Disponibile
Rinnovamento e unità
Kurt Koch

Rinnovamento e unità

Perché serve più ecumenismo

Prezzo di copertina: Euro 32,00 Prezzo scontato: Euro 30,40
Collana: Giornale di teologia 449
ISBN: 978-88-399-3449-9
Formato: 12,3 x 19,3 cm
Pagine: 288
Titolo originale: Erneuerung und Einheit. Ein Plädoyer für mehr Ökumene
© 2023

In breve

Il cammino ecumenico delle Chiese cristiane raggiungerà la sua mèta nella misura in cui esse concordano nell’accettazione consapevole e vissuta delle verità fondate sul vangelo di Cristo.

Testo ideale per celebrare consapevolmente la Settimana di preghiera per l’unità dei cristiani.

Un saggio autorevole, destinato a ravvivare il dialogo ecumenico e a fargli fare dei passi avanti.

Descrizione

Nessuna chiesa può permettersi di investire le proprie energie nello sforzo di rimarcare una differenza rispetto alle altre chiese. L’impegno dev’essere teso, piuttosto, a proclamare insieme la parola di Dio, in una società in cui Dio ci è diventato in gran parte estraneo.
Ecco perché il cardinal Koch rivisita le principali questioni oggetto di controversia tra le chiese separate, in una duplice prospettiva: da un lato, esamina i risultati positivi che sono già stati conseguiti nel dialogo ecumenico; dall’altro, si concentra su ciò che è di stimolo verso una maggiore unità, per una confessione comune di Cristo.
L’atteggiamento che ispira questa proposta è quello di imparare dagli errori del passato e di apprendere gli uni dagli altri, in una fiducia reciproca. Il rinnovamento non è infatti solo un assillo delle chiese evangeliche, così come l’unità non è solo una prerogativa della chiesa cattolica. Tutti possono e devono riscoprire che lo scambio di doni è la linfa vitale del vero ecumenismo.

Recensioni

«Nelle relazioni ecumeniche questo è importante: non solo conoscersi meglio, ma anche riconoscere ciò che lo Spirito ha seminato negli altri come un dono anche per noi [...]. Bisogna continuare su questa strada... Dobbiamo camminare uniti nelle differenze: non c'è altra strada per unirci. Questa è la strada di Gesù» (Papa Francesco, La mia porta è sempre aperta. Una conversazione con Antonio Spadaro, Rizzoli, Milano 2013). Sin dai suoi esordi, papa Francesco ha scelto di caratterizzare il suo magistero in chiave ecumenica: «camminare insieme» è il motto e insieme l'invito da lui ripetutamente proposto ai leader delle altre Chiese che ha incontrato. Uno dei passaggi cruciali in merito ha riguardato la scelta, per molti versi audace da parte sia dei leader luterani sia di Bergoglio, di celebrare insieme l'inizio dell'anno dedicato a Lutero, fra il 31 ottobre e il 1 ° novembre 2016, a mezzo millennio dal giorno in cui, stando a una tradizione discussa quanto consolidata, l'ex monaco agostiniano avrebbe affisso sul portone della chiesa del castello di Wittenberg le 95 tesi che, avviando il percorso della Riforma, avrebbero concorso a spaccare definitivamente l'unità della cristianità medievale. L'evento si è svolto nella cattedrale di Lund, in Svezia, per un omaggio alla località in cui è nata la Federazione Luterana Mondiale (FLM), oltre che per ricordare l'antica presenza evangelica in terra scandinava.

Il quadro teologico di riferimento di quell'avvenimento, a suo modo storico, era reperibile nel documento – messo a punto dalla Commissione teologica bilaterale cattolico-luterana – intitolato Dal conflitto alla comunione: le commemorazioni comuni luterano-cattoliche nel 2017, presentato il 17 giugno 2013 a Ginevra, in una conferenza stampa congiunta dal segretario generale della FLM, dottor Martin Junge, e dal presidente del Pontificio consiglio per la promozione dell'unità dei cristiani, cardinale Kurt Koch («2017: la Riforma. Dal conflitto alla comunione», in Regno-documenti, Supplemento al n. 11, 1 giugno 2013) il quale, nell'occasione, sostenne che il dialogo tra le due tradizioni cristiane sta portando quei frutti che finalmente ci permettono di riconsiderare i conflitti nati nel XVI secolo in chiave di riconciliazione delle memorie: «Il vero successo della Riforma può essere raggiunto attraverso il superamento delle divisioni che abbiamo ereditato in una nuova Chiesa costituita da tutti i cristiani; In questo senso i nostri sforzi ecumenici per recuperare l'unità possono essere visti come un completamento della Riforma». Nel documento, infatti, si legge fra l'altro che «gli inizi della Riforma saranno ricordati in maniera adeguata quando luterani e cattolici ascolteranno insieme il vangelo di Gesù Cristo e si lasceranno di nuovo chiamare a fare comunità insieme al Signore».

Ecco lo scenario che motiva e rende particolarmente interessante questo volume, di cui è autore lo stesso Koch, che raccoglie una serie di suoi interventi – in buona parte stilati attorno all'anno giubilare luterano, il 2017 – che hanno un duplice obiettivo preciso: in primo luogo, quello di invitare e incoraggiare a proseguire intensamente la discussione ecumenica con il cristianesimo riformato anche dopo la commemorazione della Riforma, per rendere possibile l'unione delle Chiese e la comunione eucaristica, che sono e devono restare l'obiettivo di ogni sforzo ecumenico. In seconda battuta, contestualmente, si tratta di chiarire che non tutti i punti controversi nel dialogo tra la Chiesa cattolica e il cristianesimo della Riforma sono stati risolti, e che le differenze ancora esistenti dovrebbero essere elaborate teologicamente in modo tale che non siano più fattori di divisione della Chiesa, ma possano essere percepite come un potenziale, vicendevole arricchimento.

Solo in questa prospettiva – scrive Koch – si potrà infine parlare di una diversità riconciliata, o meglio, di una «molteplicità riconciliata», necessaria tanto di più in una società occidentale in cui Dio è diventato in gran parte estraneo. L'atteggiamento che ispira la sua proposta è quello di imparare dagli errori del passato e di apprendere gli uni dagli altri, in un clima di fiducia reciproca.

In linea con il documento Dal conflitto alla comunione, secondo il quale non si tratta di «raccontare una storia diversa», ma di raccontare la storia «in modo diverso» e ancor più di «raccontarla insieme», in maniera «condivisa», il cardinale si sofferma su tre punti che egli giudica decisivi per conseguire l'unità auspicata. Il primo, ai suoi occhi, dovrebbe riguardare la confessione delle colpe e il pentimento «per la malvagità e le offese» che nel passato cattolici e luterani si sono arrecati a vicenda (impossibile dimenticare, al riguardo, la scia di sangue che ha contrassegnato la storia europea durante le cosiddette «guerre di religione» della prima metà del Seicento): una storia di separazione che potrà essere superata solo «scrivendola assieme», appunto, com'è avvenuto nel documento sopra citato. Il secondo punto si riferisce al fatto, insperato fino a pochi anni fa, che una commemorazione comune della Riforma come quella del 2017 può inoltre includere sentimenti di gratitudine e di gioia per il reciproco riavvicinamento, nella fede e nella vita, verificatosi nell'ultimo mezzo secolo, anche in considerazione della lunga e comune storia prima della Riforma e della sofferta divisione nella cristianità occidentale. In terza battuta, dal pentimento e dalla gioia dovrebbe nascere la speranza che la comune commemorazione della Riforma ci renda capaci di cogliere l'opportunità di compiere passi ulteriori verso l'unità desiderata.

Del resto, come questo libro mette chiaramente in evidenza, il dialogo fra la Chiesa cattolica e la FLM è stato il primo, dopo il decreto conciliare Unitatis redintegratio (1964), a essersi avviato, dimostrandosi da subito assai fecondo. Si pensi ad esempio, tra i suoi frutti più, maturi, alla Dichiarazione cattolico-luterana sulla dottrina della giustificazione, sottoscritta nel 1999 ad Augsburg, che ha risolto una delle cruciali dispute alla base dello scisma d'Occidente fondandosi su un modello di consenso ecumenico che prende le mosse dal principio per cui l'unità nella fede non richiede necessariamente che tale fede comune sia detta per mezzo degli stessi concetti, ma accetta «traduzioni» dottrinali diverse (cf. F. Ferrario – P. Ricca, Il consenso cattolico-luterano sulla dottrina della giustificazione, Claudiana, Torino 1999. Per altre letture del documento, cf. anche A. Maffeis, Dossier sulla giustificazione. La dichiarazione congiunta cattolico-luterana, commento e dibattito teologico, Queriniana, Brescia 2000 e W. Kasper, «La Dichiarazione congiunta sulla dottrina della giustificazione», in ID., Vie dell'unità. Prospettive per l'ecumenismo, Queriniana, Brescia 2006, pp.173-192). In tal modo, dopo una dolorosa vicenda di separazione, si è stati in grado di superare il precedente confessionalismo delle divisioni nella fede, constatando positivamente che la rottura seguita alla Riforma non ha potuto distruggere, nonostante tutta la sua tragicità, la radice comune delle due Chiese coinvolte.

Rinnovamento e unità contiene diversi spunti per favorire passi avanti in un cammino ecumenico consapevole e fruttuoso: anche per questo, il testo è consigliabile non solo agli addetti ai lavori. Vi si spazia dalla riforma in chiave ecumenica, dall'autore ritenuta necessaria, da parte della Chiesa cattolica (e in tal senso ci si sofferma in un contributo specifico sugli apporti personali di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI al dialogo con il luteranesimo) all'attualità della domanda i Martin Lutero sulla misericordia divina (presentata come «un'ecumenica pietra miliare e una continua sfida»); dal ruolo della dimensione apostolica della Chiesa nel dialogo ecumenico al tema, delicato ma altresì ineludibile, del ministero papale del vescovo di Roma in prospettiva ecumenica, di cui già Giovanni Paolo II aveva trattato nell'enciclica del 1995 Ut unum sint (con un focus su una possibile reinterpretazione della teologia e della prassi dell'indulgenza alla luce di una sensibilità ecumenica aperta); fino a una rilettura del concilio di Trento, visto contemporaneamente come una risposta alla Riforma luterana e come una riforma vera e propria della Chiesa cattolica. Nella conferma che, come Koch sottolinea nella premessa al volume, in un clima realmente ecumenicoè auspicabile che si parli normalmente «di ciò che i cattolici possono imparare dalla Riforma e di ciò che i cristiani evangelici possono sperimentare oggi nella Chiesa cattolica come arricchimento della loro fede».

Se il rinnovamento, infatti, non è solo una prerogativa delle Chiese evangeliche, l'unità non è solo una prerogativa della cattolicità: tutti possono e devono riscoprire che lo scambio di doni è la linfa vitale di ogni autentico ecumenismo.


B. Salvarani, in Rivista di Teologia dell’Evangelizzazione 1/2024, 251-254

Kurt Koch, Prefetto del Dicastero per l’Unità dei Cristiani, è nato a Emmenbrucke nella diocesi di Basilea (Svizzera) e dal 1985 al 1995 ha insegnato teologia a Friburgo e Lucerna. L’autore ha focalizzato negli ultimi anni la sua produzione saggistica su temi ecclesiologici, distinguendosi per una spiccata sensibilità verso le sfide culturali connesse con una società pluralistica (Id., Quale futuro per i cristiani?, Magnano 2010) rispetto a una Chiesa che per affrontare una nuova evangelizzazione deve domandarsi quali siano le condizioni delle sue fondamenta (Id., Tempo di interiorità. Per una Chiesa che vive il mistero, Brescia 2011). È proprio in riferimento a questa tensione missionaria che l’autore ha messo in evidenza le varie “pietre di inciampo” che oggi ostacolano il cammino verso l’unità visibile dei cristiani proponendo una peculiare spiritualità ecumenica capace di porsi come un solido ponte per un’unità nella diversità (Id., Il cammino ecumenico, Magnano 2012).

In linea con tale ermeneutica i contributi di questo saggio offrono un aiuto nel cammino ecumenico impegnandosi nell’intento di far proseguire il percorso verso l’unità.

L’occasione che motiva la realizzazione del libro è la ricorrenza del cinquecentesimo anniversario della cosiddetta affissione delle 95 tesi, da parte di Lutero, sul portone della Chiesa del castello di Wittenberg, avvenuta il 31 ottobre 1517; evento che è considerato l’inizio della Riforma in Germania. La commemorazione della Riforma è stata preparata dal documento Dal conflitto alla comunione composto dalla Commissione luterano-cattolica romana sull’unità. Nel 2017 la cristianità ha ricordato per la prima volta con uno spirito ecumenico di partecipazione il cinquecentesimo della Riforma.

Il Concilio di Trento viene interpretato da Koch non semplicemente come baluardo della Controriforma ma come un tentativo decisivo di affermare la purezza della fede. L’autore afferma, fin dalle prime battute, che la commemorazione della Riforma deve accompagnarsi alla purificazione della memoria storica che lo stesso papa Francesco ha sollecitato: «Non possiamo cancellare ciò che è stato, ma non vogliamo permettere che il peso delle colpe passate continui ad inquinare i nostri rapporti. La misericordia di Dio rinnoverà le nostre relazioni» (p. 13).

Il primo contributo (“La riforma in chiave ecumenica della chiesa cattolica”) si interroga su come la Riforma possa essere vista e apprezzata, in una prospettiva cattolica, dopo cinquant’anni di intenso dialogo ecumenico. Il secondo contributo (“I contributi personali di Giovanni Paolo II e di Benedetto XVI nel dialogo col luteranesimo”) riflette sulla presa di coscienza che il dialogo con le chiese della Riforma è stato sostenuto e promosso da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, i quali hanno contribuito a creare la possibilità di una comune commemorazione. Giovanni Paolo II è stato il primo papa che, consapevole che la predicazione del Vangelo fosse ostacolata dalla divisione dei cristiani, ha scritto un’enciclica sull’impegno per l’ecumenismo, l’Ut unum sint. Secondo Ratzinger «Per Lutero la teologia non era una questione ecumenica, ma la lotta interiore con se stesso, e questo, poi, era una lotta riguardo a Dio e con Dio» (p. 78).

Il terzo capitolo (“Perenne attualità della domanda di Lutero circa un Dio misericordioso”) riguarda la concezione di Dio che sta alla base del tema della misericordia divina secondo Lutero e la sua perenne attualità. Koch ricorda che Benedetto XVI affermò: «A partire dalla misericordia di Dio, che tutti cercano, è possibile anche oggi interpretare daccapo il nucleo fondamentale della dottrina della giustificazione e farlo apparire ancora in tutta la sua rilevanza» (p. 101). Il quarto contributo (“Riforma della chiesa per mezzo del potere identificante della parola di Dio in prospettiva ecumenica”) affronta la questione di come nella Chiesa cattolica debba essere compresa e attuata, nello spirito ecumenico, la Riforma della Chiesa alla luce della parola di Dio. Il Vaticano II ha avviato una riforma globale della Chiesa riassegnando alla parola di Dio la centralità che essa deve avere nella vita della Chiesa.

Un quinto momento (“La dimensione apostolica della chiesa nel dialogo ecumenico”) riguarda la dimensione apostolica della Chiesa nel dialogo ecumenico, che potrà essere affrontato in modo significativo solo nel contesto ecclesiologico. C’è un consenso ecumenico circa il fatto che la questione del ministero, specialmente nella forma della successione apostolica, rimane il vero punto cruciale del dialogo ecumenico. «Come la successio apostolica è indissolubilmente legata alla traditio apostolica, così essa non può neanche essere disgiunta dalla communio ecclesiastica» (pp. 152-153). Nella visione ecclesiologica cattolica il ministero episcopale (successione apostolica) e la validità dell’eucaristia sono i criteri determinanti.

Il sesto capitolo (“Il ministero papale del vescovo di Roma in prospettiva ecumenica”) affronta il tema del papato cercando di coniugare la questione di un ministero della Chiesa universale con il ministero petrino del vescovo di Roma. Papa Francesco, sottolinea Koch, è convinto che un’eccessiva centralizzazione complichi la vita della Chiesa e la sua dinamica missionaria. «A me spetta, come vescovo di Roma, rimanere aperto ai suggerimenti orientati a un esercizio del mio ministero che lo renda più fedele al significato che Gesù Cristo intese dargli e alle necessità attuali dell’evangelizzazione» (p. 185).

Il settimo punto (“Teologia e prassi dell’indulgenza nella luce dell’ecumenismo”) riguarda la teologia e la prassi dell’indulgenza. L’indulgenza come forma di “aiuto pastorale” per il peccatore pentito è un problema difficile per non pochi cattolici in relazione alla sua comprensione. Papa Francesco, citato da Koch, interpreta l’indulgenza con poche ma incisive parole: «Nel sacramento della riconciliazione Dio perdona i peccati, che sono davvero cancellati; eppure, l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane». Le pene del peccato da cui libera l’indulgenza non devono essere fraintese come pene inflitte esternamente da Dio, ma devono essere comprese come conseguenze immanenti del peccato stesso.

Il contributo ottavo (“Il Catechismo di Heidelberg come professione di fede riformata nella visione cattolica di oggi”) tratta del Catechismo di Heidelberg come documento fondamentale del cristianesimo riformato. Il catechismo di Heidelberg condanna la messa cattolica, poiché in essa Cristo è «sacrificato ogni giorno dai sacerdoti che celebrano le messe» e quindi ciò equivarrebbe ad una «negazione dell’unico sacrificio e passione di Gesù Cristo» (p. 231). Nella discussione ecumenica è cresciuta la convinzione che l’eucaristia vada intesa come attualizzazione sacramentale dell’unico sacrificio di Gesù Cristo sulla croce una volta per tutti e come il dono del suo frutto di salvezza alla comunità di coloro che si sono riuniti per la messa: è il medesimo Cristo che si è sacrificato storicamente sulla croce e che ora si offre nella celebrazione dell’eucaristia.

La nona riflessione (“Il concilio di Trento: risposta alla Riforma e riforma cattolica!) pone al centro dell’attenzione il Concilio di Trento interpretandolo come concilio della riforma cattolica e non della Controriforma. «[…] guardando indietro al Concilio di Trento, si può affermare che molte decisioni prese da quel concilio gettarono le basi per la preparazione di una forma di identità cattolica che fu determinante fino al concilio Vaticano II» (p. 257). Per il Concilio è il Vangelo la «fonte di ogni sana verità e dottrina morale». Di conseguenza il Concilio considera la Scrittura e la Tradizione apostolica non scritta come due modi di trasmettere il Vangelo (p. 252). La riforma liturgica attuata dopo il Concilio di Trento va compresa come la prima riforma liturgica avviata e guidata dalla Chiesa centrale, una riforma basata tuttavia sul principio dessere aperta alle tradizioni.

«Se si mettono a confronto il concilio di Trento e il Vaticano II, potrebbe certamente non essere una coincidenza che, da un lato, anche dopo il Vaticano II, la riforma liturgica sia diventata il frutto più visibile ed efficace del concilio, e che, dall’altro, anche dopo l’ultimo concilio sia stato pubblicato un catechismo, nel quale Giovanni Paolo II ha visto «un contributo molto importante a quell’opera di rinnovamento dell’intera vita ecclesiale, voluta e iniziata dal Vaticano II» (p. 262).

Il contributo di Koch ha preso le mosse da una circostanza storica per riflettere sulla perenne attualità della domanda di Lutero circa un Dio misericordioso. Il messaggio globale dell’opera potrebbe essere riassunto con le stesse parole dell’autore: «I contributi raccolti in questo libro mirano a chiarire che non tutti i punti controversi nel dialogo ecumenico tra la chiesa cattolica e il cristianesimo della Riforma sono stati risolti e che le differenze ancora esistenti devono essere elaborate teologicamente in modo tale che non siano più fattori di divisione della chiesa, ma possano essere percepiti come un arricchimento» (pp. 19-20). Le relazioni tra cattolici e luterani emergono da questo libro non solo come una ferita inferta all’unità, ma come un reciproco scambio dei doni.

L’autore è attento a coniugare il dialogo della verità con il dialogo della carità. Per questo, se da un lato è accorto a ricostruire le dinamiche storiche, è altrettanto zelante a rileggere interpretativamente sub specie caritatis gli avvenimenti conservando una chiara finalità: «Il presente libro vuole inviare e incoraggiare a proseguire intensamente la discussione ecumenica con il cristianesimo riformato anche dopo la commemorazione della Riforma, al fine di rendere possibile l’unione delle chiese e la comunione eucaristica, che sono e devono restare l’obiettivo di tutti gli sforzi ecumenici» (p. 20).


A. Pileri Bruno, in Urbaniana University Journal 1/2024, 325-329

«Il nostro problema non è più l’esperienza del fardello del nostro peccato, ma l’assenza dell’esperienza del peccato, che presuppone a sua volta l’assenza di Dio e il suo disinteresse nei nostri confronti», scrive Benedetto XVI, come riporta il cardinale Kurt Koch nel suo recente Rinnovamento e Unità. Perché serve più ecumenismo, edito da Queriniana. L’ammissione «so di essere un peccatore» è scomparsa dal nostro orizzonte linguistico, eppure è proprio nella possibilità della trasgressione che si annida uno dei caratteri fondamentali dell’uomo.

Gli angeli non peccano, e neppure gli animali lo fanno. Per questi ultimi c’è lo spazio per l’errore, non per la colpa. Per donne e uomini è diverso. Fin dalle profondità del tempo essi hanno percepito che il loro comportamento doveva sottoporsi a un giudizio, consapevolezza penetrata nelle profondità della personalità di ciascuno per trasferirsi dall’atto in sé all’intenzione che ne ha guidato il compimento.

Bene e male sono concetti che accompagnano la storia del mondo. Si potrebbe arrivare a sostenere che essa altro non sia che una lunga e sofferta riflessione collettiva su tali concetti, accompagnata dalla constatazione del profondo radicamento del peccato nel suo svolgersi. La modernità ha voluto mettere in discussione Dio fino a certificarne la morte. In questo modo ha creduto di liberarsi dai vincoli imposti dall’esistenza del peccato, ma le cose sono andate in modo molto diverso. Senza Dio, senza peccato, rifiutando la colpa e il rimorso, donne e uomini hanno privato il loro agire di un elemento sostanziale. La pretesa di affidare il giudizio sul giusto e l’ingiusto a una valutazione umana, a un calcolo di utilità o d’altro tipo, ha generato tragedie; altre e nuove ne produce di continuo e altre ancora ne prepara per il futuro.

Abbandonare la contemplazione del mistero della croce provoca persino il senso di solitudine generalizzato che donne e uomini contemporanei vivono, scambiando il loro disinteresse per Dio per un suo disinteresse nei nostri confronti.


S. Valzania, in <>L’Osservatore Romano 27 ottobre 2023

Consigliati