«È interessante che l’Autrice non orienti la sua proposta verso una "elaborazione del lutto" come se il dolore per la persona amata e perduta fosse qualcosa da superare e da seppellire ad ogni costo. Quel dolore che fa così male e lascia una così grave voragine è comunque qualcosa di caro, qualcosa che rimane di chi è andato via. Volersene sbarazzare ad ogni costo e al più presto è una specie di tradimento. Per questo la proposta della von Stülpnagel punta piuttosto ad attraversare l’inevitabile processo del lutto, orientandosi, però, nonostante la perdita, verso l’esigenza e la necessità di "ricominciare un giorno una vita dotata di senso, di ritrovare la gioia di vivere e di integrare l’esperienza subita, in maniera feconda, nel prosieguo dell’esistenza". Il dolore non va seppellito nell’oblio, ma nel terreno fecondo della speranza, di un cuore capace di guardare comunque al futuro, come unica opzione possibile per la vita. Scrive eloquentemente la poetessa Antje Sabine Naegeli:
"Non ti abbandonare!
Seppellisci quel dolore
che è tuo
non sotto il macigno
dell’oblio,
perché, non pianto,
non può partorire speranza,
non può
portarti alla sorgente nascosta
che ti promette la vita".
Il percorso del libro della von Stülpnagel non consiste in consolatorie evocazioni che fanno adagiare chi soffre nel proprio dolore, né in strumenti per una rapida fuga ed eliminazione dal dolore, ma in una presa di posizione realista – psicologica, spirituale e “rituale” al contempo – volta a far riconciliare la persona con la natura del suo destino, con le sue sfumature di dolore e di gioia, di perdita e di speranza, per aprire un varco verso una ristrutturazione della vita in maniera dotata di senso».
R. Cheaib, in www.zenit.org del 3 maggio 2014