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Vivere nella speranza
Ladislaus Boros

Vivere nella speranza

L’attesa del futuro nell’esistenza cristiana

Prezzo di copertina: Euro 15,00 Prezzo scontato: Euro 14,25
Collana: Meditazioni 254
ISBN: 978-88-399-3254-9
Formato: 11 x 20 cm
Pagine: 176
Titolo originale: Aus der hoffnung leben
© 2021

In breve

«Il “gusto della felicità” è una componente essenziale della vita umana. Per essere un testimone di Dio e della sua grandezza, il cristiano ha oggi forse soltanto una cosa da fare. dimostrare ai suoi simili che nel nostro mondo esistono ancora la gioia, la felicità, la speranza, e che la vita è bella e degna di essere vissuta».

Descrizione

La speranza non è qualcosa di aggiunto all’esistenza cristiana, ma una condizione indispensabile per la sua realizzazione. Il Dio della speranza è l’anima della concezione cristiana della vita. Ecco perché Boros in questo libro tenta in modo mirabile di definire l’esistenza umana come un’esistenza di speranza. E pone la questione di Dio alla luce di ciò che attende l’uomo nel futuro.
L’autore scrive così: «La speranza è la mèta verso cui si dirigono tutta la vita, tutta la riflessione e tutta la preghiera dei cristiani. Si potrebbe addirittura definire il cristianesimo come la fede in cui Dio appaga totalmente le speranze dell’essere umano, anzi le supera talmente da rendere ridicoli anche i più arditi desideri e i più grandi sogni del nostro cuore. In tale spirito cristiano, ricolmo di speranza, queste meditazioni vogliono dunque parlare delle gioie e delle promesse future della nostra vita».

Recensioni

Filosofo e teologo cattolico ungherese, Boros si è imposto nel panorama teologico contemporaneo con una sua originale concezione relativa all’escatologia cristiana e con una serie di scritti di spiritualità di cui Vivere nella speranza. L’attesa del futuro nell’esistenza cristiana è un esempio. La tesi che fa da tessuto connettivo al saggio è che la speranza per il cristiano non costituisce un segmento di un discorso di fede più vasto, ma rappresenta la condizione indispensabile per poter realizzare un’esistenza che possa dirsi effettivamente volta alla sequela di Cristo.

D’altra parte, come sottolinea l’autore, si è costretti a constatare che i trattati della dogmatica cristiana che affrontano il tema della speranza, «del cielo» come scrive lo stesso Boros, sono fra quelli più incolori, meno robusti, specie se li si confronta con un testo fondamentale di tutto il secolo scorso quale è Prinzip Hoffnung (Il principio speranza) del filosofo marxista Ernest Bloch. Scrive, infatti, il teologo ungherese: «La filosofia della speranza di Bloch – con tutte le sue vaste ricerche – fa comprendere al pensatore cristiano quanto insufficiente ed “esangue” sia lo stile, con cui noi cristiani parliamo del regno di Dio, che è già iniziato nel nostro mondo. Ciò fornisce materiale sufficiente per un più ampio esame di coscienza […] l’opera Prinzip Hoffnung ferisce sul vivo noi cristiani, più di qualunque altra» (p. 9). A quale ferita si riferisce Boros è presto detto: all’abitudine nel pronunciare dei lunghi discorsi su quanto sia deprecabile e miserevole l’attuale situazione dell’intera umanità.

Viceversa, la speranza, cioè il saper assaporare il gusto della felicità, l’essere ottimisti devono costituire componenti essenziali della vita umana e il cristiano, pertanto, ha il dovere di mostrare ai suoi simili che nel mondo esiste il sogno, il desiderio, la passione, la speranza che si coniuga con un’autentica fame di futuro. Mettendosi in relazione al pensiero di Bloch, Boros ne fa propria l’ontologia, fondata sulla potenzialità dell’essere e sull’apertura al cambiamento, una ontologia che è definita da Bloch medesimo come «ontologia del non ancora». Ma, al contempo, la stravolge in quanto, a differenza del pensatore hegelo-marxista, Boros è credente.

Il volume consta, quindi, di una serie di meditazioni volte a porre la questione di Dio sotto la prospettiva di ciò che attende l’uomo nel futuro, esaltando il binomio esistenza umana-esistenza di speranza. Da questa prospettiva Boros tenta di non scivolare in meditazioni troppo filosofiche, ma, tenendo ferma la bussola della spiritualità, tratta delicate problematiche, a iniziare dall’interiorità dell’uomo che si è soliti definire anima. Essa è già presente nell’embrione e sarà suscettibile di una ulteriore perfezione che ha bisogno di essere liberamente realizzata. Ciò significa che ogni donna, ogni uomo devono avere la possibilità di integrare le proprie «esteriorità» (ossia il corpo) nella «interiorità» dell’essere, vale a dire che ogni creatura umana deve avere la possibilità di aprirsi all’Assoluto.

In tale contesto la morte diviene una vera e propria opzione decisiva: «Nel momento della morte avremmo dunque ancora una possibilità di scelta; o meglio, soltanto in morte noi avremmo la possibilità di una presa di posizione pienamente personale e totale» (p. 25).

«In morte»: per Boros non si tratta dello stato che precede la morte dell’individuo, piuttosto significa che nel momento più cruciale di un essere umano quest’ultimo è libero di fare la scelta definitiva nei confronti di Cristo. Pensare la morte significa, pertanto, porsi un radicale aut-aut che comporta la decisione per eccellenza. Infatti, solo con la scelta in favore della Parola vivente possiamo aprirci a un più vasto spazio che include il cambiamento e il rinnovamento di questo mondo. Creazione e trasformazione – altro binomio chiave nelle meditazioni di Boros – sono, infatti, per l’Eterno un’unica, grande realtà.

Ogni uomo, ogni donna divenuti «uomo nuovo» e «donna nuova» che hanno scelto il plérōma di Cristo, cioè un Cristo vertice e sintesi della realtà umana circondato da un mondo ormai glorificato, diventano lo strumento per la trasformazione della realtà mondana. La grazia concessa all’epoca che ci è toccata in sorte è, quindi, prendere una volta per tutte coscienza delle dimensioni divine ed escatologiche del nostro passaggio terreno.


D. Segna, in Protestantesimo vol. 78 (3-4/2023), 337-338

La speranza è una categoria che è alla base dell’esistenza cristiana: il Dio di Abramo, di Isacco e di Giacobbe che si è incarnato in Gesù Cristo, il Dio della speranza che si rivela nelle Scritture è l’anima vivificante dell’intera concezione cristiana dell’esistenza. L’a., filosofo e teologo ungherese del secolo scorso, ebbe modo di constatare che, nonostante la centralità di quella categoria, allorquando doveva preparare una predica sul cielo e sulle realtà future, visti i trattati per lo più fragili e sbiaditi della dogmatica cristiana al riguardo, era costretto a ricorrere a uno dei testi più affascinanti del Novecento quale è Il principio speranza del filosofo marxista Ernest Bloch. Meditazioni sul futuro, su Dio alla luce di quanto il cielo stesso promette a ogni uomo di buona volontà.


D. Segna, in Il Regno Attualità 22/2021, 710

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