Sono sufficienti solo cinquant’anni di dialogo (1967-2017) per convertire un immaginario formatosi in quattrocentocinquant’anni (1517-1967)? La sproporzione tra i due archi temporali suggerisce una risposta negativa alla questione. La trasformazione di un immaginario è, infatti, processo lento e complesso. « Per 500 anni Martin Lutero è stato considerato dai cattolici un eretico e uno scismatico. Da parte sia cattolica che evangelica si è conservata a lungo la convinzione che Martin Lutero, dopo il primo conflitto con la chiesa, avrebbe abolito i sacramenti come mezzi efficaci di salvezza »: questo è l’energico incipit della prefazione dei curatori (p. 11), ripreso anche all’inizio dell’ultimo contributo (p. 275).
Il volume presenta, in traduzione italiana, gli atti – pubblicati in tedesco e inglese nel 2018 – del simposio Lutero e i sacramenti, organizzato a Roma nel 2017 presso la Pontificia Università Gregoriana promotrice dell’iniziativa insieme all’Istituto J.A. Möhler di Paderborn e al Pontificio Consiglio per la promozione dell’unità dei cristiani. Tale convegno è forse stato uno degli eventi piú rilevanti per la ricerca teologica, all’interno del ricco programma di iniziative in occasione dei 500 anni dalla riforma luterana. Guardando in avanti, « viene spontaneo pensare che nel 2030 il giubileo della Dieta di Augusta e della Confessio Augustana allora proclamata venga celebrato almeno con la stessa profonda comunione ecumenica del giubileo della Riforma del 2017 » (p. 44): questo l’auspicio del card. Koch.
Allo sforzo di rendere fruibili i frutti di tale appuntamento ai lettori italiani va il nostro plauso all’editore e al curatore, augurandoci di trovare nei prossimi anni qualche traccia negli insegnamenti e nelle pubblicazioni di teologia sistematica, soprattutto in ambito sacramentario ed ecclesiologico, che spesso non brillano per aggiornamento e sensibilità ecumeniche. Circa la teologia dei sacramenti, infatti, a volte si confondono le accentuazioni luterane con quelle riformate (Zwingli, Calvino) e viceversa (cf. E. Jüngel, Segni della Parola. Sulla teologia del sacramento, Cittadella Editrice, Assisi 2002). L’ampia disamina cattolico-luterana offerta dal saggio è, dunque, un’ottima opportunità di approfondimento, di aggiornamento e di confronto con altre sensibilità e prospettive sui sacramenti inerenti alla galassia delle chiese e comunità della Riforma.
Il titolo del volume pone sul tavolo la grande categoria di mediazione che attraversa tutto il mistero cristiano (cf. pp. 244-245, 249-253), ma che richiede sempre una sua qualificazione e declinazione precise, offerte dagli aggettivi che possono seguire tale vocabolo (cristologica, testimoniale, sacramentale…). Gli undici contributi pubblicati si collocano nell’alveo della riflessione teologica tout court e, pur non essendo frutto di una commissione congiunta di dialogo teologico ecumenico, è opportuno inserirli nella scia di alcuni importanti documenti di esso, come L’eucaristia (1978); Martin Lutero. Testimone di Gesú Cristo. Dichiarazione (1983), la piú nota Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione (1999), in modo particolare il documento in preparazione al 2017, Dal conflitto alla comunione (2013) e, infine, la Dichiarazione in cammino. Chiesa, ministero ed eucaristia (2015), in ambito statunitense. La trattazione dei sacramenti viene affidata a due voci, una luterana e una cattolica: battesimo (S. Tobler-A. Maffeis); penitenza (T. Dieter-M. Fédou); eucaristia (J. Jolkkonen-J.A. Scampini); ministero (F. Nüssel-E. Vetö). Incorniciano i quattro dialoghi, prima una relazione del card. K. Koch, La Riforma e la chiesa cattolica (pp. 15-48) e, alla fine, due interventi, Chiesa come luogo della giustificazione del card. G. Müller (pp. 255-275) e Tridentino, Vaticano II e Lutero. Recezione implicita ed esplicita, di W. Thönissen (pp. 275-304).
Il curatore italiano descrive bene uno degli orizzonti complessivi di lettura dei contributi sui temi trattati che devono essere « compresi in modo documentato e differenziato, senza cedere a semplificazioni e schematizzazioni motivate da ragioni ideologiche o, semplicemente, da una conoscenza del tutto inadeguata delle fonti storiche » (pp. 5-6). Ad esempio, la sola presenza di un’ampia trattazione della penitenza fa evaporare lo stereotipo diffuso della sua abolizione da parte di Lutero, cosa sconfessata “visibilmente” dal famoso trittico di L. Cranach nella chiesa di S. Maria a Wittenberg che raffigura: battesimo, eucaristia – scelta come copertina del libro italiano – e penitenza. In tale contesto affiora anche la questione delle indulgenze e M. Fédou, a tal riguardo, riprende la proposta – almeno lessicale! – di B. Sesboüé di « rinunciare a questo termine » (p. 133), troppo “inquinato”, preferendo un termine piú biblico « come quello di benedizione, misericordia o benevolenza divina gratuita » (p. 133).
Emerge in modo energico la centralità del battesimo perché per Lutero « la vita cristiana altro non è che un battesimo quotidiano » (p. 51), nella struttura fondamentale di promissio e fides (pp. 59-66), è proprio « l’integrazione della fede tra gli elementi costitutivi del sacramento l’innovazione piú significativa » (p. 84). Le “classiche” questioni sollevate da Lutero sull’eucaristia riguardano il tema della presenza reale, la categoria di transustanziazione, il carattere sacrificale (pp. 192-193), e la documentata e articolata trattazione dei due contributi le sviscera con una dovizia di precisazioni e approfondimenti che, nel tempo, dovrebbero attivare una revisione di « una presentazione apologetica del carattere sacrificale e della presenza reale di Cristo nelle specie del pane e del vino. Molte generazioni di cattolici furono formate in base a questo approccio, conoscendo le tesi da condannare e la risposta data a quegli errori » (p. 178). Infine, « l’ostacolo principale per la comunione fra i cristiani evangelici e cattolici nella celebrazione dell’eucaristia e della cena consiste nella diversa comprensione del ministero » (p. 232), questa la conclusione del contributo luterano. E. Vetö, docente alla Gregoriana, in seguito afferma che « è attraverso l’esercizio prioritario non del sacerdozio ministeriale ma del sacerdozio comune che la chiesa compie la sua missione nel mondo. Per questa bella verità, la chiesa cattolica romana deve ringraziare Lutero e la Riforma per averla aiutata in un modo decisivo a comprendere pienamente la bellezza e la verità di questa realtà » (p. 240).
Sono assai numerose le questioni affrontate nel saggio che si pone piú come un ulteriore punto di partenza che di arrivo, come ben suggerito dalle conclusioni di ogni contributo che con precisione indicano i molti temi che richiedono ulteriore studio e approfondimento, processi indubbiamente favoriti da un tale contributo.
G. Osto, in
Studia Patavinaz/i> 67 (2020) 3, 555-558