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Ripensare la penitenza
Roberto Bischer, Andrea Toniolo (edd.)

Ripensare la penitenza

La terza forma del rito: eccezione o risorsa?

Prezzo di copertina: Euro 22,00 Prezzo scontato: Euro 20,90
Collana: Giornale di teologia 463
ISBN: 978-88-399-3463-5
Formato: 12,3 x 19,3 cm
Pagine: 264
© 2024

In breve

Prefazione di Marco Busca

I contributi riprendono una serie di istanze sul sacramento della riconciliazione che, nonostante gli sforzi dei decenni della riforma conciliare, sono rimaste “in sospeso”. E reclamano oggi con urgenza una riflessione che sia coraggiosa.

Descrizione

Il vissuto delle comunità cristiane nel tempo della pandemia ha suscitato una serie di pensieri che travalicano i confini della stretta emergenza.
Uno specifico ambito di riflessione è quello riguardante la dimensione sacramentale della fede e, in particolare, la prassi penitenziale. Proprio la prassi “eccezionale” attuata in quel frangente da alcune diocesi italiane ha rappresentato una preziosa opportunità per sondare nuovi percorsi, riaprendo la riflessione e rilanciando il dibattito ecclesiale. La terza forma della penitenza, quella che prevede una dimensione comunitaria nella celebrazione (senza confessione individuale), viene qui messa a fuoco da studiose e studiosi di diverse discipline. Quella forma celebrativa, da considerarsi fino ad oggi straordinaria, provoca a riflettere sulla prassi del quarto sacramento nel suo complesso.
I saggi pubblicati in questo volume – completati da una sezione a carattere documentale – offrono una pluralità di riletture e una ricchezza di prospettive teologico-pastorali sul tema, nell’intento di contribuire a un sapiente rinnovo dei riti e della sensibilità di fede che li innerva.

Recensioni

Il volume, come scrive Andrea Toniolo nell’introduzione, «è il risultato di due seminari di ricerca e di un convegno promossi dalla Facoltà teologica del Triveneto in collaborazione con la Facoltà di diritto canonico “S. Pio X” di Venezia e l’Istituto di liturgia pastorale “S. Giustina” di Padova» (p. 19). La giornata di studio, tenutasi a Padova il 27 febbraio 2023 (Ripensare la prassi penitenziale. La terza forma della penitenza: esperienza da archiviare o risorsa?), anticipava nel titolo questo volume, che ne avrebbe poi raccolto i contributi.

La riflessione è aperta dalla prefazione di Mons. Marco Busca, Vescovo di Mantova e autore di una dissertazione dottorale sulla riforma conciliare del sacramento della Riconciliazione, che auspica «una rinnovata e necessaria “ri-formazione” di tutti i battezzati (ministri compresi) sul sacramento della riconciliazione» (p. 14). Di questo vasto compito, il volume intende eseguire una porzione, offrendo spunti di riflessione per «ripensare e forse individuare le forme penitenziali adatte al tempo odierno» (Toniolo, p. 21), con particolare riguardo per la cosiddetta “terza forma” del Rito della Penitenza, quella con confessione e assoluzione collettiva.

L’avvio della riflessione muove dalla prassi pastorale maturata nella situazione pandemica di Covid-19, laddove si sono verificate condizioni eccezionali tali da giustificare il ricorso alla riconciliazione di più penitenti con assoluzione generale. Tale possibilità, esplicitata dalla Nota della Penitenzieria Apostolica del 19 marzo 2020, fu adottata in alcune regioni pastorali d’Italia, nelle quali, limitatamente al periodo pandemico, fu consentito ai sacerdoti in cura d’anime di amministrare il sacramento della Riconciliazione secondo tale forma. Sebbene «il ricorso all’assoluzione collettiva [sia] stato molto limitato, se si guarda il suo impiego a livello italiano» (Dal Corso, p. 56), l’alta affluenza di fedeli e il generale gradimento hanno interpellato la riflessione teologica, a cui gli studi raccolti in questo volume intendono contribuire.

L’intento è quello di passare dalla situazione emergenziale a quella progettuale (p. 26), inserendosi in un tentativo più ampio di «ripensare il modo di celebrare la penitenza», sollevando anche «l’interrogativo, in verità non nuovo, se questa forma, del tutto eccezionale, non possa vedere una sua estensione fino [a] ricomprendersi tra quelle ordinarie» (Dal Corso, p. 56).

I contributi sono articolati in tre sezioni: la prima (Pandemia e terza forma del Rito della Penitenza) intende offrire una rilettura dell’impiego della terza forma in contesto di pandemia, esplorandone le implicazioni pastorali (G. Viviani), canonistiche (P. Dal Corso) e liturgiche (E. Massimi). La seconda, di carattere maggiormente progettuale (Quale penitenza per l’oggi? Prospettive teologico-pastorali), mette a tema la «connessione tra forma rituale e teologia del sacramento» (p. 147), svolgendola in prospettiva liturgica (L. Della Pietra), teologico-fondamentale (R. Bischer), morale (A. Gaino), ecclesiologica (A. Dal Pozzolo) e pastorale (E. Favalegna). La terza sezione (Documentazione. Considerazione a margine di alcune indagini) offre una rilettura pastorale di alcuni sondaggi – in verità piuttosto circoscritti – somministrati a proposito dell’impiego della terza forma (S. Zonato) e, piu in generale, sul sacramento della Confessione (A. Steccanella).

Chiude il volume una bibliografia ragionata (a cura di R. Bischer) sul sacramento della Penitenza e sulla terza forma del rito. Gli spunti di riflessione offerti sono molteplici, pur al netto di alcune ripetizioni (es. frequenti rimandi all’evoluzione della forma storica del quarto sacramento; l’iter di riforma del Rito della Penitenza dopo il Vaticano II; i riscontri delle celebrazioni con la terza forma in tempo di pandemia); i contributi consentono di problematizzare positivamente molti aspetti del sacramento della Riconciliazione che forse si danno per scontati.

Vizia il volume, a mio avviso, una pressoché corale e poco avveduta insistenza sui presunti vantaggi di un impiego più estensivo della terza forma, auspicata anche in contesti non emergenziali come occasione di rilancio del sacramento della Penitenza. Ne prende esplicitamente le distanze solo P. Dal Corso, in un contributo canonisticamente ben documentato: «L’imprescindibile dato storico-giuridico non lascia dunque spazio ad estensioni applicative dell’assoluzione collettiva, senza contare che un suo ricorso sistematico es ordinario potrebbe sortire pure l’effetto di una ulteriore disaffezione al sacramento» (p. 73).

Vale la pena entrare nel merito della questione. Il punto di partenza, condiviso da quasi tutti i contributi, è l’insistenza sulla “crisi” attuale della Confessione, che avrebbe come motivo principale non tanto la perdita del senso del peccato, quanto piuttosto l’insofferenza alla forma rituale con confessione individuale e integra – l’unica riconosciuta dalla disciplina canonica vigente come modo ordinario di riconciliazione (cf. CIC 960). Prova sarebbe che, laddove si offra ai fedeli la possibilità di una forma alternativa di riconciliazione (come sembrerebbe essere la terza forma), essa risulta apprezzata e praticata. La complessità della dinamica penitenziale e la posta in gioco (la salus animarum) mi pare suggeriscano un approccio più cauto, anche perché il gradimento sondaggistico o il presunto “successo pastorale” difficilmente rappresentano un argomento valido.

Personalmente, condivido fermamente l’intento che presiede al volume, di approfondire e riscoprire il sacramento della Riconciliazione, ricuperando in particolare tre aspetti non sempre evidenti nella prassi pastorale corrente, ma efficacemente segnalati nei vari contributi: 1) la dimensione storico-processuale dell’itinerario penitenziale, di cui il sacramento costituisce un momento determinante, ma non esclusivo, che sollecita il ricupero della dimensione penitenziale dell’intera vita cristiana (Massimi, pp. 82-86); 2) il carattere ecclesiale della riconciliazione, intesa – riprendendo la convinzione antica – come riammissione nella Chiesa (cf. Bischer, pp. 133-134); 3) la significatività della celebrazione liturgica che media ritualmente la riconciliazione, impedendo una risoluzione puramente giudiziale del sacramento.

Mi trovo invece in disaccordo sul fatto che i diffusi limiti celebrativi siano da imputarsi alla forma rituale ordinaria con confessione individuale, la quale avrebbe adombrato la dimensione comunitaria della riconciliazione, indulgendo ad un intimismo psicologizzante (Gaino, pp. 143-145). Se si accettano queste premesse, il riscatto della Riconciliazione coinciderebbe col superamento della prima forma, aprendo ad una maggior discrezionalità d’impiego della terza forma. Vorrei offrire alcuni argomenti per cui trovo questa proposta non pertinente.

1) La normalizzazione della terza forma equivarrebbe ad uno strappo con la tradizione penitenziale della Chiesa, che ha sempre riconosciuto la necessità di confessare i singoli peccati gravi, con relativo accertamento da parte del ministro o addirittura della comunità. La disciplina penitenziale antica – che certo non accarezzava l’inopportuno appello alla privacy – non esitava a comminare pubbliche penitenze, con tanto di iscrizione nell’ordo poenitentium. Senza entrare nel merito di come il Concilio di Trento ritenga iure divino la confessione integrale dei peccati gravi (cf. DH 1679; Dal Pozzolo, pp. 163-165), è indiscusso che la nominazione dei peccati gravi sia sempre stata ritenuta elemento costitutivo del sacramento della Penitenza, dunque non storicamente contingente (a differenza di quanto suggerisce Gaino, pp. 148-150). Il ricorso all’evoluzione delle forme celebrative per giustificare la dismissione dell’accusa individuale – sgombrando così il campo alla terza forma – risulta fuorviante.

2) La breve tradizione d’impiego della terza forma (codificata in occasione del primo conflitto mondiale e ripresa poi nel secondo, cf. Dal Corso, pp. 57-64) riguarda solo e sempre situazioni emergenziali inedite, la cui eccezionalità impedisce il ricorso alla disciplina penitenziale ordinaria. Motivata unicamente dalla salus animarum, la terza forma semplicemente anticipa l’assoluzione rispetto alla confessione individuale, alla quale infatti rinvia (cf. J. Ratzinger, Osservatore Romano, 27 febbraio 1985), chiedendone il proposito addirittura ad validitatem (CIC 962 § 1). L’eventuale estensione della terza forma risulterebbe difforme persino dalla breve tradizione a cui intende rifarsi.

3) Vanno poi accuratamente ponderate le ricadute pastorali generate dall’impiego estensivo della terza forma. Oltre a suggerire di fatto l’esistenza di un regime penitenziale alternativo e più agevole, che lascia in ombra l’aspetto di Cristo medico (Dal Corso, pp. 71-72), indurrebbe una privatizzazione del processo penitenziale, che lascia il fedele solo con se stesso, consegnandogli pure l’onere di accertare l’idoneità delle proprie disposizioni. L’insistenza sulla dimensione ecclesiale, che la terza forma finalmente riscatterebbe, rischia d’essere inficiata dall’identificazione sociologica dell’Ecclesia con la comunità locale; la confessione auricolare individuale è sempre ecclesiale, perché compiuta davanti ad un ministro ordinato che agisce a nome della Chiesa e reintegra il penitente nel Corpo ecclesiale.

4) Alla luce di questi spunti argomentativi, appena abbozzati, si comprendono le chiare indicazioni magisteriali (cf. almeno Giovanni Paolo II, Reconciliatio et poenitentia, n. 33; motu proprio Misericordia Dei; Discorso alla Penitenzieria del 30 gennaio 1981), che non lasciano spazio ad una pratica ordinaria della terza forma, ma neppure ad una sorta di «orchestrazione» (Massimi, p. 96), «doppio binario» (Della Pietra, p. 112), «complementarita» (Gaino, pp. 154-155) tra la prima e la terza forma. Con l’ovvia conseguenza di estromettere così la seconda forma, che invece possiede tutti i presunti “vantaggi” della terza (pp. 53.204.210), specialmente la doverosa centralità della Parola di Dio e la pratica comunitaria della riconciliazione.

A mio avviso, le giuste esigenze sollevate dal volume curato da Bischer e Toniolo trovano risposta, più che nella manomissione della forma celebrativa ordinaria della Confessione, nel suo paziente ricupero pastorale e catechistico, nella rinnovata convinzione – anzitutto da parte di noi presbiteri – del tesoro prezioso che essa rappresenta. A questo, gli stimoli offerti dal volume potranno senz’altro giovare.


M. Panero, in Salesianum 4/2025, 827-830

Il sacramento della penitenza ha una storia tanto ricca e affascinante quanto complessa. Anzi, a detta dello storico della liturgia C. Vogel, il passaggio cruciale che ha cambiato totalmente la percezione e il peso del quarto sacramento nella vita della comunità cristiana è stato il passaggio dalla penitenza pubblica, come atto assunto completamente dalla comunità, alla penitenza individuale con la confessione delle colpe da parte del peccatore.

In un periodo storico come il nostro che vede da un lato la sempre minore comprensione della penitenza da parte dei fedeli e dall'altro una crescente coscienza di sé da parte della Chiesa (forse non sempre nitidamente percepita da parte delle comunità), sembra necessario riprendere in mano questo sacramento, ripensarlo, riconsiderarlo dal punto di vista teologico-sacramentale e liturgico.

In questa linea si pone una raccolta di saggi, edita dalla Queriniana. Dalla riflessione sulla terza forma del sacramento della riconciliazione, con una forma penitenziale comunitaria ma senza la confessione individuale, prevista dal rituale come straordinaria, lo sguardo degli studiosi si va ad allargare sul senso del sacramento nella vita della Chiesa, sulla sua dimensione comunitaria e individuale, sullo stesso concetto di riconciliazione.

Il volume è suddiviso in tre parti. Nella prima, partendo dall'esperienza traumatica della pandemia, che ci siamo appena lasciati alle spalle, gli autori propongono una rilettura della terza forma del sacramento della penitenza; la seconda parte pone invece l'attenzione sulla prassi penitenziale per l'oggi della Chiesa in prospettiva teologico-pastorale; la terza porte, più di documentazione, offre considerazioni critiche circa alcune indagini fatte di recente, in vista di un rilancio al futuro.

È una raccolta preziosissima, frutto del lavoro di liturgisti ed esperti delle diverse discipline teologiche fra cui Marco Brusca, Elena Massimi.e Loris Dallo Pietra.


In La Vita in Cristo e nella Chiesa 2/2025, 67

L’Ordo Pænitentiæ de 1984 (n. 31, cité par le CEC, n. 484), le Code de Droit canonique de 1983 (c. 961-963) et l’exhortation apostolique de Jean-Paul ii, Reconciliatio et pænitentia de 1984 (n. 32) distinguent trois rites du sacrement de la réconciliation et de la pénitence : la réconciliation individuelle qui constitue « l’unique manière normale ordinaire de célébrer ce sacrement » ; la réconciliation de plusieurs pénitents avec confession et absolution individuelles ; la réconciliation de plusieurs pénitents avec confession et absolution générales, qui revêt un caractère d’exception et est réglementée par une discipline spéciale.

Partant de cette provocation, la 1re part. du livre relit cette troisième forme selon une perspective liturgique et canonique. La 2e part., théologique et pastorale, présente différentes propositions. La 3e part., plus applicative, convoque les sciences humaines et présente une pédagogie de la pénitence.

Les études rappellent que, quoi qu’il en soit, les péchés graves requièrent l’absolution personnelle, la nécessité de l’examen de conscience et de la contrition individuels ainsi que l’obligation d’accomplir là encore personnellement la satisfaction. Mais elles montrent aussi que la troisième forme permettrait de valoriser le sens sacramentel et christologique de la rédemption, la dimension ecclésiale du pardon, la centralité de l’Écriture, de sortir de certaines routines formalistes et de stimuler à nouveau la pratique du quatrième sacrement. Assurément, certaines analyses se ressentent de leur origine italienne (par exemple, la typologie proposée p. 220-221). Mais les propositions qui sont faites pourraient stimuler une réflexion pour renouveler le plus incompris et le plus abandonné de tous les sacrements.
P. Ide, in Nouvelle Revue de Théologie 147/1 (2025), 138

L’Ordo paenitentiae (1973) prevede per la riconciliazione, oltre al rito ordinario per i singoli penitenti, quello per più penitenti con la confessione individuale e quello per più penitenti con la confessione e l’assoluzione generale (terza forma).

Quest’ultima è prevista solo nel caso di gravi necessità (ad esempio durante la pandemia), con il risultato che una tale pratica ha registrato – non senza sorpresa – un’ampia adesione dei fedeli. «Perché si è registrata una partecipazione così significativa e intensa in un tempo di crisi diffusa del sacramento della riconciliazione? È dipesa solo dal contesto pandemico oppure è radicato nei cristiani, più di quanto pensiamo, il bisogno di riconciliazione, il desiderio di perdono?» (A. Toniolo).

Sulla necessità di ripensare il quarto sacramento s’interroga lo stimolante volume frutto di una ricerca promossa dalla Facoltà teologica del Triveneto, in collaborazione con la Facoltà di diritto canonico S. Pio X di Venezia e l’Istituto di liturgia pastorale S. Giustina di Padova.

Nella Prefazione M. Busca invita a considerare con attenzione la nuova congiuntura in cui versa oggi la prassi penitenziale. Fenomeni quali il calo numerico del clero attivo, i cambiamenti in atto nella sensibilità religiosa, il rischio di uno slittamento della confessione verso forme di dialogo e confronto di stampo psicologico sollecitano l’urgenza di una pastorale penitenziale capace d’intercettare il bisogno di perdono, facilitando l’accesso al sacramento e alla sua celebrazione.

Nella I parte si suggerisce la prospettiva liturgica fondamentale in cui collocare l’esperienza vissuta della terza forma, illustrando fra gli aspetti positivi la dimensione comunitaria e la centralità della Parola, sottolineando poi le questioni aperte per un ripensamento della prassi penitenziale (G. Viviani). Il canonista P. Dal Corso ribadisce il carattere solo straordinario della terza forma, sostenendo che si tratta di un’assoluzione «condizionata» (in caso di peccati gravi è necessario ricorrere quanto prima alla forma individuale). «Oggi, terminata la pandemia, si può immaginare di tornare semplicemente alla forma ordinaria – peraltro già “in crisi” da diverso tempo – come se nulla fosse accaduto?», si chiede la liturgista E. Massimi, segnalando come la terza forma, senza essere alternativa alla confessione individuale, conservi il pregio d’aprire a un cammino di conversione comunitaria disteso nel tempo.

Nella II parte, di taglio teologico-pastorale, L. Della Pietra mette in luce le potenzialità della terza forma che consente d’accordare la dimensione personale a quella comunitaria della confessione, nonché di favorire attraverso l’assoluzione collettiva (ad esempio, due volte all’anno) il riannodarsi del rapporto di responsabilità personale e comunitaria. Il ripensamento del rapporto fede-sacramenti suggerisce: la messa a fuoco del nesso tra forma del rito e verità del sacramento, che è dato dalla conversione o metánoia; il recupero della dimensione ecclesiale del quarto sacramento e il suo legame con l’eucaristia (R. Bischer).

A. Gaino torna sul binomio rito-sacramento, per mostrare in quale senso la penitenza, fuoriuscendo da una visione legalista e individualista, debba riscoprire la dimensione teologica, personale e comunitaria, suggerendo «un sistema penitenziale con una pluralità di forme celebrative».Per A. Dal Pozzolo la finestra cognitiva della terza forma dischiusa dalla pandemia ha permesso di prestare maggiore attenzione al carattere ecclesiale del perdono, anche se questo non puo limitarsi al solo atto celebrativo puntuale, ma richiede l’attivazione di un itinerario di ravvedimento personale di carattere catecumenale. E. Falavegna arriva persino ad azzardare che oltre la terza forma il rito della penitenza ne lasci intravedere una «quarta», per restituire piena ricchezza al sacramento del perdono così da trovare forme espressive e gesti adeguati, attraverso l’offerta di un cammino comunitario di conversione capace di sperimentare l’eccedenza del perdono di Dio.

La III parte ospita due indagini: S. Zonato studia un sondaggio in cui emerge una valutazione positiva dell’esperienza vissuta della terza forma, il recupero della dimensione comunitaria e familiare della riconciliazione, il primato della parola di Dio, ma anche il timore della scomparsa della confessione individuale; A. Steccanella considera due inchieste su adulti e preadolescenti, riscontrando un approccio di stampo legalistico al quarto sacramento, una non percezione dell’aspetto comunitario e uno scarso interesse per una riforma della celebrazione.

In conclusione, urge che la riflessione teologica sul tema della penitenza concorra a favorire il passaggio da una situazione emergenziale a una progettuale.


M. Vergottini, in Il Regno Attualità 20/2024, 630

Ha per titolo Ripensare la penitenza. La terza forma del rito: eccezione o risorsa? il libro, edito da Queriniana (pp. 264, € 22,00), che raccoglie il risultato di due seminari di ricerca e un convegno promossi dalla Facoltà teologica del Triveneto in collaborazione con la Facoltà di Diritto canonico San Pio X di Venezia e l’Istituto di liturgia pastorale Santa Giustina di Padova. Un dialogo fra teologi sistematici, esperti di morale, liturgia e diritto canonico che sono partiti dall’esperienza della terza forma attuata nel pieno della pandemia per una rilettura del sacramento della penitenza e con uno sguardo alle questioni in prospettiva teologico-pastorale.

Le celebrazioni che si sono tenute in alcune diocesi italiane in tempo di Covid hanno registrato una buona, in alcuni casi alta, partecipazione di fedeli, fugando la paura che fosse una scorciatoia: l’intensità, il raccoglimento, il silenzio, la tipologia diversa dei partecipanti hanno mostrato che il rito della penitenza con assoluzione collettiva è stato vissuto in profondità. In tale forma (comunitaria) emergono stati d’animo o aspetti teologici, che in quella individuale sembrano nascosti, tra cui la dimensione ecclesiale del perdono e la centralità della Scrittura. «Possiamo ritenere che è in crisi la prassi penitenziale ma non il desiderio di riconciliazione, sia a livello di fede sia a livello antropologico – sottolinea nell’introduzione Andrea Toniolo, che con Roberto Bischer ha curato il volume –. Nella vita quotidiana, in famiglia e nel lavoro, in tempi di conflittualità, di individualismo, di relazioni difficili, c’è bisogno di un gesto di perdono, di riconciliazione con se stessi, con gli altri e con Dio».

Alla rilettura della terza forma della penitenza è dedicata la prima parte del libro, con i saggi in prospettiva liturgica e canonica di Giulio Viviani, Pierpaolo Dal Corso ed Elena Massimi. La seconda parte accoglie i contributi prospettici: oltre alla riflessione liturgica, si sviluppano le coordinate teologico-fondamentale, morale ed ecclesiologica, con Loris Della Pietra, Roberto Bischer, Andrea Gaino, Alessio Dal Pozzolo ed Ezio Falavegna. La terza parte, infine, riporta due specifici contributi di carattere documentale, rispettivamente di ambito sociologico e pastorale, a firma di Simone Zonato e Assunta Steccanella.

«L’approdo delle varie narrazioni raccolte nel volume – conclude Toniolo – è, per un verso, la constatazione della complessità del quarto sacramento, che ha conosciuto molte crisi nella storia; per l’altro verso è l’auspicio di passare dalla situazione emergenziale a quella progettuale, che chiede ulteriore impegno di riflessione teologica».

Per questo alla fine del volume viene offerta una ricca bibliografia ragionata, curata da Roberto Bischer, suddivisa in varie sezioni tematiche, utile ad approfondire le molteplici questioni aperte.

Un’auspicata situazione progettuale «non dovrebbe limitarsi alla riflessione accademica circa lo statuto dell’assoluzione collettiva, ma sollecitare una rinnovata e necessaria “ri-formazione” di tutti i battezzati (ministri compresi) sul sacramento della riconciliazione – scrive nella prefazione al volume mons. Marco Busca, presidente della Commissione per la liturgia della Conferenza episcopale italiana –. Gli autori dei vari studi offrono impulsi utili ad aprire lo sguardo, non solo in funzione di facilitare e rendere “desiderabile” la pratica penitenziale nelle sue diverse forme (compresa la confessione personale), ma anche per riposizionare l’attenzione sul senso del peccato, sulle sue strutture e forme culturali (aggiornate), esplicitandone la dinamica innanzitutto ecclesiologica e quindi personale».

Gli studi offerti «sollecitano la coscienza ecclesiale a riprendere seriamente in considerazione la pastorale penitenziale delle nostre chiese locali, tenendo in considerazione le accelerazioni in atto che mutano sensibilmente gli scenari pastorali – prosegue Busca –. Pensiamo, ad esempio, al calo numerico del clero attivo, ai cambiamenti nella sensibilità religiosa, all’urgenza di dotare le comunità di un dispositivo iniziatico efficace a una pastorale penitenziale in grado, anzitutto, di intercettare il bisogno di perdono e di evangelizzarlo, di facilitare l’accesso al sacramento della riconciliazione e alla sua celebrazione che necessita di essere ripensata e rilanciata. Il rischio, infatti, è quello di assistere passivamente a uno slittamento della confessione sacramentale verso le forme del dialogo e del confronto di stampo psicologico e psicoterapeutico, senza apertura alle dimensioni teologali, liturgiche e spirituali che sono il proprium del sacramento e ne manifestano il potenziale salvifico e l’autentico significato cristiano».


P. Zampieri, in Fttr.it 18 settembre 2024

I saggi, di cui è composto il volume “Ripensare la penitenza. La terza forma del rito: eccezione o risorsa?”, sono preceduti da un duplice autorevole intervento redazionale: una prefazione di mons. Gianmarco Busca (vescovo di Mantova) e un’introduzione di don Andrea Toniolo (preside della Facoltà teologica del Triveneto). La prima intende collocare la questione specifica della recente celebrazione della “terza forma” in un orizzonte storico-teologico più ampio. Il vescovo coglie l’occasione della presente pubblicazione per richiamare la necessità di riprendere «una serie di istanze sul sacramento della riconciliazione che, nonostante gli sforzi dei decenni della riforma conciliare, sono rimaste “in sospeso”. E reclamano oggi con urgenza una riflessione che sia coraggiosa». L’introduzione di don Toniolo presenta il percorso teorico sviluppato nel volume, esprimendo l’auspicio finale, condiviso peraltro da mons. Busca, che quanto sperimentato con la “terza forma” possa consentire il passaggio da una situazione emergenziale ad una progettuale: «La prassi straordinaria (…) è stata una forte provocazione a riflettere sulla domanda e sulla forma penitenziale nel suo insieme». Anche a questo scopo è collocata alla fine della pubblicazione un’ampia bibliografia ragionata.

Il volume è costituito di tre parti. Nella prima parte – “Pandemia e terza forma del rito della penitenza. Riletture” – viene offerta una rilettura della “terza forma” e del sacramento della penitenza a partire da tre prospettive disciplinari: liturgico-fondamentale (Giulio Viviani), canonica (Pierpaolo Dal Corso) e storico-liturgica (Elena Massimi). La seconda parte – “Quale penitenza oggi? Prospettive teologico-pastorali” – intende aprire alcuni sguardi prospettici: Loris Della Pietra denuncia il gap tra l’impianto teologico dell’Ordo Paenitentiae e la prassi reale; Roberto Bischer presenta alcune coordinate teologico-fondamentali; Andrea Gaino propone alcune coordinate teologico-morali a partire dal nesso tra rito e verità; Alessio Dal Pozzolo riprende la dimensione ecclesiologica del sacramento della penitenza; Ezio Falavegna offre qualche indicazione per intraprendere un rinnovamento pastorale. La terza e ultima parte – “Documentazione. Considerazioni a margine di alcune indagini” – è di carattere documentale e completa il volume: Simone Zonato sviluppa una lettura analitica dell’esperienza della “terza forma” con l’aiuto delle scienze umane; Assunta Steccanella presenta un focus sulla dimensione pedagogica della penitenza.


A. Magoga, in L’Azione 1 settembre 2024, 12

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