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Il creato e la Croce
Elizabeth A. Johnson

Il creato e la Croce

La misericordia di Dio per un pianeta in pericolo

Prezzo di copertina: Euro 30,00 Prezzo scontato: Euro 28,50
Collana: Giornale di teologia 430
ISBN: 978-88-399-3430-7
Formato: 12,3 x 19,3 cm
Pagine: 320
Titolo originale: Creation and the Cross. The Mercy of God for a Planet in Peril
© 2021

In breve

«Johnson esamina una molteplicità di immagini e di metafore bibliche per proporre, consapevoli come siamo della connessione fra tutti i viventi, una teoria cosmica della salvezza» (Terrence W. Tilley).

«Un libro eccellente che, nella forma di vivace dialogo, affronta i temi fondamentali del peccato, del perdono e della redenzione» (James Martin).

Descrizione

«Il nostro pianeta è alle porte e bussa». Come comprendere la redenzione cosmica, oggi, in un’epoca di devastazione ecologica incalzante? Mettendo in campo il suo approccio creativo alla teologia, Elizabeth Johnson risponde al bruciante quesito estendendo a tutti gli esseri creati la fede cristiana nella salvezza (finora pensata per i soli esseri umani). Questo la costringe, però, ad affrontare una sfida quasi insormontabile: superare la visione della morte di Gesù come “espiazione del peccato” (dell’uomo) verso una prospettiva che includa il mondo naturale come destinatario dell’amore di Dio.
Sviluppando la propria argomentazione sotto forma di dialogo, Johnson – una delle rappresentanti più qualificate della teologia cattolica statunitense – adotta una visione alternativa, saldamente fondata sulla Scrittura e radicata negli insegnamenti di Gesù e della prima chiesa. Il suo pensiero dell’accompagnamento divino da un lato enfatizza l’amore e la misericordia di Dio e, dall’altro, aiuta a rispondere alle sfide di un pianeta in pericolo.

Recensioni

Elizabeth A. Johnson è una religiosa statunitense ben nota nel nostro paese per il suo libro magistrale Colei che è e autrice de Il creato e la croce pubblicato nella collana «Giornale di teologia» della Queriniana. Meno noto, forse, è il lavoro di divulgazione teologica che svolgono altre sue pubblicazioni come questa. Perciò, se aspettassimo delle novità da questo volume saremmo quasi sicuramente delus*. Non ho trovato nulla − nemmeno inerente al tema indicato dal sottotitolo «la misericordia di Dio per un pianeta in pericolo» − che non sia già stato elaborato da altri e altre altrove. Ciò nonostante, il libro ha sicuramente due pregi.

In primo luogo, dà un’ottima idea del consenso intorno agli argomenti trattati. Se vogliamo un quadro riassuntivo di chi era Gesù e che cosa ha fatto per noi, che sia accessibile a donne e uomini di oggi, questo libro è un ottimo punto di partenza.

In secondo luogo, il materiale è organizzato in modo accattivante, in quanto Johnson, prendendo le mosse da una discussione di Cur deus homo?, espone la sua tesi nello stesso stile di Anselmo, ovvero attraverso un dialogo fra «Elizabeth» (l’autrice stessa) e «Clara». Come Boso interagisce con Anselmo, Clara, interlocutrice immaginaria, interroga, incoraggia e stimola il pensiero di Elizabeth (p. 11).

Il testo è diviso in sei «libri». Nel primo, Johnson «alle prese con Anselmo» mette a nudo la logica (errata nella sua formulazione) della domanda di Anselmo, il contesto feudale in cui è stata sviluppata, l’enorme impatto sulle chiese della teoria di soddisfazione e le critiche alle quali è stata sottoposta (in modo speciale alla luce dell’esperienza delle donne). Dopo aver dichiarato la teoria di Anselmo non solo «inadeguata ma […] a dire poco sbagliata», il libro procede a chiedersi «Com’è possibile considerare la vita, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo alla stregua di una buona novella per l’intero mondo creato» (p. 52).

Il libro di Johnson si iscrive pienamente nel rinnovato interesse della teologia per l’ecologia fomentato dall’enciclica papale Laudato si’, cui l’autrice fa ampio riferimento. Finora, però, tale elaborazione teologica ha aggiunto ben poco alle riflessioni avviate quasi cinquant’anni fa dentro e fuori il CEC. Questo volume non fa eccezione.

Mentre il secondo libro del nostro volume dimostra, a partire dal II Isaia, che il Dio creatore è il Dio che salva, il quinto, facendo largo uso delle cristologie sapienziali, propone la nozione di «incarnazione profonda», che «avvicina Dio in modo diverso a tutta la realtà terrena nelle sue dimensioni corporee e materiali» (p. 253) e non solo a quella umana. In mezzo, i libri tre e quattro sono dedicati prima a «Gesù di Nazaret, re dei Giudei» e a «una teologia dell’accompagnamento» (p. 152) e poi alla «fioritura di interpretazioni» della redenzione. In questo modo Johnson dimostra che la redenzione operata da Dio in Cristo non è circoscritta (come nella teoria di Anselmo) alla realtà umana né è soggetta a un’unica interpretazione.

Avendo dimostrato che il Creatore è il Redentore e che il prossimo «del quale dobbiamo curare le ferite, include anche gli esseri umani bisognosi e poveri come pure gli ecosistemi naturali e tutte le loro creature» (p. 263), il capitolo sei ci invita alla conversione e a compiere una serie di «sperimenti mentali» (frase amata dalla recentemente deceduta Sallie McFague, una delle prime teologhe ad adottare una prospettiva ecologica). Tuttavia, c’è ben poco di sperimentale nelle proposte di Johnson, che ormai fanno parte del bagaglio di coloro che si muovono in questo territorio. Infatti, mentre il libro offre una guida piacevole ed efficace al tema de «il creato e la croce» per chi si avventura per la prima volta in questo terreno o per chi vuole ripassarlo, potrebbe risultare per altr* un déjà-vu che non merita il prezzo di copertina.


E. Green, in Protestantesimo 4/2021, 277-278

Che sia proprio vero che oggi la domanda di salvezza sia in declino vistoso, se non proprio ridotta ai minimi termini, a causa della speranza che scienze e tecniche suscitano col loro incessante progresso? Se l'esplicitazione della «domanda» di salvezza segue la percezione profonda del «bisogno» di salvezza, allora la questione conserva tutta la sua centralità e rilevanza perché tecnica e scienza non hanno mai «salvato» nessuno oltre il tenace e vigoroso bricolage (fai-da-te) per il permanente restauro di uomini e macchine. Salvezza non è restauro. Salvezza è liberazione permanente e definitiva dei limiti della natura unana e cosmica (finitudine). La morte, per essere chiari e precisi. Le criticità dell'esistenza con i suoi cortocircuiti. Le violenze e le violazioni, per esseri chiari e precisi. A proposito di queste criticità non si sa ben distinguere se scienza e tecnica diano risposte disinnescanti o innescanti, risolutorie o aggravanti.

Anche le religioni spesso non risaltano per rigore e nitore quando lasciano trapelare (se non contrabbandano dritto dritto) idee di un Dio che con buona magia ci risolve senza colpo ferire ogni guaio, o di un'etica formale che invoca o proietta supereroi o confeziona robot. L’uomo non ha in sé la capacità di redenzione, è chiaro anche solo valutando la storia degli effetti del suo operato dagli inizi a oggi. Se non gli riesce per sé, gli riuscirà forse per la terra e il cosmo intero? Ne dubitiamo. La fede cristiana nella salvezza porta in sé una visione che si radica nella sacra Scrittura dove si confessa e sperimenta un Dio che sin dal «principio» innesca processi di salvezza continui (esodi) fino all'acme dell'evento Gesù (Dio salva), che passando tra noi ha salvato uomo e cosmo innestandovi in maniera permanente amore, quello totale, assoluto, estremo (passione, morte, risurrezione) oltre ogni limite e limitazione dell'esistenza.

Con Cristo il processo di redenzione e salvezza si fa universale e cosmico (cf. san Paolo e Giovanni) senza esclusione di vivente alcuno, sospingendo ogni cosa innanzi a Dio davanti al quale ogni cosa si «rivela(erà)» (giudizio) per quel che è (stata) nei riguardi proprio dell'amore: quello di Dio, ovviamente, quello capace di sanare, di ridare vita, di togliere oscurità, di convertire in novità di vita. Su questa fede la teologia ha riflettuto lungo la storia elaborando diverse categorie interpretative, che vanno da lreneo ad Agostino, da Anselmo a Tommaso. E proprio la linea di Anselmo ha prevalso, per dirla sbrigativamente, fino a oggi (nonostante la riflessione del Vaticano II). «Cur Deus homo»? Per scardinare l'ineluttabilità del peccato dell'uomo e dischiudere transiti verso l'Eterno. È a causa dell'uomo che il processo di disintegrazione innescato dal suo peccato trascina con sé anche il creato. Anselmo focalizza l'attenzione proprio sul peccato saldando ad esso il mistero pasquale di Cristo: chi ha peccato è l'uomo, non certo il creato, ed è sull'uomo che si concentra l'esito della pasqua di Cristo e il discorrere teologico (sulla salvezza) facendo sparire rapidamente ogni preoccupazione riguardante i gemiti che si levano dal creato (Rm 8,18-25).

In questo libro la nota teologa Elizabeth A. Johnson prova a riconnettersi alla riflessione di Anselmo cercando di avviare un'«alternativa» al suo pensiero radicandosi nelle Scritture dove è evidente l'azione del «Dio vivente che accompagna attivamente il mondo nei suoi progressi evolutivi e storici [...], con una sovrabbondante misericordia che dura in eterno» (p. 8). Come comprendere la redenzione cosmica?

Oltre alla riscoperta del senso biblico del cosmo (qui la letteratura comincia a essere notevole), è anche necessario (ri)prendere coscienza che il mistero pasquale di Cristo rappresenta molto più della sola salvezza dal peccato ed è icona della co-sofferenza redentrice di Dio. La caro salutis cardo non è solo quella dell'uomo, in essa vi è la caro di tutti i viventi; anzi, è perché caro di tutti i viventi che è caro dell'uomo. Ecco perché è nella carne di Cristo risorto che poggia tutto il nostro futuro, da qui all'eternità. Come dice l'autrice, il libro «non costituisce un'opera completa o definitiva sulla redenzione cosmica» (p. 13), ma è un buon inizio. Perché, lo dobbiamo dire senza reticenze, oggi il discorso sulla salvezza o lo si dà troppo frettolosamente per scontato o, per evitare lo scoglio dei novissimi, lo si diluisce nei processi di auto-liberazione di varia natura, o nell'apologia di un amore da imitare, o nell'apprendimento dei vari «self»: actualization, realization, healing, empowerment... dove ognuno va per conto proprio nell'oblio della storia di Gesù il Nazareno.

La lettura del Iibro è un buon inizio per ritrovare il filo di un discorso interrotto e le parole attuali per ridirlo nei vari contesti della nuova evangelizzazione.


D. Passarin, in CredereOggi n. 244 (4/2021) 185-187

Sappiamo bene «che tutta insieme la creazione geme e soffre le doglie del parto fino a oggi»: così afferma l’Apostolo delle genti nella Lettera ai Romani (Rm 8,22). Muovendo da questa premessa, la teologa cattolica statunitense intesse un dialogo con un’immaginaria donna di nome Clara che pone, con intelligente semplicità, la domanda di fondo: che significato ha la Croce per tutto il creato? L’approccio creativo dell’a. le permette di proporre la sua traiettoria che vede estendere a tutti gli esseri creati la fede cristiana nella salvezza, una fede che sinora è stata pensata per i soli esseri umani: il pianeta Terra bussa alle porte, tutti sono coinvolti.
D. Segna, in Il Regno Attualità 18/2021, 574

«Il nostro pianeta è alle porte e bussa». Come comprendere la redenzione cosmica, oggi, in un'epoca di devastazione ecologica incalzante? Mettendo in campo il suo approccio creativo alla teologia, Elizabeth Johnson risponde al bruciante quesito estendendo a tutti gli esseri creati la fede cristiana nella salvezza (finora pensata per i soli esseri umani).

Questo la costringe, però, ad affrontare una sfida quasi insormontabile: superare la visione della morte di Gesù come "espiazione del peccato" (dell'uomo) verso una prospettiva che includa il mondo naturale come destinatario dell'amore di Dio.

Sviluppando la propria argomentazione sotto forma di dialogo, Johnson – una delle rappresentanti più qualificate della teologia cattolica statunitense – adotta una visione alternativa, saldamente fondata sulla Scrittura e radicata negli insegnamenti di Gesù e della prima chiesa. Il suo pensiero dell'accompagnamento divino da un lato enfatizza l'amore e la misericordia di Dio e,dall'altro, aiuta a rispondere alle sfide di un pianeta in pericolo.


In Consacrazione e Servizio 5/2021, 124-125

«II nostro pianeta è alle porte e bussa», scrive l'autrice. Teologa cattolica nordamericana, docente di Teologia a New York, EIizabeth Johnson propone la sua riflessione che, a partire dalla Scrittura, oltrepassa la visione della morte di Cristo come mera «espiazione del peccato dell'uomo». Ogni essere creato viene salvato da Cristo e la redenzione è cosmica. Il volume è strutturato in maniera accattivantesotto forma di dialogo con una fittizia Clara, che esprime i dubbi e le domande di uomini, donne, studenti, studiosi.
In Jesus 8/2021, 93

Una bellissima sfera di blu screziato che ruota nel vasto fondo nero dello spazio: così appare la terra fotografata dalla luna. È una realtà straordinaria che non ha paragoni, almeno nel raggio di qualche migliaia (o milioni) di anni luce: è un brulichio di vita, di varia grandezza, dai minuscoli microrganismi alle enormi balene azzurre, compresi gli esseri umani, realtà che la scienza chiama biosfera e papa Francesco chiama comunità del creato.

Ma dire vita significa anche avere un inizio e una fine, vuoI dire conflitto, sofferenza, finitudine. Ogni essere vivente ha un inizio e una fine e molti travagli per sopravvivere. La Bibbia parla di vicinanza del Creatore alla sua creazione, di un Creatore che non abbandona le sue creature, che le accompagna con amore e misericordia. Con l'avvento di Gesù, i cristiani scrivono un alto capitolo della storia del coinvolgimento misericordioso di Dio nel mondo. È un capitolo che racconta l'unione di Dio con la finitudine della carne per camminare con essa attraverso la morte fino alla vita.

«Il Verbo si è fatto carne», Dio si è unito personalmente agli esseri umani, ma anche a tutta la carne sulla terra, alla materia. I suoi geni, i geni di Gesù, appartengono al lignaggio ebraico della razza umana, le cellule del suo corpo erano composte di sostanze gassose e di materiali esplosi miliardi di anni fa nelle stelle, proprio come le nostre. Una parte di Dio si è legata all'universo umanamente, fisicamente, in quanto evento cosmico. Pertanto nella sua morte, Dio è con tutte le creature che muoiono, non solo con gli esseri umani, ma con i piccoli del pellicano, con la gazzella inseguita dal leone e così via.

E nella risurrezione di Gesù Cristo, vi è il principio del futuro di ogni carne, cioè che non tutto finisce nell'annientamento. Ma che l'amore di Dio che ha generato ogni cosa è sufficientemente potente per redimere tutti. La croce, assieme alla risurrezione, colloca saldamente l'amore salvifico divino nella carne della vita in un mondo in evoluzione. «La morte di Cristo diventa un'icona vivente della co-sofferenza redentrice di Dio con tutta la vita senziente e le vittime della competizione sociale».

Sono alcuni sprazzi desunti dall'ultimo libro di Elisabeth Jonson «Il creato e la croce» (Queriniana), dove l'autrice tenta di andare oltre la visione della morte di Cristo come «espiazione del peccato dell'uomo» estendendo a tutti gli esseri creati la fede cristiana della salvezza. È una visione saldamente fondata sulla Scrittura e radicata nell'insegnamenti di Gesù e della prima chiesa e vicina alla visione dell'Oriente critiano.

Pagine accattivanti, ottimistiche, creative, che fanno bene in questi momenti, che allargano gli orizzonti, che provano a dare corpo a quello che diceva sant'Ambrogio: «In Cristo è risorta la terra».


P.G. Cabra, in Corriere della Sera – Brescia 3 aprile 2021, 11

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