Il tema del discernimento, grazie al pontificato di papa Francesco, è uscito dalle aule dei seminari, dalle case dei religiosi o dagli ambiti ecclesiali più ristretti per entrare nella vita quotidiana di ogni uomo e donna di buona volontà. In questo “cambiamento d’epoca”, non solo per la chiesa, ma per l’intera società, diventa urgente trovare nuove strategie per orientarsi in questo politeismo di valori, al fine di tracciare percorsi alternativi per una pacifica convivenza tra le persone ed evitare i conflitti che troppo spesso sfociano in violenti scontri.
Se la violenza, in tutte le sue forme, rappresenta l’apice negativo di conflitti irrisolti, le tensioni all’interno delle società di riferimento e delle stesse comunità cristiane sono il segnale di quanto sia urgente imparare l’arte del discernimento, anche all’interno della chiesa. La dimensione pubblica ed ecclesiale del discernimento, tuttavia, non deve trascurare la vita morale del singolo individuo, che spesso si trova a dover affrontare conflitti che richiedono principi pratici che lo aiutino in questo lavoro interiore, che a volte può diventare drammatico.
L’A., professore di teologia morale all’Urbaniana di cui è stato anche rettore, invitato alla Pontificia Università Gregoriana e all’Accademia Alfonsiana, si addentra nell’impervio, ma affascinante, sentiero del discernimento con la prudenza, la preparazione e la pazienza di un esperto alpinista che si assume la responsabilità di accompagnare il lettore in un’ascesa particolarmente impegnativa.
Il tema di questo ultimo lavoro dell’A. si concentra sul discernimento e su quei conflitti morali, come specificato nel sottotitolo, che non possono essere affrontati in modo superficiale o con risposte facili, trascurando la complessità della realtà, della vita e dei tempi necessari per accostare questi argomenti con un pensiero che sappia andare oltre all’ovvio per entrare in profondità alle questioni.
L’interrogativo da cui l’A. parte è il desiderio di ogni uomo di fare il bene, evitare il male e vivere con onestà. Questo, tuttavia, spesso «si scontra con la realtà e con l’impossibilità di vivere appieno quel desiderio di bene a cui si fa riferimento». L’intreccio di situazioni soggettive e oggettive «rende difficile capire quale sia il comportamento più giusto da adottare». Nel tentativo di rispondere a questo interrogativo, il testo affronta l’ascesa di questa montagna del discernimento in due tappe. Nella prima parte si affronta il discernimento in quanto tale: da una prospettiva “laica”, per poi passare a quella più specificatamente cristiana. Nella seconda parte, l’A. si propone di fornire una «specie di kit di pronto soccorso», cioè una serie di strumenti operativi (i cosiddetti principi pratici) utili per orientarsi in mezzo a una pluralità di valori umani e cogliere il bene morale da realizzare.
Riguardo al primo tema, il discernimento, con un argomentare chiaro e lucido che caratterizza i suoi numerosi scritti, l’A. imposta la riflessione con l’intento di far uscire questo tema dalle secche del mero esercizio accademico «mirato alla soluzione di problemi teorici» per collocarlo nell’ambito della ragione pratica che ha lo scopo di «dare risposte alla persona nella complessità del suo agire». Il discernimento non deve essere inteso come una pratica a buon mercato per risolvere velocemente e in modo definitivo i numerosi conflitti morali, ma si propone l’obiettivo di trovare modalità, anche nuove, per vivere l’interiorità di un incontro con Cristo nella complessità dei contesti in cui si vive, senza fuggire il peso della responsabilità. Infatti, la pratica del discernimento richiede di tenere insieme una serie di variabili non sempre controllabili dal soggetto agente, come ad esempio le relazioni all’interno della propria comunità di riferimento. Infatti, un discernimento autentico deve svolgersi in un contesto di dialogo, sia con se stessi sia con gli altri e, per un credente, con Dio. Inoltre, è necessario mantenere aperto il dialogo con il passato e la tradizione, al fine di evitare sia sterili nostalgie che fughe in avanti, causando solo dolorose fratture alla comunione.
Interessante è la sottolineatura che l’A. fa della dimensione affettiva del discernimento, spesso analizzata in modo marginale, come se non influenzasse le decisioni: il sentire, invece, spesso indirizza e condiziona le scelte molto più del capire. Il discernimento, oltre a una serie di accorgimenti ben evidenziati dall’A., non è privo di ostacoli. Un primo ostacolo è rappresentato dalla complessità stessa della realtà, ripresa nella fortunata immagine del poliedro a cui papa Francesco fa spesso riferimento. Le semplificazioni facili e veloci scivolano facilmente in forme di ideologie che non richiedono discernimento, poiché la realtà viene ridotta a due sole categorie: buono o cattivo, giusto o sbagliato. Un altro ostacolo significativo al discernimento sono le molteplici strutture di peccato che condizionano il soggetto agente, limitando la sua libertà d’azione, anche se non è mai completamente determinato, almeno a livello di opzioni fondamentali. Infine, non va dimenticato il peccato: «la persona non è mai completamente innocente di fronte né al suo ambiente né al suo agire».
Nella seconda parte del volume, l’A. presenta alcune strategie utili per mettere in atto il discernimento quando il soggetto si trova di fronte a problematiche morali particolarmente complesse. Si tratta di un’analisi critica dei principi pratici ereditati dalla tradizione: la cooperazione al male, il male minore, il duplice effetto, il proporzionalismo, il probabilismo e la casistica. Vengono presentate la loro storia, evoluzione, natura, limiti, ma anche l’attualità e il possibile utilizzo per affrontare questioni attuali.
Nell’ultima parte del testo, quasi come un’appendice, vengono sviluppati alcuni temi etici «dispersi lungo il percorso» precedente, per riprenderli e sottoporli a un approfondimento critico. Questi temi riguardano la questione della natura dell’atto morale, il tema dell’intrinsece malum, per concludere con una riflessione sulla coscienza.
G. Bozza, in
Studia Patavina 2/2024, 362-364