Elizabeth A. Johnson è una religiosa statunitense ben nota nel nostro paese per il suo libro magistrale Colei che è e autrice de Il creato e la croce pubblicato nella collana «Giornale di teologia» della Queriniana. Meno noto, forse, è il lavoro di divulgazione teologica che svolgono altre sue pubblicazioni come questa. Perciò, se aspettassimo delle novità da questo volume saremmo quasi sicuramente delus*. Non ho trovato nulla − nemmeno inerente al tema indicato dal sottotitolo «la misericordia di Dio per un pianeta in pericolo» − che non sia già stato elaborato da altri e altre altrove. Ciò nonostante, il libro ha sicuramente due pregi.
In primo luogo, dà un’ottima idea del consenso intorno agli argomenti trattati. Se vogliamo un quadro riassuntivo di chi era Gesù e che cosa ha fatto per noi, che sia accessibile a donne e uomini di oggi, questo libro è un ottimo punto di partenza.
In secondo luogo, il materiale è organizzato in modo accattivante, in quanto Johnson, prendendo le mosse da una discussione di Cur deus homo?, espone la sua tesi nello stesso stile di Anselmo, ovvero attraverso un dialogo fra «Elizabeth» (l’autrice stessa) e «Clara». Come Boso interagisce con Anselmo, Clara, interlocutrice immaginaria, interroga, incoraggia e stimola il pensiero di Elizabeth (p. 11).
Il testo è diviso in sei «libri». Nel primo, Johnson «alle prese con Anselmo» mette a nudo la logica (errata nella sua formulazione) della domanda di Anselmo, il contesto feudale in cui è stata sviluppata, l’enorme impatto sulle chiese della teoria di soddisfazione e le critiche alle quali è stata sottoposta (in modo speciale alla luce dell’esperienza delle donne). Dopo aver dichiarato la teoria di Anselmo non solo «inadeguata ma […] a dire poco sbagliata», il libro procede a chiedersi «Com’è possibile considerare la vita, la morte e la resurrezione di Gesù Cristo alla stregua di una buona novella per l’intero mondo creato» (p. 52).
Il libro di Johnson si iscrive pienamente nel rinnovato interesse della teologia per l’ecologia fomentato dall’enciclica papale Laudato si’, cui l’autrice fa ampio riferimento. Finora, però, tale elaborazione teologica ha aggiunto ben poco alle riflessioni avviate quasi cinquant’anni fa dentro e fuori il CEC. Questo volume non fa eccezione.
Mentre il secondo libro del nostro volume dimostra, a partire dal II Isaia, che il Dio creatore è il Dio che salva, il quinto, facendo largo uso delle cristologie sapienziali, propone la nozione di «incarnazione profonda», che «avvicina Dio in modo diverso a tutta la realtà terrena nelle sue dimensioni corporee e materiali» (p. 253) e non solo a quella umana. In mezzo, i libri tre e quattro sono dedicati prima a «Gesù di Nazaret, re dei Giudei» e a «una teologia dell’accompagnamento» (p. 152) e poi alla «fioritura di interpretazioni» della redenzione. In questo modo Johnson dimostra che la redenzione operata da Dio in Cristo non è circoscritta (come nella teoria di Anselmo) alla realtà umana né è soggetta a un’unica interpretazione.
Avendo dimostrato che il Creatore è il Redentore e che il prossimo «del quale dobbiamo curare le ferite, include anche gli esseri umani bisognosi e poveri come pure gli ecosistemi naturali e tutte le loro creature» (p. 263), il capitolo sei ci invita alla conversione e a compiere una serie di «sperimenti mentali» (frase amata dalla recentemente deceduta Sallie McFague, una delle prime teologhe ad adottare una prospettiva ecologica). Tuttavia, c’è ben poco di sperimentale nelle proposte di Johnson, che ormai fanno parte del bagaglio di coloro che si muovono in questo territorio. Infatti, mentre il libro offre una guida piacevole ed efficace al tema de «il creato e la croce» per chi si avventura per la prima volta in questo terreno o per chi vuole ripassarlo, potrebbe risultare per altr* un déjà-vu che non merita il prezzo di copertina.
E. Green, in
Protestantesimo 4/2021, 277-278