La configurazione del mondo tramite il potere pubblico è ciò che caratterizza la politica; la religione, a sua volta, si presenta come realizzazione del sacro, ma tale realizzazione ha come sua ricaduta pratica la pretesa di configurare anch’essa la società. Storicamente si può facilmente constatare come i due termini della diade religione-politica sono stati talora concorrenti sino a scatenare delle guerre, oppure alleati in quanto utili supporti, l’uno dell’altro, per gestire le stanze del potere stesso.
Ma fino a che limite la religione può spingersi, evitando di cadere in un vero e proprio abuso della sfera politica, spesso contraddistinto da prospettive ideologiche totalitarie, attuato in nome di Dio, sia che faccia riferimento come testo rivelato alla Bibbia o al Corano? A questa domanda il gesuita Felix Körner risponde con un’analisi sistematica mettendo a confronto cristianesimo e islam, costretti, loro malgrado, a misurarsi con le medesime problematiche, chiarendo sin da subito cosa si debba intendere per «teologia politica».
Nella tarda antichità, questa locuzione possedeva una connotazione piuttosto negativa: con essa, infatti, s’indicava la dottrina degli dei che, anziché interrogarsi sulla vera essenza del divino, realizzava solo l’interesse della polis. Per ovviare a questa difficoltà il teologo cattolico offre la possibilità d’utilizzare la contestata espressione indagando su come può la religione influenzare la convivenza e le dinamiche del potere e come essa stessa resti influenzata, contaminata, da queste ultime.
Certamente tale indagine valorizza ciò che costituisce lo specifico cristiano senza, tuttavia, proporre l’ennesima teologia politica: l’importanza delle Scritture bibliche, il significato che ha il messaggio evangelico del regno di Dio messo in relazione con la realizzazione storica della Chiesa, la dignità e la grandezza dell’essere umano in quanto tale, sono, infatti, le traiettorie che Körner esplora, attuando in ogni capitolo un parallelo con quanto l’altra teologia politica – elaborata dal mondo islamico – ha messo in campo e continua ancora a sottoporre all’attenzione dell’Occidente in tutte le sue sfaccettature.
In estrema sintesi il Corano propone una teocrazia, un’autocrazia oppure una democrazia? E ancora: che rapporto ha con la violenza l’islam, specie quello attuale? Domande ormai non più eludibili in virtù del fatto che sotto i nostri occhi si sta coagulando un islam, europeo e non solo, portatore di istanze con cui si deve necessariamente fare i conti ponendo, come fa l’autore, in cima a un’ipotetica agenda di urgenze politiche, sociali, culturali, la problematica di come le religioni possano rappresentare il mondo a venire.
Al riguardo, Körner struttura e sviluppa la propria indagine basandosi su sette modelli di religione politica tesi a evidenziare, in particolar modo, il piano della scienza sociale, in quanto tale livello permette di includere anche schemi non cristiani. Il primo di essi è quello della religione in cui un individuo si trova a nascere, «Religione come cultura», a cui fa necessariamente seguito il discorso della scelta identitaria, dunque «Religione come fondazione di una nuova identità».
A questi due modelli ne succedono altri due: «Religione come legittimazione del potere e della violenza», al quale fa da contraltare la «Religione come relativizzazione e critica del potere umano», ovvero la forza che le religioni sono in grado di sprigionare grazie alla loro fondamentale e ineliminabile componente profetico-critica che s’applica agli abusi di potere. Quest’ultima significa, in buona sostanza, farsi portavoce di chi non ha voce, degli sfavoriti, dei paria delle periferie d’ogni latitudine, pertanto «Religione come rappresentanza della debolezza».
Ciò comporta, inevitabilmente, che la religione debba farsi carico di prospettive che aprano un orizzonte plurale – «Religione come ispirazione in una società plurale» – atto a ri-conoscere l’altro non come avversario, bensì come l’altro con cui costruire insieme qualcosa: non a caso l’ultimo modello utilizzato dal teologo gesuita e appunto «Religione come riconoscimento dell’altro».
Il merito del robusto lavoro di Körner è, inoltre, di tratteggiare ciò che lui stesso definisce le «rappresentazioni paradigmatiche» del Primo e del Secondo Testamento che fondano l’impegno eminentemente politico del cristianesimo. Rappresentazioni che introducono, a loro volta, piste ancora del tutto inesplorate, a iniziare dallo stile di vita declinato in modo del tutto nuovo. Il saggio, tuttavia, non ha nulla a che vedere con uno studio comparato tra cristianesimo e islam; piuttosto, si caratterizza per essere un testo d’ecclesiologia cattolica che impara anche dalle testimonianze dei musulmani, oltre che da un contraddittorio serrato con il retroterra filosofico.
D. Segna, in
Il Regno Attualità 8/2024, 234