolosi equivoci, soprattutto nel momento in cui uno di essi viene isolato dagli altri e assolutizzato per porsi a norma esclusiva.
«Un sofferente, un morente è in grado di prendere decisioni nette – non si pentirà della sua risoluzione, nel momento in cui l’iter risulti ormai irreversibile? La prognosi del medico è certa nel senso di una sicurezza matematica? E come ci si può cautelare, anche dal punto di vista legale, rispetto al passaggio da un omicidio su richiesta a un omicidio senza richiesta?» (p. 106). Oltre a un impoverimento delle possibilità in gioco in queste situazioni estreme, emerge il grave rischio di prestare il fianco a derive autoritarie che fanno di un caso una regola impositiva per altri.
La dimensione teologica dell’essere umano è un criterio fondamentale per la giustificazione della sua dignità. L’autore la rilegge in funzione a quell’essere «immagine» che lo caratterizza in maniera indelebile: un’immagine che rimanda ad altre immagini chiamate a svelarne la ricchezza di significati, guardandosi da ogni tentativo di reificazione. Degne di nota sono anche le osservazioni circa la distinzione tra eutanasia attiva e passiva, la possibile codificazione etico-giuridica di tali situazioni e l’apporto medico e dei familiari in tali drammatiche situazioni.
Al termine di tale excursus, l’autore ribadisce, in sede filosofica, la distinzione, posta da Max Scheler, tra valore e urgenza di valore; per questo «l’urgenza della conservazione in vita deve sopravanzare il ruolo superiore di una libertà manifestata in una disposizione anticipata» (p. 195). Riafferma il principio che il valore della persona non dipende dall’efficienza delle sue prestazioni.
L’etica professionale medica non può essere intesa come un «meccanismo esecutivo di una volontà che non si manifesta in forma attuale» (p. 196), ma piuttosto dev’essere sempre attenta a comprendere la volontà del malato, anche quando questa non si manifesta verbalmente. Nello stesso tempo va tenuto presente che il principio di autodeterminazione non esime il personale medico dalle proprie responsabilità: il rapporto medico-paziente è sempre un incontro tra due volontà, e rimane oggetto di una considerazione etica che non può mai perdere il suo carattere di unicità e irriducibilità alla mera applicazione di una norma.
Una visione di fede cristiana fornisce ulteriori criteri e pone la questione vita-morte in un contesto di relazione che «non può essere semplicemente modellato secondo “volontà e rappresentazione” […]. L’essere nelle mani di Dio non si realizza solo attraverso la propria volontà, ma anche attraverso il poter fare di altri esseri umani» (p. 199). Una forma di collaborazione che non rinnega la propria impotenza può diventare un aiuto prezioso a chi affronta il momento così difficile, e insieme prezioso, della preparazione all’incontro con l’Autore della vita.
L’edizione italiana presenta una corposa prefazione (pp. 5-39) di Luciano Eusebi, ordinario di Diritto penale all’Università cattolica del Sacro Cuore di Milano, che mostra in maniera accurata la legislazione italiana in merito alle possibili opzioni e risvolti in sede etica e penale circa il momento terminale della vita.
B. Varghese, in
La Civiltà Cattolica 4112 (16 ott/6 nov 2021) 205-206