«Nelle relazioni ecumeniche questo è importante: non solo conoscersi meglio, ma anche riconoscere ciò che lo Spirito ha seminato negli altri come un dono anche per noi [...]. Bisogna continuare su questa strada... Dobbiamo camminare uniti nelle differenze: non c'è altra strada per unirci. Questa è la strada di Gesù» (Papa Francesco, La mia porta è sempre aperta. Una conversazione con Antonio Spadaro, Rizzoli, Milano 2013). Sin dai suoi esordi, papa Francesco ha scelto di caratterizzare il suo magistero in chiave ecumenica: «camminare insieme» è il motto e insieme l'invito da lui ripetutamente proposto ai leader delle altre Chiese che ha incontrato. Uno dei passaggi cruciali in merito ha riguardato la scelta, per molti versi audace da parte sia dei leader luterani sia di Bergoglio, di celebrare insieme l'inizio dell'anno dedicato a Lutero, fra il 31 ottobre e il 1 ° novembre 2016, a mezzo millennio dal giorno in cui, stando a una tradizione discussa quanto consolidata, l'ex monaco agostiniano avrebbe affisso sul portone della chiesa del castello di Wittenberg le 95 tesi che, avviando il percorso della Riforma, avrebbero concorso a spaccare definitivamente l'unità della cristianità medievale. L'evento si è svolto nella cattedrale di Lund, in Svezia, per un omaggio alla località in cui è nata la Federazione Luterana Mondiale (FLM), oltre che per ricordare l'antica presenza evangelica in terra scandinava.
Il quadro teologico di riferimento di quell'avvenimento, a suo modo storico, era reperibile nel documento – messo a punto dalla Commissione teologica bilaterale cattolico-luterana – intitolato Dal conflitto alla comunione: le commemorazioni comuni luterano-cattoliche nel 2017, presentato il 17 giugno 2013 a Ginevra, in una conferenza stampa congiunta dal segretario generale della FLM, dottor Martin Junge, e dal presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, cardinale Kurt Koch («2017: la Riforma. Dal conflitto alla comunione», in Regno-documenti, Supplemento al n. 11, 1 giugno 2013) il quale, nell'occasione, sostenne che il dialogo tra le due tradizioni cristiane sta portando quei frutti che finalmente ci permettono di riconsiderare i conflitti nati nel XVI secolo in chiave di riconciliazione delle memorie: «Il vero successo della Riforma può essere raggiunto attraverso il superamento delle divisioni che abbiamo ereditato in una nuova Chiesa costituita da tutti i cristiani; In questo senso i nostri sforzi ecumenici per recuperare l'unità possono essere visti come un completamento della Riforma». Nel documento, infatti, si legge fra l'altro che «gli inizi della Riforma saranno ricordati in maniera adeguata quando luterani e cattolici ascolteranno insieme il vangelo di Gesù Cristo e si lasceranno di nuovo chiamare a fare comunità insieme al Signore».
Ecco lo scenario che motiva e rende particolarmente interessante questo volume, di cui è autore lo stesso Koch, che raccoglie una serie di suoi interventi – in buona parte stilati attorno all'anno giubilare luterano, il 2017 – che hanno un duplice obiettivo preciso: in primo luogo, quello di invitare e incoraggiare a proseguire intensamente la discussione ecumenica con il cristianesimo riformato anche dopo la commemorazione della Riforma, per rendere possibile l'unione delle Chiese e la comunione eucaristica, che sono e devono restare l'obiettivo di ogni sforzo ecumenico. In seconda battuta, contestualmente, si tratta di chiarire che non tutti i punti controversi nel dialogo tra la Chiesa cattolica e il cristianesimo della Riforma sono stati risolti, e che le differenze ancora esistenti dovrebbero essere elaborate teologicamente in modo tale che non siano più fattori di divisione della Chiesa, ma possano essere percepite come un potenziale, vicendevole arricchimento.
Solo in questa prospettiva – scrive Koch – si potrà infine parlare di una diversità riconciliata, o meglio, di una «molteplicità riconciliata», necessaria tanto di più in una società occidentale in cui Dio è diventato in gran parte estraneo. L'atteggiamento che ispira la sua proposta è quello di imparare dagli errori del passato e di apprendere gli uni dagli altri, in un clima di fiducia reciproca.
In linea con il documento Dal conflitto alla comunione, secondo il quale non si tratta di «raccontare una storia diversa», ma di raccontare la storia «in modo diverso» e ancor più di «raccontarla insieme», in maniera «condivisa», il cardinale si sofferma su tre punti che egli giudica decisivi per conseguire l'unità auspicata. Il primo, ai suoi occhi, dovrebbe riguardare la confessione delle colpe e il pentimento «per la malvagità e le offese» che nel passato cattolici e luterani si sono arrecati a vicenda (impossibile dimenticare, al riguardo, la scia di sangue che ha contrassegnato la storia europea durante le cosiddette «guerre di religione» della prima metà del Seicento): una storia di separazione che potrà essere superata solo «scrivendola assieme», appunto, com'è avvenuto nel documento sopra citato. Il secondo punto si riferisce al fatto, insperato fino a pochi anni fa, che una commemorazione comune della Riforma come quella del 2017 può inoltre includere sentimenti di gratitudine e di gioia per il reciproco riavvicinamento, nella fede e nella vita, verificatosi nell'ultimo mezzo secolo, anche in considerazione della lunga e comune storia prima della Riforma e della sofferta divisione nella cristianità occidentale. In terza battuta, dal pentimento e dalla gioia dovrebbe nascere la speranza che la comune commemorazione della Riforma ci renda capaci di cogliere l'opportunità di compiere passi ulteriori verso l'unità desiderata.
Del resto, come questo libro mette chiaramente in evidenza, il dialogo fra la Chiesa cattolica e la FLM è stato il primo, dopo il decreto conciliare Unitatis redintegratio (1964), a essersi avviato, dimostrandosi da subito assai fecondo. Si pensi ad esempio, tra i suoi frutti più, maturi, alla Dichiarazione cattolico-luterana sulla dottrina della giustificazione, sottoscritta nel 1999 ad Augsburg, che ha risolto una delle cruciali dispute alla base dello scisma d'Occidente fondandosi su un modello di consenso ecumenico che prende le mosse dal principio per cui l'unità nella fede non richiede necessariamente che tale fede comune sia detta per mezzo degli stessi concetti, ma accetta «traduzioni» dottrinali diverse (cf. F. Ferrario – P. Ricca, Il consenso cattolico-luterano sulla dottrina della giustificazione, Claudiana, Torino 1999. Per altre letture del documento, cf. anche A. Maffeis, Dossier sulla giustificazione. La dichiarazione congiunta cattolico-luterana, commento e dibattito teologico, Queriniana, Brescia 2000 e W. Kasper, «La Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione», in ID., Vie dell'unità. Prospettive per l'ecumenismo, Queriniana, Brescia 2006, pp.173-192). In tal modo, dopo una dolorosa vicenda di separazione, si è stati in grado di superare il precedente confessionalismo delle divisioni nella fede, constatando positivamente che la rottura seguita alla Riforma non ha potuto distruggere, nonostante tutta la sua tragicità, la radice comune delle due Chiese coinvolte.
Rinnovamento e unità contiene diversi spunti per favorire passi avanti in un cammino ecumenico consapevole e fruttuoso: anche per questo, il testo è consigliabile non solo agli addetti ai lavori. Vi si spazia dalla riforma in chiave ecumenica, dall'autore ritenuta necessaria, da parte della Chiesa cattolica (e in tal senso ci si sofferma in un contributo specifico sugli apporti personali di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI al dialogo con il luteranesimo) all'attualità della domanda i Martin Lutero sulla misericordia divina (presentata come «un'ecumenica pietra miliare e una continua sfida»); dal ruolo della dimensione apostolica della Chiesa nel dialogo ecumenico al tema, delicato ma altresì ineludibile, del ministero papale del vescovo di Roma in prospettiva ecumenica, di cui già Giovanni Paolo II aveva trattato nell'enciclica del 1995 Ut unum sint (con un focus su una possibile reinterpretazione della teologia e della prassi dell'indulgenza alla luce di una sensibilità ecumenica aperta); fino a una rilettura del concilio di Trento, visto contemporaneamente come una risposta alla Riforma luterana e come una riforma vera e propria della Chiesa cattolica. Nella conferma che, come Koch sottolinea nella premessa al volume, in un clima realmente ecumenicoè auspicabile che si parli normalmente «di ciò che i cattolici possono imparare dalla Riforma e di ciò che i cristiani evangelici possono sperimentare oggi nella Chiesa cattolica come arricchimento della loro fede».
Se il rinnovamento, infatti, non è solo una prerogativa delle Chiese evangeliche, l'unità non è solo una prerogativa della cattolicità: tutti possono e devono riscoprire che lo scambio di doni è la linfa vitale di ogni autentico ecumenismo.
B. Salvarani, in
Rivista di Teologia dell’Evangelizzazione 1/2024, 251-254