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La via della croce
Hans Urs Von Balthasar

La via della croce

Prezzo di copertina: Euro 6,00 Prezzo scontato: Euro 5,70
Collana: Meditazioni 260
ISBN: 978-88-399-3260-0
Formato: 11 x 20 cm
Pagine: 64
Titolo originale: Der Kreuzweg
© 2021

In breve

In una rinnovata veste grafica, un bellissimo testo per la meditazione e la preghiera: il commento di un gigante della teologia al dramma della croce, seguendo le pennellate dei disegni in bianco e nero di Josef Hegenbarth per la cattedrale di S. Edvige a Berlino. Non un commento estetico, ma una riflessione aperta sul dramma del dolore del Cristo.

Descrizione

All’inizio degli anni Sessanta un maturo Josef Hegenbarth (1884-1962) realizzò le quattordici stazioni della Via crucis per la cattedrale S. Edvige a Berlino, appena ricostruita. A quell’opera l’artista – pittore, grafico, illustratore e ritrattista tedesco – diede forma dopo lunghe esitazioni: senza preparazione, contrariamente al suo solito, e inseguendo con passione una visione artistica e religiosa, egli abbozzò i quattordici disegni a pennello in bianco e nero, un foglio dopo l’altro, impiegandoci poche settimane.
Hans Urs von Balthasar è entrato in una sorta di sintonia letteraria e teologica con i disegni dell’artista e ne ha scritto un commento, accompagnando le immagini parola per parola. Ne è nato un bellissimo testo per la meditazione e per la preghiera: non un commento estetico, ma una riflessione aperta sul dramma del dolore del Cristo, scritto dall’autore della Teodrammatica.

Recensioni

Il grande teologo svizzero (1905-1988) commenta in modo lapidario ed efficace le quattordici stazioni della via crucis dipinte in bianco e nero da Joseph Hegenbarth (1884-1962) all’inizio degli anni Sessanta, quasi di getto, pur dopo lunghe esitazioni e riflessioni. Von Balthasar non compone un commento estetico ma un testo che serva alla meditazione e alla preghiera.

Il mondo è pieno di contraddizioni, ma né l’uomo né Dio se ne prendono la responsabilità. Il primo non ha creato il mondo, e il secondo perché «non ha voluto questo strazio che gli uomini hanno fatto della sua bella creazione, la sporcizia dei loro volti su cui l’immagine s’è fatta irriconoscibile fino a scomparire». Il punto nodale della confusione, se c’è, resta inaccessibile. La colpa «è macroscopicamente evidente e cade nella terra di nessuno, tra Dio e il mondo, nell’ignoto che nessuno conosce e nessuno vuole ammettere: tolle, tolle, crucifige! Con lui sia finita, la croce lo distrugga».

Queste espressioni di commento alla prima stazione, quella della condanna di Gesù a morte, danno subito l’idea della profondità e genialità del discorso dello studioso. Quando la croce, perfida, colpisce all’insaputa tra capo e collo, getta a terra chi non ha preso su di sé la croce, ma s’è trovato colpito d’un tratto dal di dietro. Gesù è gettato a terra «grottesco ragno, un po’ come una granata in esplosione». «Da sempre il legno colpisce alla nuca, il carico precipita con chi lo porta nell’unico spazio che è infinito: lo spazio del rifiuto». I torturatori punzecchiano. «Come pescatori di notte con arpioni». Sotto i piedi palpita qualcosa di tenero, nauseante. «Io sono un verme, non un uomo». Incalzano, va per le lunghe questa via crucis, «questo mezzo cadavere, e insozza la storia del mondo». «E mille volte noi gli passiamo sopra travolgendolo, eppure egli palpita ancora».

Gesù incontra la Madre. «Soltanto attraverso le travi, come dietro una grata di prigione, gli occhi le gettano di tra le spine uno sguardo: sono irraggiungibile, per noi due Dio è irraggiungibile, nasconditi. “Donna, cosa c’è tra me e te?”. Solo la trave che ci unisce e, al tempo stesso, ci separa. C’è una sofferenza comune. Ma la croce divide, in essa ognuno è solo… Ciononostante c’è un’attrazione verso questa solitudine e improvvisamente si vede che essa prevale, la donna dal volto nascosto viene attratta al di sopra di sé, da una forza estranea, “dove tu non vuoi”». «Ci sono un’infinità di mani giunte e commoventemente tese. Esse ricevono la loro parte, poiché il terribile isolamento tra l’abbandonato e l’abbandonata si ripete per essi in lontananza. “Piangete su voi e sui vostri figli”, “Andò fuori e pianse amaramente”. In qualche angolo, poter piangere per sé. Chi ci aiuta a piangere per lui, lagrime di madre? Chi riesce a far sì che noi, causa del suo dolore, accorriamo a colui che soffre?».

Scorrono le stazioni di Gesù aiutato dal Cireneo, asciugato dalla Veronica, la seconda caduta, il momento in cui Gesù consola le donne che piangono e poi la terza caduta. Infine, Gesù è spogliato, crocifisso e muore sulla croce. Commenta Von Balthasar: «Chi abbraccia la croce è sempre solo… E colui che abbraccia la croce volge lo sguardo a uno che non lo vede, a uno che pure guarda in alto, verso Dio che l’ha abbandonato. Ma è proprio così che egli assume in sé il nostro essere abbandonato da Dio… Le belle parole dette da lui in croce… traggono senso e forza da un’unica cosa: egli sa cos’è l’abbandono… Se tutto questo è puramente l’uomo messo a nudo – ecce homo –, ci sarebbe ancora motivo per criticare Dio. Oppure si è qui forse fatta manifesta la realtà ultima di Dio stesso? Ma allora non si tratterebbe certo di abbandono di Dio (poiché in tal caso non sarebbe Dio e l’uomo si troverebbe ancora una volta solo), bensì d’amore di Dio: egli vuole gridare, insieme con noi, a colui che in quel momento si celava. Ma perché? Perché mi hai abbandonato? Lascia che ti si ponga il problema di Dio».

Una via crucis intensa, intrisa di umanità e di fede, illuminata tra la trave e le spine della prigione da un amore paradossale che si dona e permane per sempre. «Insozza la storia del mondo» (p. 18).


R. Mela, in SettimanaNews 16 febbraio 2021