Leggendo il libro di Luigi De Angelis, Rallegrati, piena di grazia, emerge con forza come la vita di Maria sia un inno alla tenerezza di Dio, di Colui che l’ha rivestita di amabilità, l’ha riempita di grazia, e attraverso di lei, ha svelato il Suo volto misericordioso. Il volume dunque esce a proposito in questo Anno santo della Misericordia di Dio.
Per conoscere in autenticità Maria, il libro attinge alla Parola di Dio. «Di ciascuno dei nove passi in cui si parla di Maria — dice p. Ugo Vanni nella Prefazione — dà una spiegazione in estensione e in profondità che della Madre riesce a tracciare, passo dopo passo, una figura completa, affascinante, coinvolgente. Qui ci si sente amati da Maria e si comincia ad amarla. E, a quel punto, sgorga spontanea la preghiera». E infatti ogni capitolo del libro si conclude con una lunga preghiera, che riprende, riassume e personalizza in forma di lode e di richiesta quanto si è appreso nella lettura.
La vita di Maria è un canto meraviglioso alla gratuità di Dio. In lei emerge l’iniziativa libera e gratuita di Dio, la cui elezione precede ogni merito. L’esistenza di Maria diviene un capolavoro dello Spirito, libro aperto che racconta le grandi opere compiute in lei dall’Onnipotente. Maria, semplicemente, lascia che il Signore abiti il suo intimo, imparando a guardare ogni cosa con gli occhi di Dio.
Eppure, dinanzi a tali opere divine meravigliose, scrive De Angelis, i cristiani sono divenuti impermeabili, insensibili, coltivano una fede accademica, e avvertono l’ambivalenza e la debolezza umana come una colpa. Questo loro sguardo pessimista pone il grande interrogativo sul nodo, concettuale o esistenziale, che impedisce di sentire il Signore indispensabile, come l’aria che si respira e il cibo di cui ci si nutre. Probabilmente, inconsciamente, si ha un doppio volto del Dio di Gesù Cristo, come di Colui che, sì, dona, ma anche toglie.
Interessante è allora leggere la descrizione di Maria come modello autentico di donna libera che, conservando tutti i tratti dell’umanità — compresi la debolezza, il non capire e il ricercare —, compie un cammino di discepola dietro a Gesù.
Maria va da Elisabetta: è libera di partire in fretta, di lasciare la sua casa e persino il suo fidanzato per tre mesi, perché lo Spirito, che ha preso dimora in lei, la spinge verso strade inedite, cominciando un viaggio, metafora di tutti i viaggi della fede e della vita.
La storia diviene così luogo della presenza del Figlio dell’Altissimo fatto carne. Il segreto della libertà è riconoscere che tutto è dono, e che, in questa storia della salvezza, il Signore non toglie, non limita lo spazio vitale con la sua onnipotenza, ma, anzi, eleva la vita dell’uomo.
Dopo aver dato alla luce Gesù e averlo avvolto in fasce, Maria lo depone in una mangiatoia: non lo tiene per sé, ma lo dona. La mangiatoia, scrive l’A., diventa il simbolo profetico della mensa eucaristica. E al termine del viaggio con Gesù, i discepoli, «entrati in città, salirono nella stanza al piano superiore, dove erano soliti riunirsi», e vi trovarono Maria, la madre di Gesù (cfr At 1,12-14): con lei si è invitati a salire al piano superiore, per imparare a guardare gli eventi, le vicende che ci toccano o riguardano, dalla posizione prospettica del regno di Dio, con lo sguardo misericordioso del Dio di Gesù Cristo.
E. Cesarale, in
La Civiltà Cattolica 3976 (27 febbraio 2016) 406-407